La corona del re

di DonutGladiator
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Monte Ararat – 20 giugno 199X
 
Chi gliel’aveva fatto fare nel trovarsi in quella situazione così difficile?
Mentre passava il rampino per issarsi ulteriormente e scalare la montagna, Didi Dalton cercava di pensare all’enorme quantità di oro che l’aveva convinto nell’affrontare quella missione, sperando che in quel modo il freddo dell’alta quota sarebbe scomparso come per magia o si sarebbe perlomeno affievolito.
Alla sua età il freddo non faceva bene ai suoi reumatismi.
-Manca ancora molto?- urlò da poco più in basso di lui la voce femminile della professoressa Benoit, che scalava con molta più grazia di tutti gli altri compagni messi insieme ma che sembrava anche lei provata dalle basse temperature.
-No, siamo quasi arrivati. Un piccolo sforzo.-
-Ma chi me lo ha fatto fare…- sussurrò in francese, ignara che Didi sapesse parlare quella lingua. Lui, dal suo canto, pensò di essere sulla stessa lunghezza d’onda della donna.
Chissà, magari anche lei stava pensando all’oro per farsi forza e proseguire nella scalata, anche se avendo modo di vedere nelle ultime spedizioni come ragionava, ne dubitava altamente. Più facile che pensasse alle future scoperte archeologiche.
Un urlo di felicità arrivò invece dall’alto, mentre Jake scompariva alla sua vista per issarsi nel punto di arrivo, energico come se stesse salendo sull’ultimo piano di un palazzo che offriva un buffet gratis a tutti gli inquilini.
Ecco, Jake era da non sottovalutare, il suo entusiasmo era sì contagioso e piacevole ma Didi sapeva che dare al giovane troppo spazio li avrebbe portati a morte certa.
Com’era quasi successo quella volta nelle Filippine. Ebbe un brivido involontario nel ricordare l’enorme pitone che aveva quasi banchettato con lui dopo che avevo recuperato la statuetta fuggendo dagli indigeni omicidi che avevano tentato di farli diventare delle bamboline vodoo.
Forse quell’episodio avrebbe dovuto metterlo in guardia dall’ascoltare Jake quando aveva bussato alla sua porta proponendo una nuova esplorazione, ma ciò che faceva più gola a un contrabbandiere era il pensiero dei guadagni che poteva ottenere, decisamente più importanti rispetto ai rischi.
Si issò anche lui per l’ultima volta e poi, rialzatosi, si iniziò a guardare intorno, ammirando il loro punto di arrivo; un altopiano sulla cima del monte Ararat in Turchia.
Sebbene fossero in alta quota, la zona era riparata dalle montagne, che si stringevano tutte intorno a loro e sul terreno vi erano erbe basse e qualche piccolo fiore sporadico che si affacciava timido.
Davanti a loro iniziava una camminata impervia che li avrebbe portati ancora più in alto sulla “montagna del dolore”, nel punto in cui sarebbero dovuti arrivare.
-Didi, fammi dare un’occhiata alla tua attrezzatura, mentre salivi mi è sembrato ti si fosse allentato uno dei fili.- Caleb Stone, l’ex soldato ormai compagno di mille avventure rifletteva come al solito i raggi del sole sui suoi occhiali scuri e sulla testa pelata, che in alcune situazioni era stata fonte di guai o di risoluzioni.
-Grazie Stone.- disse, mentre si spostava leggermente per permettergli di sistemargli l’attrezzatura e con lo sguardo seguiva il battibeccare tra Jake e la professoressa.
Non riusciva a capire bene di cosa stessero litigando, ma le urla di come lui fosse un incompetente e lei non si fidasse delle capacità dell’altro gli arrivavano alle orecchie forti e chiare. Non era la prima volta che li sentiva litigare e nonostante tutto quello che si dicevano, Didi dubitava che si detestassero veramente come volevano far credere.
-Forse sarebbe meglio dirgli di abbassare un po’ il volume…- mentre Stone lo suggeriva un eco sordo si spanse per tutto l’altopiano.
-Oh no.- sussurrò Didi, sapendo già cosa avevano scatenato.
I due giovani avevano deciso di interrompere il loro piccolo alterco per ascoltare i rumori della valle, preoccupati da ciò che avevano sentito.
-Jake era per caso…?-
-Tranquilla Laura, è tutto sotto controllo,- sussurrò l’altro, mentre lentamente captava il rumore di qualcosa che si muoveva verso di loro: -non sembra niente di pericoloso…-
La professoressa trasalì.
-Quello non mi sembra qualcosa di non pericoloso.- urlò, puntando il dito contro un’enorme valanga che si stava dirigendo a tutta velocità contro di loro.
-Beh… in effetti…- sussurrò Jake, terrorizzato.
 
