Corrente
naturale
di ellephedre
Marzo 1998 - Bambini
Un bambino, gioì Makoto. Un altro bambino nel loro
gruppo dopo il figlio di Ami e
Alexander. Rei e Yuichiro avrebbero avuto una deliziosa femminuccia e
Makoto lo sapeva da neppure qualche ora.
Incapace di resistere oltre, comunicò alla sua
assistente
Eleonora che lasciava il negozio prima della chiusura.
Invece di dirigersi a casa, fece una deviazione verso una merceria,
dove si rifornì di gomitoli di lana colorati.
A casa provò a consultare un manuale prima di
inforcare i
ferri, ma per l'entusiasmo partì troppo veloce.
Combinò un piccolo disastro, ma non si scoraggiò:
erano anni che non lavorava a maglia.
Quando ebbe preso la mano, iniziò a pensare alla
dimensione
dell'oggettino che voleva creare: un paio di scarpine deliziose da
neonato. Le stava facendo gialle per il momento, per decidere in
seguito a chi donarle per prima tra Ami e Rei.
Provò a calcolare la dimensione del piedino che
intendeva
ricoprire. Non sarebbe stato più
grande del suo palmo.
Misurando l'ampiezza con la punta delle unghie, si
ritrovò a
immaginare un piede con dita minuscole che si dimenavano. Sarebbe stato
un piedino caldo, con piccolissime rughe, liscio e profumato. Le veniva
già voglia di baciarlo.
Canticchiò: chi avrebbe ospitato per primo a casa
sua? Visto
il poco entusiasmo di Rei, probabilmente si sarebbe trattato della sua
piccola. Sarebbe stato bellissimo farle da babysitter! Adorava i
bambini piccoli e non aveva quasi mai occasione di averci a che fare.
Decise di accendere la radio, per dare un sottofondo musicale
al suo
lavoro. Durante l'inizio della prima pubblicità la toppa
della porta d'ingresso fece un primo giro. Sorpresa, Makoto rimase a
fissare l'uscio fino a che Gen non entrò in casa.
«Ciao!» lo salutò.
«Non ti aspettavo.»
«Lo so. Anche io pensavo che fossi al negozio. Sono
passato di
lì, volevo farti una sorpresa.»
«Ti sei liberato prima?»
«Ah-ha, oggi il professore era malato...»
Gli occhi
di lui erano scesi sulle sue mani indaffarate. «Che fai? Ora
lavori anche
a maglia?»
«In effetti sono molto meno brava a fare questo che
a cucire,
però l'occasione lo richiedeva. Preparati per la
novità!»
«Quale novità?»
«Oh, forse devo aspettare che te lo dica Yuichiro.
Lo hai
sentito oggi?»
«Kumada? No. Cosa dovrebbe dirmi?»
Studiando il suo entusiasmo Gen iniziò a produrre una
risata. «Non
avrà mica chiesto a Hino di sposarlo.»
«Ma se erano in crisi fino a una settimana
fa.»
«Sarebbe proprio da lui risolvere in questa
maniera.»
«In effetti mi sa che tra poco lo farà
comunque. Sta per diventare papà.»
Gen quasi mancò il materasso nel sedersi.
«Cosa?»
«Non ci credevo nemmeno io!» A momenti
saltellava sul letto. «Lui e Rei stanno per avere una
bambina!»
«Ma... Eh?»
Non le sfuggì il motivo dello scombussolamento del
suo ragazzo.
«Lo so, non avrebbero dovuto essere in grado di procreare
insieme - non adesso, almeno -
ma a quanto pare qualcosa non ha funzionato nelle precauzioni di
potere. La loro piccola ne ha un po'.»
«Potere?»
Makoto annuì. «E non è quello
di Rei.
È molto strano a pensarci bene e nemmeno lei sa spiegarselo.
Ovviamente adesso ha altri pensieri per la testa. La sua vita
è sottosopra.»
Gen ancora non aveva smesso di sgranare gli occhi.
«Le tue amiche si
stanno riproducendo senza controllo.»
«A noi non succederà, non
preoccuparti.»
Percepì l'improvvisa rigidità di lui e
desiderò non aver detto nulla. «Voglio dire... Ami
e Rei non sono pianeti come me. Io sto su un'altra barca.»
Gen non disse nulla. Quando alzò gli occhi per
controllare,
Makoto vide che lui stava lisciando le coperte del letto con un dito.
«Credo» le disse, «che sia
comunque meglio cominciare ad usare dei
preservativi.»
Per non rischiare di avere bambini insieme.
Per un attimo le parve un segnale chiaro del fatto che
Gen non desiderasse avere figli con lei, ma si disse immediatamente di
smetterla.
Era ridicolo, lui voleva solo
essere prudente. Lei aveva talmente tanto da fare che non voleva
bambini in quel momento. Li voleva un giorno... e per un istante si era
quasi dimenticata che comunque il problema per loro non sussisteva.
«Se preferisci usare precauzioni»
chiarì, «per me va bene. In ogni
caso pare che i poteri di previsione di Rei siano tornati in forze. Se
lo desideri chiederò a lei conferma del fatto che non avremo
problemi
in questo senso.»
Il cenno di assenso di lui fu rapido e distratto.
