Roxanne
Weasley odiava piangere; da sempre abituata a vergognarsi delle sue
debolezze, preferiva celare il suo malessere dietro risate gioviali o
lasciarlo fluire in scoppi di rabbia incontrollata.
Roxanne
piangeva solo da ubriaca, quando le inibizioni venivano meno e
diventava impossibile impedire che le lacrime le bruciassero le
guance – lacrime versate per un amore che lei era
costretta a
vivere come un peccato.
Albus
era
sempre lì per lei, pronto a stringerle un braccio intorno
alle
spalle in un gesto apparentemente fraterno e condurla via dal pub
dove avevano trascorso la serata; le loro labbra si incontravano solo
nei bui vicoli di Hogsmeade o nel silenzio della Torre di Grifondoro.
“Sto
male
per te quanto ti vedo così,” mormorava Albus,
asciugandole le
lacrime. Al che lei si lasciava sfuggire una risata ebbra e poggiava
la testa sul suo petto.
“Adesso
che siamo insieme sto bene. Tu mi fai sempre stare
bene.”
La
naturale
spensieratezza di Roxanne aveva iniziato a inquinarsi da quando lei e
Albus avevano intrecciato quella relazione di cui solo Rose e
Scorpius erano al corrente. Eppure era
così facile concedersi di dimenticare il dolore
nelle notti
in cui si trovavano abbracciati, – protetti dalle tende del
letto a
baldacchino e una serie di Incantesimi Silenzianti – quando
lui la
guardava con quei suoi meravigliosi occhi verdi e mormorava;
“Ti
amo.”
Roxanne
non
era mai riuscita a pronunciare a voce alta parole cariche di un tale
peso. Preferiva che fosse il suo corpo a parlare per lei; afferrava i
capelli di Albus, gli baciava il collo, intrecciava le gambe alle
sue, in un crescendo di tensione che li portava a strapparsi i
vestiti di dosso e annegare l'uno nell'altro –
era stato lui il primo con cui aveva fatto
l'amore e non
sesso scevro di significato.
“Dobbiamo
parlare con i nostri genitori dopo il diploma,” ripeteva
spesso
Roxanne, con una mano affondata tra i capelli di Albus e le labbra a
un soffio dal suo orecchio. “Ormai manca poco. Fuori da
Hogwarts
saremo liberi di fare ciò che vogliamo.”
“Perché no?
Potremmo andarcene di casa e vivere insieme in campagna, lontano da
tutto e da tutti...”
“Bell'idea. Ricorda, la sera dovrai farmi
trovare la cena pronta quando tornerò dal lavoro.”
“Per te
questo e altro, amore.”
In
quelle
notti era facile concedersi di dimenticare il dolore, ma questi
tornava a galla al mattino e le rubava il respiro giorno dopo giorno;
Roxanne – da sempre fiera del suo coraggio e della sua
sincerità
disarmante – sentiva che avrebbe finito per perdere se stessa
in
quella rete di maschere e finzioni.
“Sono
stanca di tutto questo,” sbottava verso Albus, quando il
dolore si
faceva talmente intenso da mutarsi in rabbia. “Sono stanca di
fingere. Non m'importa niente di cosa dirà la nostra
famiglia, noi
dobbiamo essere liberi di stare insieme.”
“Lo saremo
presto, Rox.” Le dita di lui tra i capelli, la rabbia che
s'inceneriva al suono delicato della sua voce. “Te
lo prometto.”
*
Roxanne non
aveva pianto, la sera in cui Albus le aveva detto; “Dobbiamo
smettere di vederci. Cerca di capire, ti prego. È per il tuo
bene.”
Senza
dargli il tempo di aggiungere una parola, gli aveva dato le spalle e
s'era allontanata, gli occhi solitamente brucianti di calore ridotti
a due specchi atoni.