Parigi – 15 giugno 199X
 
Jake e Didi erano entrati nel museo dove lavorava la professoressa Benoit, un’orientalista con cui avevano avuto già modo di lavorare in precedenza, non appena avevano avuto la conferma ufficiale che quello che tenevano fra le mani fosse un pezzo autentico. Nonostante conoscessero bene i reperti archeologici e alcune delle leggende che legavano le chiavi ai tesori più famosi dell’umanità, c’era ancora qualcosa che i due avventurieri non sapevano fare senza un esperto nel settore.
Ad esempio tradurre antichi linguaggi.
La professoressa faceva girare tra le dita un disco di argento e rame con incisioni in sumero antico, mentre con la faccia appiccicata al disco sussurrava parole per loro incomprensibili e sorrideva leggermente. Sembrava una bambina che passava in rassegna una rarissima figurina che qualche idiota le aveva portato non conoscendo l’esatto valore.
-Allora?- domandò Jake, non potendone più dall’attesa.
Didi gli lanciò uno sguardo accigliato, sapendo che la donna non amava essere interrotta, ma anche lui attendeva una risposta a quella domanda.
Laura tossì, cercando di ricomporsi, allontanando il volto dal disco argenteo.
-Signori, dove lo avete trovato?- chiese la professoressa mentre scribacchiava su un foglio.
-Ce lo ha consegnato una fonte affidabile.-
-La vostra fonte affidabile è un ladro, viene sicuramente dagli archivi del museo, lo sapete?-
-Cosa c’entra da dove viene? L’importante è che ci sia scritto dove andare.- s’intromise Didi per evitare di spiegare come facevano a essere in possesso di un oggetto del museo, cosa che anche lui ignorava, dato che si era fidato di Jake che gli aveva detto che arrivava da una fonte più che sicura di sua conoscenza.
-C’è scritto dove andare, sì. Però, andremo insieme e quello che verrà ritrovato sarà donato al museo.- disse Laura, allungando una mano a Didi, che ricambiò uno sguardo sospettoso. Erano già preparati all’eventualità di quella richiesta, anzi, la professoressa era un elemento necessario da portare con loro nella ricerca, il fatto che l’avesse chiesto lei per prima li facilitava semplicemente in alcune questioni complicate.
-E per il nostro pagamento? Andiamo incontro a tonnellate d’oro, una fetta ci spetta di diritto dato che siamo stati noi a scoprire le incisioni sul disco.-
-Solita percentuale per voi, che ne dite?-
Didi sorrise e strinse la mano della donna: -Affare fatto professoressa. Ora…-
Laura sorrise entusiasta, recuperò una cartina tra i suoi archivi e poi si sedette alla sua scrivania, passando il disco sotto una piccola lampada che emetteva una luce particolarmente forte. Quando fu sicura di quello che aveva tradotto in precedenza, parlò.
-Nel disco si parla della tomba del re di Uruk, Gilgamesh e della sua corona, che si dice avesse un inestimabile potere,- aprì quindi la cartina a una pagina dell’Asia Minore e poi indicò un punto: -Viene nominato un luogo ben preciso sul monte Ararat, in Turchia, dove c’è scritto che il Re dei Re è sepolto e attende circondato da tutte le sue ricchezze.-
-In Turchia… bene, organizziamo la nostra spedizione alla ricerca di questo luogo pieno di ricchezze, che ne dite?-
Jake lanciò uno sguardo d’intesa a Laura e sul volto di tutti e tre si allargò un sorriso colmo d’eccitazione per l’avventura.




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