QUEL CHE RESTA DEL GIORNO
Autore : Fish
Tradotto da Erika
per il sito Erika's Fanfiction
Page e Italian Pokemon
Fanfiction Junkyard
Titolo originale: The distance from yesterday
Nota dell'autore:
Ancora una volta, dall'oscurità, il regno delle tenebre dalla
mente del Prurito (?) del Destino... I Pokemon e tutti i personaggi, idee,
ect. appartengono a Nintendo, 4Kids Entertainment, Warner Brothers, e
Satoshi Tajiri. Non sto ricavando niente in alcun modo dalla produzione di
questa fanfic. Il concetto di questa fic è proprietà di
Total Anime Nut, e devo dare ringraziamenti e abbracci a chi sono dovuti.
Questa storia ha luogo in un universo completamente diverso da quello
della serie TV, ed è importante tenerlo a mente quando si guardano
i personaggi. Alcuni di loro SARANNO OOC (Out of character, con un
carattere diverso, Nota della Traduttrice) in alcune parti di questa fic,
alcuni per l'intera storia. Il fatto è, in questa realtà le
loro vite hanno preso un percorso diverso, e le loro caratterizzazioni e
personalità riflettono questi cambiamenti. Capito? Capito? Mentre
venivo tormentato da Microsoft Word, questa storia ha preso il nome di "La
Fic Che Cerca Di Uccidermi Prima Che Finisca Di Scriverla." Ho
memorie così affettuose di svegliarmi con la mia faccia schiacciata
contro la tastiera e di capire che non mangio da 3 giorni. Ma se stai
leggendo questo, suppongo che sia finita. Che, di conseguenza, significa
che ora posso dormire, mangiare, e farmi la doccia come qualcunque persona
normale. Grazie a Zif (cioè Snuggle-Pookie-Rach-Rach-Doober), che
mi ha suggerito Weaselpockets (TM) e mi ha dato le lezioni sui pinguini
(?). Senza di te l' LFA avrebbe smesso di esistere dopo il terzo
episodio... Non so se è una cosa buona o cattiva. Tutti i diritti
per la pre-lettura vanno anche quelli a te, amore mio, per averelo letto
dodici volte ed essere tornata con più commenti costruttivi che
adulazioni gratuite. Ti ringrazierò dopo (ammicca ammicca abbraccia
abbraccia). Also, grazie molte per essere stata alzata con me in quelle
notti in cui stavo scrivendo per ore e in cui ti colpivo il collo ogni
volta che menzionavi questa fic. Prometto che non ucciderò A.J.,
okay? Be', non in modo violento, almeno.
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Ash Ketchum aveva appena celebrato il suo non compleanno quando i
giornali una mattina avevano scritto agghiaccianti titoli. Lesse ciò
che poteva dell'articolo prima che suo padre glielo portasse via, dicendo
che era troppo esplicito perchè lo leggesse un bambino. Ash non era
interessato a quelle cose, come ogni normale bambino di dieci anni.
Era attonito... disturbato da ciò che aveva colto dell'articolo.
Non aveva mai saputo di un Pokemon che si rivoltava contro il suo
padrone in quel modo--nel bel mezzo di una battaglia, diventando
all'improvviso furioso e rivoltandosi contro le tribune. Nove persone
erano state uccise, fra di loro quattro bambini. Quasi un anno dopo, tre
giorni prima del suo decimo compleanno, i giornali avevano pubblicato a
tutta pagina titoli che proclamavano una nuova serie di leggi che
riguardavano il possesso e l'allenamento di Pokemon.
Benchè fosse per la sicurezza della gente che l'allenamento dei
Pokemon era stato reso illegale, le persone erano molto scontente. Ci
furono parecchi disordini nelle città più grandi per tutto
il Kanto, e un quarto di Vermilion City fu quasi raso al suolo.
Ma il fatto non consiste nè lì ne qui. Il fatto era che
Ash Ketchum, coi suoi sogni di sfere e medaglie guadagnate nelle palestre,
del suo nome messo in evidenza come quello di un Maestro di Pokemon, era
profondamente ferito. Per un bel po' i suoi genitori non riuscirono a
convincerlo a lasciare la sua stanza. Dietro la porta chiusa, Ash guardava
le sfere Poke sparse sul letto, il finto campo da combattimento con le
figurine dei Pokemon pronti ad attaccare, le centinaia di costruzioni
disegnate da lui stesso con carta e pastelli-- guardò nel centro
del suo mondo, e pianse.
Un mondo senza un sole intorno al quale orbitare non sarà mai
niente di più di un pezzo di terra morta nello spazio vuoto. Ash
Ketchum era morto per il mondo.
Dieci Anni Dopo...
La pioggia picchiava sulla lastra metallica che faceva da tetto al
vecchio magazzino. L'acqua prenetava dentro dalle finestre rotte e tappate
da assi, e il vento filtrava forte dalla fessura allentata, minacciando di
far volare via l'edificio. Alle creature che abitavano il magazzino non
sarebbe potuto importar di meno. Sul cemento sporco del pavimento del
magazzino era stata disegnata una cruda arena. Tutto intorno al perimetro
del rettangolo stavano la gente, affollata tutta assieme, che si
guardavano le spalle gli uni con gli altri.
Benchè corresse tra la folla un' eccitazione palpabile e
tensione, erano tutti sorprendentemente calmi mentre muovevano velocemente
gli occhi per seguire l'azione in corso davanti a loro. Nel posto
riservato agli allenatori, due giovani stavano lanciando ordini ad un
Nidorina e ad un Ivysaur, battendosi per il diritto di combattere contro
Gary Oak, Maestro del Movimento Clandestino dei Pokemon. Nidorina stava
perdendo malamente, e l'impertinente allenatore dell'Ivysaur stava già
pensando alla strategia da usare per battere Oak. Gary stesso sedeva a
distanza, appoggiandosi al bordo di un bancone arrugginito. Parlò
animatamente ad una figura ricurva vicino a lui. La figura non disse
niente in risposta, e raschiò semplicemente i guanti di pelle che
gli coprivano metà della mano.
"... una possibilità davvero conveniente, ed è molto
più resistente di questo vecchio posto," disse Gary. Scosse la
testa.
"Koa mi ha detto che può controllarlo per noi, cercando di
capire come mai ci sono due tenenti Jenny fuori dall'appartamento... Ash?
Hey, stai ascoltando?"
"Mmm?" mormorò la figura. Tirò un'occhiata in
alto verso il suo amico e sospirò. "Mi dispiace Gary. Non
stavo proprio prestandoti attenzione. " Gary scosse la testa. "Stai
pensando ancora a lei?"
"E a chi altro?" All'età di venti anni, Ash Ketchum
somigliava ancora molto a com'era nelle fotografie della terza media. Ma
ora i suoi occhi erano stati svuotati della speranza e dell'eccitazione
che vi erano tempo prima. Dove erano scomparsi, era apparsa la solitudine.
I suoi jeans denim scuri e la maglietta nera a maniche lunghe andavano
d'accordo con la tristezza nei suoi tratti. Una creatura addolorata,
nostalgica aveva rimpiazzato il bambino dolce e gentile che era stato una
volta.
"Sai cosa penso di lei," disse Gary gentilmente. "Meriti
di più"
"Sì, lo so. E probabilmente è meglio se sono stato
mollato, vero?" Gary annuì, dando una gomitata all'amico e
invitandolo ad appoggiarsi sul bancone, accanto a lui.
"Già, be' magari non mi sento meglio ad essere mollato. Ero
perfettamente felice stando con lei da miserabile."
Gary ridacchiò. "Già, certo che sì,
bimbo-Ashy. Ecco perchè stavi dormendo sul divano invece che nel
suo letto, no?"
Ash sospirò ancora e cambiò argomento. "Hai detto che
Koa stava per andare a controllare quel nuovo magazzino? Quando ci va?"
"Domani sera."
La folla nella stanza proruppe in esultazioni. "Credo che la
battaglia sia finita," disse Ash con tono vago, lasciandosi scivolare
dal suo posto elevato. "Andiamo, Maestro Oak, vediamo chi è il
tuo nuovo sfidante."
In un vicolo umido, i due ragazzi si appoggiarono ad un muro fatto di
mattoni, osservando una macchina parcheggiata in mezzo alla strada. Gary
era raggomitolato su se stesso, tenendo in mano il collare di un Arcanine
particolarmente grande mentre Ash sbirciava all'angolo del muro. Lanciò
un'occhiata a Gary che annuì, e il ragazzo rilasciò il
Pokemon. Corse per le strade, abbaiando più forte che poteva, e
contro la fiancata della macchina presa di mira che conteneva l'agente
Jenny, e sua cugina dalla città di Fuchsia, l'agente Jenny. Le due
agenti urlarono per la sorpresa e sgommarono via, con il cane che correva
proprio dietro la macchina e grugniva minaccioso.
Nel frattempo, Gary ed Ash erano entrati nell'edificio, cercando di
apparire innocenti. La porta si chiuse con un click, e poi si aprì
brevemente per permettere all'Arcanine, che ansimava ancora per il suo
attacco alla polizia, di entrare nel corridoio. La porta per
l'appartamento dei ragazzi era chiusa con quattro diverse serrature , e a
Gary ci volle un momento per aprirle tutte. Sbadigliò mentre
spingeva la porta, non notando che il suo amico si era immobilizzato sulla
porta. Il ragazzo dai capelli chiari guardò indietro, e notò
Ash che stava fissando incredulo un punto della stanza.
"Jess," disse Ash tutto d'un fiato. "Sei tornata."
Il ragazzo corse verso l'interno dell'appartamento e si buttò fra
le braccia della ragazza, affondando il viso tra i suoi capelli rossi. Lei
cercò di abbracciarlo, quasi sentendosi scomoda. Mormorando dolci
parole di scusa, Jessie gli accarezzò la schiena, rassicurandolo, e
cercando di far cadere le chiavi che aveva di quell'appartamento sul
tavolo senza farlo spostare.
Gary fece una smorfia. "Credo che vi lascerò da soli,
allora," disse, senza che qualcuno gli badasse, mentre usciva dalla
stanza e chiudeva velocemente la porta. La chiuse a chiave dietro di sè.
Solo nell'oscurità della sua stanza, Gary affondò per
terra, gemendo lievemente. Ash era innamorato, questo era ovvio, pensò
Gary. Voleva disperatamente essere amato a sua volta. Il ragazzo era così
vuoto, ma nessuno poteva biasimarlo per questo.
Sua madre era morta quando aveva dodici anni; lui e Gary avevano
iniziato ad allenare Pokemon per gli incontri la notte, fuori nei boschi
della foresta di Viridian. A quel tempo, erano solo i due bambini, ma il
loro gruppo crebbe presto. Gli incontri divennero una cosa regolare nella
foresta, e i bambini di Pallet formarono la loro banda, facendo battere i
loro Pokemon e e cospirando per i giorni in cui la loro ossessione non
sarebbe più stata condannata. Dopo un anno di quelli incontri, i
genitori cominciarono a insospettirsi. Fu avvisata la polizia, ed Ash e
Gary furono arrestati come promotori di una banda criminale. Il nonno di
Gary Oak aveva pagato la cauzione di Gary, ma il padre di Ash l'aveva
disconosciuto e lo aveva lasciato a scontare i suoi tre mesi nel carcere
giovanile. Gary aveva tenuto i Pokemon di Ash per lui. Quando Ash era
finalmente tornato a casa, era una persona diversa. Era sempre scuro e
pensoso, e non parlava a nessuno che non fosse il suo amico più
stretto. Gary era stato l'unico supporto di Ash, la sola persona al mondo
che avesse a cuore il destino di questo ragazzo. Dopo un po' di tempo i
due si erano trasferiti a Vermilion, in un appartamento economico nella
parte sud della città che aveva evitato per un pelo l'inferno che
avevano creato i disordini. Gli edifici di mattoni nelle vicinanze erano
ancora ricoperti di tracce grigie di fuliggine. Le case erano permeate con
il puzzo acre del fumo, rendendo la zona economicamente abbordabile per i
due giovani ragazzi sulla base della somma che ogni mensilmente mandava il
nonno di Gary. Gary sbattè la testa contro la porta per una volta,
dannando il destino per essere stato così duro col suo amico. Fece
scorrere le mani per i suoi capelli biondo sabbia e sospirò.
Aveva sperato che Jessie se ne fosse andata per sempre. Ash era così
pazzamente innamorato di lei, e talvolta sembrava che lei notasse appena
la sua presenza. Non che fosse così male - era una grande
allenatrice di Pokemon, e frequentava il campo di incontri del Movimento
clandestino ma Gary sentiva che era suo compito proteggere Ash. Supponeva
che parte della sua avversione per Jessie potesse essere attribuito alla
gelosia. Per così tanto tempo erano stati solo loro due, ae si era
abtuato ad essere l'unica persona nel mondo di Ash. Ma non era solo
l'egoismo la causa della sua antipatia per la ragazza di Ash. Aveva una
visione obbiettiva delle azioni della coppia, i loro frequenti litigi e le
minacce di Jessie di lasciare Ash come molte altre avevano fatto prima.
Non gli piaceva il punto in cui si stava dirigendo la loro relazione, il
potenziale cuore spezzato di Ash. Gary disse una silenziosa preghiera
affinchè Jessie se ne andasse la mattina dopo.
Ash giaceva nel letto sveglio mentre Jessie dormiva accanto a lui. Le
accarezzò i capelli, meravigliandosi di come una così bella
creatura potesse nutrire sentimenti per lui. Baciò la pelle cremosa
del suo collo, crogiolandosi nel colore della passione appena
passata, amando la sensazione del suo corpo prenuto contro quello di lei.
Ecco per cosa valeva vivere, pensò lui, per la tensione e il
brivido della battaglia e la contrastante radiosa gentilezza dell'amoredd.
Fra le sue braccia, Jessie si agitava nel sonno. Ash strinse la presa su
di lei, decidendo che non l'avrebbe mai lasciata andare. Non voleva
nient'altro che questo. Felice, si lasciò cadere nel sonno.
Si svegliò presto la mattina dopo, con l'improvvisa sensazione
che Jessie non fosse più nel letto. Si vestì in fretta,
ascoltando i suoni del mattino nella strada sottostante. Stiracchiandosi,
passeggiò dalla sua stanza verso la piccola cucina dove Gary stava
fissando Jessie con una tazza di caffè in mano. La parvenza di
incertezza e preoccupazione erano ritornate sui delicati tratti della
ragazza. Sorridendo, Ash avvolse le braccia intorno a lei da dietro e le
sussurrò il buongiorno. Jessie si allontanò dalla sua
stretta e si alzò dalla sedia. Parlò tranquillamente in tono
deciso.
"Ash..." iniziò, guardandolo nei suoi profondi occhi
marroni. "Devo andare. E questa volta non tornerò indietro. Mi
dispiace, ma io non ti amo allo stesso modo in cui tu ami me. Sarebbe
scorretto da parte mia stare qui con te ed andare avanti così."
Ash cercò di parlare, ma lei lo silenziò immediatamente. "No.
No, non puoi convincermi a restare ulteriormente dicendomi che mi ami.
Addio, Ash."
Ash non si mosse nè parlò mentre Jessie raccoglieva le sue
cose ed usciva. Stette lì a guardare con un'espressione vuota,
mentre la porta si chiudeva dietro di lei, come la porta della sua anima.
