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CAPITOLO 1 – LA SACERDOTESSA DI AVALON.
L’immagine del capo alfa era apparsa nello specchio.
“allora eccesso capo alfa...come stai?” mi divertivo sempre
un mondo a prendere in giro il mio migliore amico. Erano passati
alcuni mesi dall’ultima volta che ci eravamo visti di persona e
mi mancava parecchio. Divinarlo allo specchio non era la stessa cosa
che avere un vero rapporto umano.
“fai poco la spiritosa, Bella. Ci sono guai in vista, una delle
pizie ha avuto una visione, ma troppo confusa. Ma questo lo sai
già, vero?” non avevo mai sopportato quelle donnette che
drogate e allucinate tentavano di prevedere il futuro. Il mio volto
tirato e stanco si mosse in una smorfia di disgusto. La notte
precedente io ero stata visitata da un sogno premonitore. E come sempre
mi aveva lasciato spossata e con poche forze. Era un sogno strano e non
sapevo come interpretarlo. Annui con il capo prima di continuare.
“veramente non so di cosa si tratti...questo è più difficile di altri da comprendere.”
“tra tre giorni il consiglio dei druidi si riunisce...”
buttò lì la notizia come se niente fosse, come se stesse
parlando del tempo.
“e io dovrei partecipare, vero Jake?” ah, Jacob! Sei il mio
migliore amico, il mio confidente, il mio protettore e il mio
licantropo, mi conosci da quando sono un bambina, ti voglio un sacco
bene e lo sai meglio di me che non sopporto quegli spocchiosissimi
vecchi!
“beh, vedila come vuoi...ma sei sempre la signora di Avalon e non
puoi non esserci. Soprattutto in un momento in cui il tuo popolo e il
mio branco sono minacciati da qualcosa di non ben identificato.”
Sbuffai leggermente. Sapeva come prendermi. Il mio popolo e il suo
branco erano il mio primo motivo di preoccupazione la mattina quando mi
alzavo e l’ultimo pensiero prima di addormentarmi era ancora per
loro.
“tra due giorni, al molo.” Dissi solo.
“non puoi tornare prima?” chiese lui speranzoso. Illuso, lo
so bene che vuoi che prima del consiglio incontri mio padre, ma no,
grazie, sono troppo codarda e cedo il turno.
“arriverò tra due giorni, in tempo per la riunione non ti
preoccupare. Ci vediamo al solito posto.” Sorrisi della sua buffa
espressione e sapevo bene che avrebbe volentieri ribattuto ma la mia
mano veloce si posò sul grande specchio ponendo fine alla
conversazione. E così dopo mesi di isolamento volontario sarei
tornata nella “civiltà”. Gli uomini mi facevano
proprio ridere. Si credevano sempre così superiori agli altri.
Attesi ai doveri impostimi dalla mia funzione di sacerdotessa e di
principessa di Avalon come ogni mattina ma non riuscivo ad essere
serena. Qualcosa ci minacciava e io non sapevo riconoscerlo. Non era
mai successo niente del genere e questo mi faceva sentire troppo
vulnerabile. Le altre sacerdotesse riunitesi con me sull’isola
erano agitate, riflesso forse del mio turbamento interiore. La decana
delle novizie mi si avvicinò. Conosceva mia madre, la saggia
Marion. E per quanto possibile l’aveva sostituita.
“perché non lasci fare a noi e tu non vai a riposare? Sei
più provata del solito dall’assenza di sonno.”
“sto bene. non ti preoccupare. È solo che...” ecco come al solito ho parlato troppo.
“che?” mi guardò con un sorriso così premuroso e materno che le parole mi uscirono senza volerlo.
“devo tornare. E non voglio. Devo tornare in Inghilterra ma io
preferirei restare qua.” Tornare significava solo una cosa e lei
lo sapeva: voleva dire affrontare mio padre ma non disse nulla.
