Iemitsu sedeva stravaccato al tavolo di quella che un tempo era stata
la sua casa -legalmente gli era stata intestata, il mutuo che avrebbe
potuto estinguere in un istante lo aveva pagamento lentamente per non
destare sospetti - un calice di vino pregiato italiano in una mano, il
quinto solo quella sera, la canotta stropicciata.
Gokudera lo guardava dall'alto verso il basso trattenendo a stento
l'istinto di buttarlo fuori a calci e urlargli di darsi un contegno, ma
per qualche ragione non meglio identificata la mera presenza di Lambo
lo faceva desistere.
"Che cosa c'è?" domandò l'uomo con un tono
instabile, segno che l'alcol in circolo già avesse iniziato
ad agire.
Hayato si impose un silenzio che a malapena riusciva a mantenere.
"Te lo leggo negli occhi ciò che vorresti dirmi e riesco
anche a capire perché non parli: una parte di te si obbliga
a portarmi un rispetto che non senti, un'altra vuole solo compiacere
mio figlio e sa che per quanto tra noi non scorra buon sangue se ci
pigliassimo a parole una volta per tutte Tsuna ne soffrirebbe."
Gokudera sospirò, Iemitsu la stava rendendo davvero
più difficile di quanto già non fosse, come se
trovasse normale presentarsi in una casa che non era più la
sua, ubriacarsi, girare in mutande e al più attaccare
deliberatamente chi gli pareva inveendo verbalmente.
C'era una sola ragione per cui il giovane boss lo aveva accolto
ugualmente e questa risiedeva nella compassione, il suo enorme cuore
che gli impediva di tagliare i ponti con qualcuno che continuava a
giudicarlo nonostante avesse già più volte
dimostrato quanto valesse come boss e come persona.
"Mio Dio, sei doppio da fare paura, hai così tante maschere
che a stento sapresti dire chi sei veramente."
Hayato scosse la testa, prese posto qualche sedia più in
là per avere una visuale concreta sui suoi occhi e riuscire
a comunicare in maniera efficace.
"Si chiama, contegno. Qualcosa che ti manca."
Iemitsu scoppiò in una fragorosa risata e mandò
giù un altro goccio di vino.
"Oh finalmente, è questo che voglio, autenticità."
Lambo si coprì la bocca con una mano e mise in pausa la
compilation delle cadute più divertenti del web che stava
guardando sul suo cellulare, un brivido attraversò la sua
schiena.
"Non sono un esperto in materia, ma se vuoi ricevere qualcosa potresti
iniziare col darla e non mi sembra che tu sia stato molto onesto..."
ribatté invece Gokudera.
"Almeno a differenza tua ho le palle di mantenere una facciata, tu
neanche quello" commentò Iemitsu provocandolo.
Hayato, che era rimasto una testa calda nonostante fosse sulla
trentina, abboccò come un pesce all'amo.
"Ho più palle di te, molte di più, non mi sono
rifugiato in nessuna relazione clandestina, non ho spezzato il cuore di
una donna innocente, non ho negato me stesso e potrei continuare a
lungo sai..."
Iemitsu lo guardò con aria di sfida e Lambo si chiese se non
avesse rilasciato le proprie fiamme perché l'atmosfera che
percepiva era a dic poco elettrica, da corto circuito, le sue dita si
mossero rapidamente perché forse era il caso di avvertire
Tsuna e interrompere la sua Happy hour con Dino.
"Allora dimostramelo, adesso. Se non sei una femminuccia non avrai
alcun problema a bere quanto me" incalzò Iemitsu.
"A parte che questo è sessista e medioevale, potrei
nominarti una serie di donne che farebbero tremare anche la terra e che
sicuramente ti fanno cagare sotto. Lal, mia sorella, Viola, Oregano..."
Iemitsu lo interruppe avvicinandogli una bottiglia trasparente tirata
fuori dallo zaino con cui si era presentato qualche giorno prima in
quella casa.
"Questa non è acqua fresca e non mi hai detto niente su di
te, accetti o te la fai sotto?" domandò.
Gokudera sbatté un pugno sul tavolo, prese dalla credenza
due bicchierini per liquori e ne posizionò uno davanti a
Iemitsu.
"Posso giocare anche io?" domandò Lambo affascinato
dall'idea di fare un gioco alcolico, una delle tante esperienze che
mancavano alla lista della sua adolescenza inusuale.
"Perché no? Dimostrerai che buon sangue non mente" rispose
subito Gokudera con un sorriso fiero sulle labbra, quanto
più assumeva consapevolezza di essere un padre tanto
più cominciava ad abituarsi e parlarne apertamente.
"Esemplare" commentò Iemitsu ironico.
"Non puoi proprio parlare, Tsuna me lo ha raccontato che lo facevi bere
anche a cinque anni accidentalmente. Io almeno non do alcol ai
minorenni" ribatté Hayato dopo aver recuperato un altro
bicchierino e averlo dato a Lambo.
L'idea del gioco lo distolse dal contattare Tsuna, il messaggio rimase
scritto a metà sulla piattaforma di Line.
"È così strano sentirti chiamare mio figlio per
nome, sembra quasi che sia un'altra persona" sottolineò
Iemitsu.
"In privato è Tsuna, in pubblico è il mio boss,
il Decimo dei Vongola, è solo una questione di rispetto, lo
chiamerei col suo titolo anche se fosse una donna a differenza tua..."
incalzò Hayato.
Iemitsu fece schioccare la lingua e gli riempì il bicchiere.
"Riesci a parlarmi per cinque secondi senza pensare che io sia sessista
e omofobo?" domandò con un sospiro.
