Cronache dalla Decima Era in giù

di Paridoso1
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Epilogo, parte seconda: Echi
 
Nem guardò ancora una volta verso l’alto mentre si sistemava i capelli ingrigiti dalla polvere sollevata dall’esplosione. No, definirla un’esplosione sarebbe stato scorretto. Era stata… un’assurdità, era stato un momento di pura confusione condensato in un boato e un terremoto.
In un istante l’intero canyon era stato livellato da una forza invisibile, lasciando solo una distesa di roccia nuda – la neve, fino a poco prima così tanta da rendere difficile il movimento, era stata anch’essa spazzata via del tutto – rendendo inutile il labirinto diligentemente scavato dagli spiriti del ghiaccio. Ora il luogo dove dimorava la preziosa Spada di Smeraldo era esposto al mondo, con la reliquia alla mercé di chiunque volesse impugnarla.
Al centro del canyon, in corrispondenza di un grosso crocevia indicato da quattro pietre miliari, ora vi era un’ampia voragine dalla quale sgorgava un’abbagliante luce verdastra, accompagnata da quelle che sembravano urla di dolore. Che qualcuno stesse combattendo per la reliquia? E se fosse stato proprio quel combattimento la fonte della distruzione che si era abbattuta su quel luogo, quale mostruosità era talmente potente da radere al suolo qualsiasi cosa nel raggio di chilometri?
-Cosa cazzo è stato?- chiese Claire, quasi urlando per sovrastare un rumore inesistente. Si stava ancora liberando degli ultimi detriti che le erano volati addosso. -L’avete visto anche voi, vero? Ditemi che lo avete visto!-
Richard scosse la testa, sconcertato. Era stato colpito di spalle dall’onda d’urto, e stava ancora assicurandosi di essere tutto intero. Massaggiandosi una spalla indolenzita – niente di rotto, per fortuna, solo una brutta contusione – finalmente si voltò per vedere il motivo di tanta commozione da parte di Claire e degli altri. Gli ci volle un momento, ma in mezzo alla luce si poteva vedere qualcosa. Beh, magari vedere non era proprio la parola giusta, ma era sicuramente possibile percepire qualcosa, qualcosa di molto grosso, sopra la voragine.
La presenza rimase sul posto ancora per alcuni istanti per sparire infine in un bagliore accecante, seguito da due urli strazianti, un uomo e una donna. Qualsiasi catastrofe si fosse  abbattuta in quell’angolo di mondo dimenticato da ogni singolo dio aveva mietuto le sue vittime in una maniera decisamente appariscente, ed ora era scomparsa, possibilmente per sempre.
-Impressionante, niente da dire.- osservò Loren con un fischio di approvazione. Ultimamente si sprecava per sdrammatizzare qualsiasi brutta situazione, per quanto orribile fosse. Le prove a cui lo spirito del freddo li aveva esposti nell’ultimo anno erano state durissime, fisicamente e mentalmente, e spesso Nem si trovava sull’orlo di un esaurimento, ad una battuta dalla rottura totale. Certe volte, ascoltandolo, a Richard ricordava Brand e le sue freddure sul campo di battaglia.
-Cosa dovremmo fare?- chiese proprio Nem -Cioè… abbiamo la strada spianata, no? Però questa storia non mi piace per niente.-
A nessuno piaceva quella situazione. Qualcosa di così potente non avrebbe lasciato lì la Spada, non incustodita almeno. D’altra parte, che alternative avevano? Per viaggiare fino all’epoca precedente dovevano recuperare l’artefatto, ed ora più che mai ne avevano l’opportunità.
-Al diavolo.- ringhiò infine la Guida -Corriamo. Non voglio rimanere un secondo più del dovuto in quest’epoca.-
Furono tutti d’accordo. Stando a Mikahil, nella Prima Era non esistevano draghi famelici o necromanti assetati di sangue, divinità irascibili o spiriti elementali: solo una noiosa e rassicurante normalità, e le risposte alle loro domande. E chissà, forse anche un modo per tornare a casa. Con il cuore più leggero ad ogni passo in vista della fine di quell’incubo, il gruppo si avvicinò alla voragine.
