In Order To Save You

di Europa91
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Questo capitolo partecipa al Cow-t 11 – Sesta Settimana M3 – 009 I imagine death so much it feels more like a memory

 

 

 

 

 

La prima realtà alternativa che aveva visitato era stata un totale fallimento. Erano stati questi i pensieri di Dazai dopo essere rincasato. Aveva deciso di vendicarsi facendo arrestare la moglie dell’Odasaku scrittore. Risparmiando così la donna che gli aveva portato via, per la seconda volta nel giro di pochi giorni, l’amico. A stento si riconosceva. Si sentiva così stanco, sia fisicamente che psicologicamente ma non poteva né voleva arrendersi. Doveva solo riuscire a smettere di pensare. Più facile a dirsi che a farsi.

Perdere di nuovo Odasaku lo aveva destabilizzato. La prima volta era stato terribile ma riviverlo se possibile era ancora peggio.

Prima di tornare nel appartamento che condivideva con Chuuya era passato in un konbini. Aveva acquistato un paio di birre e dei sonniferi, sapeva che non sarebbe riuscito a chiudere occhio senza una di quelle due cose.

Riconobbe subito l’esile figura del suo partner, addormentato su di una delle poltrone del soggiorno. Doveva essere crollato per la stanchezza mentre attendeva il suo ritorno.

Dazai non riuscì proprio a far finta di nulla, non quella volta. Prese una coperta e gliela mise sulle spalle.

Chuuya sapeva essere insopportabile e aveva innumerevoli difetti che non aveva voglia ne tempo di elencare, ma in quell’occasione non poteva negare che il suo aiuto fosse stato prezioso. L’ex dirigente lo aveva usato, come sempre, eppure il rosso era rimasto al suo fianco, dimostrandosi anche in quella realtà, un partner affidabile.

Dazai sapeva che prima o poi avrebbe dovuto mettere ordine tra i suoi pensieri, soprattutto dare un nome o una definizione a quello che lo legava al possessore di Arahabaki.

Però non in quel momento.

Ora doveva solo riposare, recuperare le forze per tornare nella sua realtà, per poi ripartire.

Un nuovo mondo, un nuovo Odasaku.

Fece per chiudere gli occhi. Come ogni volta la sua mente gli ripropose i flashback della prima morte di Oda, vividi e attuali; ai quali questa volta si sovrapponevano quelli della seconda, avvenuta solo qualche ora prima.

Dazai aprì una lattina di birra e ingoiò una manciata di pillole asciugandosi la bocca con la manica della camicia. Notò solo in quel momento che il polsino era ancora macchiato di sangue. Si spogliò velocemente, gettando l’indumento a terra e prendendo qualcosa di simile dal armadio della camera.

Si sentiva le palpebre pesanti, segno che finalmente il sonnifero stava sortendo l’effetto sperato. Fece appena in tempo a raggiungere il divano prima di crollare definitivamente.

Quando riaprì gli occhi era mattino inoltrato e Chuuya aveva già preparato colazione, per entrambi. Parlarono poco, in fondo non c’era molto che potessero dirsi.

Dazai aveva notato qualcosa di strano nello sguardo del più piccolo ma non se ne fece un problema, provò come sempre a stuzzicarlo.

Non voleva un addio melenso, strappalacrime e lui decisamente non era fatto per quel genere di cose. Anche nel suo mondo se n’era semplicemente andato.

Era più facile agire in questo modo; evitare le situazioni spiacevoli, i sentimenti scomodi.

Tuttavia allungò una mano con a chiara intenzione di stringere quella del suo partner.

Avevano lavorato bene, in qualche modo sentiva di doverlo ringraziare. Dazai sapeva comportarsi da persona matura quando la situazione lo richiedeva.

Per questo rimase sorpreso dal ricevere quel bacio da parte Chuuya. Non era nemmeno sicuro si trattasse di un vero e proprio bacio; aveva solo avvertito un leggero sfiorarsi di labbra, prima di ritrovarsi davanti nuovamente i volti di Ango e Murray.