Gary guardò intensamente il suo amico, aspettando per un invito a
parlare, aspettando un'opportunità per aiutarlo. Ash non disse
altro se non, "Torno a dormire, allora," e si trascinò
nella sua stanza. Gary sentì il debole tintinnio metallico del
campanello alla porta che veniva rimesso mentre Ash si sigillava nella sua
stanza.
James Kojiro, bilionario, leggeva il giornale sul terrazzo, aspettando
che sua moglie venisse a fare colazione. Sorrise fra sè e sè silenziosamente mentre leggeva un
articolo su un misterioso benefattore del Centro di Pokemon, che aveva
donato quasi un milione di dollari per la causa. Aveva sempre amato i
pokemon, ed era stato quasi sollevato quando era stato proibito farli
combattere. Preferiva vedere i pokemon allevati come animali domestici,
come teneva lui il suo Growlie. James lasciò cadere la mano sulle
orecchie del cane e gli strofinò il pelo pigramente. Era così
bello fare cose per gli altri, rimuginò fra sè. Cercò
di immaginare tutti i bambini del mondo con i loro Pokemon in salute e con
occhi brillanti per la gioia, felici e sicuri del fatto che avrebbero
avuto amici Pokemon per un lungo, lungo periodo grazie alla generosità
di James. Oh, era così *bello* fare qualcosa di giusto per una
volta. Alzò lo sguardo mentre Jessibelle volteggiava entrando nella
stanza, completamente vestita e preparata. Offrì tranquillamente la
mano al marito, conducendolo alla sala da pranzo per la colazione. I due
sedettero in silenzio. James fissò il suo piatto, perso nei suoi
pensieri. "James, caro," cinguettò Jessibelle, "La tua
omelette si sta raffreddando." L'uomo alzò lo sguardo, leggermente attonito. "Oh, mi
dispiace, 'Belle. Stavo solo pensando a qualcosa che ho letto sul giornale
stamattina." La nobil donna annuì e sorseggiò il suo tè, poi
disse, "Non è di tuo gradimento?" "Scusami, cara?" James guardò sua moglie. "La tua omelette. Davvero, James, uno ha l'impressione che tu non
ascolti una parola di quello che dico," disse imbronciata. Sempre
pacifico, James chiese scusa e le assicurò che *ogni cosa* che
diceva era interessante. Jessibelle lo squadrò freddamente e finì
il suo tè. Dopo la colazione, James seguì Jessibelle per il foyer e la sala da
pranzo, ascoltandola parlare delle decorazioni per il ballo d'autunno che
stava progettando. Lui sorrise ed annuì, facendo del suo meglio per
rimanere interessato nei progetti per la festa. Non voleva infastidirla
ulteriormente. Jessibelle insisteva a dire che lei era una donna delicata
e che, per rimanere in salute, non doveva essere sotto stress e che non
doveva esserle negato niente. James era un uomo compiacente, e cercava di
fare del suo meglio per renderla felice. Sorridendo ed annuendo, accettò
di accompagnarla a Vermilion per cercare vasi da fiori adatti all'evento,
calcolando nella sua mente quanto avrebbe potuto strappare, forse un altro
milione, dai suoi fondi bancari da donare ai Centri per Pokemon. A James non era mai piaciuto il reparto vendite del negozio Helmbrook . Le
impiegate e i clienti avevano una tale aria di disdegno intorno a loro che
lui non si sentiva mai a suo agio, anche se lui *era* James Kojiro, il
bilionario. Seguì la canticchiante Jessibelle in silenzio per il negozio mentre
la donna faceva selvagge richieste su ciò che richiedeva agli
impiegati di vendita. Jessibelle si era calmata ora, e stava esaminando
diversi stili di vasiad been. Lo chiamò, "James, caro, vieni ad aiutarmi a decidere. Quali
vasi starebbero bene con quelli cinesi che abbiamo?" Reggeva in mano
due vasi di fiori simili all'apparenza. James sorrise ed indicò il
vaso di sinistra, al che Jessibelle esclamò, "Oh, il mio
povero e caro marito. Ancora no hai la misura di cosa sia giusto e adatto." Si voltò verso la commessa che la stava servendo e chiese venti
vasi, del tipo che teneva sulla mano destra. James non aveva notato la
commessa fino ad allora. Quando la vide, capì cosa intendevano tutti gli scrittori famosi
quando parlavano della bellezza di una donna che toglie il fiato ad un
uomo. Mentre gli occhi di James si precipitavano sulla ragazza, lui
rabbrividì inconsciamente, una sferzata di potenziale euforia che
gli correva fra le vene, pregandolo di non distogliere lo sguardo. Notò
vagamente Jessibelle che gloi annunciava che avrebbe dovuto pagare i vasi
e incontrarla da Antony, un bistrot alla moda nell'atrio del reparto
commerciale. La donna andò via, i suoi pensieri sui fiori giusti da
mostrare in autunno. L'impiegata sorrise a James e chiese se i vasi dovessero essere
incartati.Il suo cuore fece un salto quando capì che lei, questa
bellissima, e perfetta dea, stava parlando con lei. Sgranò gli
occhi stordito per un attimo ed annuì senza dire una parola,
pregando che la ragazza potesse incartarli di persona e prolungare il suo
tempo con lei. Con sua estrema gioia, la ragazza posizionò le agili
dita per incartare i pacchi, abilmente e con cura. Quando arrivò il
momento in cui erano stati tutti incartati, lui aveva riguadagnato un po'
del suo ritegno. La ragazza gli sorise di nuovo, accelerando il suo
battito cardiaco, e gli prese la carta di credito dalla mano sudata.
James deglutì. Riuscì a sorridere di ritorno senza ferirsi.
Isuoi occhi volarono dalla faccia della ragazza, giù per il suo
collo lungo e sottile fino alla sua targhetta. Il nome della dea era Jessie. Deglutì ancora e disse, debolemente, "Jessie.
Che bel nome." La ragazza alzò lo sguardo dalla cassa. "Grazie," sorrise
dolcemente. James aprì e chiuse la bocca, cercando di pensare a
qualcosa da dire. "Il... il mio nome è James. Come va?" Un tentativo
traballante, forse, ma era un inizio. Il sorriso della ragazza si espanse. "Molto bene, grazie, signore."
Continuò a battere gli acquisti mentre James coglieva l'insistente
odore del suo profumo. Oh, dio, si stava sciogliendo. Riuscì ad
inciampare in errori per il
resto dell'acquisto, chiedendo di avere i vasi recapitati a casa. Cominciò a dirigersi all'ingresso, ma si fermò. Cercando di
controllarsi, costrinse le sue gambe a portarlo all'ingresso, ma scoprì
che non poteva più trattenersi. Si fermò ancora. Fece un grosso respiro e ritornò alla cassa
dove stava la ragazza. "Mi scusi, Jessie?" disse, tremando leggermente. "Io... di
solito non... voglio dire, non sono il tipo... Quello che sto cercando di
dire è..." Scosse la testa nel tentativo di schiarirsi le
idee. Aprì e serrò la bocca per un po' di volte, poi si fermò,
ed infine parlò. "
Esiste un qualche modo in cui possa avere il suo numero di telefono?"
"No, no, no!" urlò Gary al ragazzo allenatore. Il
ragazzo aveva scioccamente chiesto a Gary di insegnargli le tecniche di
battaglia, e la stava pagando con la sua dignità. "No ... che
diavolo stai facendo?"
"Il ragazzino mormorò qualcosa, ma Gary non lo stava
ascoltando. Era andata in modalità pura ramanzina. Il ragazzo c'era
dentro fino al collo.
"Ascolta, tu... Ascolta. Hai sei Pokemon in squadra giusto? E
nessuno di loro è KO perchè il combattimento è appena
'iniziato', no? Allora che 'diavolo' stai facendo nel chiamare fuori un
Poliwag contro il suo Oddish? Non c'è un... un... un Ponyta,
giusto? In quella sfera pokè 'proprio lì' attaccata alla tua
cintura?"
Il giovane ragazzo mormorò le sue scuse e fece rientrare il suo
Pokemon, quasi in lacrime.
Gary sospirò. "Guarda, mi dispiace di aver urlato, ragazzo,
ma... cerca di prendere decisioni più sagge in futuro, okay?"
Il ragazzo annuì e sniffò, ritornando alla battaglia.
Gary decise di andare via prima che questa storia diventasse
spaventosamente barbosa. Si fece strada attraverso il vecchio magazzino
verso la stanza che lui e Ash tenevano come ufficio. Aprì la porta,
aspettandosi pienamente di vedere Ash sdraiato, in lacrime, per terra,
come lo aveva lasciato. Ma il ragazzo non era nell'ufficio. Controllò
la soffitta, una sezione di una passerella nascosta alla vista che forniva
un'eccellente punto di osservazione per le battaglie. Neanche lì.
Non sembrava neanche che fosse ancora nell'edificio. Gary strinse i denti,
sperando che Ash non fosse andato a fare qualcosa di stupido per far
tornare Jessie sui suoi passi.
"Vulpix, vul!" Ash sorrise mentre guardava il suo Vulpix -
l'unico Pokemon che aveva tenuto - balzare su e giù per il prato.
Non aveva fatto combattere nessuno dei suoi Pokemon da quando il suo
Pikachu era stato mandato a dormire dopo che lui era stao meso nel Centro
di detenzione giovanile all'età di 12 anni.
Aveva voluto bene a quel dannato topo. Arma letale,un corno, pensò.
Erano spaventati. Spaventati dal fatto che Pikachu era diverso. Aveva dato
via il resto dei suoi Pokemon, avendo trovato giovani allenatori
promettenti per allevarli. Faceva male combattere ora. Aveva continuamente
paura di perdere un altro cucciolo, un altro amico. La piccola volpe di
fuoco fece ritorno e trotterellò al fianco del suo maestro. Ash
cercò di pensare a qualcosa di diverso oltre al suo cuore spezzato.
Non pensare a Pikachu, disse a sè stesso, e non pensare a Jess.
Volse i suoi pensieri alle foglie che stavano costruendo il loro
baldacchino su di lui, svolazzando fiaccamente nell'aria. Era contento che
il magazzino si trovasse fuori dalla città, gli dava la possibilità
di tornare alla natura. Aveva sempre amato l'odore dell'ozono nell'aria
dopo la pioggia, il dolce fruscio dell'erba mentre uno si muoveva per il
campo.
Avendo trovato un grande tronco d'albero contro cui appoggiarsi, Ash si
sedette e appoggiò il suo Vulpix sulle sue ginocchia, facendo
scorrere pigramente le dita sul suo pelo. Era un bell'animale, di buona
razza. Gary gliela aveva presa durante un periodo particolarmente brutto
nel quale Ash sembrava aver perso ogni interesse nei Pokemon e nelle
battaglie, ma non nella ricerca del broncio e dello stare chiuso
nell'appartamento a pensare a Jessie.
Jessie... era andata ora, apparentemente per sempre questa volta. Le sue
parole lo avevano punto sul vivo. Gli faceva ancora male. Lei non lo
amava. Non se la sarebbe presa con lei. Era solo colpa sua, ne era sicuro.
Lui non poteva biasimarla perchè non lo amava. Nemmeno lui amva se
stesso. Doveva aver fatto qualcosa di terribilmente sbagliato da qualche
parte, pensava, per far sì che gli accadesse questo.
Gli mancava il brivido della battaglia. Gli mancava l'adrenalina che gli
veniva dall'eccitazione causata da un buon incontro, gli mancava
l'intensità delle emozioni, l'attesa che cresceva mentre la polvere
si sollevava accanto il Pokemon andato KO e la vittoria negli incontri,
l'insana gioia derivata dalla vittoria. Il suo nome sarebbe potuto
diventare famoso. Avrebbe potuto essere acclamato come uno dei più
grandi allenatori di Pokemon di tutti i tempi, ne era certo, se solo il
destino non fosse stato così crudele. Persino il ricordo delle
passate battaglie faceva scorrere più velocemente il suo sangue.
Era come un eccitante, pensò. Una droga per stimolare ogni emozione
che un essere umano era in grado di provare. Ma allo stesso tempo, il
dolore che sentiva all'andare in battaglia era reale, e molto duro. Era a
causa dei combattimenti di Pokemon che aveva perso Pikachu. Non sapeva se
voleva ritornare in campo, non sapeva se avrebbe potuto sopportare il
dolore nell'anima. Se solo le cose fossero state diverse, pensò. Si
immaginava in una realtà in cui ogni bambino sognava ancora di
essere un giorno un Maestro di Pokemon, dove lui, bambino, e il suo
Pokemon potevano partire verso nuove avventure alla luce del sole. Un
mondo dove non gli era stato tolto tutto.
Sospirò e si rimise in piedi. La battaglia di Gary stava durando
da mezz'ora. Avrebbe dovuto essere lì. Non che Gary avrebbe mai
potuto perdere - c'erano allenatori decenti nel Movimento, ma tutti i veri
maestri erano andati. Gary teneva il suo titolo di Maestro del Movimento
con davvero poco lotte.
L'arena era stata sgombrata quando Ash entrò dalla scricchiolante
e arrugginita porta dell'entrata posteriore. Trovò Gary in ufficio,
che riscaldava il suo Jolteon por la prossima battaglia.
"Hey," bofonchiò mentre si lasciava cadere su uno
squallido divanetto appoggiato al muro.
"Hey," disse Gary. "Dove sei andato?"
"Ho portato Vulpix a fare una passeggiata. Pensi che sarei capace
di tenere a bada questo sfidante?"
Gary annuì, richiamando Jolteon dentro la sfera e sedendosi
accanto ad Ash. "Certo che posso. *Sono* io il Maestro di Pokemon,
no?" Ridacchiò furbescamente. Ash rise pacatamente alla
vecchia frase. Ricordava quando lui e Gary erano soliti litigare su chi
sarebbe diventato Maestro di Pokemon quando sarebbero cresciuti. erano
sciocche, infantili piccole litigate, come ne fanno tutti i bambini, ma in
un qualche modo sapevano entrambi di essere diversi. Dotati di talento.
Ash e Pikachu erano stati impossibili da battere nella Foresta di
Viridian, prima che la vita di Ash andasse a farsi friggere. Persino Gary
non riusciva a battere la coppia. Erano collegati in un certo qual senso,
erano destinati l'un l'altro. Ma questo era allora.
"La ragazza... Misty, è il suo nome, penso... è una
grande allenatrice, ma ha troppa fiducia nel tipo acqua. Sa che non avere
Pokemon di diversi tipi nella sua squadra costituisce un punto a suo
favore, ma è testarda, credo." Si stiracchiò
pigramente.
Ash annuì. Conosceva la ragazza, Misty, di vista. Era davvero una
piccola visione, più o meno due anni più grande di lui, con
gambe lunghe e capelli insanamente arancioni. Non le aveva davvero mai
parlato, essendo troppo avvolto nella sua propria vita pietosa. Ora che ci
pensava, tuttavia, capì che conosceva appena 'qualunque' degli
allenatori del gruppo. Si ripromise di lavorare su questo punto, cercando
di tirarne fuori il massimo, per diventare parte della squadra.
La battaglia fu breve, ma divertente. La squadra di Misty era
interamente composta da Pokemon d'acqua, tranne che per un Clefairy. La
sua tecnica era eccellente, e sarebbe stato un bel combattimento se avesse
avuto qualcosa di diverso dai Pokemon d'acqua. Ash guardò da dietro
la scatola d'allenatore di Gary con attento interesse.
