Esco
dalla porta imprecando, colpire papà non mi piace, ma
dobbiamo continuare la farsa. È importante prenderlo con le
mani sul portatile
e nel frattempo tenerlo lontano da me. Anche se rivelassi i nostri
colloqui
sarebbe la mia parola contro la sua e ne uscirebbe pulito.
No!
Scuoto la testa, continuare è necessario, costi anche
dolore. Potrebbe arrivare anche a colpire Rosie e tutta la mia
famiglia, va fermato
e in modo definitivo.
Anthea mi raggiunge,
cerco di appartarmi spingendola lungo il muro con un approccio un po'
spinto e
le rivelo all’ orecchio quello che devo fare.
“Tranquillo,
organizzo tutto io con tuo padre. Tu vedi di
colpirlo da destra a sinistra e ti prometto che sanguinerà
dal naso, come da
copione. Tu fa solo quello, la lite gestiscila tu.”
Acconsento mentre le
appoggio la guancia sul suo volto.
“Mi
raccomando Anthea non voglio fargli male per colpa di quel
bastardo.” Le
stringo i fianchi. “Hai
visto Serge lo
scagnozzo? Sta girando per la sala e ci osserva.” Mi dà un bacio
sul collo. “Visto e segnalato.
Me
ne allunga un altro sull’orecchio. “Anthea, quanto
tempo
vuoi.” Mi passa le mani sotto la giacca.
“Venti… dammi venti minuti. Vai in
bagno, fingiti imbarazzato.”
Mi
stacco, mentre mi spinge via ridendo, mi guardo il
cavallo dei pantaloni, scivolo in bagno brontolando, devo prendere
tempo. Darle
quei venti maledetti minuti! Poi
ripasso
mentalmente: destra sinistra. Destra, sinistra all’infinito.
Entro
in un bagno e mi siedo sul water con la testa fra le
mani, una sottile paura mi prende e mi scivola lungo la schiena. Non
sono così
forte come sembro, però non lascerò nulla a
metà. Lo faccio per dimostrare a
papà che sono un Holmes. Che sarò al suo fianco
sempre.
Quando
esco fatico a rientrare nella parte del figlio
irrequieto, ma è solo un attimo. Mi dirigo verso la
biblioteca. Anthea
guarda caso chiacchiera con papà lì
vicino. Cammino fingendomi mezzo ubriaco.
Lo trascino dentro con una scusa, ma vuole che Anthea
rimanga, e io
acconsento annoiato.
“Padre,
questa serata è qualcosa di devastante, potevo
rimanere a casa.”
Lui mi fissa adirato,
Mycroft è bravo a recitare, Sherlock mi ha detto che
è stato un’ottima lady Bracknell,
“Nell’importanza di chiamarsi Ernesto.”
“Non
hai fatto altro che importunare Anthea.” Ghigna
irritato.
“Era
l’unica persona viva qui dentro. Ma mi sembra sia
d’accordo.” Le strizzo l’occhio, Anthea
è imbarazzata ma regge il gioco.
“Devi
portarle rispetto, sembri un animale in calore.”
Sbuffa camminando avanti e indietro. Le mani nervose stringono la
stoffa della
giacca. Non capisco se finge o invece è realmente teso.
“Non
ti ho chiesto di venire, mi hai trascinato in mezzo
alle tue lotte di potere. Guarda come mi hanno ridotto. Non voglio il
tuo
posto, voglio quello che mi spetta per gli anni di
abbandono.!”
“Per
sprecare il tuo tempo a non fare nulla? È questo che
vuoi? Sei solo un arrogante…senza cuore, degno figlio di tua
madre.” Mettere
in mezzo mia madre è un colpo di
genio, mi rende tutto più facile, anche
l’eventuale perdono che verrà dopo.
Lo
avvicino con i pugni serrati, lui si è fermato giusto
davanti alla piccola telecamera nascosta, ma visibile ad un occhio
esperto. È
attento, ora sa che devo
colpirlo.
Destra,
sinistra.
Destra,
sinistra.
È
pronto lo vedo dal guizzo degli occhi.
Parte
il pugno, non devo titubare, lo tocco, ma lo sfioro
perché è stato pronto a voltare il capo. Barcolla
più del necessario girando il
corpo di spalle alla telecamera. Anthea
è veloce lo sorregge e lo copre con un fazzoletto
già intriso di sangue
finto. Quando si
gira inveendomi contro,
lo stringe tamponando il naso, così rosso che sussulto.
La
recita è accettabile. Mycroft mi scosta con rabbia quando
esce. Anthea lo sorregge, lo porta via, mi strizza appena gli occhi.
Devo
smettere di tremare, ma è giustificabile perché
potrebbe essere dovuto alla rabbia.
Esco
inviando uno sguardo compiaciuto alla telecamera di
sicurezza, se ha funzionato lo saprò tra poco.
Mi
aggiusto, riprendendo la calma. Esco dalla biblioteca,
con quell’aria seccata di superiorità,
massaggiandomi la mano che ha colpito
Mycroft, probabilmente lo avranno visto uscire ferito, insieme ad
Anthea,
perché mi fissano tutti. Devo essere risoluto, niente
rimorsi arrivati a questo
punto.
Auberton
è nella terrazza, Serge è vicino a lui con un
sorriso fastidioso, avrei voglia di cancellarglielo dal volto.
Non
hanno dubbi, perché hanno visto Mycroft passare
imbarazzato coperto di sangue. Lui non si presterebbe mai ad una tale
recita,
perché la sua reputazione è al primo posto.
È il British Government,
l’affidabilità in persona.
Quando
lo raggiungo Auberton è appagato.
“Bene
Holmes, vedo che sei deciso. Allora vedi di portarmi
il laptop, avrai quello che vuoi, ti darò le password del
patrimonio Holmes. E
starai tranquillo fino ad allora. Il tuo bel faccino sarà
salvo.”
“Sir
Auberton, stia sereno. Ma se vuole giocare sporco le
scatenerò dietro l’ira di mio padre. Ne stia
certo.” Perde
per un attimo il sorriso, mi sono
sbilanciato, ma non ho resistito.
“Bello,
sfrontato…. e cazzuto Sherrinford, la parte nera
degli Holmes!”
“Già.
La parte peggiore.”
Gli sibilo all’orecchio, mentre me ne vado.
Serge freme, ma si
ferma mentre mi giro a fissarlo sfacciato, Anthea mi raggiunge furente
per
quello che ho fatto al suo capo. E principalmente per togliermi dagli
impicci.
Arrabbiata
e furiosa si sta preparando a schiaffeggiarmi, la
mano si muove, parte con un sonoro ceffone, che trattengo prontamente.
Rido
mentre le stringo il polso, noncurante della vicinanza di Auberton le
appoggio
la mano sul fondoschiena e la spingo via mentre si dimena per assumere
un’aria
distaccata.
Usciamo
tra gli sguardi dei presenti mentre mi rilasso
pensando che è finita, almeno per ora.
Ho
infangato per bene papà, ora tutti sanno che sono un
mascalzone della peggior specie.
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