L’ex dirigente non poté fare altro che sbattere le palpebre confuso. Si portò una mano sulle labbra, cercando di riordinare le idee, con ancora il ricordo di quel contatto effimero. Si grattò distrattamente la nuca non potendo impedirsi di sbuffare platealmente contrariato.

I due uomini restarono a fissarlo per qualche minuto. Fu Ango il primo a rivolgergli la parola;

«Quindi, non ha funzionato?» chiese altalenando lo sguardo da Dazai a Murray, che in quel momento sembrava sorpreso quasi quanto lui e sul punto di mettersi a piangere.

«Certo che ha funzionato. Sono stato via per quasi una settimana. Ora scusatemi ma ho bisogno di riposare»

Rispose il moro facendo per andarsene. L’impiegato però fu più veloce e riuscì ad afferrarlo prima che potesse allontanarsi troppo;

«Prima voglio essere informato su ciò che è successo. Dazai-kun, per noi sei scomparso solo per qualche secondo»

Dazai si dimenò quel tanto che bastava per liberarsi dalla presa. Finirono con lo scambiarsi una lunga occhiata che valeva molto più di mille parole.

Doveva essere successo qualcosa in quel mondo, Ango ne aveva la certezza, e per quanto desiderasse ardentemente delle risposte dovette arrendersi di fronte alla durezza di quello sguardo. Proprio perché conosceva così bene l’ormai ex amico decise di non insistere.

In cuor suo, teneva ancora molto a Dazai, anzi, si sentiva responsabile per ciò che gli stava succedendo. Ango aveva già pianificato a come usare le sue conoscenze per occultare tutti i file scomodi sul passato del giovane dirigente. Quando aveva appreso della sua decisione di lasciare la Port Mafia aveva iniziato ad insabbiare quanto possibile.

Glielo doveva, come lo doveva a Odasaku.

Sapeva che il loro amico non lo avrebbe mai perdonato se avesse abbandonato Dazai, soprattutto ora, quando ne aveva più bisogno.

Ango non avrebbe rinnegato il tempo trascorso in loro compagnia. La loro amicizia era stata l’unica nota vera in tutta quella storia. Non era sicuro di voler sapere quale tipo di sentimento legasse i propri amici ma avrebbe fatto ogni cosa per espiare la propria colpa.

Il giovane impiegato governativo non si era ancora recato sulla tomba di Oda, sapeva di non essere ancora pronto per quello, prima desiderava ricevere il perdono di Dazai. Era bastata però una sola occhiata durante il loro primo incontro, giorni prima, per capire che la strada per ottenerlo non sarebbe stata facile, ma non si sarebbe arreso.

«Va pure». Concluse sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.

«Domani però pretendo di ricevere un riassunto dettagliato di quanto è successo in quel mondo»

Dazai lo liquidò con un leggero movimento della mano, come se stesse scacciando un insetto fastidioso.

Quando fu abbastanza lontano Murray riprese a respirare; aveva trattenuto il fiato per tutto il tempo. Nessuno era mai tornato dalle sue dimensioni alternative, quel ragazzino era il primo. Si voltò verso Ango; sapeva che anche quel quattrocchi non andava sottovalutato. Si era invischiato proprio in una bella situazione e non aveva idea di come uscirne.

«Dazai-kun è davvero incredibile» ammise, volendo solo riempire quel imbarazzante silenzio che era calato dopo l’uscita di scena del moro.

«Già, ma questo non è niente. Spero che si riprenda preso. Murray-san penso che per oggi abbiamo finito. Grazie per il tuo duro lavoro. Ci rivediamo domani alla stessa ora»

«Pensate che voglia partire per un altro mondo?» domandò non riuscendo a nascondere la propria curiosità mista a perplessità;

«Ne sono certo. Continuerà a provare fino a quando non avrà raggiunto il suo obiettivo».

 

***

 

«Interessante»

Fu l’unico commento di Ango dopo aver concluso la lettura del resoconto scritto da Dazai su quel primo mondo alternativo. Si sistemò meglio gli occhiali, prima di riprendere a parlare;

«Una realtà senza Abilità Speciali. Dove tu eri nella Port Mafia e Odasaku-san era uno scrittore di successo. Stento quasi a crederci»

«Eppure era proprio così»

Fu la risposta monocorde di Dazai, quasi ironica.