Il pensiero di magari tornare a combattere gli attraversò ancora
la mente. Poteva trovare dell'erba buona e qualche Pokemon nelle foreste lì
introrno. Magaru avrebbe anche potuto prendere un altro Pikachu. Magari
avrebbe potuto mettere insieme una squadra decente, pensò. Non
voleva dire che doveva combattere. Poteva almeno allenare Vulpix, era
atletica e desiderosa di apprendere.
Forse, pensò.
Forse.
"Non mi interessa qual'è la tua scusa, voglio
quell'Aerodactyl. Per l'amor del Cielo, Butch, non è un incarico
così pesante... non stiamo complottando contro di te, è uno
stupido uccello! Prendi un rete! Prendi un... be', allora prova con una
rete *diversa*. Non voglio ascoltare le tue lamentele. Te lo dico per
l'ultima volta, farai meglio a procurarmi quell'uccello."
Giovanni sbattè il telefono al suo posto, facendo balzare la
ragazza snella che gli stava davanti. Il suo ringhio si trasformò
in un'espressione malvagia mentre si appoggiava di nuovo sulla lussuosa
sedia di pelle, strofinandosi le mani insieme. Alla ragazza non piaceva
guardare il Boss in questo stato. Quando qualcuno lo irritava, aveva la
tendenza a prendersela con la prima cosa che gli capitava a tiro. Sprofondò
ulteriormente nella sedia, bagnandosi il labbro superiore.La seria cigolò
mentre Giovanni si sedeva all'improvviso rivolto verso di lei, i palmi
delle mani appoggiati sulla scrivania. La piccola figura indietreggiò
di fronte alla vicinanza del suo viso, col fiato che gli puzzava di
tabacco e brandy.
L'uomo ridacchiò. "Allora, ho sentito che ce l'hai fatta ad
entrare nella piccola arena di gioco dei Pokemon, hmm? Dimmi, Misty, ti
*piace* il tuo piccolo incarico?"
Misty annuì silenziosamente.
La faccia di Giovani si contorse mentre ruggiva di rabbia. Sbattè
il pugno contro il tavolo. "Perchè diavolo non hai fatto
rapporto? Ho bisogno di sapere che sta succedendo lì, e ho bisogno
di saperlo ORA!"
Misty si ritrasse. "Mi dispiace, Boss, ma sono stata...
occupata...cercando di... passare inosservata. Penso davvero che tutta
questa storia del Movimento sia innocua. Non stanno progettando niente.
Quel ragazzo, Ash, non allena persino più i suoi Pokemon, si
crogiola semplicemente su se stesso."
Giovanni aggrottò il viso. Non gli piacevano le scuse valide, lo
facevano sembrare debole. Cambiò tono ancora e disse, dolcemente, "Perchè
non ti avvicini a lui? Guarda se puoi tirarli fuori qualcosa?" l'uomo
sorrise compiaciuto mentre lanciava una lunga occhiata al corpo della
ragazza. "Sono sicuro che faresti un buon lavoro nel distrarre la sua
mente da qualunque cosa lo opprima."
Benchè spaventata, Misty annuì. Non vedeva l'ora di uscire
da quella stanza, con le sue cigolanti sedie di pelle e quell'intenso
odore di fumo. "Bene, "disse lei. "Lo farò."
Misty rabbrividì e sentì gli occhi di Giovanni su di lei
mentre lasciava l'ufficio.
Era un uomo freddo e malavagio con piccoli occhi affilati e un'anima
odiosa. Si diresse al parcheggiò, maneggiando confusamente le
chiavi. Non le piaceva nemmeno particolarmente il Team Rocket, ma aveva un
debito. era un lavoro. Era pagato. Era meglio delle altre possibilità
che aveva. Entrò nella sua vecchia Buick e chiuse la porta dietro
di sè. Il quartier generale del TR si trovavano nella parte
squallida della città, e nessuno sapeva mai quando sentirsi in
pericolo.
Odiava la sua vita, decise. Ne odiava ogni cosa. Odiava Giovanni, odiava
il Team Rocket, odiava questo macinino di una Buick, odiava il suo piccolo
squallido appartamento, odiava l'irreprensibile Gary Oak, odiava quell'Ash
Ketchum con i suoi occhi tristi.
Desiderò per un attimo di essere di nuovo a casa, ma cambiò
idea rapidamente. Si era ripromessa di non tornare a casa finchè
non avesse sistemato la sua vita. Era un macello, ecco cos'era. La cosa
che odiava di più, tuttavia, era il suo incarico. Odiava il fatto
che stava cominciando a divertirsi con la gente del Movimento, che stava
cominciando a fidarsi di loro e che stavano iniziando a piacerle. Sbuffò
per la frustrazione e affondò il pugno sul volante.
*Non* poteva affezionarsi. Si supponeva che lei stesse favorendo la
caduta del Movimento, ma per qualche ragione pensava che avrebbe preferito
stare con la parte perdente di questa battaglia. Si sentiva *bene* lì,
come se stesse facendo qualcosa senza dover combinare il finimondo per
cambiare. Ed era anche brava. Si tratteneva nelle battaglie, non volendo
attirare troppa attenzione su di sè.
Aveva scelto una squadra di soli Pokemon d'acqua per evitare di vincere
troppo spesso aggiungendo il suo cucciolo Clefable per capriccio. Misty
strinse i denti. La decisione fra il Team Rocket e il Movimento poteva
aspettare. Poteva continuare a fare rapporti falsi, e continuare a fare
scuse per Giovanni.
Poteva provare, almeno.
Jessie era sorpresa, ed era il minimo, che qualcuno potesse essere così
diretto. Aveva fissato l'uomo incredula mentre i suoi occhi color smeraldo
la pregavano silenziosamente di accettarlo, di prenderlo sul serio. Il
fatto che le avesse chiesto il numero di telefono l'aveva stupita, e si
sorprese da sola dandoglielo volentieri. Quello che la stupì
maggiormente fu il fatto che quella sera la chiamò e suggerì
che si incontrassero. Il suo tono era speranzoso, così poco simile
al tono libidinoso e allusivo che usavano altri uomini che la notavano giù
al negozio. Riluttante accettò di unirsi a lui per cena la notte
successiva. Fin da quel momento era entrata nel panico. Era uno scherzo?
Poteva essersi sbagliata, ma era piuttosto sicura che James fosse con
quella donna detestabile e urlante. Poteva anche giurare che stesse
indossando una fede matrimoniale. Un nuovo pensiero le balenò in
testa: E se era sposato? Stava per cenare con un uomo sposato? E Ash? Che
avrebbe pensato se avesse saputo che il giorno dopo che aveva rotto con
lui - stavolta per sempre, affermò con decisione a se stessa -
stava andando fuori con un altro uomo? Ash era una persona abbastanza
bella, e non era mai stato nient'altro che gentile e carino con lei, ma...
sentiva che non era giusto. Benchè le avesse fatto male farlo, era
riuscita a raccogliere abbastanza forza di volontà per dirglielo,
per rompere il suo cuore. Era così attaccato a lei, l'amava così
profondamente, ma lei sentiva un senso di oggettività in questo
amore. Lui aveva bisogno di amare qualcosa e lei era la persona più
prontamente disponibile. Era strano che lui non si fosse innamorato di
Gary, pensò. Tavolta aveva pensato che lui si *fosse* innamorato di
Gary, e che stesse con lei solo per avere un motivo per continuare a
negarlo. Ash Ketchum era un'anima persa e disperata. Aveva già
avuto abbastanza problemi nella sua vita, ma lei non poteva continuare a
vivere con lui per pietà. Pietà non è amore. Non
poteva mentire a se stessa, e non era neanche corretto mentire a lui, si
giustificò. E ora, questo. Qual era il suo...? James, giusto. Era
un affascinante gentiluomo, probabilmente della sua stessa età,
forse un po' più vecchio. Sperava di non stare facendo qualcosa di
incredibilmente stupido.
James si sentiva sporco, mentendo come aveva fatto. Il senso di colpa lo
fece ripensare a questo piccolo piano, abbastanza perchè quasi si
girasse e tornasse a casa. Stava abbastanza a suo agio nella grande casa
con Jessibelle. Certo, era invadente qualche volta, ma... be', era sua
moglie. Era suo compito sopportarla. Girò la chiave nel cruscotto
della piccola BMW coupè sportiva e nera che 'Belle gli aveva
regalato per il Natale.
Era a suo agio con Jessibelle. A suo agio, sì. Non è
questo il punto, pensò fra sè. La amo? Dovrei anche
chiedermelo? Cinque miglia dopo arrivò alla conclusione che 'Belle
era sua moglie, e non importava davvero se l'amava o meno, perchè
era sua *moglie*. Girò la macchina. Poi capì quello che
aveva appena detto. Girò la macchina ancora, e si diresse ancora
verso Vermilion City. No, non amava Jessibelle. Non l'aveva mai amata. I
suoi genitori avevano organizzato il matrimonio, e lui era stato un figlio
tranquillo. Gli era andata bene, solo per placare i suoi genitori. Aveva
pensato di scappare via - aveva sentito di un gruppo, Team Rocket o
qualcosa del genere, che si prendeva cura dei fuggitivi. Ma aveva sempre
cambiato idea all'ultimo minuto, pensando che era abbastanza a suo agio. "Non
questa volta," mormorò mentre dava potenza al motore. James
entrò nel ristorante con qualche esitazione. Incontrare questa
ragazza significava tradire 'Belle? Avrebbe potuto stare in pace con se
stesso dopo? E' solo una cena, disse a se stesso. Non sono mica andato a
letto con lei. Il suo sangue si scaldò all'improvviso pensiero che
*avrebbe* potuto dormire con lei. Non era certo una cosa che avrebbe
intrapreso lui, e dubitava che avrebbe mai potuto spingersi tanto in là,
ma...
Strabiliante, pensò che una creatura come lei possa acconsentire
e mischiarsi con un misero mortale come me. Ebbe un breve lampo di panico
quando pensò che non si sarebbe presentata. Era proprio spaventato
che potesse non presentarsi, ma allo stesso tempo impaurito che si
*presentasse*. Le sue paure erano infondate.
Era già seduta, a studiare il menù intensamente quando lui
si avvicinò. Sentì una scarica di calore mentre il nodo alla
gola si stringeva all'istante. Jessie si alzò dalla sua sedia
incerta, non sicura di quello che dovesse fare. James le si avvicinò
e le prese le mani.
"Sei venuta," sorrise lui, rapito. Jessie deglutì
nervosamente. "Già... sono qui."
Sorrise nervosamente. Sentì il freddo metallo dell'anello
all'anulare sinistro di James mentre lui la guidava nuovamente alla sua
sedia e la spingeva per lei.
"Ehm, James," cominciò, "Io... Be', non ho potuto
fare a meno di notare... che tu... bè, quella ragazza con cui
stavi, e... l'anello... voglio dire, io..."
Lui annuì lentamente. "Sì. Jessibelle ed io siamo
stati promessi all'età di otto anni. Non ho avuto voce
sull'argomento" Rise amaramente. "Hanno persino fatto il
giuramento al matrimonio al posto mio. Ma, sì, sono sposato."
"Allora... non dovresti essere qui. Davvero."
"Vuoi che me ne vada?" Sentì il battito accelerare
nuovamente mentre aspettava la risposta. Jessie riflette sulla sua
domanda.. Er galante, in modo infantile, e di bell'aspetto. Le piaceva il
modo in cui i suoi occhi non lasciavano mai i suoi. In così tanti
avevano tentato di usarla per il suo corpo, ma sembrava che James non
avesse notato che ci fosse qualcos'altro se non gli occhi. Lo conosceva da
così drasticamente poco tempo, ma era sembrato più gentile e
premuroso di qualunque uomo le potesse venire in mente. Si chiese a cosa
stava andando incontro, e decise che non le importava.
"No," disse dopo una pausa. James le prese la mano dall'altra
parte del tavolo.
"Allora penso che le cose si metteranno a posto da sole. Pensiamo a
divertirci."
James stette con la testa tra le nuvole per tutta la via di casa. La
serata era andata meglio di quanto potesse sperare. Le piaceva, avrebbe
tollerato ulteriormente la sua presenza! La dea non lo aveva rifiutato,
quella umile ameba che lui era. E quando si erano separati, le sue labbra
avevano sfiorato la sua guancia. L'aveva baciato! La sua pelle formicolava
dove le sue labbra si erano posate. Era abbastanza per alimentare i suoi
sogni per mesi. La loro conversazione era stata animata e piacevole.
Jessie aveva parlato di sua madre, la sua infanzia trascorsa tra le
montagne. Avevano parlato dei loro Pokemon, i loro adorati cuccioli.
Avevano parlato di politica e vini e quant'altro venisse loro in mente.
L'intera serata era stata perfetta. Lei era bellissima. Più bella
di qualunque cosa avesse mai visto. I suoi occhi erano blu e brillavano
alla luce delle candele, i suoi capelli di un rosso sfolgorante. Li aveva
legati per la serata, e qua e là un ciuffo ribelle scappava,
incorniciando i suoi delicati zigomi e il suo elegante collo.
Gli aveva tolto il respiro quando l'aveva incontrata per la prima volta,
e si sentiva incapace di respirare ogni qual volta lei fosse nei dintorni,
affogando nella sua euforia di starle accanto. E pensare che lei poteva
coltivare sentimenti anche leggermente simili ai suoi!
Alla fine della serata, James Kojiro, bilionario, era disperatamente
innamorato di una ragazza che conosceva a malapena. Mio Dio, era una
sensazione bellissima.
Ash conservava ancora i filmati delle battaglie fra Pokemon di quando
aveva 7 anni. Li aveva trovati sotto il letto poco prima quella sera e da
quel momento li stava guardando con rapita attenzione. Aveva dimenticato
come poteva essere bello un Pokemon molto ben allenato. Osservò
mentre un Articuno si affrontava con una Dragonite. Era stato un
combattimento piuttosto bello, ma Ash sapeva già il risultato.
Aveva visto questi filmati ogni giorno da bambino, con gli occhi
spalancati, raccogliendo ogni frammento d'informazione che poteva.
L'Articuno sarebbe andato a terra dopo la sesta mossa, davanti ad un
Dragon Rage che l'esausto Dragonite aveva potuto a fatica eseguire. Ash
grattò le orecchie di Vulpix, immaginandola nell'arena. La piccola
volpe lo guardò con i suoi caldi occhi neri e fece le fusa.
"Non so se ce la posso fare, ragazza," disse tranquillamente.
"Fare cosa?"
chiese Gary piano, spostandosi dallo stipite della porta da dove aveva
osservato l'amico. Ash fece un piccolo salto di fronte all'inespettato
suono della voce del ragazzo. Gary si avvicinò al divano per
sedersi accanto ad Ash e prese Vulpix per coccolarla.
"Sto pensando di allenarla," disse Ash mentre fissava il rosso
pelo brillante della volpe. "E' brava e intelligente, imparerebbe
velocemente." Gary annuì, un leggero sorriso che si faceva
strada sui suoi tratti.
"Già, lo farebbe."
"ed è molto obbediente."
"Mmm-hmm."
"Potrei costruire una squadra piuttosto decente intorno a lei, non
pensi?" disse Ash, la voce tremolante.
"Ash, tu potresti costruire una squadra 'piuttosto decente' intorno
ad un Caterpie," disse Gary.