"Non lo so. Riesci a non esserlo? Oregano è il capitano del
CEDEF eppure non ti ho mai sentito chiamarla col suo titolo, anzi l'hai
spesso ridotta a tua segretaria. Sulla seconda parte mi astengo da
commenti, che tu ci creda o meno voglio dare il buon esempio a questa
scemucca" rispose Gokudera rivolgendo uno sguardo dolce a suo figlio
sulle ultime parole.
Iemitsu riempì anche il proprio bicchiere e quello di Lambo
il quale sentendosi ancora un po' disorientato da quella nuova
realtà si limitò a osservare il liquido nel
bicchierino.
"Beh Gokudera, vedremo se sei solo bravo a mettere in fila le parole o
anche far parlare i fatti."
Quella frase fu il fischio d'inizio della sfida, Gokudera prese un
cicchetto e lo buttò giù, in silenzio
osservò Lambo fare lo stesso e Iemitsu che era
già passato al terzo.
Al quarto giro tolse il bicchiere dalle mani di Lambo.
"La festa è finita, non ho intenzione di tenerti i capelli
mentre vomiti tutta la notte" disse.
Lambo insistette piagnucolando che era solo all'inizio e che poteva
fare qualche altro round, ma Gokudera non volle sentire ragioni e
quando Lambo provò ad alzarsi e barcollò fu grato
di avergli dato ascolto.
Spettatore di quella strana partita si mise a guardare appoggiando la
testa sul bracciolo del divano.
"Gokudera, dovresti stare attento a quello che dici, non ti fa onore
nasconderti dietro gli altri" lo provocò Iemitsu.
Hayato riprese a mandare giù un cicchetto dopo l'altro
dandosi a stento il tempo di respirare, guidato dalla rabbia.
Altro che quelle parole quasi gentili, gliene avrebbe volute dire di
ogni. Iemitsu Sawada non aveva mai avuto uno straccio di rispetto per
lui, non da quando Gokudera aveva fatto il grande affronto di rendere
gay suo figlio -stando alle sue lamentele- e ne aveva veramente piene
le palle. In un modo o nell'altro quella sera voleva dire basta,
perché non era più disposto ad accettare che
Iemitsu reclamasse il diritto di mettere bocca sulla sua vita, non
aveva alcuna voce in capitolo ed era giunto il momento che lo capisse.
Della sua posizione se ne sbatteva il cazzo, boss del CEDEF o meno
-tanto a breve comunque avrebbe ceduto il testimone a Basil- era solo
un suocero insopportabile.
"Oh Iemitsu, bevo da quando avevo sedici anni. Ritenta e sarai
più fortunato. Non sarò un patetico alcolizzato
come te, ma sono cresciuto con qualcuno che ti fa concorrenza e reggo
piuttosto bene."
Nei residui di lucidità Lambo pensò che fosse
davvero il caso di chiamare Tsuna, ma finì per addormentarsi
col cellulare in mano.
Gokudera lo osservò e si premurò di prendere una
coperta per tenerlo al calduccio così che non si
raffreddasse, Iemitsu lo guardò compiaciuto ricambiando
però il fulmine nei suoi occhi, era una competizione accesa.
****
Della bottiglia rimaneva quasi solo il fondo quando Gokudera
appoggiò la testa sul tavolo rimpiangendo un po' tutte le
scelte della sua vita e il giorno della sua nascita.
Era stato un vero idiota, si era lasciato trascinare in una sfida
talmente stupida che in tutta sincerità poteva succedere
solo con Testa a prato, non con suo suocero.
D'altro canto però Iemitsu non era messo meglio, appoggiato
completamente contro lo schienale a stento teneva gli occhi aperti e
aveva iniziato a delirare.
"Dopotutto non sei la femminuccia che pensavo..." commentò.
Hayato si impose di tenersi sveglio e si massaggiò le tempie
doloranti.
"Tu invece sei proprio il coglione che ho sempre pensato che fossi"
disse.
"E io forse sono peggio di te che ti sto pure a sentire..." aggiunse.
"Dì, la verità, mi odi, tu mi odi. È
per questo che hai proposto questa sfida idiota" concluse.
"No" mormorò Iemitsu.
"Altro che odiarti, io ti stimo e ti ammiro moltissimo... anzi..."
Gokudera alzò un sopracciglio, doveva essere roba proprio
forte quella che avevano preso per farlo parlare in quel modo.
"Che cazzo stai dicendo? Tu mi odi, odi che stia con Tsuna, ho mandato
a puttane tutti i tuoi piani e per questo mi odi."
Iemitsu negò un cenno leggero del capo.
"No, non ti odio, ma ti invidio perché sei migliore di me:
ti sei preso il mio ruolo e hai insegnato a Tsuna tutto ciò
che avrei dovuto trasmettergli io. Credere in se stesso, il valore
della sua vita, il coraggio di prendersi ciò che vuole, era
da un padre che doveva ricevere tutto questo..."
Gokudera ascoltò attentamente poi sospirò.
"Mi dai meriti che non ho" disse.
"Questo è Reborn, Reborn è stato suo padre, io
sono solo stato fortunato perché ho potuto essere suo amico."
"Fortunato..." rimarcò col labiale la parola Iemitsu, si
lasciò andare a un piccolo lamento nostalgico.
"A Reborn devo così tanto che non so proprio come
farò a sdebitarmi."
"Beh potresti iniziare col non giudicarlo e sostenerlo nella relazione
con il mio di figlio..." commentò Gokudera.
"Ma a tutti fa schifo la figa qua? Sono circondato!"
sottolineò Iemitsu.
Hayato alzò le spalle e chiuse gli occhi.
"Dovresti essere contento perché tecnicamente ne hai di
più per te, ma sembra che tu ci tenga così tanto
a deliberare sulle vite altrui. Potresti godere dei tuoi vantaggi
invece non fai altro che giudicare."