Dopo che si era congedato dai due aveva fatto una lunga camminata, sentiva il bisogno di schiarirsi le idee. Non si era allontanato troppo dall’alloggio che Ango aveva messo a sua disposizione durante quei giorni. L’idea di tornare al suo vecchio appartamento non l’aveva nemmeno sfiorato. Era concentrato sul suo prossimo obiettivo, una nuova realtà e questa volta, non sarebbe in alcun modo arrivato impreparato.

Invece che riposare, Dazai aveva trascorso tutta la notte alla ricerca di notizie su Oda, qualsiasi cosa che potesse rivelarsi utile anche in un altro mondo. Scoprì, per esempio, che in passato il suo amico era stato un cecchino. Molte cose acquisirono un senso, come la sua scelta di non uccidere.

Avrebbe tanto voluto poter parlare con Odasaku del suo passato. Aveva così tante cose da chiedergli.

Domande che non avrebbero mai trovato una risposta.

Si prese il volto tra le mani. Il suo Oda era morto, non poteva avere pensieri del genere, l’indomani avrebbe usato il potere di Murray e raggiunto un’altra realtà alternativa. Forse avrebbe dovuto ripartire daccapo o forse no, non poteva saperlo.

Doveva solo andare avanti.

Prima o poi avrebbe trovato un mondo in cui Odasaku poteva sopravvivere.

Decise di preparare una relazione su quella prima prima realtà più per se stesso, che per Ango. Rivedere a mente lucida i fatti che lo avevano condotto verso la seconda scomparsa dell’amico forse avrebbe potuto evitargli d’incappare negli stessi errori.

Era una decisione puramente razionale.

Non appena ebbe finito, Dazai scoprì di aver completamente omesso la parte in cui lui si trovava ad avere una relazione con Chuuya. Bé era un dettaglio di poca importanza, soprattutto per uno come Ango. Forse perché in fondo, faticava ancora a concepire l’idea di lui e il rosso insieme in quel senso. Ripensò ai baci di Chuuya, alla sua bocca tra le proprie gambe. Si alzò di scatto in piedi correndo in bagno, mettendo la testa sotto un getto d’acqua freddo. Non doveva pensare a quelle cose, doveva concentrarsi su Odasaku.

Aveva passato la notte come al solito, stordendosi con alcol nel tentativo di smettere di pensare a Oda e alla sua morte. Al mattino non appena si era ritrovato di fronte ad Ango e Murray, aveva semplicemente consegnato all’impiegato la relazione che aveva tra le mani, limitandosi a borbottare un “leggi”. Poi si era seduto scompostamente su una poltrona, attendendo con fare annoiato qualsiasi commento.

«Sei davvero sicuro di voler ripartire così presto per un’altra realtà Dazai-kun? Magari preferiresti prenderti qualche giorno per riposare»

Il moro si alzò di scatto, fino ad arrivargli ad una spanna dal volto. L’impiegato governativo si trovò a fare un passo indietro, quasi spaventato da quel repentino cambio d’atteggiamento.

«Non posso riposare Ango. Non ci riesco. Lo salverò fidati di me»

Già, ma chi salverà te?

Fu il solo pensiero dell’altro quando vide Dazai svanire davanti ai suoi occhi grazie all’abilità di Murray.

 

***

 

Come per la realtà precedente, l’ex dirigente della Port Mafia si svegliò esattamente nel luogo dove il suo alter ego doveva essersi addormentato; peccato che questa volta non ci fosse nulla di familiare.

Dazai non riconosceva quell’ambiente, anzi era sicuro di non esserci mai stato prima.

Si trovò per qualche secondo disorientato, sembrava essere un ufficio. Si, si era addormentato sul divanetto di un ufficio.

Decise di mettersi a sedere controllando il suo abbigliamento e cercando con una prima rapida occhiata di carpire più informazioni possibili su quel secondo mondo alternativo. Dopo qualche minuto dovette interrompere quell’indagine approssimativa. Si bloccò nel udire il rumore di una porta aprirsi e venendo investito dal suono di telefoni e stampanti.