Ash sbuffò leggermente. "Vado a dormire," disse il
ragazzo dai capelli neri, la voce rauca dalle lacrime trattenute. Sapeva
che era stupido,ma il un qualche modo il pensiero di continuare la
battaglia deturpava l'onore di quel piccolo topo giallo che aveva amato
così intensamente. Si mise in piedi e cominciò ad andare
verso la sua stanza, fermandosi a metà strada.
"Gary?"
"Sì, Ash?"
"Grazie molte. Per esserti accollato i miei problemi. Ho una sacco
di guai che non avrei dovuto forzarti ad affrontare, ma ne sei stato
travolto in un qualche modo."
"Mi piacciono i tuoi guai Ashy. Vanno d'accordo coi miei. Non
pensare mai di cambiare questo."
"Sì, non lo farò."
Gary tirò un sospiro di sollievo quando la porta della stanza di
Ash si chiuse. Lacrime di formarono agli angoli dei suoi occhi mentre
appoggiava la testa sullo schienale del divano. La gola gli doleva per i
singhiozzi repressi, con il grande sollievo e gioia al pensiero che Ash
stava finalmente cominciando a guarire. Il pensiero gli attraversò
la mente per un attimo, che probabilmente non era normale per un uomo
provare sentimenti tanto appassionati verso il proprio miglior amico. Gli
amici maschi avrebbero dovuto sedersi insieme, a guardare battaglie di
Pokemon e football , e a ruttare. Ma il legame che condivideva con Ash era
più vicino a quello che si ha con un fratello.
Realizzò che non gli importava, davvero. La gente poteva pensare
quello che gli pareva. Fece un respiro profondo e che lo fece
rabbrividire, e strizzò gli occhi chiusi. Magari le cose sarebbero
andate meglio la mattina.
Jessie non aveva dormito dopo il suo incontro con James. Lui era stato
perfetto. L'uomo perfetto per lei. Aveva represso il pensiero di sua
moglie durante la loro cena, permettendosi di lasciarsi trasportare dalla
conversazione. L'intera serata era andata magnificamente, come fosse
venuta fuori da un romanzo. Ma c'era sempre un tranello. La vita non
andava mai così liscia. Era ovvio che doveva essere sposato,
qualcosa doveva mettersi tra i piedi...
Sprofondò in una sedia vicino a lei e affondò il viso tra
le mani. Perchè non si era semplicemente innamorata di Ash? Le era
così devoto, così gentile. Ma no, lei aveva dovuto andarsene
e trovare un uomo sposato. Un affascinante, interessante, intelligente,
bellissimo uomo *sposato*. Non riusciva a dimenticare i suoi occhi.
Cercava di pensare ad altre cose, a fare i conti sul suo libretto degli
assegni che giaceva aperto sul bancone nella sua cucina, a nutrire il suo
animaletto Meowth e la squadra di Pokemon addestrati alle battaglie, a
tutto tranne che i suoi occhi. erano così intensi.
Si perdeva in loro, anche solo per ricordo. Le facevano dimenticare che
una relazione fra di lei e un uomo sposato non sarebbe mai dovuta
accadere. A cena, James aveva apertamente parlato di sua moglie. Le aveva
detto direttamente che non le avrebbe mentito. Era sposato, ma il suo
matrimonio con Jessibelle non era mai stato nulla di più che una
firma su un documento legale. Ai suoi genitori aveva fatto piacere la
volontà del loro figlio di tener conto dei loro desideri. Erano
morti felici, mentre il loro unico figlio viveva intorpiditamente.
"Quando ti ho vista," aveva detto, "E' stato come
fosse...giusto. Da allora ho capito quanto falsa e irreale sia qualunque
altra cosa nella mia vita. Non voglio più sia così. Magari
non è saggio, ma... questo...mi sembra sia la cosa giusta da fare.
Lei aveva annuito silenziosamente, insicura di come reagire. Questo era
un uomo sposato, un uomo sposato che voleva avere una relazione con lei.
Parte di lei - una grande parte di lei- voleva seguire questa strada,
lui... ma una piccola voce in fondo alla sua testa la tormentava e
continuava a dirigerle gli occhi all'anello al dito della sua mano
sinistra.
Gli aveva chiesto quale fosse il suo cognome, dal momento che non
gliel'aveva detto prima. Lui era arrossito mentre le diceva chi era,
imbarazzato dal fatto che la gente nella sua posizione disprezzava le
persone che lavoravano duramente, la gente che viveva vite normali coi
loro mezzi ristretti.
Gli occhi di Jessie si erano spalancati. Era rimasta sbalordita per un
secondo quando aveva riconosciuto il nome. Lui le aveva rapidamente che a
lui non importava del denaro, in ogni caso non aveva mai spento molto. Lei
aveva messo il punto sul fatto che a lui non era mai importato del denaro,
ma che avrebbe fatto se all'improvviso non ne avesse avuto più.
Lui aveva ignorato quel commento, cambiando argomento. Si erano separati
da buoni amici, se non più. Lei voleva vederlo ancora. Lui le aveva
assicurato che così sarebbe stato. Lei lo aveva baciato dolcemente
sulla guancia e si era infilata in un taxi.
Ora sedeva in una sedia piangendo piano fra se stessa, con alcuna idea
di cosa fare dopo.
Ash camminava ancora per i parti, bevendo alla luce del sole e al suono
degli uccellini del primo mattino. Vulpix trotterellò vicino a lui,
il suo mantello che brillava grazie alle gocciolina di rugiada intrappolate
in esso.
Lui tornò brevemente con la mente ai giorni fuori Pallet Town,
quando lui e Pikachu vagavano per i campi in cerca di Pokemon che valesse
la pena di sfidare. Ora era fuori con un nuovo Pokemon, un Pokemon di
basso livello e non allenato per il quale aveva un attaccamento
sentimentale, mentre cercava di prepararla per la vita di un animale che
combatte. Lei era così pacifica, pensò lui. Come potrò
mai farla combattere? Ma cosa più importante, gliel'avrebbe fatto
fare anche se poi lei non fosse sembrata sopportare la cosa?
Fece un balzò quando un Pidgey spuntò di fronte a lui.
L'uccello arrabbiato e stordito si alzò in volo puntando la testa
di Ash, e il ragazzo lo schivò giusto in tempo.
"Ora è un momento buono come un altro," mormorò.
"Pensi che puoi tener testa a questo canarino, Vulpix?"
"Vul!"
"Attacco braciere!"
Il Centro per Pokemon era tranquillo. Alcuni ragazzi in viaggio si erano
fermati per la notte con i loro Pokemon, ma erano arrivati in ritardo e
Joy non li aveva aspettati alzata per un po'. Alzò lo sguardo
quando la porta si aprì ronzando e sorrise all'uomo dalla pelle
olivastra che entrò. Lui le ridacchiò a sua volta e mise una
scatola di krapfen sul bancone, appoggiandosi su di esso e sospirando
felicemente.
"Buongiorno, raggio di sole," canticchiò mentre il suo
sorriso si allargava. "Com'è stato il turno di notte?"
Joy geli fece un debole sorriso che si trasformò rapidamente in
uno sbadiglio. L'uomo saltò oltre il bancone e la prese tra le
braccia.
"Non puoi essere troppo stanca," disse lui, spingendola in
modo brusco contro di lui. "Devo portarti a casa e..."
"Brock!" ridacchiò Joy. "Sono al lavoro! Devi
comportarti bene. Per ora, almeno." La ragazza gli lanciò un
sorriso innocente e gli baciò la punta del naso giocosamente. Lui
rabbrividì e la premette contro il bancone, ma la ragazza si staccò
dall'abbracciò e gli rivolse un dito accusatore.
"Tu, ragazzo, devi imparare come comportarti in pubblico," lo
sgridò fermamente, cercando di sopprimere la sua risata.
"Io mi comporto bene in pubblico. Solo non quando tu sei intorno,"
ridacchiò. Cominciò ad avvicinarsele ancora, pianificando
pienamente di prenderla in braccia e trovare un armadio a muro fuori uso
da qualche, quando la porta si aprì con un ronzio ancora una volta.
Joy osservò il giovane uomo vagamente familiare che attraversava
la sala verso di lei. Trasportava una piccola figura rossa fra le braccia
e stava ansimando pesantemente. C'era una paura selvaggia nei suoi occhi
quando sbandò fermandosi sul bancone.
"Infermiera Joy", disse ansimando, "Ho bisogno... di
aiuto... è... la mia Vulpix." Appoggiò gentilmente il
piccolo animale sul bancone e cercò di riprendere fiato.
"Che è successo qui?" chiese Joy mentre tastava il
manto della volpe e lo controllava. Aveva diverse lacerazioni gravi e
contusioni lungo la gabbia toracica, ed anche uno squarcio su un occhio
che stava sanguinando abbondantemente.
"Lei... lei è stata attaccata. Un Pidgey ci ha
attaccati...ha attaccato me, e lei ha cercato di fermarlo." Gli occhi
del ragazzo la pregavano di accettare la sua versione. Joy lo riconobbe
ora. Si ricordava di decine di incidenti quando lui e il suo amico più
alto dai capelli chiari apparivano a notte fonda con Pokemon esausti e
feriti. Sospirò. Aveva sentito parlare del Movimento, e non le
piaceva l'idea che qualcuno stesse violando la legge o stesse mettendo
potenzialmente a rischio se stesso o i suoi Pokemon, o altri, ma aveva
giurato di aiutare chi aveva bisogno. Annuì leggermente e prese il
Vulpix in braccio, facendosi strada fra le porte della sala chirurgia.
Brock osservò il ragazzo mentre questo cominciava a respirare
normalmente. Il ragazzo si mise in punta di piedi e guardò la porta
chiudersi. Si morse il labbro e si trascinò sconfortato verso una
sedia per aspettare il suo Pokemon. Brock lo squadrò sospettoso,
chiedendosi perchè Joy non avesse indagato ulteriormente sulla
versione del ragazzo. L'uomo abbronzato sospirò e si sedette dietro
il bancone appoggiandosi ad una sedia, maledicendo la sua sfortuna. E
*proprio* quando stava per averne un po', pensò.
Ash si sedette sulla sua sedia fissando le sue mani piegate. La
battaglia era stata orrenda. Il pidgey era stato di un livello troppop
alto, e la poverina non aveva avuto neanche una possibilità. Era
colpa sua. Non avrebbe mai dovuto pensare di far combattere la sua Vulpix.
Era un animaletto così compiacente ed estroverso, non adatto a
nient'altro che agli spettacoli di Pokemon e la vita domestica. Gli era
venuto in mente di farla partecipare ad uno spettacolo in arrivo - il più
grande del Kanto - ma non era stato capace di raccogliere abbastanza
entusiasmo da compilare i moduli. Anche intelligente com'era, aveva perso
duramente contro il Pidgey. Si maledisse mentalmente, disgustato dalla sua
stupidità. E ora ... e se non ce l'avesse fatta? Non sapeca se
avrebbe potuto sopportare la perdita di un altro Pokemon in questo modo, a
causa dei suoi propri errori. Pikachu era morto perchè si era
fidato di troppe persone. Ora Vulpix rischiava di morire a causa della sua
stessa impertinente fiducia in se stesso. Fece un profondo respiro mentre
tirava fuori il cellulare e e faceva il numero del suo appartamento. La
segreteria telefonica si accese dopo il quarto squillo, perciò provò
il cellulare di Gary.
"Gary Oak."
"Gary, sono al Centro per Pokemon sulla nona strada."
"...oh, Ash. Lei non è..." Sembrava preoccupato.
"Sì... io..." trattenne le lacrime e deglutì
pesantemente, sperando di non sembrare troppo debole.
"E' ferita, Gary. Non so se ce la farà." Ash sentì
Gary bestemmiare appena.
"Sarò lì in venti minuti," disse lui."
"Bene" Ash spense il cellulare e notò il sangue sulle
sue mani. Ironico, pensò. Mi fa sentire meglio sull'intera
situazione. Si alzò e si diresse al bagno, ancora trattenendo i
singhiozzi che gli stavano dolendo nel petto.
Ash sedeva su una panchina imbottita con le gambe portate al petto, la
testa che riposava sulle sue ginocchia. gary aveva il braccio intorno alla
spalla dell'amico e occasionalmente gli dava qualche incoraggiamento,
cercando di trattenere Ash dal perdere la speranza completamente. Erano
seduti lì in quel modo da più di un'ora, aspettando qualche
notizia sulla salute di Vulpix. Gary sobbalzò all'improvviso
movimento di Ash - il ragazzo cominciò a sbattere la testa contro
le ginocchia. Gary strinse i denti e si girò verso di lui,
afferrandogli le spalle e costringendo Ash a guardarlo negli occhi.
"Ash, devi smetterla di colpevolizzarti per questo. Non sapevi che
sarebbe successo, tu..."
"E' colpa mia questa volta, Gary. Non posso accusare nessun altro
se non me stesso," disse Ash con improvvisa forza. "Non puoi
convincermi che non ho fatto niente di sbagliato. Questa è *colpa*
mia! Se lei morisse, è tutto nelle mie mani."
Gary aprì la bocca per parlare, ma non trovò alcuna parola
per combattere la condanna che il ragazzo torturato aveva fatto a se
stesso. Spinse Ash verso di lui e lo abbracciò, cercando di
infondere la sua stessa forza in Ash. Il ragazzo dai capelli corvini crollò
fra le braccia di Gary, la sua compostezza che si dissolveva. Stava
tremando. Una scarica di compassione lo attraversò mentre guardava
l'intorpidimento di Ash svanire e la parte ferita emergere.
"Scusatemi," li interruppe una voce femminile calma. Ash saltò
in piedi, respirando pesantemente.
"Sta bene? Sta bene la mia Vulpix?" chiese, la sua voce che
tradiva la sua impazienza. Sembrava un bambino, impaziente che immaginava
il peggio.
"Sì," disse Joy. "E' viva." L'infermiera
osservò mentre il sollievo percorreva il ragazzo. Cadde
all'indietro sulla panchina e si appoggiò contro il muro, gli occhi
chiusi.
"E' viva, ma non sta per niente bene. dovrò tenerla qui per
alcuni giorni per assicurarmi che le lacerazioni guariscano in modo
appropriato e non si infettino."
Ash annuì, esausto, ma Joy continuò. "Non so
esattamente come il tuo Pokemon si sia ferito così gravemente,"
disse, guardando gli occhi di Ash significativamente, "Ma *so* che
non le devi più permettere di mettersi in una situazione del
genere. Non è fatta per..." si fermò, sapendo che i
ragazzi avevano capito quello che intendeva dire.
Gary si alzò e le strinse la mano. "Grazie, infermiera Joy.
Le lascio il nostro numero in caso succeda qualcosa. Penso che sia meglio
se lo porto a casa," disse alludendo al suo compagno.
"Lei non... sa..."
"Io non so niente," disse decisa. "Quella Vulpix è
stata attaccata da un Pidgey selvaggio."
"Grazie." Gary osservò Joy tornare indietro, seguita
strettamente da un uomo che era rimasto seduto a leggere giornali dietro
il bancone per tutta l'ora tracorsa. Quando le porte della sala chirurgica
si chiusero, Gary sentì qualcuno parlare a bassa voce e le risatine
di Joy. Ridacchiò e si voltò verso Ash, che non si era mosso
da quando si era messo nuovamente seduto. "Ebbene, Ashy, andiamo a
prendere qualcosa da mangiare. Penso che dovremo lasciare quei due da
soli."