Iemitsu si sollevò, si diede un contegno e un tono
raddrizzando le spalle.
"Tu non sei da meno, non fai altro che giudicarmi in continuazione
dicendomi che sono un omofobo, un sessista.."
"Descrivere è diverso da giudicare" ribatté
Hayato.
"Un padre di merda" proseguì Iemitsu.
"Lo sei" arrivò immediatamente Gokudera a rimarcare.
"Vedi? Sei come me, inutile che fai il santo. Mi giudichi senza sapere
niente del mio passato, di me, di quanto cazzo io ami mio figlio, delle
scelte che ho fatto per il suo bene..." disse Iemitsu alzando
notevolmente il tono della voce.
Gokudera ribatté sovrastandolo con la propria.
"Tradire sua madre è stato per il suo bene, scommetto, non
perché non te lo sai tenere nei pantaloni..."
Iemitsu si massaggiò le tempie, sospirò
profondamente.
"Tu non capisci: sei stato fortunato, hai trovato l'amore in qualcuno
che conosce questo mondo e che ti supporta."
Hayato sbatte prepotente una mano sul tavolo e ringhiò.
"Tsuna non sapeva proprio un cazzo di tutto questo, mentre io nella
merda ci sguazzo dal primo istante in cui ho aperto gli occhi. Non
accampare scuse per pulirti la coscienza! Fortunato? Fortunato dove che
ho avuto per non so quanto tempo il fiato sul collo? Non mi piace non
poter vivere la mia relazione alla luce del sole, tu invece hai sempre
potuto eppure hai scelto di non fartelo bastare."
Iemitsu mantenne il silenzio e poi sussurro sei parole ben scandite.
"No, non può bastarti la solitudine"
Hayato fu immediatamente colpito e improvvisamente le sue difese
iniziarono ad abbassarsi per accogliere quella che aveva tutte le basi
per essere una confessione.
"Stare in compagnia è un conto sentirsi in compagnia ne
è un altro..." mormorò Iemitsu
Hayato alzò la testa a propria volta e sostenne lo sguardo.
"Ti ascolto..." disse.
"Quando ho conosciuto Nana ero poco più che un ragazzo,
sognavo in grande e avevo appena ereditato il CEDEF. L'ansia la
scaricavo col divertimento, quello che al tempo lo era per i ragazzi
della mia età, fumo, alcol, sesso. Non ero solito
trascorrere le serate in locali di qualità eppure una sera
affascinato dal mio cospicuo stipendio decisi di concedermi un pasto al
ristorante, uno tristellato. Nana lavorava in cucina, era poco
più che un'esordiente al tempo. Un piatto che mi rimase
talmente impresso da chiedere chi lo avesse preparato diede inizio al
nostro dialogo e anche quando rimanemmo solo noi nell'intero
locale io e Nana continuammo a parlare. C'era una bella sintonia,
pensavo che potesse funzionare" raccontò Iemitsu, la sua
mente accarezzò quei ricordi ancora vivi impressi nel cuore.
"Volevo andare con calma, c'erano così tante cose nuove
nella mia vita, ma quella donna aveva attirato la mia attenzione e i
sentimenti che provavo per lei erano sinceri. Così le chiesi
di uscire e con molta gentilezza la portai a cena fuori in uno dei
locali della famiglia. Cominciai a pensare che non fosse sbagliato che
iniziassero a conoscerla in previsione di un' eventuale relazione
ufficiale."
Ricordava molto bene come l'intero CEDEF avesse premuto l'acceleratore
scherzando che fosse sua moglie, che non avessero niente di simile e
per questo fossero fatti l'uno per l'altra.
"Del resto le Madonne sono sacre per la famiglia e Nana era una
candidata perfetta perché non faceva domande. Io
però non avevo mai pensato di sposarla, lei invece aveva
iniziato a parlare di figli a soli tre mesi di frequentazione e mi
aveva insistito per presentarmi i suoi genitori."
Iemitsu si diede una manata in fronte e si abbandonò a un
lamento.
"Come avrei potuto badare a un bambino vero in carne e ossa se non sono
mai stato in grado di gestire neanche un animale domestico? Se non sono
stato neache capace di preservare le piante del Nono? Gokudera, i miei
Tamagotchi non duravano tre giorni!"
Hayato si lasciò sfuggire una risatina, poteva chiaramente
immaginare suo suocero incapace anche solo di prendersi di qualcosa di
inanimato.
"Per questo quando rimase incinta desiderai solo scappare, ma facendole
un discorso sulla possibilità di abortire l'avrei ferita
profondamente quindi decisi di farmi carico di lei e la sposai per una
questione di onore. Al tempo un figlio fuori dal matrimonio era un'onta
sul nome della famiglia della donna, tu dovresti saperne qualcosa."
Gokudera sospirò profondamente, aveva voglia di urlare ma si
trattenne, affilò ugualmente il tono.
"Devi smetterla di paragonarci come se le nostre storie fossero simili.
Mia madre era malata e per questo rifiutò di sposare mio
padre, non voleva renderlo vedovo a pochi mesi dal matrimonio. Per
quanto riguarda quello che è successo con Viola ero ubriaco
fracido e non ricordo niente. Nessuno dei due aveva intenzione di stare
insieme o addirittura sposarsi, non ci siamo mai amati, ma io se
l'avessi saputo, se lei mi avesse informato prima stai certo che Lambo
non avrebbe dubitato nemmeno per un istante di avere un padre su cui
contare."
Iemitsu rise appena, Hayato sembrava un gattino randagio di quelli
fieri che ti guardano con diffidenza e soffiano spaventati non appena
ti avvicini troppo.
"Gokudera, te la saresti fatta sotto come me, non mentire! Saresti
scappato, come hai sempre fatto quando le cose si fanno difficili e non
sei più nella tua zona di comfort."