Dazai però non fece in tempo ad interrogarsi su altro perché tutta la sua attenzione venne catturata dalla figura di Odasaku, che in quel momento, dopo essere entrato nella stanza, si stava dirigendo verso di lui.

«Non dirmi che ti sei di nuovo addormentato sul divano? Hai fatto le ore piccole ieri? Mi sento in colpa ad averti chiesto tutte quelle informazioni»

Dazai si alzò di scatto correndo subito verso rosso abbracciandolo.

Non aveva potuto trattenersi, sembrava un sogno. Non riusciva quasi a credere di aver già trovato Odasaku. Questo andava contro ogni sua più rosea previsione.

Il rosso lo lasciò fare, alzando gli occhi al cielo, come se fosse abituato ad aver a che fare con gli strani comportamenti del più giovane e quella reazione fosse perfettamente normale.

«Non dirmi che ti sono mancato solo perché non ci vediamo da un paio di giorni» scherzò scompigliandogli i capelli.

Dazai scosse la testa, lasciando a malincuore la presa e facendo qualche passo indietro.

«Allora, sei riuscito a risolvere il caso?»

Odasaku lo sorpassò per andare a sedersi sul divano. Recuperò al volo dei documenti che il moro nella foga del momento aveva fatto cadere a terra. Il suo alter ego doveva aver lavorato su quelle carte prima di assopirsi e lui le aveva appena sparpagliate ovunque.

Dazai sperò solo che l’altro se stesso avesse per davvero risolto quel caso, di cui ovviamente lui non sapeva nulla.

Restò ad osservare Oda, mentre sfogliava il tutto, studiando ogni minima espressione che faceva capolino sul viso dell’altro. Quando il rosso appoggiò le carte e abbozzò un sorriso, Dazai riprese a respirare.

«Ottimo lavoro come sempre. Vieni andiamo a mostrarle al Presidente»

Il più giovane non ebbe modo di replicare perché il rosso si era già alzato ed era corso nel corridoio. Lo seguì. Lesse velocemente una targa commemorativa intitolata all’Agenzia dei Detective Armati; dunque era quello il suo lavoro? In quella realtà lui e Odasaku erano dei detective?

Non poté evitare di sorridere. In fondo se Oda era vivo nient’altro aveva importanza, avrebbe sopportato qualsiasi lavoro se il prezzo fosse stato la sopravvivenza del amico.

Mentre lo seguiva continuava ad ispezionare l’ambiente. Non era niente di particolare, un ufficio normalissimo, ma gli impiegati di quell’Agenzia erano tutti dipendenti della Port Mafia, esattamente come un tempo lo erano stati lui e Odasaku. Dazai era certo di aver scorto fugacemente Gin Akutagawa fare delle fotocopie e consegnarle a Tachihara. Per non parlare di Hirotsu che conversava al telefono seduto dietro ad una scrivania, una sigaretta sempre tra le labbra.

Erano scene surreali, alle quali Dazai non si sarebbe mai aspettato di dover assistere, ma in fondo era pur sempre in una realtà alternativa. Pensò che non gli sarebbe dispiaciuto vedere pure Chuuya in versione impiegato, per poi scoppiare a ridere al pensiero che, piccolo com’era, sarebbe rimasto completamente nascosto dietro al pc.

Mori-san era nel suo ufficio, quando Dazai lo vide cercò di non mostrare in alcun modo la sua sorpresa. Il Boss, non sembrava l’uomo che conosceva; per prima cosa non indossava il suo solito completo ne tanto meno il camice da medico, ma un vestito tradizionale giapponese.

Era surreale vederlo abbigliato in quel modo. Pure Elise, la manifestazione della sua Abilità Speciale aveva un delizioso kimono rosa.

Non ebbe il tempo di reagire che l’uomo sembrò notare la sua espressione. Dopo aver lanciato una rapida occhiata ad Odasaku infatti si rivolse direttamente a lui:

«Tutto bene Dazai-kun?» si poggiò il mento sulle mani, in un gesto che l’ex dirigente trovò così familiare ma allo stesso tempo diverso da quello del Mori Ougai del suo mondo.