Ash dormì per il resto del giorno. Quelli del Movimento si
sarebbero incontrati la sera tardi, e lui era esausto sia sul piano fisico
che su quello emotivo dopo quel pomeriggio. Il suo riposo era disturbato
da sogni strani e vaghi, visioni spaventose di morte e dolore. Come il suo
sonno diventava più profondo, così facevano anche i suoi
incubi. All'improvviso si sentì completamente focalizzato su un
particolare sogno, la visione sbiadita e slavata che diventava
improvvisamente nera, come quando le luci se ne vanno all'improvviso in un
teatro. La sua mente si spostò nella Foresta di Viridian e nel
luogo dove lui e Gary avevano tenuto le loro battaglie da bambini. Era
notte. Vide se stesso vagare nell'oscurità, dando calcio alla
pietre sparse in giro nell'oscurità. Si poggiò su un tronco
caduto e aspettò. Dopo un po' di tempo, sentì un fruscio fra
i cespugli vicini.
"Pikachu?" si sentì dire. "Sei tu?"
"Pikapi! Chu!" sentì esclamare al Pokemon. Si alzò
e camminò verso la voce.
"Pikachu, dove sei? Vieni fuori!" Sentì il
fruscio proprio davanti a lui e corse verso la fonte del suono. "Torna
indietro!"
"...Pika!" La voce era più lontana ora, e Ash corse più
veloce per raggiungerla. Non servì a niente tuttavia, poichè
sentì la voce di Pikachu svanire in lontananza. La sua corsa
divenne un trotterellare e poi si fermò, accasciandosi per
riprendere fiato.
"Non riuscirai a prenderlo, Pikapi." Ash saltò
in piedi, trasalendo davanti a quella voce. Non c'era nessuno vicino a lui
nella parte di luce. Si guadò attorno frenetico, scorgendo il
brillio di una coda di volpe rossa davanti a se. Proseguì con lo
sguardo all'insù dalla coda. La sua Vulpix lo stava guardando,
appoggiata ad un albero. Parlò ancora. "Non riuscirai a
prenderlo. Se ne è andato."
"Io... ma se lo cerco... magari non è poi così
lontano," disse Ash, poggiandosi prima su un ginocchio e poi anche
sull'altro, volendo continuare la ricerca del suo Pokemon.
Era leggermente disturbato dal fatto che la sua Vulpix stesse usando il
dialetto dei Pikachu -"Pikapi" è il nome che i Pikachu
usavano per i loro padroni e significava, piuttosto rozzamente, "amico"
- ma in un qualche modo il fatto che capisse la sua lingua sembrava
relativamente normale. "Pikapi, non c'è niente da fare. E' più
veloce di te." La coda di Vulpix fece un bruscio paziente.
"Perchè corre?" chiese Ash tranquillamente, fissando la
direzione in cui era scomparso Pikachu.
"E' molto veloce. Dubito che tu anche solo trovare in questa selva.
Non ti saresti mai addentrato *così* lontano se lui non ti ci
avesse condotto," continuò Vulpix, ignorando la domanda di
Ash.
"Addentrato dove?" chiese lui, confuso. Il luogo si trasformò
all'improvviso in un ben illuminato Centro per Pokemon. C'erano bambini
seduti nella sala, che tenevano i loro Pokemon sulle ginocchia, dondolando
le gambe e coccolando i loro animaletti. Mentre Ash si guardava intorno,
riconobbe molti visi dei membri del Movimento, benchè non riuscisse
ad assegnarli a nessun nome. Si precipitò stordito sul bancone per
chiedere all'infermiera Joy una spiegazione, ma con sua grande sorpresa
non c'era la solita infermiera Joy. La ragazza, Misty, che aveva sfidato
Gary parecchi giorni prima, stava al posto di Joy, ed indossava l'uniforme
da infermiera. Ash mormorò un imbarazzato saluto, intendendo
chiedere dove si trovava Joy. Misty lo fissò fredda.
"Non posso aiutarti." brontolò, i suoi denti che
diventavano all'improvviso fauci, i suoi occhi che si facevano rossi. Lei
gli soffiò contro mentre lui indietreggiava, scontrandosi con sedie
e panchine. Cadde, e sentì che il suolo cominciava a tremare. Il
pavimento si spaccò, inghiottendo bambini e membri del Movimento, e
Ash guardava inorridito mentre il buco diventava improvvisamente più
grande, e rompeva il suolo sotto di lui, assorbendolo interamente.
Ash si svegliò con un urlo, mettendosi dritto sul letto. Le sue
coperte erano bagnate col suo sudore e il suo cuore batteva forte. Fece un
sospiro forte e irregolare e si trascinò dal letto alla doccia,
sperando che l'acqua calda lavasse via il sogno.
Misty sedeva su un secchio rivoltato al magazzino e parlava a qualcuno
dei giovani allenatori adolescenti del Movimento.
La maggioranza dei giovani invischiati con il Movimento erano
adolescenti nella fase ribelle che disubbidivano ai loro genitori, ma
c'erano alcune gemme rare fra di loro. Una di loro, koa, una bella ragazza
di 15 anni, interessava Misty in modo particolare. Era decisa e testarda,
intensamente focalizzata sui suoi obbiettivi o su quello che aveva
progettato di fare nella vita. Koa voleva entrare in politica, per fare la
differenza, e lottare per la legalizzazione dei Pokemon addestrati al
combattimento. Era un colpo grosso, ma se c'era qualcuno che poteva farlo,
allora quella era Koa. Era persuasiva fino all'inimmaginabile e aveva
immensa fiducia in se stessa. Misty sospirò. A quindici anni,
quella ragazza aveva capito tutto, e lei stessa ancora non riusciva a
capire... beh, quasi niente.
C'erano una fitta folla di gente riunita quando si aprì la porta
principale del magazzino. Gary ed Ash erano quasi sempre gli ultimi membri
ad arrivare alle sessioni del Movimento. Gary aveva un'inclinazione per la
recitazione e gli piaceva fare grandi entrate. Quella notte non fece
eccezione. Fece irruzione, con il suo Jolteon che gli trotterellava svelto
accanto. Si fece strada tra la folla verso le scatole rialzate presenti
sull'arena , Ash che lo seguiva con un po' più di umiltà.
Gary montò sulla piattaforma e affrontò la folla, che
fremeva mentre si preparava a parlare.
"Bella serata, ragazzi?" ridacchiò.
Ci furono alcune strane risposte dalla gente, e Gary continuò. "Va
bene, allora. Credo che la battaglia più importante di oggi sia
Raiden contro Hiro. Siete entrambi qui ragazzi?"
"Siamo qui," intervennero i due giovani.
"Bene. Abbiamo bisogno che tutti si muovano con le
battaglie, abbiamo un programma pieno di cose per stanotte e non voglio
che nessuno qui se ne vada senza aver combattuto almeno una volta. A
proposito, Koa, ho sentito che il tuo Drowzee si è evoluto.
Congratulazioni."
La folla esultò brevemente mentre Koa arrossiva, ridacchiando
apertamente. Gary continuò. "Okay. Gli orari sono già
stati stabiliti, sapete cosa fare."
La folla proruppe in un parlottio mentre i primi allenatori entravano
nell'arena e si inchinavano leggermente, poi si ritiravano ai loro angoli.
Ci fu un onda di ronzii quando i Pokemon vennero rilasciati per prepararsi
alla battaglia, mente il primo match della nottata incominciava. Gary
guardò con soddisfazione mentre il gruppo brulicava, ognuno, lei o
lui che fosse, che si occupava del suo Pokemon e si preparava al
combattimento.
Tutto ciò gli piaceva davvero molto, non solo il fatto di essere
idolatrato da ogni allenatore del Kanto, ma anche lo spirito di
cameratismo del gruppo. Gli piaceva guardare i bambini maturare, vedere i
loro Pokemon diventare più forti e le loro abilità
raffinarsi. Si girò verso Ash.
"Vado in ufficio a prepararmi. Tu starai bene?"
Ash si guardò intorno nervoso e annuì. Si era comportato
in modo strano per tutto il giorno, ma dopo la mattinata che aveva avuto,
Gary non poteva biasimarlo. "Okay. Se hai bisogno di me," disse,
non disturbandosi a finire il discorso. Ash annuì ancora e cercò
tra la folla. Vide Misty ai margini del gruppo di persone. Aveva
richiamato il suo Clefable e gli stava grattando la pancia, ridendo mentre
si contorceva. Ash si avvicinò a lei, non certo di come,
esattamente, avesse tanta voglia di parlarle. Quel sogno era stato così
reale, così palpabile. Voleva parlarle, anche solo per assicurarsi
che non avessi fauci o occhi rossi che soddisfacessero le sue paure. Si
fermò a qualche metro da lei e aprì la bocca, ancora
chiedendosi come cominciare il discorso. Poteva semplicemente dirlo. Ciao,
ti conosco appena, ma posso controllare i tuoi denti? Non stai cercando di
uccidermi, no?
Chiuse la bocca e si schiarì la voce. Misty finalmente lo notò
e alzò lo sguardo, curiosa di sapere cosa potesse volere il ragazzo
da lei. "C...ciao. Mi chiamo Ash. Tu sei Misty, giusto?"
Beh, magari si stava rendendo ridicolo, ma almeno era bravo.
"Sì. Conosco il tuo nome, penso che tutti quanti lo
sappiano qui," disse lei sorridendo. Ash notò con
soddisfazione che non aveva le fauci. "Oh? Che altro ti hanno detto
di me?"
Si stava gradualmente mettendo a suo agio, non più abituato a
fare discorsi brevi. La ragazza ridacchiò.
"Oh, non dovrei dirlo. Non voglio causare problemi a nessuno..."
Ash sorrise a sua volta.
Non dissero niente in un imbarazzante momento, poi Misty lo invitò
a sedersi con lei,
andando verso una vicina cassa di latte. Ash contemplò la scusa
di dover tornare in ufficio. Non aveva parlato a nessuno a parte Gary e
Jess da un bel po' di tempo e era sicuro che le sue abilità sociali
fossero venute a mancare. Ma...beh, era carina. Non aveva flirtato con una
bella ragazza da tanto tempo. Sorrise ancora e si sedette. Poteva essere
interessante, pensò.
Jessie ritornò a casa dal lavoro per trovare una dozzina di rose
e un indirizzo stampato su una cartolina. Ridacchiò pazzamente,
mentre danzava intorno alla piccola cucina, e il suo Meowth la guardava
stranamente. Si erano incontrati per due settimane, le loro notti fuori
che diventavano sempre più frequenti. Jessie sentiva che avrebbe
dovuto essere arrabbiata con se stessa, che avrebbe dovuto essere
disgustata dell'intera situazione. Aveva una relazione con un uomo
sposato. Se sua moglie lo scopriva, lei sarebbe stata la cattiva della
vicenda. Se sua moglie lo scopriva ...
Si fece la doccia e si vestì, saltellando per tutto il tempo,
mentre il suo Meowth la seguiva da stanza a stanza,incredulo. Chimaò
taxi e arrivò all'indirizzo indicato dieci minuti prima. La
destinazione non mancava di essere spettacolare, come ogni posto in cui
James la portava. L'intera storia era come venuta fuori da un libro di
fiabe, con candele e fiori e musicisti gironzolanti. Doveva ancora trovare
un piccolo difetto in James - eccetto per il fatto, naturalmente, che era
sposato. Si chiedeva quando sarebbe finito questo sogno e la realtà
sarebbe tornata prepotentemente su di lei. No, era sbagliato.
Lui *aveva* difetti. Era troppo compiacente e ubbidiente, e aveva la
tendenza a essere sfruttato dalle persone. Ma erano difetti con cui
pensava di poter convivere. Fu fatta accomodare ad un tavolo
apparecchiato, lo champagne che già gelava in una catinella vicino
al tavolo.
Trattenne una risatina infantile di eccitazione. Era folle. Come era
pietoso questo, pensò. Un uomo chiede dello champagne e tu strilli.
Si forzò a calmarsi quando vide l'elegante figura di James sulla
porta. Camminò verso il tavolo -anche la sua andatura mostrava la
sua dignità - e le baciò il palmo della mano. Il suo cuore
si sciolse. Per i primi minuti, fecero una conversazione leggera. Il
discorso però si rivolse presto a cose più profonde.
Raccogliendo tutta il suo coraggio, Jessie decise di chiedergli la
domanda che l'aveva assillata per giorni. "James," chiese
tranquillamente, "Che succederebbe se... quando... Jessibelle lo
scoprirà?" Credeva di sapere la risposta alla domanda. La
favola sarebbe finita. Infine James parlò, guardando Jessie negli
occhi, il verde scuro dei suoi occhi che facevano da specchio alla sua
anima e completamente onesti, quasi ingenui. "Sarà un divorzio
complicato. 'Belle si prenderebbe molto nel procedimento legale,
probabilmente più della metà di quello che possiedo. Ma sono
sicuro che ce la caveremo. Ho una buona educazione, e potrò trovare
un lavoro facilmente, se le cose si metteranno in quel modo. Ma anche meno
della metà di quello che ho ora è più che sufficiente
per vivere agiatamente per un bel po'." Jessie fece un balzo. Il
cuore le balzò in gola, facendole quasi venire i capogiri. Sgranò
gli occhi una volta. "Tu... tu la lasceresti? Per me?"
James sembrò quasi offeso dalla sua domanda, e il suo viso si
contorse con sincerità e affetto. "Jessie, io ti amo. Farei
qualunque cosa per te, qualunque. Pensavo lo sapessi."
"I... io..." Aveva appena detto che l'amava. Era innamorato di
lei. Era paralizzata, sorpresa, piena di gioia. "Tu .. mi ami?"
"Più di ogni cosa. Più di tutti i miei soldi, delle
macchine, della casa, della mia vita, di tutto questo insieme.
Impallidiscono al confronto. So che sembra un po' presto per dire cose del
genere, ma mi sembra giusto così." Era senza parole, ancora
una volta. Aveva la sensazione di stare facendo la figura della completa
idiota, ma il suo cervello era andato in uno stato di shock completo e lei
stava funzionando solo grazie all'adrenalina e all'emozione. "Io ...
Io non so cosa ... dire, intendo ..." Gli occhi di James si
intristirono mentre la guardavano arrabattarsi per trovare le parole.
Si bagnò le labbra e parlò esitante. "Jess, se tu non
senti la stessa cosa, non ti costringerò a ricambiarmi, non potrei
mai ..."
"Ti amo anch'io. James." Riuscì infine a dire.
Lei lo spinse di nuovo sul letto, mordendogli il labbro superiore
giocosamente. Le coperte erano fresche al contatto con la sua pelle e
allertavano i suoi sensi ancora di più, rendendolo cosciente di
ogni piccola vampata di calore che eruttava nelle sue vene. Jessie gli era
sdraiata sopra, muovendosi sopra di lui e ridendo con fare infantile. Non
riuscì a fare a meno di ridere con lei, non riuscendo a trovare un
modo migliore per rilassare la tensione di sapere che quello che stava
facendo era completamente sbagliato in un senso, ma così giusto in
un altro. Fece scorrere le mani sui suoi fianchi, la sua pelle calda e
liscia al suo tocco. Lei sorrise ancora una volta, e cadde fra le sue
braccia. Lui si strinse a lei, nutrendosi del calore del loro contatto,
amando il modo in cui i loro corpi si incastravano l'uno nell'altra in
ogni curva. James all'improvviso rise di gusto e si rigirò in modo
da starle sopra, mettendo le coperte sopra le loro teste e trasformando il
letto in una tenda. Le loro figure si contorsero sotto le coperte mentre
l'animaletto domestico di Jessie, Meowth li osservava, chiedendosi cosa
diavolo fosse successo alla sua padrona.