Hayato strinse i pugni, colse le frecciatine al suo passato e
urlò.
"Chi cazzo credi di essere per parlare così di me? Tu non mi
conosci..."
"Io ti conosco molto meglio di quanto a te non piacerebbe scoprire..."
ribatté Iemitsu con lo stesso tono.
"Gokudera, io sono stato cresciuto dal Nono, mio padre era un suo
amico, uno dei suoi guardiani, la prima pioggia della nona generazione.
Nessuno si aspettava fossi un cielo e nessuno al giorno d'oggi ancora
se lo spiega. Di mio padre so ben poco, tutto ciò che
conosco mi è stato raccontato. Ero piccolo quando il Nono mi
ha preso sotto la sua ala e mi ha permesso di vivere con i suoi figli,
ma in realtà non ho avuto un padre, il Nono a stento aveva
tempo per i suoi figli legittimi figurati per uno adottato. Sono
cresciuto con il suo maggiore, Enrico. Forse aveva dei difetti, ma
è stata l'unica guida che ho trovato sul mio cammino. Quando
un padre non lo hai non ti senti capace di diventarlo a tua volta e in
questo noi siamo identifici, non puoi negarlo" disse.
Gokudera digrignò i denti, tremò intensamente e
poi urlò di nuovo.
"Io non sono come lui... non osare paragonarmi a lui..." il tono si
spezzò su più parole.
Iemitsu sospirò, abbassò la voce e con gentilezza
si avvicinò appena a Gokudera.
"Non sto dicendo che sei come lui sto dicendo che ti sei convinto
inconsciamente di non essere all'altezza di fare il padre per colpa di
ciò che è successo..."
Hayato si strinse in se stesso come se volesse proteggersi, le sue
stesse mano gli accarezzarono i fianchi.
"Perché sai cosa è successo con mio padre?!
Neanche Tsuna ne è a conoscenza, non glielo ho mai detto"
disse timidamente lasciando andare una goccia di memoria dolorosa.
"Shamal" rispose Iemitsu senza dare spiegazioni.
"Shamal?" domandò Hayato confuso.
"Gokudera, mi hai giudicato per tutto questo tempo senza avere una vaga
idea di quello che ho fatto per te" confessò Iemitsu,
finalmente, erano così tanti anni che voleva dirglielo, ma
forse solo adesso era arrivato il momento giusto in cui potesse esserci
autenticità e sincerità tra loro così
che ci fosse anche una gratitudine sincera e non dettata dall'obbligo
di subordinazione.
"Ryohei, Yamamoto, Hibari, Mukuro e persino Lambo e tu stesso, chi
credi che vi abbia portati da Tsuna? Vi ho scelti tutti io, uno per uno
perché insegnaste a mio figlio a trionfare sulle sue paure,
perché poteste essere il suo riparo, la sua famiglia, i suoi
amici..." spiegò Iemitsu.
"Non ti seguo..." mormorò Hayato asciugandosi la lacrima
fugace che era giunta al mento.
"Sasagawa Ryohei, figlio di uno dei migliori avvocati con cui abbia mai
avuto a che fare, Yamamoto Takeshi, figlio di Yamamoto Tsuyoshi,
successore diretto nella linea di Asari Ugetsu, Asari significa
Vongola, ragazzo, era uno di noi prima di darsi alla ristorazione.
Nessuno chef sa affettare il sushi in quel modo a meno che non sia un
assassino. I genitori di Hibari erano entrambi esperti di arti
marziali, sono stati per me dei grandi alleati e soffro ancora tanto
per la loro scomparsa. Per quanto riguarda Mukuro il Nono stava
indagando da tanto tempo sugli esperimenti a cui si vociferava fossero
stati sottoposti alcuni bambini orfani ed è stato volere
diretto del Nono salvare quei disgraziati. Al più complesso
da gestire abbiamo chiesto di mettere Tsuna alla prova e testare
l'armonia del suo elemento. Lambo è stato scelto
perché i Bovino hanno una lunga tradizione di fiamme del
fulmine purissime. Tu invece non eri previsto, era un altro il
guardiano della tempesta che avevo scelto per mio figlio..."
spiegò Iemitsu.
Gokudera rimase a bocca aperta, in tutta la sua vita era sempre stato
l'ultimo a scoprire le informazioni che lo riguardavano direttamente e
ancora una volta c'erano delle bugie nel suo passato che si spacciavano
per verità.
"Che cosa?" domandò sconvolto.
"Mi sono formato nella stessa accademia di tuo padre e non mi
è mai stato troppo simpatico, non avevo predilezione per lui
e quindi neanche per la sua prole, il guardiano della tempesta della
decima generazione doveva essere il figlio di un mio caro amico, non
tu" rispose Iemitsu.
"Ma..." mormorò Hayato, si sentiva così
disorientato e spaesato.
"Sono stato io a sceglierti, a incasinare le carte...io ti ho portato
da Tsuna" disse Iemitsu marcando l'ultima frase.
"Ricordo una versione diversa dei fatti..." ribatté Gokudera
sulla difensiva.
Iemitsu fece schioccare la lingua, si massaggiò la fronte.
"Oh certo, tu ricordi che il Nono è venuto a soccorrerti
cambiando per sempre la tua vita, ma non sai che sono stato io a
chiederglielo, che ho mobilitato tutte le squadre dei Vongola solo
affinché ti trovassero. Il Nono non ha fatto altro che
seguire il mio piano, Gokudera."
Hayato si strinse ancora di più in sé, con le
lacrime agli occhi cercò di stabilizzare il tono, era troppo
da metabolizzare tutto insieme
"P-Perché? Perché mi hai salvato?" chiese.