Negli ultimi metri di tragitto, Josse scattò davanti a tutti gli altri, impaziente di vedere cosa fosse successo. Ciò che vide lo lasciò in qualche modo deluso: sebbene non ci sperasse, si era aspettato di trovare qualche segno di uno scontro, e invece niente: la voragine apriva la vista su un’ampia caverna alta svariati metri, all’apparenza totalmente vuota. Le uniche fonti di luce che illuminavano la grotta erano i piccoli fuochi fatui azzurri che infestavano il labirinto e che Josse aveva imparato ad ignorare, ed una lanterna appoggiata sul pavimento, come se qualcuno l’avesse scordata in quel posto nella fretta di andarsene. La tiepida luce della lanterna, ormai prossima all’estinzione, delineava dal basso la sagoma di quello che sembrava un altare crudamente scolpito nella roccia.
-Non c’è niente.- osservò sconcertato Josse. -La… non c’è la spada. Non c’è niente.-
Quando il resto del gruppo lo raggiunse, l’uomo della Quarta Era stava seduto sul bordo della voragine, scuotendo la testa di tanto in tanto e mormorando tra sé e sé. Com’era possibile? Che lo spirito del freddo li avesse ingannati? Perché avrebbe dovuto?
-Non c’è niente.- ripetè, più a sé stesso che agli altri. -Ci ha fregati. L’aveva detto, no? Che avrebbe preferito che non trovassimo la spada. Che avrebbe provato a fermarci. Beh, ce l’ha fatta. Ce l’ha fatta. Siamo bloccati.-
Claire si passò le mani tra i capelli, preoccupata. Ora come ora, con lo sguardo sconsolato perso nel vuoto e sull’orlo delle lacrime, Josse non assomigliava affatto all’uomo spavaldo e sicuro di sé che aveva conosciuto un anno prima. Non potevano permettersi di perdere anche lui, non così vicini alla loro meta, non con Nem così instabile. Nel tentativo di consolare l’uomo Claire gli si sedette affianco, e solo allora si rese conto di quanto pericolosamente erano vicini al baratro, e di quanto la caverna fosse profonda.
-Non è ancora detta l’ultima parola.- fece Claire, prendendo una mano di Josse tra le sue -Ricordi cosa ha detto lo stronzo ghiacciato, no? La Reliquia è protetta da un qualche tipo di barriera. Probabilmente non sono riusciti a prenderla.-
-E se l’avessero presa?- chiese Nem dopo un po’ di esitazione. -Insomma, può anche essere, no? Se l’hanno presa, cosa…-
-Se qualcuno ha preso la Spada,- la interruppe Richard -metteremo a ferro e fuoco l’intero mondo finché non saltano fuori e non ce la danno di loro spontanea volontà.- sembrava serio. Era un evento raro.
-E li faremo pure scusare in ginocchio!- aggiunse Loren prendendo lo scampolo per un braccio. -Vedrai che andrà tutto bene. Finora è andato tutto alla grande, no? Insomma, siamo tutti vivi, è qualcosa.-
Con il braccio ancora libero Nem cercò quello di Richard, per poi stringere a sé i due amici. Sentì insieme caldo e freddo mentre scacciava i pensieri negativi che le affollavano la testa. Per un momento il pensiero di essere bloccata in quell’epoca le fece diventare le gambe molli mentre raggiungeva Josse e Claire, tanto che dovette farsi sorreggere per un attimo. Quando tutti quanti ebbero raggiunto Josse, tuttavia, Nem aveva smesso di tremare: la speranza che tutti loro riponevano nel futuro era quasi contagiosa: ce l’avrebbero sicuramente fatta.
-Beh, vogliamo stare qui a contemplare la vita o vogliamo scendere?- chiese finalmente Claire, dopo un’attesa quasi snervante. Come tutti, anche lei voleva farla finita il prima possibile. -Dovremmo farcela.- continuò -Mi prude l’occhio. Dovrebbe essere un buon segno.-
Forse era davvero un segno che si stavano avvicinando alla Spada di Smeraldo. Stando a quanto le aveva detto Mikahil la prima volta che si erano incontrati, le Reliquie tendevano a reagire alla presenza di artefatti dal potere simile. Stando al comportamento della Lacrima posta nel suo occhio sinistro, la Reliquia della Seconda Era doveva essere ancora da qualche parte. Speranzosa, Claire cominciò a discendere lentamente nella voragine, aiutandosi con il suo guanto proveniente dalla Settima per rallentare la caduta ed atterrare dolcemente. Per qualche motivo, al contrario di Loren e del Kostchtchie, quell’oggetto non era mai cambiato per adattarsi all’epoca corrente, ed aveva sempre funzionato, sebbene con affidabilità variabile. Quando atterrò dovette accendere una torcia per poter vedere: per qualche motivo, la grotta era più buia di come appariva da fuori.