Gli allenamenti al Movimento erano andati bene: Misty aveva vinto
entrambi i suoi incontri dopo dure lotte.
Avrebbe potuto giurare che Goldeen fosse pronto ad evolversi dopo la
prima battaglia. E aveva spento la maggior parte della notte ai bordi
della folla, a parlare con Ash Ketchum dagli occhi tristi.
Misty era furiosa con se stessa. Dannazione, *odiava* quell'uomo per
aver fatto di sì di piacerle.
Come aveva fatto? Non capiva che lei era la cattiva della situazione?
Diede un calcio alla porta del frigo, spaventando Clefable. Corse verso il
salotto urlando, sperando di non avre fatto qualcosa di sbagliato. Misty
sospirò. Avrebbe dovuto davvero cercare di affrontare la cosa in
modo più maturo e smettere di dare calci agli oggetti.
Giusto per buona misura, però, diede un alto calcio al frigo e si
diresse a passi pesanti verso il bagno. Dannazione a lui, dannazione a
lui, pensò al ritmo dei suoi passi. E dannazione anche a Gary, già
che c'era. Era troppo socievole, pieno di talento, e troppo bravo coi
Pokemon.
E troppo carino, aggiunse. Gary Oak era troppo carino per tutte le cose
che aveva. Si sedette in silenzio e cercò di non pensare mentre
faceva scorrere l'acqua nella vasca. Clefable entrò in bagno e
sfregò la testa contro le sue ginocchia, cercando di confortarla.
Lei lo accarezzò sulla testa, poi lo spinse fuori dal bagno così
che potesse svestirsi. L'acqua calda si chiuse intorno a lei, mentre il
profumo di vaniglia e pesche si librava nell'aria. Le bollicine le
schiarivano sempre la mente, o almeno la trattenevano dall'assaltare il
suo frigo. I suoi pensieri tornarono di nuovo al suo presente dilemma
morale che stava causando questa scarica di abusi sugli elettrodomestici.
Sapeva di non essere una persona cattiva nel profondo del cuore. Tutti
facevano cose cattive ogni tanto, no? Lei veniva solo pagata per farle.
Wow, così suonava come una cosa sporca. Voleva davvero
impressionare a tal punto la sua famiglia? Loro non l'avevano mai presa
sul serio. Era la più giovane di quattro sorelle, e l'unica che non
era sposata con figli, lavoro e arti culinarie. Lei non voleva nemmeno
sposarsi, e non era pronta per avere bambini.
Aveva ventidue anni, stava appena lei stessa entrando nel modo vero.
Solo perchè le sue sorelle si erano sposate tutte il più
velocemente possibile, non voleva dire che doveva farlo anche lei, no?
Fece scorrere le mani lungo l'acqua pigramente, osservando le increspature
vibrare nella vasca.
Non voleva necessariamente far parte del Team Rocket. Non era certamente
la sua prima scelta.
Ma aveva bisogno di sopravvivere, e quel lavoro la pagava relativamente
bene per quello che doveva fare. Si morse il labbro e decise che non si
avrebbe più stretto alcun rapporto con nessuno dei ragazzi. Se si
affezionava a loro, non avrebbe potuto fare il suo lavoro, e se non avesse
potuto fare il suo lavoro, sarebbe stata licenziata e sarebbe corsa a casa
con la sua dignità afferratagli da sotto i piedi. Poteva quasi
sentire i suoi genitori che dicevano, ' Te l'avevo detto'.
Non era una prospettiva piacevole. Aveva davvero poche opzioni. Nessuna
di loro era facile.
Si affondò nell'acqua fino al naso e maledisse quei ragazzi.
Perchè non potevano essere dei completi bastardi?
"Ash Ketchum, figlio di un cane!" rise Gary. "Mi
sorprendo che non sia tornata all'appartamento con te." Ash gli lanciò
un'occhiataccia, minacciando di picchiare il suo amico se non la piantava.
Gary ridacchiò e guardò di nuovo avanti, cercando di non
ridere. Alla fine si lasciò sfuggire, "Pensi che riuscirai a
farti chiamare da lei Padrone?"
"Oh, ora basta, Gary. Potrai avere Pokemon grandi-grossi e cattivi,
ma posso lo stesso darti un calcio nel sedere!"
I due iniziarono a correre, con Gary che sfrecciava per le strade
deserte che conducevano al loro appartamento, ridendo, mentre Ash
diventava sempre più arrabbiato. Gary urlò, facendo più
scena che poteva. Ash riuscì infine a catturare l'altro ragazzo e
gli saltò addosso da dietro, tenendolo stretto in una morsa. "Deficiente!"
gridò forte come una cornacchia, affondando il pugno nel cranio di
Gary. Gary era esultante.
Ash non aveva mostrato questa felicità da moltissimo tempo per
quello che riusciva a ricordare. "Ow, ow, hey, attento ai capelli,
ragazzo!"
"Ti ha mai detto nessuno che sembri un Rattata ferito quando gridi?"
"Ti ha mai detto nessuno che sembri Mr. Mime (NdT: ?) mentre fai
sesso?"
"Cosa?! E quando diavolo lo avresti scoperto?"
"Abbiamo muri sottili, Ashy." Gary ridacchiò mentre Ash
si buttò di nuovo su di lui. Il ragazzo lo schivò e si
ritrasse, proprio fuori dalla portata dell'amico. Ash rise e gli corse
dietro.
"E tu vuoi sapere a che cosa somiglia *tua madre* mentre fa sesso?"
"Oh, questa è infantile!"
"Da chi viene la pr... hey, attento, Gary."
Ash perse il suo tono giocoso mentre spingeva Gary verso il muro, dietro
un Dumpster (NdT: ?).
Notò confusamente che sembrava che i loro vicini più
anziani avessero dato una ripulita alla casa - c'erano scatole e bagagli
pieni di vestiti smessi e ninnoli vari ammassati contro il muro.
"Guarda," indicò. Gary sbirciò oltre l'angolo.
"Merda," bisbigliò.
C'erano due macchine parcheggiate fuori dall'edificio e nessuna di loro
conteneva alcuna agente Jenny. Invece avevano al loro interno grossi
uomini vestiti di nero. Si voltò indietro. "Chi pensi che
stiano cercando?"
"Gary, le altre persone che vivono in questo edificio sono o
incredibilmente vecchie oppure hanno nove figli e lavori da schifo.
Cercano noi."
"Ma .... chi sono?"
"Non chiederlo a me," mormorò Ash, guardando ancora una
volta oltre l'angolo e poi si accovacciò contro il muro. "Penso
che dormiremo nel vicolo stanotte. Siamo fregati." Gary si appoggiò
sul muro accanto al suo amico, riflettendo un momento.
"No... noo, non dovrebbe essere troppo difficile farcela. Non
possiamo mandare avanti Fearow o qualcos'altro per rompere la finestra?"
Staccò una sfera poke dalla cintura, col pollice premuto contro il
bottone di rilascio.
"No, sentirebbero il vetro rompersi. E penso che noterebbero anche
lei. E' un po' troppo grande per essere un Fearow."
"Merda. Che facciamo?"
Brutus appoggiò il capo contro il poggiatesta e prese a sbattere
il piede per terra impazientemente. Lanciò un'occhiata fuori dalla
finestra verso il punto dell'edificio che stavano sorvegliando, poi
l'orologio, poi di nuovo l'edificio. Sbuffò e raggiunse con la mano
i comandi della radio, annoiato. La sua mano fu allontanato con un colpo.
"E per cos'era quello? Perchè non posso ascoltare la radio?
si lamentò. "Non succede niente là fuori. Lasciami
ascoltare la partita per un po'." Il suo compagno corrugò la
fronte. "Non mi interessa se sei annoiato o meno, Brut, siamo di
guardia qui. Se manchiamo questo obiettivo il capo se la prenderà
parecchio."
Brutus lo guardò torvo per un minuto e studiò la maniglia
della portiera, poi parlò. "Quello che non capisco, Nicky,"
disse, "E' perchè il boss ci avrebbe messo alle costole di
questi mocciosi. Non è che stiano facendo qualcosa. E non c'è
già una mocciosa che è stata messa alle loro calcagna con
una copertura?" Si sfregò il naso pensieroso. Nick fece
spallucce.
"Tutto quello che so è che siamo qui per prenderci cura di
loro. Piantala di frignare. Hey, ecco che arriva qualcuno...." Puntò
ad una figura che veniva dal vicolo. Brutus portò una mano alla
maniglia della portiera e l'altra sul manico della sua pistola. "Sono
loro?" chiese, eccitato, ansioso di avere un'occasione di uscire
dalla macchina. La figura divenne più chiara man mano che si
avvicinava: una vecchietta con la gobba avvolta da un cappotto sgualcito e
con uno scialle strappato sulla testa avanzò barcollando verso le
scali principali dell'edificio. Brutus mugolò e si sprofondò
di nuovo sulla sedia. "Ahh cavolo, solo una vecchia megera ..."
La figura ricurva aprì la porta principale e si confuse con
l'oscurità che c'era oltre. Brutus si avvicinò di nuovo alla
radio.
Ash chiuse attentamente la porta dietro di lui e controllò che
fosse chiusa prima di togliersi lo scialle infangato dalla testa. "Gary,"
ringhiò, "Vuoi farmi il piacere di scendere?" Gary
ridacchiò dalla sua postazione sopra la schiena di Ash, sotto il
vecchio cappotto macchiato d'olio. "Non se ne parla nemmeno, ragazzo.
Mi piace farti da gobba." Il suo amico cominciò a girare
intorno come un matto, cercando di scrollarsi il ragazzo dalla schiena. "Senti,
non mi importa portarti in groppa quando le nostre vite sono
potenzialmente in pericolo, ma ... dannazione, sei grasso!"
"No che non lo sono! Devo farti sapere che sono molto proporzionato
per la mia altezza. Sei solo invidioso," disse, stringendo le braccia
al collo di Ash mentre lui continuava a cercare di farlo scendere. "Hey,
hey, fermo lì, amico. Voglio cavalcarti fin su le scale."
"Certo! Gary, vuoi smetterla di dire cose del genere? I vicini si
faranno strane idee!"
"I vicini si faranno strane idee in qualunque caso!" disse
lui.
Un brillio malefico gli si accese negli occhi. Si portò
all'indietro e urlò, "Oh sì! Sì! Fallo più
forte!" Ash urlò e corse per le scale verso il loro
appartamento, con Gary ancora confortevolmente attaccato alla schiena. Una
volta che la porta fu chiusa e a chiave, Ash buttò per terra il
ragazzo e lo picchiò dietro la testa.
"Sei un tale bastardo!"
Gary ridacchiò. "Noo, so solo come ottenere quello che
voglio." Entrò con disinvoltura in cucina, ridacchiando alle
sue spalle, "Sei davvero un ottimo cavallo, Ashy. Scommetto che a
Misty *piacerebbe molto* sentire tutti i particolari ..." Le narici
di Ash fecero fuoco e fiamme mentre lui si buttava ancora una volta sul
suo amico, buttandolo a terra sul pavimento di linoleum in cucina e
strozzandolo per finta. "Haa! Hey, va bene, Ketchum, hai chiarito ...
haa .. il tuo punto di vista!" urlò Gary. "Non hai cose
più importanti da fare che cercare di uccidere il tuo miglior
amico?"
Ash si fermò in mezzo ai pugni che stava dando per considerare la
proposta. "Ad esempio," chiese, stringendo le dita intorno al
collo di Gary. "Ehm ... ad esempio scoprire chi ci sta addosso. Non
puoi uccidermi! La gente si chiederà ... haa!" Corrugando la
fronte, Ash lasciò andare il collo di Gary, mentre la sua testa
colpiva il pavimento con un tonfo.. "Che bravo ragazzo che sei,"
brontolò Gary. "Non è strano che tu piaccia a tutte le
ragazze ..." Si alzò, si rimise in ordine, e andò ad
aprire l'armadio del corridoio, estraendone un binocolo da campo e si
avvicinò alla finestra cautamente. Ash lo seguì, facendo il
disinteressato e facendo vari fischiettii. Gary fece del suo meglio per
farlo smettere, mentre, mentre focalizzava le lenti sulle due macchine
parcheggiate sulla strada sottostante. Fece un sorriso malizioso. "Beh,
sicuramente non stanno cercando di nascondere la loro identità."
"Cosa? Cosa?" disse Ash, entusiasta, cercando di afferrare il
binocolo. "Fa vedere." Si mise le lenti davanti agli occhi e le
puntò sull'uomo seduto sul sedile passeggeri della macchina più
vicina. Sulla maglietta nera dell'uomo, vi era stampata una 'R' rossa. Si
sentì diventare completamente teso mentre si appoggiava sul muro
vicino alla finestra. Dannazione pensò. Preferiva avere la polizia
alle calcagna - almeno loro avevano alcune regole da seguire. Ma no, ora
dovevano avere dietro la polizia *e* il Team Rocket. Bestemmiò
sotto voce e passò velocemente attraverso la stanza buia in
direzione la cucina. Gary lo guardò andarsene, e alzò la
voce, "Che suggerisci di fare?" Ash riapparve nel corridoio con
una soda e un sacchetto di patatine. "Mangiare?"
Misty teneva il muso, seduta ancora una volta sulla cigolante sedia di
pelle circondata da un fitto odore di fumo. "Ha un Jolteon a livello
settanta circa, quello è quello che usa più spesso. Ha anche
un Dragonite e un Fearow, penso, e un Arcanine ... sono intorno al livello
sessanta. Sta allenando un Bellsprout in questo momento, e l'ho anche
visto con un Sandslash e un Gyrados di alto livello prima. Probabilmente
ne ha ancora nel magazzino situato nel piccolo ufficio sul retro. Quelli
saranno l'obbiettivo principale, se Gary li ha allenati, si può
scommettere che sono bravi. L'altro ragazzo, Ketchum," disse,
pretendendo di essere qualcun altro e cercando di scrollarsi di dosso
l'enorme senso di colpa che sentiva intorno a lei, confuso ad odore di
sigaretta e che le stava facendo venire la nausea. "Ketchum non
alleva Pokemon, almeno non penso. Non l'ho mai visto con niente se non con
un Vulpix, ma non l'ha mai fatto combattere. Non penso che lui sia un
problema."
Giovanni annuì, masticando l'estremo del sigaro. "E che mi
dici degli altri allenatori?" brontolò.
"Hanno le solite cose. Ci sono davvero pochi Pokemon buoni fra di
loro, però. Qualcuno ha un Ivysaur particolarmente veloce, e un
Rhyhorn di un altro ragazzino si sta quasi per evolvere. Ci sono un paio
di altri elementi buoni. Anche Pokemon rari, ci sono un Porygon e un
Raichu nel gruppo. E' abbastanza?" Si sprofondò nella sedia,
sollevata di essere riuscita a fare rapporto senza piangere.
"Non mi piace l'idea di Ketchum senza Pokemon. Abbiamo tenuto
d'occhio il bambino quando era più giovane, ed era ossessionato con
loro. Non può aver smesso si allenarli," disse, facendo
battere le dita insieme. "Avrà qualcosa in mente," mormorò
lui. "Ti sei avvicinata a lui, per scoprire cosa sta succedendo?"