Quello era l’uomo che aveva tessuto una rete contorta di alleanze e tradimenti culminata nella morte di Oda. Non doveva dimenticarlo.

Si trovava in un’altra realtà, Odasaku era vivo ed era a qualche metro da lui ma Dazai non riusciva ad essere tranquillo.

Mori-san non andava sottovalutato, non avrebbe commesso due volte lo stesso errore.

Inaspettatamente fu Elise a intromettersi nella conversazione iniziando a tirargli la manica del cappotto;

«Quando hai tempo Dazai vuoi venire a giocare con me? Ultimamente Rintarou è così noioso»

Il moro fissò la bambina, non l’aveva toccata direttamente per cui non l’aveva annullata col suo potere. Si chiese se il se stesso di quel mondo facesse il baby sitter a Elise. Oda si chinò e la prese per mano, facendole così mollare la presa. Come sempre era lui quello bravo quando si trattava di mocciosi.

«Io e Dazai siamo molto impegnati con un caso al momento, ma giocheremo con te il prima possibile» aggiunse dolcemente.

Elise sembrò accettare quella risposta, sorrise allegra e tornò ai suoi disegni lasciando i due in compagnia del Boss anzi del Presidente.

«Allora, come vanno le indagini?» domandò l’uomo usando un tono identico a quello con cui era solito rivolgersi a loro nella Mafia.

Oda fu il primo a rispondere e Dazai sperò di riuscire in qualche modo a capire di cosa quei stessero parlando.

Era irritante essere all’oscuro di qualcosa. Avrebbe voluto avere del tempo per leggere i documenti preparati dal suo alter ego. Si sentiva come se si fosse presentato ad un esame impreparato, senza aver studiato. Era una sensazione che non aveva mai provato e non gli piaceva per niente.

«Dazai è stato sveglio tutta la notte a reperire informazioni, da quanto è emerso dalla sua indagine è scomparso un uomo della Port Mafia, Sakaguchi Ango»

Per il moro si trattò di una strana sensazione di dejà-vu.

Per un attimo il suo cervello tornò a funzionare mettendo tutti i tasselli al loro posto, aveva capito che stava accadendo: il rapimento di Ango.

Il punto era, Odasaku sarebbe stato in pericolo anche se in questo mondo loro non facevano parte della Port Mafia?

Dazai doveva scoprire se questa Agenzia fosse coinvolta con la Mimic in qualche modo.

Non si sarebbe fidato di Mori, in nessun universo o realtà possibile.

Quell’uomo era un doppiogiochista, oltre estremamente intelligente. Aveva appreso tantissimo da lui sulle strategie militari e sulla geopolitica.

Cercò di concentrarsi sul dialogo tra lui e Oda, e soprattutto scoprire quale sarebbe stata la sua prossima mossa. In base a quello avrebbe adattato una strategia.

«Oda-kun vorrei che indagassi sul caso» Dazai si sentì mancare.

Improvvisamente aveva la gola secca. Strinse i pugni, cercando di mantenere la calma. Questa volta non sarebbe stato un semplice spettatore, non avrebbe perso di vista Odasaku per nessuna ragione al mondo.

«Dazai-kun sicuro di star bene? Oggi sei insolitamente silenzioso» il ragazzo abbozzò un sorriso;

«Va tutto benissimo, Presidente. Sono solo stanco. Vorrei solo fare una piccola modifica a ciò che ha appena detto: indagherò insieme a Odasaku sulla sparizione di Ango. Penso ci sia altro che bolle in pentola» la sorpresa sul volto di Mori durò solo qualche secondo, per poi lasciare il posto ad un’espressione accondiscendente;

«Come vuoi, mi fido del tuo giudizio. Sei il mio fidato braccio destro dopotutto»

Dazai gli voltò le spalle. Una parte di lui avrebbe voluto cancellare quelle parole.

Si ripeté mentalmente che prima o poi il Boss avrebbe pagato per tutto. Poi tornò ad osservare Odasaku.