Il primo a raggiungerla fu Josse, calandosi da una corda rinforzata assicurata al bordo della voragine mediante dei picchetti e un rampino. Per qualche motivo, l’uomo aveva sviluppato una strana ossessione per i le corde e i rampini in seguito alla prima prova a cui erano stati sottoposti per raggiungere la Spada: secondo lui erano gli strumenti più affidabili che avrebbero mai trovato in quell’epoca, ed in più di un’occasione si erano effettivamente rivelati un vero salvavita. Al suo seguito, sempre mediante la corda, arrivarono Nem e Richard, chiacchierando allegramente su cosa avrebbero fatto una volta arrivati nella prima Era. Evidentemente, il loro attacco di pessimismo era durato meno del previsto. Claire sospirò sollevata. Quando anche Loren li ebbe raggiunti – lasciandosi cadere dall’alto, come si addiceva a un esibizionista della sua risma – il gruppo si mise in marcia verso il centro della voragine.
 

 
Il tragitto verso il piedistallo di pietra fu breve ma accidentato, e le varie torce e lanterne accese dal gruppo nulla valsero contro la sovrannaturale oscurità che aleggiava nella voragine. Sembrava quasi che chiunque avesse raso al suolo il labirinto volesse nascondere quel luogo ad occhi indiscreti. Che fosse un effetto collaterale dell’enorme dimostrazione di potere di poco prima? Loren non avrebbe saputo rispondere, e onestamente non voleva neanche: certe cose era meglio ignorarle, e in quel momento la Spada era l’unica cosa che gli importava. Forte dei suoi istinti da Guida, l’uomo condusse i suoi amici con sicurezza verso il centro della voragine, dove avrebbe dovuto trovarsi il la Reliquia.
Una volta raggiunto l’Altare della Spada, il gruppo vi si radunò attorno. Ciò che i viaggiatori trovarono su di esso non fu, come si aspettavano, una spada, bensì un piccolo disco dalla superficie riflettente.
-Beh,- osservò Claire -ho un déjà-vu.-
-Questi li avevano nell’ottava Era.- commentò Richard soppesandolo. -Contengono musica. Ne avevo una bella collezione, sapete?-
Il resto del gruppo lo guardò stupito, in parte perché non si aspettavano che Richard avesse la minima idea di cosa fosse, ed in parte perché alcuni, essendo sempre vissuti in epoche meno tecnologicamente avanzate dell’Ottava, non potevano concepire che degli oggetti così piccoli potessero produrre musica. Fu proprio Richard a rompere lo stupore, tentando di prendere il disco e finendo con lo sbattere la mano su una superficie solida ed invisibile. -Ovviamente.- commentò -Non è mai facile. C’è una qualche barriera, qui. Loren?-
Ad un cenno di Loren, Richard si allontanò per farlo avvicinare all’altare. La Guida indossò il suo elmo e lo attivò, pronto a penetrare la barriera. Per qualche motivo, questa pose più resistenza del previsto, piegandosi e stirandosi in ogni modo per impedire il passaggio delle mani di Loren, che per il lungo contatto con il muro invisibile cominciarono a spogliarsi dello strato di pelle più esterno, come se qualcosa le stesse facendo rapidamente avvizzire. Accortasi di questo, Nem cercò di distogliere Loren dalla sua impresa autodistruttiva, ma senza riuscirci. -Siamo arrivati fin qui, col cavolo che torniamo indietro.- protestò l’uomo -Aumenta la dispersione, piuttosto.-
Rassegnata, Nem armeggiò con l’elmo di Loren e questi cominciò a lampeggiare. Il novantacinque per cento sarebbe bastato? Beh, in ogni caso non sarebbe andata oltre. Il bagliore emanato da Loren, orribilmente simile a quello descrittole da Claire mentre narrava del loro tentativo di graziare con la morte un altro Scampolo, le metteva lo stomaco in subbuglio e le dava la nausea, ma al contempo le era impossibile distogliere lo sguardo: poco alla volta, le mani della Guida superarono la barriera ed arrivarono ad afferrare finalmente il tanto agognato disco. L’intero gruppo trattenne il fiato mentre Loren estraeva con cautela la Reliquia dalla barriera, un altro processo arduo e faticoso a quanto pareva, per poi finire seduto a terra, esausto, ancora pulsante del bagliore della dispersione, e con il disco ai suoi piedi.
