Nostra Signora dei Sospiri

di Cantastorienotturno
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NOSTRA SIGNORA DEI SOSPIRI


Il demonio non parla, il demonio non sussurra languidamente. Il demonio...sospira.




So perfettamente che la tenuta della mia psiche dipende esclusivamente dal non pensare per nessun motivo a ciò che accadde quella primavera di tanti anni fa, nell’Accademia di danza, a Friburgo.


Ho sempre pensato che gli psicologi e gli psichiatri fossero degli aguzzini e la mente si comportasse invece in modo misericordioso. Essa ha la capacità di rimuovere gli eventi infausti, erge barriere per proteggerci, per farci vivere bene e quelli si dedicano pervicacemente ad abbatterli, a distruggerli, a lasciarti sguarnito, a rievocare quel dolore. E vogliono pure essere pagati!


Per questo non sono mai andata da uno di loro, nonostante le suppliche di parenti e amici. Volevo dimenticare, non parlare. E del resto, non mi avrebbero di certo creduto.


Ma ora sento l’impellente necessità di scrivere ciò che ho vissuto. Forse per sfogarmi. Forse per mettere in guardia l’umanità.


Fin da piccola ho sempre sognato di fare la ballerina. Di librarmi nell’aria leggera come una piuma, di fare acrobazie che avrebbero suscitato la sorpresa e l’ammirazione di tutti coloro che mi stavano intorno, ma un volta finito di leggere questo resoconto, sempre che qualcuno lo faccia mai, capirete il perché anche il solo vedere un balletto in tv mi fa venire attacchi di panico talmente devastanti da dover prendere mezzo flacone di sonnifero per poter dormire.


Ero così felice di essere stata ammessa a quella prestigiosa accademia, insieme a mia cugina. Lei non amava la danza come me, era lì solo per far piacere ai suoi genitori. Tuttavia era pronta e più che mai decisa a dimostrare quanto valesse.


Cara, dolce Lara. Da quanto tempo non pensavo più a lei. Se chiudo gli occhi rivedo ancora i suoi capelli biondi, le sue guance di pesca, i suoi occhi azzurro cielo … povera, povera Lara!


Ora, se dovessi definire la scuola, la paragonerei ad un mausoleo, ma a quell’epoca mi pareva un castello, con i suoi saloni enormi e le sue pareti marmoree. Ero troppo immersa in quel sogno ad occhi aperti per notare quell’atmosfera malata e cupa che permeava il tutto.


Non seppi mai quando né come iniziò. Ero convinta che Lara fosse diventata più taciturna per via dello stress. Del resto le lezioni erano massacranti e quelle due megere di Miss Tanner e Madame Blanche le rendevano ancor peggiori.


Fu una notte che accadde. Io e Lara condividevamo la stanza con altre due nostre compagne e lei dormiva nel letto accanto al mio. D’improvviso qualcosa mi svegliò. Aprì gli occhi e me la ritrovai in piedi sopra di me. Disse una parola che non dimenticherò mai e che avrebbe perseguitato i miei incubi negli anni a venire.


“Madre.”


Lo disse in latino, però. ”Mater.”


Dopo il primo momento di spavento, capii che si trattava di un episodio di sonnambulismo e mi rilassai. Mi sfuggì addirittura una lieve risata. Mi alzai e la riaccompagnai a letto. Lei mi seguì docilmente e non disse più nulla mentre la rimettevo sotto le coperte. Non ci diedi peso, dunque, e ritornai a dormire. Che stupida …


Il mattino dopo le raccontai l’accaduto, divertita. Lei, però, non rise, anzi, pareva preoccupata e fu questo ad indurmi a osservarla meglio. Per la prima volta notai quanto il suo volto fosse diventato pallido e tirato e come i suoi occhi fossero cinti da occhiaie violacee. Diamine, sembrava reduce da una rissa. Le domandai se stesse bene.


“Sono solo stanca.” rispose.