Era vivo ed era al suo fianco.

Non avrebbe permesso a niente e nessuno di separarlo da lui.

 

***

 

«Sei veramente sicuro che vada tutto bene?»

Odasaku lo guardava pensieroso. Erano appena usciti dall’ufficio di Mori e si trovavano davanti a quella che, Dazai aveva intuito, doveva essere la scrivania del rosso.

«Va tutto bene Odasaku, non preoccuparti»

«Perché hai insistito tanto per partecipare al caso?»

Dazai sbuffò platealmente stiracchiandosi come un gatto.

«Non mi fido di Mori-san» a quella rivelazione Oda sgranò gli occhi. Non se lo aspettava.

«Pensi che dietro questa sparizione ci sia dell’altro?» provò a domandare, anche se poteva intuire benissimo la risposta;

«Ovviamente c’è sotto qualcosa».

Si scambiarono una lunga occhiata. Fu il turno di Oda di sospirare, prese velocemente il suo trench beige e lo indossò. Dazai aveva seguito ogni movimento, trattenendo inconsciamente il fiato.

A volte faticava ancora a credere che tutto quello fosse reale.

Che Odasaku fosse vivo e insieme a lui. In momenti come quello non riusciva nemmeno a dare una definizione a ciò che provava, era sollievo misto ad un costante senso di preoccupazione; come se una parte di lui sapesse o temesse che quella fosse solo la calma prima dello scatenarsi di una tempesta.

Poteva solo sperare di uscirne illeso, possibilmente con Odasaku al suo fianco.

«Ho bisogno di mangiare qualcosa, ti va di accompagnarmi o hai ancora da fare?»

Dazai lo fissò incredulo, per poi correre a recuperare il suo cappotto e seguirlo fuori dall’edificio. Stava procedendo meglio di quanto si sarebbe mai aspettato. Vista la spiacevole conclusione del primo mondo si era mentalmente preparato al peggio, invece quella seconda esperienza si stava rivelando quasi piacevole.

Peccato che nella sua mente avesse tralasciato un piccolo particolare.

Avevano sceso la prima rampa di scale, quando finirono con l’incontrare Chuuya e Kouyou.

Alla vista del rosso come solito Dazai non perse occasione per punzecchiarlo. Aveva lanciato una lunga occhiata anche alla donna; lei, contrariamente al Boss non indossava abiti tradizionali ma una semplice camicia bianca e una gonna lunga fino al ginocchio. Sembrava proprio una segretaria, perfetta per quel ambiente di lavoro.

Chuuya invece era sempre lo stesso. Al moro parve di trovarsi davanti il suo partner quindicenne. Il lavoro da detective non sembrava averlo mutato più di tanto.

«Chuuya sei così piccolo che rischiavo di calpestarti, se non fosse stato per la presenza della nostra stupenda Nee-san non ti avrei nemmeno visto»

Sia la donna che Odasaku sorrisero, erano abituati a quei battibecchi tra i due.

«Ah? Ma che vuoi maniaco dei suicidi, anzi si può sapere dove stai andando?»

Dazai gli fece una linguaccia, dopo averlo superato e raggiunto Oda.

«Andiamo a pranzo»

«Hai riordinato le scartoffie sulla tua scrivania vero?»

Il moro finse di pensarci per qualche secondo.

«Ovviamente» e fece una lunga pausa «ovviamente chiederò ad Akutagawa di occuparsene»

Come prevedibile Chuuya esplose, iniziando a lanciargli ortaggi e altri oggetti contenuti nelle borse della spesa che aveva ancora tra le mani. Fu Odasaku ad intervenire afferrando Dazai per un braccio e trascinandolo via; mentre Kouyou cercava di fare lo stesso col rosso.

«Sono stato io ad invitarlo a pranzo. Mangiamo qualcosa al volo e poi sono certo che Dazai tornerà in Agenzia per terminare tutto il lavoro arretrato» concluse l’uomo con un debole sorriso. A quelle parole Chuuya sembrò acquietarsi anche se non si fidava molto di Oda.