Lasciò che mi sfogassi come volevo. “come se tutto
ciò non bastasse, ci sono guai in arrivo e io non riesco a
capire di che genere siano. Ma soprattutto mi terrorizza il fatto che
tra due giorni si terrà la riunione de drudi. Perché
sicuramente mi metteranno con le spalle al muro. Diranno che il
pericolo incombe per colpa mia.” Mi stavo facendo soffocare dalle
mie stesse parole. Marion mi abbracciò e dolcemente mi condusse
nella mia stanza. Era ariosa, con la grande finestra che dava sul mare.
Le lunghe tende di lino bianco ondeggiavano leggere alla brezza marina.
Aiutata dalle ancelle, Marion mi fece svestire e immergere nella calda
acqua della vasca. Una della ragazze mi strofinò la schiena, poi
le braccia e infine sciolse i miei lunghi capelli dalla loro perenne
treccia. Un’altra intanto aveva iniziato a massaggiarmi i piedi
per allontanare la tensione, delicatamente e quasi senza che me ne
accorgessi, passò alla schiena e alle spalle contratte. Quel
bagno mi stava facendo bene. Mi stavo finalmente rilassando e
probabilmente mi sarei addormentata. Marion doveva aver fatto usare
qualche olio alla valeriana o alla passiflora per farmi frizionare la
schiena. Sentivo già il torpore che mi invadeva. La guardai e mi
sorrise sfuocata. Avrei preferito che non mi costringesse a dormire,
non avrei sognato. Sentii solo le parole “affidati a tua
madre” prima di perdere il contatto con la realtà.
Correvo, correvo. Nei boschi dei druidi, correvo. Libera come non mi
sentivo da tempo, libera per una volta di essere me stessa e non la
signora di Avalon. Corsi spensierata senza una meta precisa. Mia madre
mi stringeva forte la mano e mi guardava sorridente. Mia madre?
È morta tanti anni fa, lo so bene, ero con lei quando...mi
sorrise ancora e mi indicò un punto davanti a sé. Guardai
ma il sole mi colpì gli occhi. Distinsi solo una figura prima di
coprirmi il volto con una mano. Strano, io non avevo mai avuto paura
del sole, mio padre, e dei suoi raggi miei fratelli. Pregai le forze
della natura mie sorelle perché mi permettessero di vedere. La
figura in controluce si volse verso di me. Gli alberi gli chiusero ogni
via di fuga e i loro rami allontanarono anche i raggi del sole.
L’uomo mi guardò con intensi occhi dorati. Sorrise,
sporgendo denti affilati...
Urlai. Le donne che ancora mi stavano prestando le loro cure si
spaventarono per la mia reazione. Marion mi abbracciò cercando
di consolarmi. La allontanai da me in malo modo. Aveva voluto che
sognassi, come se fossi stata una squallida pizia. Uscii come una furia
dalla vasca, spaventando ancora di più le ancelle. Non avevano
mai visto quel lato così iroso del mio carattere. Ero sempre
stata molto dolce e piuttosto timida. Non mi preoccupai nemmeno di
prendere un asciugamano. Ad Avalon tutte noi eravamo abituate a girare
per l’isola nude con i capelli intrecciati di nastri. Non mi
fermai a salutare come mio solito chi mi sorrideva. Corsi e basta. La
mia meta era vicina. Salii veloce sulla punta più a nord della
scogliera. Lì, al Belvedere dell’isola, erano sepolte le
sacerdotesse di Avalon che mi avevano preceduto.
“perché madre? Perché me lo indicavi
sorridendo?” scossa dai tremiti mi gettai sulla tomba di mia
madre. Nel sogno mi indicava un essere del tutto simile ad uno che
l’aveva uccisa. Solo gli occhi erano diversi. Non rossi cremisi
ma dorati. “perché? Un vampiro ti ha uccisa, e tu mi invii
un sogno del genere? È questo il pericolo che ci attende?”
ancora con le lacrime agli occhi guardai il mare sotto di me. Le
palpebre mi si chiusero solo un attimo. Lo rividi, bello e misterioso e
sicuramente per me molto pericoloso, mi veniva incontro sorridendo con
altri vampiri come lui, anche loro con gli occhi dorati. Non sentii
nemmeno Marion e le ancelle che delicatamente mi portarono nella mia
stanza.
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