Iemitsu annuì, leggendo la riconoscenza nei suoi occhi si
sentì più sereno e riuscì a parlare a
cuore aperto.
"Me lo ha chiesto Shamal, lui sapeva che tuo padre era impazzito dopo
la morte di Lavina e avrebbe voluto proteggerti. Non sta a me
raccontarti questa parte della storia quindi lasciami solo dire che mi
ha chiesto questo favore e a Shamal devo la vita."
"Dici sul serio?" domandò Hayato sempre più
disorientato, gli venivano rivelate realtà che non avrebbe
mai immaginato.
Iemitsu sorrise, gli scombinò i capelli con una mano.
"Sì e quando ti abbiamo trovato ero così felice.
Dando a te una seconda occasione sentivo di darla anche a me stesso e
quando è emerso che eri una tempesta ho trovato la soluzione
perfetta. Gokudera, tu dovevi essere il boss dei Bianchi, prima che
passasse la legge che permette anche alle donne della tua famiglia di
prendere il posto e noi non potevamo semplicemente impadronirci
dell'erede di una potentissima famiglia alleata con una tale conoscenza
dei veleni da essere sempre convenuto avercela dalla nostra parte.
Quindi abbiamo fatto sembrare che fosse tutto casuale, che tu avessi
incontrato mio figlio e lui ti avesse scelto come suo guardiano della
tempesta e braccio destro perché nessun legame è
più sacro dell'armonia nel nostro mondo quindi non ci
sarebbero state obiezioni" raccontò.
Hayato sentì il battito cardiaco accelerare, si
abbandonò a quella strana, inusuale e assolutamente mai
accaduta prima dimostrazione di affetto e tremò debolmente.
"Non posso crederci.." mormorò.
"Tsuna è prematuro di due mesi e i medici non erano sicuri
che ce la potesse fare. Prima che nascesse quasi lo odiavo, era solo un
guaio per me, ma quando l'ho visto per la prima volta ho deciso che lo
avrei sempre protetto affinché potesse sentirsi amato e al
sicuro. Mi sono allontanato da lui per paura di fargli del male, ma
sono sempre stato dietro ogni sua mossa, a guidarlo, ad asfaltare la
strada su cui avrebbe camminato" proseguì Iemitsu
imperterrito.
Si avvicinò un po' di più ad Hayato, al punto
tale da poter scrutare la sua anima turbolenta.
"Ti avevo scelto perché eri perfetto per insegnare a Tsuna
questa realtà e lui poteva riequilibrare la parte di te che
aveva rinunciato alla vita. Dovevi essere la persona che lo avrebbe
trasformato in un uomo capace di sopravvivere nel nostro mondo sporco e
corrotto invece..." fece una piccola pausa.
"Invece lo hai reso più felice di quanto avrei mai potuto
immaginare..." concluse il discorso con gli occhi lucidi.
Gokudera sorrise a propria volta, commosso. Vedersi riconosciuto,
validato, accolto era inestimabile.
"Io..." mormorò, ma Iemitsu lo interruppe immediatamente.
"A lungo mi sono chiesto perché Tsuna stesse così
male nonostante non facesse che ripetere quanto fosse felice con te.
Una relazione soddisfacente dovrebbe bastare a colmare certi vuoti, gli
dicevo, ma l'ho capito davvero solo qualche giorno dopo la guerra che
abbiamo combattuto insieme. L'amore non basta, non risolve i problemi,
ma li migliora e se tu sei il motivo per cui mio figlio affronta ogni
difficoltà col sorriso sulle labbra, se sei l'ancora di
salvezza a cui si aggrappa per tenersi fermo quando le onde aumentano,
se sei quella cosa che basta a rendere la sua una vita bellissima
allora sono un vero idiota e per tutto questo tempo sono stato io il
responsabile del malessere di mio figlio. Lui con te è
sempre stato felice, ma sentiva di non essere sostenuto da me e non lo
nego, non lo era, non lo è stato, quindi non riusciva
davvero a lasciarsi andare perché sapeva che io non ero al
suo fianco a condividere la sua felicità" sulle ultime
parole Iemitsu si commosse al punto tale che Gokudera
recuperò dei fazzoletti dal portatovaglioli che era ancora
al centro del tavolo dall'ora di cena e gliene porse uno, l'altro lo
dedico al suo viso.
"Iemitsu..." mormorò facendogli una delicata carezza sulla
schiena, toccare con mano la sofferenza altrui era tutto un altro paio
di maniche. Fu interrotto di nuovo.
"Gokudera, grazie e per quello che vale, scusa. Volevo parlarti da un
po' ormai, ma non me ne davi la possibilità. Non ti
è mai passato per la testa che io potessi essere cambiato
che Tsuna e tu mi aveste permesso di superare i miei limiti,
comprendere i miei errori e per questo mi ubriacavo, perché
da sobrio non sarei mai riuscito a parlarti così,
perché il modo in cui sono cresciuto mi ha segnato e certe
cose sono ancora difficili per me da accettare, ma adesso avete la mia
benedizione, io vi auguro solo il meglio."
Iemitsu era ormai una fontana e Hayato non sapeva bene come reagire
anche perché a sua volta aveva dato via libera alle cascate.
"Grazie...non so cosa dire... io..." cercò di mormorare.
Aveva atteso così a lungo quel momento che a stento poteva
crederci.
Iemitsu smise di piangere, si asciugò le lacrime e gli diede
una gomitata forzando una risata.
"Senti, ma adesso devo comprare le bandiere arcobaleno? Come funziona?"
chiese.
Gokudera sospirò, mantenne il tono stabile con tutte le sue
forze.
"Mi basta che la smetti di guardarmi come se fossi una pizza con
l'ananas..." stabilì.