-Visto?- esultò stancamente disattivando a fatica l’elmo -Preso. Andiamo.-
Richard e Josse si adoperarono per aiutare Loren a rimettersi in piedi, e insistettero per sorreggerlo anche quando questi affermò di poter camminare da solo. Ci furono pianti, sorrisi e abbracci, scambi di congratulazioni e apprezzamenti: quel bizzarro viaggio era finalmente giunto a termine. Ora non restava che toccare il disco. Il disco che sarebbe dovuto essere sul pavimento a poca distanza da loro. Il disco che ora sembrava scomparso.
 

 
-Non è ve- va bene, okay… e, abbiamo trovato un’idea per un libro molto figo
-Sì…
-E il libro… non avrà ancora un titolo, però “Le colonne del mondo”…
-Non avrà ancora un titolo.
-Non ha ancora un titolo.
-“Le colonne del mondo” scusa ma suona male.
 

 
Qualcosa toccò la mano di Loren, risvegliandolo dal suo torpore. Quanto tempo era passato da… da cosa, esattamente? Dopo il ritrovamento della Reliquia della Seconda Era, gli avvenimenti si mescolavano in un turbinio di memorie senza capo né coda, impossibili da riordinare senza un grande sforzo mentale. Man mano che la Guida si riprendeva, tuttavia, i ricordi cominciarono a tornare faticosamente al loro posto.
Innanzitutto la Reliquia: un CD contenente un album musicale, sulla cui copertina era rappresentato un uomo a cavallo di un drago rosso rampante. Nem aveva dovuto aumentare moltissimo la dispersione sul suo elmo per poterlo tirar fuori da quel campo di forza, e probabilmente il suo corpo non aveva reagito allegramente.
Poi, la Reliquia era caduta da qualche parte. Era bastato a appoggiare il disco ai suoi piedi e perderlo di vista un attimo, per farselo sfuggire. Strano: di solito, agli album musicali non spuntano gambe all’improvviso, quindi sicuramente quella scomparsa era sicuramente opera di qualcuno.
Infine, la disperata ricerca per il disco. Erano così presi dal panico che non si erano accorti di tutto quello che stava accadendo attorno a loro. Sul momento era sembrato che fosse soltanto scesa la notte, ma poi l’oscurità si era fatta innaturalmente densa, quasi tangibile. In quell’oscurità, Claire era stata la prima a scomparire, seguita, a uno a uno, da tutti i suoi compagni di viaggio, finché il sonno non si era impossessato di lui. Nel torpore, si era sentito trasportare da qualche parte, ma la sua vista era troppo annebbiata dal sonno e dall’oscurità per vedere dove. Qui - sebbene non avesse la benché minima idea di dove fosse qui - era rimasto per un po’ di tempo, costantemente in uno stato di dormiveglia finché qualcosa non lo aveva svegliato.
Una volta abbastanza abituato all’oscurità, Loren cercò di capire cosa aveva toccato. Notò che aveva involontariamente afferrato quel benedetto oggetto, e che si trattava di un sottile disco di plastica, con un foro al centro. La sua esultanza fu breve: sicuramente non poteva trattarsi della Reliquia, o in questo momento, dopo averla toccata, si sarebbe sicuramente trovato altrove. A fatica, si mise a sedere e provò a controllare se addosso a sé avesse ancora qualcosa che potesse essergli utile. Con suo grande sollievo, la Guida si accorse di avere ancora con sé il suo acciarino, e si affrettò a generare una piccola fiammella. Non era molto, ma gli avrebbe permesso di orientarsi molto meglio.
Malgrado l’impressione di essere stato spostato, Loren si accorse che tutto, attorno a lui, era rimasto come prima: si trovava nel punto esatto in cui era crollato a sedere una volta recuperata la Reliquia, con la sola differenza che attorno a lui non c’erano i suoi amici e compagni di viaggio, ma qualcun altro. Mikahil, l’abominevole amalgama di uomo e crostaceo a cui doveva la vita dopo le sue disavventure nella Quarta Era, torreggiava davanti a lui con un sorriso benevolo. Una delle sue mani era mutata in una gigantesca chela, mentre nell’altra reggeva quella che sembrava una chitarra.