Ma non era vero, lo capii presto. Lo capii quando iniziarono gli incubi. Ogni notte, ogni sacrosanta notte, io e le mie compagne venivano svegliate da urla atroci. Una delle ragazze chiese di cambiare alloggio, non ce la faceva più a sopportarlo. Io cercavo di aiutarla come potevo, ma ogni volta che mi precipitavo da lei non faceva altro che ripetere:


“Lei è qui! Lei mi vuole!”


Non avevo la minima idea di cosa stesse parlando, non sapevo più che fare e intanto i nostri risultati peggioravano. Cominciai ad odiarla.


Che Dio mi perdoni, la incolpai del mio calo di rendimento. Un giorno le urlai tutta la mia collera, le dissi di farsi curare, di prendere dei sonniferi, di provare qualsiasi cosa per risolvere quel disturbo che ci stava facendo vivere l’inferno. Le diedi della pazza.


Lei non replicò. Si limitò a fissare il vuoto e sospirare. In effetti non faceva altro. Quei sospiri erano la cosa che più mi terrorizzava in assoluto, perché ogni volta che li faceva, sembrava espellere un po’ di vita.


E intanto deperiva a vista d’occhio, non mangiava più e i suoi capelli, un tempo floridi e lucenti, erano diventati dei sottilissimi fili che cadevano come se fossero pioggia dorata.


Un giorno non la trovai nel suo letto. Tutto ciò che rimaneva di lei era una lettera. Ce l’ho stampata nella mia mente come marchiata a fuoco.


Mi chiedeva scusa per tutto, dolce Lara, mi rivelò che da mesi era perseguitata da una presenza che, ne era certa, la osservava da lontano e ne infestava i sogni. Ogni notte la sentiva premere sul suo petto, soffocandola. E quella cosa… sospirava.


Sospirava come chi sta per morire, come chi è sopraffatto dal dolore, come chi è stato travolto dalla vita.


Mi disse dell’oscura leggenda che aleggiava intorno alla scuola, che era stata fondata da una strega millenaria, la direttrice che nessuno aveva mai visto, e che le insegnanti erano tutte sue adepte.


Le aveva viste, mentre compivano i loro blasfemi rituali alla luce di una diafana luna, i cui raggi illuminavano l’iris di lapislazzuli che ognuna di loro portava al petto.


Vaneggiamenti una mente sconvolta, ovviamente, Non credetti a una sola parola e anzi, fui felice che se ne fosse andata, anche perché ero convinta che fosse ritornata dalla zia. Mi dimenticai di lei. Oh, Signore, l’unica cosa che mi importava era la danza.


Ed il destino mi punì, facendomi trovare il suo cadavere, in un bidone della spazzatura, a poca distanza dalla scuola. Era un fine settimana, perciò eravamo libere di uscire e girare per la città.


Fu solo dal ciondolo a forma di nota musicale che riconobbi Lara.


Non racconterò i dettagli. Quattro poliziotti svennero vedendo quello spettacolo, altri vomitarono sul posto.


I giornali, al contrario, si soffermarono sulle condizioni del corpo e la descrissero con dovizia di particolari. Un’esecuzione, dissero, tanto che per un po’ si ipotizzò che potesse essere il primo omicidio di un serial killer.


Ma io sapevo che non era così.


Un’esecuzione, sì. O magari un rituale. Un rituale stregonesco.


Perchè c’è una cosa che i giornali non hanno riportato, una cosa che sappiamo solo noi della famiglia.


Lara aveva subito quel supplizio da viva. Non c’erano segni di lacci o corde sul suo corpo, né di droghe nel suo stomaco, quindi o vi si era offerta di sua volontà, oppure era sotto un incantesimo. Questa fu la parola che pronunciò il medico. Incantesimo.


La scuola è ancora là e continua ad accogliere nuovi allievi ogni anno.


Io conduco una vita solitaria. Non parlo molto, più che altro…


sospiro.












N. d. a


Sì, questa storia è ispirata a Suspiria di Dario Argento (all'inizio era nella sezione horror, ma poi ho pensato stesse meglio qui, questi due generi mi confondono sempre), non sono grande fan di questo regista, ma la storia dell’accademia di danza mi ha sempre affascinato. Spero sia stata di vostro gradimento.


 




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