"Devi ammettere che è davvero disgustosa..."
scherzò Iemitsu.
Hayato tremò nuovamente, si raccolse in sé.
"Noi no, però..." disse con un tono rotto che lasciava solo
immaginare quante volte se ne fosse dovuto convincere schiacciato sotto
la voce di chi cercava di farlo sentire disgustoso.
"No, non lo siete..." sottolineò Iemitsu e mettergli un
braccio intorno alle spalle venne del tutto automatico così
come il tono dolce e al contempo colpevole che aveva usato.
Ci fu qualche istante di silenzio, poi Gokudera ricambiò
quel gesto di affetto e sospirò.
"Hai detto che è stato Shamal a salvarmi...perché
non lo ha fatto di persona?" chiese, stava ancora elaborando tutte
quelle informazioni.
"Posso solo dirti che tuo padre non è stato l'unico a
impazzire dopo la morte di Lavina Gokudera, ma Shamal non ha mai smesso
di fare ricerche giorno e notte per la tua malattia" rispose Iemitsu,
sudò freddo sulle ultime due parole, non avrebbe mai dovuto
pronunciarle.
"Cosa?!" ribatté Gokudera visibilmente allarmato.
Iemitsu dissimulò il tutto con una risata sguaiata.
"La sua malattia, intendevo. Quella di tua madre, scusami il lapsus,
l'alcol confonde anche me."
Hayato tirò un sospiro di sollievo, gli mancava solo
scoprire che in realtà aveva ereditato la rara malattia di
sua madre e stando alle tempistiche era prossimo a lasciare Tsuna da
solo.
"Non mi hai ancora detto perché hai tradito Nana..."
mormorò ricomponendosi, appoggiandosi allo schienale.
"Perché lei non poteva capirmi, Gokudera. Avevo una tale
pressione sulle spalle che sostenerla da solo era troppo anche per me.
Oregano era sempre al mio fianco e a differenza di mia moglie non
dovevo nasconderle niente, potevo condividere ogni cosa senza paura e
non dovevo neanche proteggerla perché come hai detto prima
è una donna fortissima. A certe persone senti semplicemente
di appartenere, con altre invece nonostante ci sia tutto l'affetto del
mondo non senti comunque quel legame che sa di casa. Non volevo tradire
Nana, la prima volta era successo in un momento di disperazione e poi
mi ero ripromesso di non permetterlo mai più, ma se ti
innamori..."
"Se ti innamori succede" lo interruppe Gokudera.
"Esatto. Ho sbagliato, avrei dovuto parlarne con Nana e non avrei
dovuto mentire a Oregano circa un divorzio mai realmente contemplato,
ma credo fermamente che per ognuno di noi esista almeno una persona che
sia il nostro grande amore e anche se è più
giovane di me, anche se è una mia collega, anche se non ho
saputo rispettarla, quella persona per me è Oregano. Tu lo
sai di cosa parlo, sai cosa vuol dire tenere a qualcuno, ma
abbandonarlo ugualmente perché non senti di appartenergli,
non senti che è al suo fianco il tuo posto nel mondo e che
la ricerca continua."
Gokudera rabbrividì, ripensò alle persone che
aveva conosciuto quando aveva vissuto per strada, ma in particolare a
Carlo. Si era quasi sentito suo figlio per qualche settimana e avrebbe
tanto voluto chiamarlo "papà", ciò nonostante lo
aveva abbandonato con poche parole messe in fila e Carlo lo aveva
lasciato andare.
"Da quanto tempo mi avevi trovato?" chiese Hayato, conscio ormai che
per sapere del suo incontro con Carlo Iemitsu doveva averlo osservato
proprio a lungo.
"Da poco dopo quell'incidente..." rispose il boss del CEDEF.
"Che coraggio a chiamarlo così..." mormorò
Hayato, al solo pensiero il cuore gli doleva ancora tanto da fargli
mancare il respiro.
Iemitsu chinò la testa in segno di scusa e
sospirò.
"Scusami, volevo solo essere gentile coi termini"
"Lascia perdere..." tagliò corto Hayato.
Iemitsu annuì, ricercò nuovamente il suo sguardo
e sorrise amaramente.
"Mi odi ancora?" domandò.
"Non ti ho mai odiato, Iemitsu. La prima volta che ti ho conosciuto ci
tenevo così tanto a fare una buona impressione su di te,
volevo solo che tu vedessi in me qualcuno di valido ed è
stato bello finché è durato. Poi mi hai chiuso la
porta in faccia e tutto solo perché ho osato innamorarmi di
tuo figlio e avere il culo di essere ricambiato. Ho una memoria di
ferro purtroppo o per fortuna, ricordo ogni singolo insulto velato o
diretto che mi hai rivolto da quando hai scoperto che stavamo insieme.
È ovvio che ho finito col provare astio nei tuoi confronti,
ma era solo la delusione di una persona che ce l'aveva messa tutta
perché ne avessi un'alta opinione ed era invece stata fatta
a pezzi" argomentò Hayato tristemente.
"Mi dispiace, Gokudera. Per tutto quello che hai dovuto sopportare a
causa della mia chiusura mentale..." mormorò Iemitsu
sinceramente pentito.
"E a me dispiace per tutto ciò di offensivo che ho detto
alle tue spalle o in faccia" convenne Hayato.
Iemitsu sorrise, un sorriso ampio e sincero.
"Tsuna è davvero fortunato ad avere te" disse e intendeva
ogni singola parola.
Gokudera arrossì appena, si emozionava ancora tanto ogni
qualvolta gli ricordavano quanto lui e Tsuna fossero effettivamente
sposati e felici insieme e che non era un lungo sogno infinito
perché in realtà era in coma da qualche anno.