-Ben svegliato.- esordì, quando fu sicuro che Loren si fu accorto della sua presenza -Com’è stato il tuo primo approccio con la Prima Era?-
-La Prima Era?- rispose Loren, confuso. -No, io stavo… stavo dormendo.-
L’uomo granchio si sedette, mentre la sua chela si ritrasformava contorcendosi in una mano umana piena di cicatrici. -Più o meno. La Prima Era non è esattamente un periodo in cui noi possiamo esistere.- spiegò -O meglio, dal nostro punto di vista, non può esistere una Prima Era. È come se fosse un’esistenza a sé stante, in cui noi non possiamo andare.-
-Aspetta un attimo,- lo interruppe Loren -Mi stai dicendo che, dopo tutto questo cavolo di viaggio…-
-Non possiamo andare più indietro. O meglio, voi non potete.- Mikahil iniziò a strimpellare qualche nota sul suo strumento. Questo aveva un suono sordo e distorto, rispecchiato in qualche modo dalla linea sinuosa e dal colore nero opaco della chitarra stessa. -Io posso.-
Incurante delle domande di Loren, l’uomo granchio terminò con calma di suonare e si alzò, brandendo la chitarra per il manico come una sorta di arma. -L’unico problema, però, è che non posso farlo finché voialtri siete qui.-
-Stai scherzando, vero?- chiese Loren. All’inizio era abbastanza sicuro che fosse un altro degli scherzi partoriti da quella mente malata, ma si rese ben presto conto che l’uomo non mentiva. Esitante, si alzò e si mise in guardia.
-Puoi difenderti, se pensi che sia utile. Guarda il disco.-
Loren fece come ordinato, e si accorse che quello che aveva in mano era un disco totalmente diverso da quello che si sarebbe aspettato di trovare dentro la custodia della Reliquia: l’etichetta, un semplice sticker a specchio, portava una scritta in pennarello rosso recitante la frase “Blues drive monsters”. Quando fece per toccare la scritta, si sentì invece la mano sprofondare all’interno di una specie di foro, dentro al quale poteva percepire la presenza di qualcosa di solido. Senza pensarci troppo, Loren afferrò l’oggetto e lo estrasse dallo strano buco-disco, che una volta adempiuta la sua funzione andò in frantumi con un lampo di luce che illuminò a giorno la caverna.
A Mikahil scappò un fischio di ammirazione alla vista dello strumento che Loren aveva estratto dal disco. -Un gran bel basso, non c’è che dire. Vediamo se sai anche usarlo.-
Per alcuni secondi, l’aria fu riempita del rumore dei due strumenti emettevano scontrandosi l’uno con l’altro, al contempo melodioso e dissonante. Ogni colpo di Loren trovava una chitarra sulla sua via a pochi centimetri dal corpo dell’uomo crostaceo, ed ogni fendente di Mikahil veniva evitato o si schiantava contro una parete o il pavimento, senza danneggiare minimamente lo strumento.
-Un basso ha un suono più grave di una chitarra, Loren.- osservò Mikahil dopo aver osservato per qualche tempo i colpi del suo avversario. -Più robusto. Dovresti tenerne conto.- detto questo, ripartì all’attacco con una serie di rapidi fendenti. Ogni tentativo di Loren per un contrattacco si trasformò in una disperata ricerca di una via di fuga, finché un colpo diritto allo stomaco non lo ridusse a terra.
-Qualche ultima parola?- chiese Mikahil, con un misto di trionfo e delusione nella sua voce. In tutta risposta, Loren afferrò il basso per il manico con entrambe le mani, e in un ultimo, disperato tentativo, lo roteò indirezione della chitarra del suo carnefice. Il rumore che risultò dallo scontro non fu il dissonante suono che aveva caratterizzato tutti i precedenti incontri tra i due strumenti, bensì quello della preziosa baritona di Mikahil che andava in frantumi. -Non credo che saranno le ultime,- fece Loren -ma grazie per avermi spiegato come si usa questo.-
Sotto gli occhi attoniti di Mikahil, Loren roteò di nuovo il proprio basso, per poi colpire con forza il terreno. Un rumore di vetri rotti accompagnò il poderoso schianto, mentre il pavimento tra i due si frantumò fino a mostrare, sotto di esso, vista come dall’alto a volo d’uccello, una città le cui strade si stavano pian piano svuotando, nell’aria fresca della notte autunnale. -Non mi sembra più così tanto impossibile, eh Mikahil?- chiese Loren con un ghigno. Sotto di loro, oltre quel buco, i due stavano ammirando la loro destinazione finale. La Prima era.




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