Misty riflettè per un attimo, cercando una scusa adatta. "No,"
mentì. "E' inavvicinabile. Sta tutto il tempo a rimuginare
seduto in ufficio. E' innocuo."
"Penso di dover essere io a decidere chi è un bersaglio o
meno," sorrise beffardo l'uomo. "Tu continua a mantenere le
apparenze. Io mi prenderò cura di tutto il resto." Fece segno
con la mano verso la porta.
Misty se ne andò più che volentieri, lasciando le porte
pesanti, ricoperte con pannelli di quercia a dondolare dietro di lei.
Giovanni la fissò, non contento di come stavano andando le cose.
Sembrava che la ragazza, Misty, non fosse una di cui fidarsi. Avrebbero
dovuto scavalcarla e passare all'azione senza avvertirla. A Giovanni non
piacevano i voltafaccia. Alzò il telefono sulla sua scrivania,
immettendoci il suo codice d'accesso e componendo un numero. Stette ad
ascoltare i primi due squilli, e poi : "Buongiorno, qui la stazione
di polizia di Vermilion. Parla l'agente Jenny, come posso aiutarla?"
"Mi piacerebbe informarvi di alcune battaglie fra Pokemon illegali,"
disse l'uomo. "Si tengono in un vecchio magazzino, quattro miglia a
sud della strada 11. Si incontreranno lì stanotte. Grazie."
Abbassò il ricevitore e lo posò nella sua nicchia e poi si
appoggiò all'indietro con la schiena sulla sedia.
Anche se non gli piaceva ricorrere ai mezzi legali, sembrava il modo più
facile per dissolvere questo gruppo prima che diventasse una minaccia.
Accese un altro sigaro.
Ash era tornato a rimuginare su se stesso.
Gary era leggermente a terra per la regressione del suo amico dopo così
tanti progressi negli ultimi giorni, ma era troppo occupato ad essere
arrabbiato per l'intera situazione per consolare il ragazzo.
Erano fuggiti dall'appartamento per le scale antincendio e poi sulla
schiena del Fearow, scegliendo di tenersi lontani dal punto in cui
aspettava il Team Rocket. La loro fuga però era stata notata e il
Fearow di Gary aveva a malapena evitato la ferita di una pallottola in
un'ala. Ritornare all'appartamento non sembrava una bella idea. Il
magazzino era pieno, come al solito, quando Ash e Gary arrivarono. Invece
della sua solita entrata drammatica, però, Gary chiese ad uno degli
allenatori più anziani di dare inizio agli incontri.
I ragazzi si erano rifugiati in uno degli unici posti che ritenevano
sicuri. Sopra le passerelle, vicino al soffitto che perdeva acqua, c'era
una sezione in soffitta nascosta nell'oscurità che garantiva
un'eccellente vista degli incontri sottostanti. Quello ero il luogo da cui
i due osservavano più spesso gli incontri, Ash che si gustava la
solitudine del posto, Gary che si godeva il senso di onnipotenza che quel
luogo alto gli dava. Ed ecco entrambi i ragazzi buttati per terra. Gary
era sdraiato sullo stomaco, che guardava l'incontro nell'arena attraverso
la grata del pavimento. Ash era sdraiato sulla schiena, e fissava il
soffitto.
"Pensi che il Team Rocket sappia di questo posto?! chiese,
deglutendo la bile che aveva in bocca.
"Non credo. Tutti quanti qui sanno cosa succederebbe se dicessero a
qualcuno di questo posto, Sarebbe tutto finito in uno schiocco di dita,
proprio così," disse Gary, mentre guardava svogliatamente un
Farfetch che faceva perdere i sensi ad un Raticate sopra il pavimento
sotto di lui. Ash si morse il labbro.
"E se invece sapessero? Tutti quei ragazzi nel carcere minorile per
tre mesi. E i membri più anziani? Che succederebbe dopo che fossero
usciti di galera? Sarebbero ostracizzati! Sono solo normali cittadini in
salute che amano allenare i Pokemon per fargli fare quello che fanno
meglio."
Sospirò, togliendo la sfera poke di Vulpix dalla cintura. Era
fredda e pesante fra le mani, la facciata liscia, la sottile fessura da
cui la sfera si divideva in due. L'aveva riavuta dopo quattro giorni nel
centro Pokemon. Gli era mancata. era debole, ma si stava riprendendo in
fretta. La voce gli si spezzò mentre parlava. "E quel che è
peggio è che tutti i loro Pokemon ..."
Gary alzò la testa dalla grata e guardò l'amico. "Hey,
Ash, non è successo niente. Non frustrarti su qualcosa che non puoi
controllare, okay?"
Ash sgranò rapidamente gli occhi e annuì, rimettendo la
sfera poke al suo posto e piegando le braccia dietro la testa.
Misty provava nausea durante l'intera sessione. Non era minimamente
preoccupata per la battaglia che stava per affrontare - non era mai
preoccupata per le battaglie.
Ma guardava tutte le facce felici ed eccitate intorno a lei e pensò
di cominciare a sentirsi male. Tutte le persone qui stavano rischiando la
loro reputazione, il loro lavoro, il loro futuro per qualcosa che amavano.
Avevano tenuto duro attraverso le oppressioni e l'odio, e si erano tenuti
stretti a quel poco di dignità che potevano ricavare dal potersi
chiamare veri maestri di Pokemon. Stavano rischiando ogni cosa che era
stabile nel loro mondo per tre notti a settimana in un campo di battaglia.
E lei gli aveva mandati tutti a quel paese a causa del suo orgoglio.
Stringendo i denti, andò fuori nella notte fredda e tirò
fuori il cellulare.
"Ufficio di Giovanni, come la posso aiutare?" disse la voce
nauseante dall'altra parte del telefono.
"Sono Misty Waterflower, e volevo solo lasciare un messaggio per il
Boss per dirgli che mi licenzio."
Sentì che il polso le si accelerava e si immaginò cosa
sarebbe potuto accaderle a causa di quelle parole. C'erano voci secondo le
quali nessuno che lasciava il Team Rocket era rimasto vivo. Ma erano solo
voci, disse a se stessa. Voci. Non le sarebbe successo niente. Spense il
telefono prima che la segretaria del Boss potesse parlare ancora e tornò
fra la folla.
Ash si sedette accanto al suo amico, con gli occhi spalancati.
"Gary?" disse, debolmente.
Gary alzò lo sguardo, preoccupato. "Stai okay, amico?"
"Qualcosa non va. Qualcosa non va. C'è qualcosa di
sbagliato. Non lo senti?"
Un altro brivido passò attraverso la schiena di Ash mentre la
pressione della premonizione si stringeva ancora di più su di lui.
"Sentire cosa?"
"C'è qualcosa di *sbagliato*!*"
Si alzò e si diresse verso le scale, cadendo all'indietro quando
un esplosione fece sbalzare la loro soffitta sospesa. Gary lo afferrò
prima che colpisse la grata di metallo. Ash non si muoveva. Gary si girò
e guardò verso l'arena, pregando dio che quell'esplosione fosse
stata una particolarmente entusiasta auto-distruzione nella battaglia
sottostante. Gli allenatori del Movimento stavano correndo, facendo
tornare i loro Pokemon nelle sfere, o cercavano di raggiungere le porte
mentre il magazzino si riempiva di fumo. Si sentì provenire una
voce da un altoparlante in distanza.
"Questa è la polizia! Mettete le sfere poke a terra e uscite
dall'edificio con le mani sopra la testa!"
Gary bestemmiò in silenzio e si girò di nuovo verso Ash,
che era fermo fra le sue braccia. Il cuore di Gary fece un altro balzo
quando vide che Ash era privo di conoscenza. Bestemmiò ancora e
prese il polso dell'amico fra le mani. Almeno era ancora vivo.
Di sotto, il pandemonio si era calmato. Nessuno degli allenatori era
armato, e i loro Pokemon potevano potenzialmente essere colpiti da una
pallottola se aizzati contro la polizia, perciò ci fu davvero poca
violenza. Tre Agenti Jenny stavano nell'entrata spaccata, e urlavano
direttive al resto degli ufficiali. L'esplosione aveva fatto saltare le
porte, e il freddo vento di Novembre soffiava nel magazzino. Un certo
numero di giovani ufficiali stava correndo tra la folla, mettendo le
manette a più persone possibili e portandoli fuori vi erano carri
con sbarre che furono facilmente riempiti.
Gary osservava mentre una ragazza - Koa, realizzò confusamente,
la ragazza il cui Drowzee si era di recente evoluto - correva
disperatamente verso la porta sul retro. Ci fu sbattuta contro da uno
degli ufficiali che le era arrivato da dietro. Cadde contro il pavimento
di cemento con un tonfo sordo. Quando il poliziotto le si tolse di dosso e
la fece alzare, il naso e il labbro stavano sanguinando. Nonostante il suo
stato, l'ufficiale la spinse di lato mentre l'ammanettava e la portava
verso un camion.
Gary osservava in silenzio dal suo piccolo punto oscuro nascosto,
sperando che ci fosse un modo per fermare quello che stava succedendo di
sotto. Lo attraversò per un attimo il pensiero di rilasciare il suo
Dragonite e ... no. Un Hyper Beam avrebbe certamente spazzato via le sette
macchine, ma avrebbe anche spazzato via i camion pieni degli allenatori
arrestati. Cercò con disperazione un modo per fermare tutto questo,
si rivoltò il cervello per cercare un modo di aiutare quelle
legioni di allenatori e i loro adorati Pokemon. Ma niente.
Nell'arena, qualcuno aveva rilasciato un Persian. Soffiava e
indietreggiava verso il muro, furioso, non capendo perchè era stato
chiamato fuori. Furono tirate fuori le pistole. Il sangue del Pokemon si
sparse sull'arena rossa, scivolando come un fiume verso il pavimento. Il
padrone del Pokemon, un ragazzino adolescente, gridava e si dimenava
contro i poliziotti che gli tenevano braccia e gambe. Fu portato via dal
magazzino. Sfere-poke abbandonate riempivano il pavimento, e andavano a
formare un desolante paesaggio accanto al mantello crema del Pokemon, ora
sporco e grondante del suo stesso sangue rosso.
Quasi paralizzato, Gary osservò mentre il magazzino veniva
lentamente svuotato. Le palpebre di Ash si schiusero, E Gary mise una mano
sopra la bocca dell'amico mentre si svegliava. sentì il corpo del
suo amico irrigidirsi e girarsi mentre osservava l'elegante Persian che
esalava la vita nell condutture di drenaggio dell'acqua. Il ragazzo
gemette, e il suo respiro divenne affaticato come se soffrisse di
iperventilazione, in panico.
"Ash," bisbigliò Gary all’orecchio dell'amico. “Ash,
devi stare calmo. In silenzio. Per favore. Per favore, fallo per me,
okay?. Stai calmo."
Lasciò andare il ragazzo. Ash affondò la faccia nel
braccio di Gary e scoppiò in singhiozzi violenti. Gary appoggiò
la fronte contro il capo voltato del ragazzo, le sue stesse lacrime che
premevano e gli bruciavano negli occhi mentre cercava di fare del suo
meglio per restare il più forte fra i due per sostenere il suo
amico.
I due ragazzi rimasero bloccati nella soffitta per ore, nascosti dagli
agenti che li cercavano nell'edificio. Prima Gary aveva sentito la sempre
rapida e intelligente Koa dire alla polizia che Gary e Ash non erano mai
venuti, dal momento che uno dei loro Pokemon stava male, quindi non erano
stati presenti quella notte. L'aveva detto con finta rabbia, e aveva usato
l'emozione come una scusa per urlarlo il più forte possibile
affinché i due potessero sentirla. Gary emise un silenzioso grazie
in suo favore mentre veniva portata via in una macchina della polizia.
Apparentemente, per quanto fosse giovane, era stata arrestata come uno dei
capi. Gary sgranò gli occhi per tenerli aperti. Koa era una delle
adolescenti più irreprensibili che lui avesse mai conosciuto. Era
sempre in mezzo all'azione. Sembrava che avessero pensato che fosse in
carica. Cercò di non immaginarla in prigione, sapendo che i suoi
preziosi Pokemon sarebbero stati venduti al miglior offerente. E se
fossero stati considerati troppo pericolosi per essere venduti ... ...
Gary ringraziò Mew di non essere stato nel gruppo. I suoi Pokemon
erano tutti di alto livello, pronta alla battaglia, veloci a pensare,
creature con una corporatura da combattenti, ognuno di loro era conosciuto
come il più competitivo e forte della sua specie che si potesse
trovare. però, non sarebbero stati apprezzati per le loro qualità
dalla polizia, e sarebbero stati immediatamente sottoposti all'eutanasia.
Sentì un senso di disperazione, capendo che cosa aveva passato Ash
dopo che il suo Pikachu era stato ucciso da un arma letale.
Il magazzino era vuoto ora, con solo una macchina che era rimasta a
sorvegliare di fuori, che teneva d'occhio l'edificio. Il Persian morto era
stato portato via in diversi sacchi. Tutte le sfere poke erano state
raccolte, e le luci dell'edificio erano state spente.
Gary scosse il suo amico, che era caduto in un sonno profondo, e si
mosse verso la scala. I ragazzi strisciarono fuori dall'edificio
attraverso la porta secondaria.
Misty aveva sentito le macchine avvicinarsi al magazzino e era
sgattaiolato in un vicino ammasso d'alberi.
Dal suo punto di vista, pur coperto da fogliame, osservò mentre
la polizia faceva l'incursione e tirava fuori gli allenatori. Delle mosche
le ronzavano nelle orecchie e le pungevano la pelle mentre guardava, con
lo stomaco che se le contorceva. Sentì qualche urlo dentro
l'edificio, oltre il suo campo visivo, e uno sparo. Qualcuno cominciò
a gridare. Qualche minuto dopo tre poliziotti trascinarono fuori un
ragazzino singhiozzante e che si agitava, mentre stringeva nel pugno una
sfera poke vuota. Misty si girò e vomitò, mentre la calda
bile scorreva nel freddo della notte. Il suo odore la fece sentire di
nuovo male. Si allontanò ancora di più e si accucciò
in una posizione fetale.
Era colpa sua.
Era tutta colpa sua.
James entrò in casa attraverso la porta di servizio nelle prima
fresche ore del mattino, il viso rosso per il freddo e per il fiatone. La
casa era scura, e lui strisciò attraverso uno dei saloni sul retro
della casa maldestramente, finendo contro qualche lampada da terra o
sedia. Inciampò nella sala da ballo e sbattè con le dita dei
piedi contro uno sgabello. Urlò a squarciagola.
"Dovresti stare più attento, James caro," disse infine
la voce di Jessibelle.
Fece un balzo al suono della sua voce. La luce invase la stanza quando
lei accese una lampada. Era reclinata sul divano che lanciava occhiatacce
al marito.
"Beh, è certamente insolito, no? Un gentiluomo che ritorna a
casa da sua moglie alle 3 del mattino?" Si alzò e si avvicinò
a lui.
"Mi ... mi spiace 'Belle, Io... eh, ero al club, e ..."
"Non disturbarti a raccontarmi questa storiella, James," gli
disse acida. "Ho chiamato il country club. Hanno detto che non eri lì,
e che non ci andavi da mesi."