"E neanche tu sei così male dopotutto. Avrei pagato per un
padre come te, Iemitsu..." confessò Hayato riposando la
testa sul tavolo perché tenerla su quando era
così pesante era davvero difficile, cominciò a
giocherellare con la frutta ancora a tavola.
"Sono a casa!" la voce di Tsuna sopraggiunse improvvisamente e fece
sussultare entrambi interrompendo quel momento tanto profondo e sincero
che stavano condividendo.
"Oh cazzo..." squittì Hayato, doveva trovare alla svelta una
motivazione valida per giustificare le sue condizioni.
"Hey figliolo, tutto bene?" domandò Iemitsu,
avanzò fece verso la porta della cucina
coprendogli la visuale, dando la possibilità ad Hayato di
darsi in contegno.
Tsuna invece oltre al fastidio dell'ospite indesiderato e al captare
palesemente che c'era qualcosa che non andava riuscì anche a
intravedere oltre la sagoma robusta di suo padre.
"Papà?!" domandò confuso.
"Che c'è?" convenne Iemitsu, un sorriso innocente per nulla
credibile.
"Perché Lambo è collassato sul divano?" chiese
Tsuna.
Iemitsu scosse la testa e ridacchiò vigorosamente.
"Oh non è collassato, sta solo dormendo, non gli ho dato di
certo l'acqua speciale che ho portato dall'Egitto"
improvvisò.
"Oh santo cielo, papà! C'è una puzza di alcol
spaventosa!" dichiarò Tsuna dopo aver sentito l'alito di suo
padre dritto nelle narici.
"No no, è l'acqua magica dell'Egitto..." insistette Iemitsu.
Tsuna scansò suo padre deciso a scoprire cosa gli stesse
nascondendo e con un sussulto si avvicinò al marito, lo
osservò confuso e convenne che non ci fossero molte ragioni
per cui avesse la testa sul tavolo, gli occhi rossi e avesse anche
pensato che fare una torre di mandarini sulla propria testa fosse una
buona idea.
"Hayato?!" squittì.
"Oh ciao Tsuna, tutto bene?" domandò Gokudera alzando
impulsivamente la testa e facendo cadere la frutta per terra, avendo
l'udito alterato come gli altri sensi non si era reso conto di quanto
fosse vicino.
Tsuna rabbrividì, doveva esserci un motivo terrificante
dietro al fatto che suo padre e suo marito avevano iniziato a parlare
allo stesso modo e che il secondo assecondasse il primo, cosa che in
tutta la sua vita non era mai successa prima.
"Ma che diavolo?" domandò spaesato.
"È come dice tuo padre, l'acqua dell'Egitto"
confermò Hayato.
"Papà, hai drogato mio marito?!" domandò Tsuna
sconvolto avanzando verso Iemitsu.
"Non è fatto, è solo ubriaco..."
confermò il padre.
"Confortante... davvero..." mormorò Tsuna. L'ultima volta
che Hayato aveva alzato il gomito per davvero si era ritrovato padre.
"Tsu, sto benissimo non devi preoccuparti..." cercò di
rassicurarlo Gokudera, per testimoniare le sue parole si
alzò e avanzò qualche passo barcollando per poi
inciampare.
"Hayato!" quasi urlò Tsuna prendendolo prima che facesse
faccia e pavimento, lo strinse delicatamente tra le sue braccia e poi
lo sollevò sulle spalle.
Si voltò verso Iemitsu, sospirando, era evidentemente
infastidito, anzi era proprio adirato. Gokudera si strinse a lui, gli
scoccò un bacio su una guancia e strofinò la
testa contro il suo collo come se fosse un gatto.
"Sei sempre il solito... senti prenditi pure la mia ex camera
perché tanto ho capito che anche stanotte resti qua. Notte,
papà..." disse Tsuna rivolgendo uno sguardo rapido a suo
padre e proseguendo poi a salire le scale con quel peso morto sulle
spalle.
"Sei arrabbiato?" domandò Gokudera timidamente.
Tsuna annuì appena, voleva dire di esserlo solo con suo
padre, ma a dirla tutta lo era anche col marito.
"Hayato a stento ti reggi in piedi, non mi aspettavo un simile
comportamento da te" disse.
Gokudera sospirò, si lasciò sistemare sul
materasso del loro letto matrimoniale e accolse con un sorriso il
sospiro affannato di Tsuna dopo quello sforzo.
"Scusami, lo so che non avrei dovuto accettare la stupida sfida di tuo
padre, ma in realtà non mi pento di niente."
Sawada alzò un sopracciglio, ma mantenne il silenzio,
accolse ogni parola che seguì.
"Tsuna, sei tanto amato e da così tante persone che non
saprei contarle, tuo padre è nella lista e per questo ti
invidio da morire."
"Che intendi?" domandò Sawada, visibilmente sorpreso.
"Ci ha dato la sua benedizione, Tsu. Ci ha accettati finalmente e mi ha
raccontato tante cose che mi hanno fatto capire quanto ci tenga a te e
perché non sia esattamente un padre di merda...non sta a me
raccontartelo però, dovresti parlarne con lui"
spiegò Gokudera, si sistemò su un fianco e lo
invitò a stendersi accanto a lui.
"Ha accettato la nostra relazione?" chiese Tsuna incredulo sdraiandosi.
"Sì. Non è meraviglioso?" chiese Hayato, a stento
tratteneva l'entusiasmo infatti il suo tono uscì un'ottava
più in alto.
"Ci ha messo solo dieci anni..." sospirò Sawada ironico.
"Tsuna, amore mio, tuo padre ha fatto tantissimi errori e nessuno lo
vuole negare, ma ne è consapevole e vuole farsi perdonare.