Makoto riprese a muovere i ferri tra le dita.
«Cosa stai creando?»
«Delle scarpine da bebé. Mancano tanti
mesi, ma
non sono riuscita a trattenermi. Sono piena di amore materno per i
bambini di Ami e Rei!»
Il sorriso di lui si accese solo a metà.
Le venne in mente di dirgli qualcosa per fargli capire che non
c'era
motivo di sentirsi a disagio, ma, mentre continuava a intrecciare i
fili
di lana, si rese conto che c'erano molte ragioni per essere straniti e
confusi dalle novità che stavano coinvolgendo persone vicine
a entrambi.
Li costringeva a confrontarsi con una realtà che
era
così lontana dalle loro esperienze attuali da essere in
genere relegata
di solito a un angolino della mente - insieme ai pensieri su come
sarebbero stati tra vent'anni e su cosa avrebbero fatto da grandi.
Gen si alzò, dirigendosi verso il tavolo al centro
della
stanza. Si mise comodo facendo scricchiolare le dita dei piedi. Dopo
essersi sgranchito, iniziò a sfogliare indolentemente una
delle riviste aperte sul
ripiano.
Non sfogliava mai riviste.
Makoto parlò prima di pensare, sentendo che stava
per porre
una delle domande più importanti della propria vita.
«Tu vuoi dei bambini?»
Gen sobbalzò con le spalle.
«Cosa?»
Lei evitò di ripetere la domanda solo per non
balbettare. Con ogni istante che passava però stava
prendendo coraggio.
Per qualche secondo lui mosse la bocca senza produrre suono.
Sapeva
benissimo cosa avrebbe significato risponderle. «Non lo
so» dichiarò alla fine. «Non
adesso.»
«Ma un giorno?» insistette lei.
Gli lasciò il tempo di formulare le parole e,
quando lo
sentì esitare, alzò gli occhi. Gli
comunicò con lo sguardo che non desiderava risposte di
circostanza o altre ipotesi. Neppure parole che servissero solo a farla
contenta.
«Immagino di sì»
confessò infine lui.
Lei non si era aspettata nulla di diverso. Gen era fatto per
diventare un
padre. Aveva un piglio autoritario e tanto amore da riversare su
persone di cui poteva prendersi cura.
«Io adotterò»
affermò lei, mentre tornava
ad agitare i ferri. Si rese conto di cosa stava sottointendendo su loro
due non includendolo nel discorso, ma quello era un momento di
verità assoluta che
meritava rispetto. Deglutì. «I nenonati mi
piacciono, ma non
sarà importante che si tratti di bambini piccoli.
Un bambino con cui poter già parlare
sarà comunque bello. Sento che avrò tanto da
dargli.»
Lui cercò di dire qualcosa, ma non
riuscì.
Lei avrebbe tanto voluto dirgli che ovviamente quei bambini
sarebbero
stati figli di tutti e due, ma sarebbe stata un'imposizione e forse una
falsità. L'unica certezza che aveva nella vita
erano i secoli per cui sarebbe
vissuta ed era sicura che, almeno ogni cento anni, avrebbe adottato un
bambino. Sarebbe stato troppo solitario stare senza. Dopotutto, non le
sarebbe toccato un piccolino tutto suo, dai piedi minuscoli, per altri
nove secoli e anche in quel caso... Quella bambina, l'erede
di Giove, non sarebbe stata figlia di Gen. Nemmeno il potere di Usagi
poteva piegare in quel modo un'energia planetaria.
Capiva come questo potesse ferirlo. Capiva perché
fosse
più allettante e semplice la prospettiva di una vita
normale, con un bambino del proprio sangue da concepire nei prossimi
dieci anni.
Un bambino col viso di Gen era qualcosa di cui il mondo aveva
bisogno, a prescindere dalla madre da cui fosse nato.
Mosse più velocemente i ferri, cercando di smettere
di pensarci. «Scusa. Ho pensato
troppo a questi bambini che nasceranno; fare queste scarpine mi ha
fatto
sragionare! È che sono carine, no?» Gli
mostrò la dimensione che
aveva in mente.
Lui guardava lo spazio che lei aveva segnato con le dita. Era
calmo, quieto al punto da essere
spento. «Sarai una zia grandiosa.»
Esatto, per ora questo le bastava. «Scusa di
nuovo.»
«Non chiedere scusa.»
«Ma mi dispiace.»
«Perché tieni a me.»
Lei non ebbe bisogno di annuire velocemente; non c'era
nervosismo nella sua risposta. «Con tutta l'anima che
ho.»
«Con tutta l'anima che ho io, Mako, voglio che nella
vita tu abbia tutto quello che desideri.»
La comprensione la riempì di un'ondata di
malinconia. «Grazie.»
Dopo un sorriso lui non disse più nulla. Mentre lei
lavorava ai ferri sbagliando metà punti e lui fingeva di
leggere, non parlarono per più di un quarto d'ora.
Marzo 1998 - Bambini - FINE
NdA:
Rieccomi con questi due! In una maniera triste, ma vi avevo avvertito:
ora inizia la loro grande scalata. Non sarà un percorso
semplice.
Siate buoni, fatemi sapere che pensate di questo aggiornamento!
Elle
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