Sapeva che quello strano individuo era l’unico sulla faccia della Terra che potesse esercitare una sorta di effetto calmante su Dazai, però sapeva anche come quei due fossero amici ed in quanto tali Odasaku era solito soprassedere a molte mancanze del moro.

Lo viziava e Chuuya lo odiava per questo.

Erano dei detective, stavano lavorando e non giocando, possibile che Dazai non prendesse mai nulla sul serio?

Era irritante.

Come lo era il fatto che stesse andando a pranzo proprio con Oda. Con la coda dell’occhio vide il suo partner regalare l’ennesimo sorriso al rosso.

Colpì con un calcio il primo cestino della spazzatura nelle vicinanze.

 

***

 

«A che stai pensando? Oggi quasi non ti riconosco» ammise Odasaku.

Stavano camminando l’uno di fianco all’altro per raggiungere il ristorante dove avrebbero pranzato. Avevano quasi raggiunto il centro della città. Il più giovane cercò di simulare uno dei suoi soliti sorrisi;

«Stavo pensando al caso ovviamente ahah» l’uomo non ne parve troppo convinto ma decise di non insistere.

Sapeva che Dazai avrebbe parlato quando si sarebbe sentito pronto a farlo.

Non gli stava nascondendo qualcosa, o se lo stava facendo, sicuramente c’era una valida ragione. Dopo qualche passo riprese a parlare;

«So quanto non ti vada a genio la Port Mafia e che detesti quell’Organizzazione, anche io avrei preferito un caso che non avesse a che fare con loro ma sono gli ordini del Presidente»

Bastarono quelle poche parole a confermare a Dazai che anche al suo alter ego nutriva forti dubbi su quella vicenda. Per non parlare del fatto che odiasse la Mafia. Oda però proseguì;

«Inoltre stiamo parlando del rapimento di Ango» il moro sgranò gli occhi. Fermandosi di colpo in mezzo alla strada.

«Ehm senti Odasaku, ma tu per caso conosci questo Sakaguchi Ango? » aveva bisogno di accertarsene il prima possibile.

Il rosso lo fissò stranito per qualche secondo.

«Dazai hai per caso la febbre? Certo che conosco Ango e lo conosci anche tu, ormai è da un po' che noi tre siamo diventati compagni di bevute»

«Hai ragione scusa, si oggi fatico ad ingranare» ammise grattandosi la testa e cercando di non far trapelare il suo sempre maggiore nervosismo.

«Ti avevo detto di non esagerare con il lavoro, vedi cosa succede quando fai le ore piccole? Comunque non preoccuparti, Ango sapeva benissimo a quali rischi stava andando incontro. Dopotutto essere una spia non è cosa facile soprattutto una volta entrato nella Port Mafia…»

Dazai era senza parole.

«Odasaku tu, come puoi sapere del doppiogioco di Ango?» l’uomo lo fissò in un misto tra il sorpreso e preoccupato;

«Dazai non capisco, È così che lo abbiamo conosciuto no? Il Governo collabora spesso con l’Agenzia. Ango e i suoi ci hanno sempre fornito informazioni importanti per risolvere i nostri casi. Ora che ci penso, l’ultima volta che siamo andati a bere qualcosa insieme al Lupin ci aveva parlato di una missione delicata e top secret, pensi possa trattarsi di questo, che abbia a che fare con la sua scomparsa?».

Dazai sembrava essersi magicamente ripreso dopo lo shock di quelle rivelazioni. Gli ingranaggi nella sua mente avevano ripreso a girare.

La situazione non era poi così diversa da quella che si era verificata nel suo mondo.

La Mimic doveva aver scoperto del doppio anzi triplo gioco di Ango, per questo il quattrocchi era stato rapito e i fatti si stavano ripetendo. Questa volta però, Dazai si sentiva in vantaggio, sapeva quale sarebbe stata la mossa successiva dei suoi nemici, avrebbe avuto modo di preparare una contromossa ne era sicuro.

«Andrà tutto bene Odasaku, fidati, ho un piano» fu tutto quello che riuscì a dire prima di superarlo per entrare nel ristorante.

Questa volta non avrebbe perso. Odasaku sarebbe sopravvissuto.





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