Il mio ha provato a uccidermi quando avevo appena dieci anni e sto
ancora aspettando delle scuse che probabilmente non riceverò
mai..." disse Gokudera col sorriso sulle labbra.
Tsuna lo guardò sconvolto, rimase paralizzato per un istante
e bloccò la mano con cui gli stava accarezzando il viso.
Hayato lo aveva fatto di nuovo, farsi uscire informazioni molto serie e
preoccupanti come se niente fosse, lasciandole scivolare anzi
pretendendo che Tsuna le facesse scivolare nel dimenticatoio.
"La mia famiglia è molto più incasinata della
vostra, Decimo."
"Mi hanno leggermente accoltellato."
"Ho tentato il suicidio almeno sei volte prima che ci mettessimo
insieme."
Questi erano solo alcuni degli esempi, ma stavolta Tsuna non aveva
alcuna intenzione di lasciare perdere, non adesso che dopo tutto questo
tempo finalmente Hayato lo rendeva partecipe del suo passato, trattato
fino a quel giorno come un affare di stato. Tutto ciò che
sapeva di chi fosse Hayato prima di Tsuna lo sapeva solo grazie a
terzi, Reborn, Bianchi, lo stesso Nono.
"Che cosa?!" domandò terrorizzato, la sua espressione
chiedeva una spiegazione.
"Sì. Sono scappato di casa quando ho scoperto di essere un
figlio illegittimo e che mio padre era il sospetto responsabile della
morte di mia madre. Per mesi e mesi non ha mosso un solo dito per
ritrovarmi, poi un giorno l'ho incontrato per strada, mi ha preso per
mano, mi ha detto che mi riportava a casa e che non era arrabbiato,
come se avesse avuto il diritto di esserlo" iniziò a
raccontare Hayato, Tsuna notò subito che aveva iniziato a
tremare e per questo lo accolse tra le sue braccia, trasmettendogli
tutto il suo calore affinché si sentisse al sicuro e
finalmente gli permettesse di conoscere tutto il capitolo proibito
della sua vita, un Hayato che diceva avrebbe finito per odiare e
confondere con quello attuale.
"Mi condusse per una strada diversa, attraverso una fitta foresta, una
scorciatoia. Passammo per un ponte sopraelevato, era stato costruito
per superare un fiume che terminava in una cascata a strapiombo..."
Gokudera si interruppe, lesse negli occhi di Tsuna, l'amore, il
supporto, la certezza che niente di ciò che avrebbe potuto
dire potesse cambiare il loro rapporto e riuscì a proseguire.
"In quell'istante mio padre mi sollevò per il collo e mi
scagliò in acqua urlandomi contro che dovevo sparire dal
mondo e dalla sua vita. È così che ho imparato a
nuotare, neanche l'avevo mai vista in foto una cascata prima di quel
momento. Potevo annegare, sbattere contro i sassi una volta raggiunto
lo strapiombo, c'erano mille modi in cui potevo crepare e lasciare che
accadesse invece una forza sconosciuta mi spinse a muovermi
controcorrente alla ricerca di un appiglio. Una parte di me
però voleva morire lo stesso, non sopportavo l'idea di
essere un tale problema che il mio stesso padre avesse tentato di
eliminarmi con le sue mani" terminò la frase con un
singhiozzo, Tsuna gli baciò delicatamente il collo come se
con quel gesto potesse cancellare i segni di una ferita antica, lo fece
inconsciamente mentre Gokudera rilasciava le lacrime.
"Hayato... oh mio dio, io..." cercò di dire Sawada, avrebbe
voluto saperlo prima, avrebbe voluto potergli dire una parola di
conforto di più, stringerlo dolcemente tra le sue braccia e
permettergli di dimenticare. Era sempre più convinto che
dovesse pagare un buon terapeuta perché il suo Hayato aveva
davvero bisogno di aiuto per superare i traumi della sua infanzia che
ancora lo rincorrevano nel sonno.
"Lo so, non ti preoccupare, è tutto passato. Scusami se non
te l'ho mai detto, non ne avevo il coraggio, non avevo il coraggio di
guardare in faccia ciò che era successo e ammettere che non
era stato solo un incubo. Per molto tempo mi sono sentito vuoto e
freddo dentro, ma adesso non è più
così da tanto tempo, amore mio" disse Gokudera, animato da
emozioni contrastanti mostrò la sua crescita e conquistata
serenità concludendo la frase con un tono dolcissimo.
"A lungo ho pensato di essere come mio padre, uno sbandato capace solo
di fare del male a un potenziale figlio, ma inconsapevolmente siamo
stati degli ottimi genitori per Lambo e questa sera tuo padre mi ha
fatto capire una volta per tutte che avrò anche il 50% del
suo DNA, ma non sono come mio padre e non lo sarò mai, io so
fare il padre, posso essere un buon padre" disse sempre più
sovraffatto dall'onda emotiva, parlando con trasporto e consapevolezza.
"Sei un ottimo padre, amore..." sottolineò Tsuna,
l'atteggiamento che aveva assunto con Lambo ne era la riprova.
"E quindi stavo pensando che forse tutto sommato mi piacerebbe avere un
piccolo tutto nostro" mormorò Hayato facendosi
più vicino e abbassando sempre di più la voce
finché non si ritrovò tra le braccia di Morfeo
oltre che tra quelle di Tsuna.
Sawada lo osservò, un punto interrogativo grande quanto una
casa disegnato in fronte, il viso disteso di Hayato una carezza sul
cuore.
Il giovane boss dei Vongola sentì quelle parole risuonare
nella sua testa più e più volte incapace di
togliersi il sorriso dalle labbra, poi queste assunsero un nuovo suono,
un altro significato e Tsuna le sentì fino in fondo e si
ritrovò a urlare a nessun ascoltatore.
"Eeeh?!"
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