Il
mattino dopo, quando aveva incrociato Albus in Sala Grande, l'aveva
degnato appena di un'occhiata – lui aveva fatto altrettanto
prima
di riprendere a parlare con Scorpius. Persino quella sera, quando
Albus l'aveva avvicinata nella sala comune vuota rivolgendole un
sorriso teso, il suo sguardo era rimasto vestito di gelida
indifferenza.
“Ehi,
possiamo parlare?”
“No.”
“Rox,
ascoltami,” L'aveva guardata con occhi imploranti e lei si
era
odiata per il brivido che le era corso lungo la schiena. “Io
ci
tengo a te ma... questa storia non poteva funzionare. I nostri
genitori non l'avrebbero mai accettato. L'unico modo per stare
insieme era continuare a nasconderci e ne avremmo sofferto, tu
ne avresti sofferto terribilmente...”
“Sei
uno schifoso ipocrita e un codardo. Io per te sarei stata disposta a
non guardare mai più in faccia la mia famiglia.”
Gli
aveva rivolto un'occhiata carica di odio prima di camminare spedita
verso il dormitorio, la testa alta e gli occhi asciutti – Roxanne
Weasley non piangeva mai, neanche con il cuore corroso dal veleno.
L'ultimo
sabato sera a Hogsmeade prima degli esami, le luci dei pub di High
Street, la voce allegra di Rose nelle orecchie. Roxanne finse di
ridere a una battuta della cugina ma i suoi pensieri erano tutti
rivolti al whisky che avrebbe mandato giù non appena
arrivata alla
Testa di Porco – quella sera aveva un disperato
bisogno di
piangere.
La
porta di un pub poco distante si spalancò e Albus
uscì in strada
tenendo sottobraccio Scorpius. Roxanne si immobilizzò
– la calura
estiva s'era mutata di colpo in gelo. Vide i due ragazzi ridere
insieme, poi Albus passò una mano tra i capelli di Scorpius
e poggiò
le labbra sulle sue.
Due giorni. Hai chiuso con me
appena due giorni fa. Avevi detto che era per il mio bene.
“Rox,
aspetta!”
La
voce di Rose risuonò come un'eco lontana. Roxanne stava
già
correndo via, preda del dolore lancinante che le martellava le tempie
risuonando in ogni suo pensiero, ogni suo respiro spezzato. Si
lasciò
trasportare dalle sue gambe tra i vicoli bui di Hogsmeade
finché le
ginocchia non le cedettero; ricadde su una panchina, ansimando, il
corpo scosso da tremiti violenti e i polmoni in fiamme.
Non
aveva mai immaginato che respirare potesse essere così
difficile,
così doloroso. Spalancò la
bocca alla ricerca d'aria e un
singhiozzo le sfuggì a tradimento dalle labbra.
Stanca
di vergognarsi delle sue debolezze, si chinò in avanti
prendendosi
la testa tra le mani e per la prima volta dopo anni non ebbe bisogno
di bere per poter scoppiare a piangere –
così come, per la
prima volta, Albus non sarebbe stato lì ad asciugarle le
lacrime.
***
Note
Era
da un bel po' di tempo che volevo scrivere una Albus/Roxanne, coppia
sulla quale non esistono fanfiction, né in italiano
né in inglese. (Beh, a parte un paio di porn without plot su
AO3, ma quelle per me non contano) Non so perché questo
contest (che richiedeva di parlare di un tradimento di coppia) mi ha
fatto pensare proprio a loro. Forse perché ero intenzionata
a scrivere qualcosa di originale e diverso dal solito, per cui la mia
mente ha ripescato questa ship improbabile.
Piccolo appunto; la storia è ambientata al settimo anno, per
cui ho deciso di parlare di queste uscite serali a Hogsmeade. Nel mio
headcanon, gli studenti maggiorenni sono liberi di visitare il
villaggio anche di sera nei weekend, pur dovendo rispettare un
coprifuoco.
Questo lavoro non mi convince tantissimo ma mi auguro che qualcuno
l'abbia apprezzato, ringrazio chiunque recensirà ;)
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