James rimase in silenzio, preso in flagrante a mentire. Il suo stomaco
si contorse, col suo cuore che gli batteva al ritmo di un allegro sul
petto.
"Allora, James," continuò Jessibelle, "Chi è?
Una che hai incontrato per strada? Qualche cameriera che hai incontrato
mentre stavi con me? O è qualche piccola sgualdrina con la quale
stai spendendo i *nostri* soldi?"
Nonostante il suo stato di shock, James si ritrovò quasi addosso
alla moglie. Si fermò ad un piede da lei, con i pugni serrati. "Non
... azzardarti mai più a parlare di lei in quel modo," ringhiò,
con il viso avvampato. Jessibelle lo fissò per qualche istante, e
all'improvvisò lo colpì. Dove lo aveva schiaffeggiato rimase
il segno di una mano. James non disse niente. Jessibelle lo guardò
per un momento, e poi parlò.
"Bene, vedo che hai perso la testa. Suppongo che succede anche
nelle migliori famiglie." Rimase a fissarlo, e poi si girò
dall'altra parte. "Sono molto delusa di te, James. Avresti potuto
potenzialmente macchiare il nome della famiglia Kojiro. Credo che siamo
stati fortunati che io ti abbia scoperto in tempo per riportarti sulla
retta via." Parlò con condiscendenza, e le sue parole
disturbarono James profondamente.
"Cosa intendi, con la retta via?" disse, tranquillo. "Sicuramente
non ti aspetterai solamente che la lasci."
"Perchè no?" chiese Jessibelle, alzando la punta del
naso verso l'alto. "Che ha da offrirti lei?"
James si sentì andare a fuoco silenziosamente per un attimo,
cercando di controllarsi.
"Se divorziamo, Jessibelle, oltre la metà del mio patrimonio
sarà *tuo*. La metà di tutto. Puoi tenerti la casa e vivere
felicemente la tua piccola misera vita."
Jessibelle lo fissò per un attimo, e poi scoppiò a ridere.
"Pensi davvero che ti permetterò di divorziare da me?"
Attraversò la stanza e guardò fuori dalla finestra, anche se
la notte era totalmente nera. "Povero ingenuo. Una cosa così
sarebbe una macchia indelebile sulla mia reputazione! No, tu rimarrai qui,
con me."
James cominciò a respirare pesantemente, mentre il suo viso
diventava rosso. "Tutto. Ti dò tutto quanto!"
Lei riprese a ridere, osservandolo con gelido odio negli occhi. "James,
caro, mi stai offrendo qualcosa che è già mio. Se tu muori,
ogni cosa apparterrà a me."
"Non... non lo faresti," disse lui. "Come pensi che
gioverebbe quello alla tua preziosa reputazione? Tuo marito che muore in
circostanze sospette? Non lo farai."
Jessibelle riflettè per un attimo, e poi si avvicinò a suo
marito e gli mise le mani sulle spalle. "No, caro, hai ragione. Non
ti farei mai del male. " Sorrise dolcemente. "Ma quella ragazza
... sono sicura che nessuno penserebbe mai al coinvolgimento di qualcuno
come *me* in caso di un suo probabile decesso, no?" Detto ciò,
uscì dalla stanza, lasciando James senza parole.
Jessie si svegliò all'improvviso. Lanciò un'occhiata alla
sua sveglia, che segnalava le 5:37. Qualcuno iniziò a bussare alla
sua porta di nuovo, e lei si mise addosso un accapatoio, ancora
insonnolita."Sì? chiese con la porta ancora chiusa. "Chi è?"
"Jess! Sono io" disse la voce, disperata. "Sono Gary!
Fammi entrare!"
Lei fece una faccia preoccupata e sbloccò la porta, spingendola
per aprirla. Gary entrò di corsa, supportando col braccio un Ash
privo di conoscenza e non in buone codinzioni. Inciampò,
lasciandosi quasi travolgere dal peso dell'amico. Jessie corse al fianco
di Ash e gli prese l'altro braccio, e aiutò Gary a sdraiarlo sul
divano.
"Che è successo?" chiese lei con un filo di voce. "Sta
bene?"
"Sì," disse ansimando Gary, cadendo stremato sul divano
accanto ad Ash.
"Sì, fisicamente, sta bene. Penso che sia in una sorta di
stato di schock."
"Che è successo?" ripetè Jessie, mettendosi in
ginocchio accanto al ragazzo svenuto.
Gary parlò, con voce dolorante. " C'è ... c'è
stata una retata al Movimento stasera. Hanno arrestato tutti. Noi eravamo
nascosti in soffitta, e non ci hanno notati. E il Team-Rocket ha messo ha
già una pallottola in canna per ognuna delle nostre teste. Il
nostro appartamento è sorvegliato."
Jessie ritrovò il fiato a fatica. "Mio Dio. E cos'è
successo a lui?"
"Aspetta, non ho finito," disse Gary, con la voce rabbuiata. "Loro
... Qualche ragazzino ha rilasciato un Persian. Quei dannati poliziotti
gli hanno sparato a vista."
"E lui ..."
"L'ha visto? Oh, sì. Ha visto le budella di quel
bell'animale riversarsi tutte sul pavimento dell'arena. Non so se si
riprenderà dopo tutto questo, lo ha colpito parecchio."
Jessie singhiozzò in silenzio, col cuore che le faceva male.
Poteva non essere capace di supportare Ash in una relazione, ma teneva
ancora a lui più di quanto glielo desse a vedere. "Torno
subito. Vado a prendergli qualche coperta."
Gary annuì, con gli occhi che non lasciavano neanche per un
secondo la travagliata espressione dell'amico. Il ragazzo si mosse,
singhiozzando sommessamente nel sonno.
"No! Pikachu!" Tese disperatamente la mano verso il suo
Pokemon mentre veniva portato via. "Pikapi! Chu, pi!" La piccola
creatura si buttò contro le sbarre della gabbia in cui era
rinchiuso, rilasciando parecchie scosse elettriche che la gabbia
rinforzata assorbì facilmente. Tese la piccola zampa fra le sbarre
della gabbia in direzione del suo allenatore. "Pikapi!"
"Pikachu!" gridò Ash. "Mi dispiace!"
"Cha..." Un ufficiale del centro Controllo Pokemon sollevò
la gabbia e la infilò nel retro di un camion mentre Ash veniva
messo sul retro di una volante. Lo sguardo sul viso del suo adorato
Pokemon bruciava ancora sulla sue retine. "Pikachu..."
Jessie deglutì a disagio quando il telefono suonò.
Erano le sette del mattino, sapeva che James era sveglio a quell'ora, ma
nella sua mente si figurava il peggior scenario, certa che avrebbe
risposto sua moglie, o avrebbe disturbato il loro sonno.
Al terzo squillo qualcuno le rispose. "Buongiorno, casa Kojiro.
Come posso aiutarla?" disse l'uomo, con voce sdegnata.
"Ah, salve. Potrei per favore parlare con James Kojiro?"
chiese, con la voce che tradiva quasi il suo nervosismo.
"A che proposito?"
"Può solo dirgli che è importante?"
"Sì, signora. Attenda in linea, prego."
Il telefono si ammutolì e Jessie tirò un sospiro di
sollievo, grata che non le avessero chiesto altro. Un attimo dopo, James
rispose. "Pronto?" Sembrava poco contento.
"James! James, sono io. Ho un problema..."
"Jess?" La sua voce si abbassò ad un bisbiglio. "Jessie,
devo parlarti di..."
"Non ora!" disse lei, l'urgenza che traspariva dalla sua voce.
"Lascia parlare me per prima, okay?"
"...okay..."
"Io... alcuni miei amici... sai niente di battaglie illegali di
Pokemon?"
Jessie raccontò esitante i dettagli della vita di Ash, il trauma
che aveva subito con l'arresto e la morte di sua madre, la storia dietro
il Movimento, e terminò con un resoconto della retata dei quella
notte. Jessie sperava disperatamente che lui non sarebbe rimasto troppo
deluso sentendo della sua vicinanza al Movimento. Disse anche che ogni
tanto aveva combattuto anche lei, sperando di dissipare il trauma del suo
amico.
James rimase in silenzio per tutta la sua spiegazione. Quando si fermò,
lui rimase in silenzio per un'istante prima di rispondere. "Okay. In
cosa avete bisogno del mio aiuto?"
Jessie respirò più facilmente, e pensò per un
attimo a come formulare la sua richiesta. "Beh, si sono appropriati
di tutti i Pokemon del Movimento. Nessuno di loro è abbastanza
forte da essere classificato come letale, perciò non penso che
praticheranno l'eutanasia. Ma .... li *venderanno*. Tutti quei giovani
allenatori ... la maggior parte di loro ha quindici, vent'anni. Immaginare
tutte quelle persone a cui vengono strappati i loro amici .... non vorrei
apparire avida, ma ...."
"Li chiamerò. Li comprerò tutti e li terrò qui
fino a che i loro allenatori potranno venire a riprenderseli. Per quanto
staranno in prigione?"
La mente di Jessie stava ancora girando all'idea di James disposto a
spendere tutti quei soldi per allenatori illegali che non aveva mai
incontrato.
"Ah ... eh, penso che staranno dentro per tre mesi. E' il tempo
minimo, credo. Davvero terrai tutti quei pokemon per loro?"
James rimase di nuovo in silenzio per un attimo.
"Io... So quanto significano i miei Pokemon per me. Non riesco a
immaginarmeli strappati via da me in quel modo. Sì, lo farò.
Ma, Jess, ho bisogno di dirti qualcosa..." Sembrava infinitamente
dispiaciuto, si fermò per un'istante e lo si sentì prendere
fiato.
"S...sì? Va tutto bene?"
"No, Jess, non va tutto bene. Non posso più vederti. E' per
il tuo stesso bene. Non puoi neanche più chiamarmi qui. Non sei al
sicuro..."
"Ma... James, io..." mormorò Jessie, incapace di
trovare le parole. Il cuore le si rivoltò nella stomaco. "Non
te lo *permetterò*. Non ti vedrò stare male a causa mia, ti
amo troppo per questo. Devo andare ora." Riattaccò.
Jessie sentì un cigolio intorpidito sopra di lei mentre fissava
con occhi vuoti il ricevitore. Il rumore di una città che si
svegliava, trasportato da una fredda brezza che passava attraverso le
finestre aperte, si trasformò in un limpido ruggitp, mentre il
ronziò del telefono diventava il centro del suo mondo. Era
finita.....
In fondo in fonfo, Giovanni era davvero di buon umore mentre passeggiava
nel suo ufficio quella mattina. E non che si potesse capire - aveva ancora
l'espressione acida e viziosa alla quale la sua segretaria era così
abituata. Ma non importava qual'era il suo aspetto, perchè si
sentiva praticamente euforico. Aveva quasi un centinaio di Pokemon
allenati, che aspettavano alla stazione di polizia che qualcuno li
reclamasse all'asta. E davvero molto, molto pochi cittadini avrebbero
tenuto in casa Pokemon allenati alla battaglia, per paura che riprendesse
quel vile e orrendo scontro che aveva ucciso quegli spettatori innocenti e
quello sport per sempre. Ma anche se ci *fosse* stato un collezionista là
fuori interessato ai Pokemon del movimento, Giovanni aveva un'offerta che
sapeva che l'ufficiale Jenny in comando non avrebbe potuto rifiutare.
Sospirò allegramente mentre affondava nella sedia di pelle
gigante dietro la sua elegante e grande scrivania di mogano e poggiò
i piedi sulla sua superficie, afferrando il mucchio di lettere mentre
appoggiava la schiena all'indietro. Notò un appunto della sua
segretaria nella pila, la sua scrittura dura, fredda ed efficiente su un
foglio bianco, con l'inchiostro rosso che si distingueva dalla pila di
bollette. Guardò l'appunto velocemente - no, non poteva dire quello
che pensava dicesse. Lo lesse ancora, con le sopracciglia che si
oscuravano. Licenziata. Avrebbe dovuto capire che sarebbe successo, la
ragazza era troppo debole per il Team. Ma non avrebbe mai pensato che
avrebbe mai avuto il coraggio di andarsene. Corrugò ulteriormente
lo sguardo, e si mise a considerare attentamente le sue opzioni. Non
pensava avrebbe parlato, ma in fondo, non pensava neanche che si sarebbe
licenziata. Era una tipa astuta, va bene, e probabilmente lo aveva giocato
per tutto il tempo, nascondendo le sue intenzioni dietro un'apparenza
esteriore debole e sottomessa. Doveva essere sistemata.
Giovanni brontolò sommessamente, arrabbiato per la sua perfetta
mattinata interrotta. Si calmò, però, col pensiero della
telefonata che stava per fare. La prospettiva lo rendeva quasi folle.
Premette il pulsante dello schermo e compose il numero della polizia
locale. Aveva la sensazione che la polizia gli avrebbe venduto i Pokemon
senza fare l'asta. Aveva la polizia di Vermilion sul palmo della mano, così
come quella di Celadon e di Viridian. La maggior parte degli affari del
Team Rocket erano fatti a Celadon, e la locazione della vecchia palestra
di Pokemon di Giovanni era Viridian, ma lui aveva preferito tenere il
quartier generale da un'altra parte, a Vermilion. Da lì poteva
raggiungere entrambe le città abbastanza velocemente col suo jet
personale, e preferiva di più la tranquilla cittadina di mare alla
caotica Celadon o all'oscura e fuorimano Viridian. Lo schermo si animò
di vita quando l'ufficiale Jenny rispose al telefono.
"Che, oh, buongiorno, Signor Giovanni! Come vanno gli affari con la
Silph Co.?"
"Bene, bene," bofonchiò lui. "Ma non sto chiamando
per scambiarci i convenevoli, Ufficiale. Mi piacerebbe discutere
dell'acquisto dei Pokemon catturati nella retata di ieri sera al
Movimento. L'ho letto sui giornali questa mattina." Jenny annuì
e fece per parlare, ma Giovanni continuò a parlare. "Vorrei
chiederle di passare oltre la normale asta pubblica di Pokemon e venderli
alla Silph Co. Sono pronto a pagare oltre 500,000 per loro." Si zittì.
"Beh, signore, c'è un ..."
"No, no, non ho ancora finito. Vi offrirò anche un'aggiunta
di altri 500,000 per il mantenimento in vita dei Pokemon di Gary Oak e
Ash Ketchum, al posto della normale procedura di eutanasia per Pokemon di
tale livello. Questa è la mia offerta, ed io ..."
Jenny lo interruppe questa volta, parlando a voce alta per sorpassare la
voce di Giovanni e fermare la sua sfuriata. "Mi dispiace, signore, ma
Oak e Ketchum non sono stati presi. Non erano presenti all'incontro di
ieri durante la retata."
La mascella di Giovanni calò leggermente, e il sangue cominciò
ad affluirgli in viso.
L'ufficiale Jenny continuò. "E temo che i Pokemon della
retata siano già stati comprati, per ... credo fossero due milioni.
Ora, di solito noi non facciamo favori a nessuno tranne che a voi,
signore, ma per una tale somma di denaro, pensavamo ne valesse la pena."
Sorrise dolcemente, poi guardò fuori dallo schermo. "Oops, Non
posso parlare ora. Ma grazie per l'offerta, Signor Giovanni."
Lo schermo divenne nero, e l'uomo iniziò a tremare, col pugno
chiuso. Oak e Ketchum non erano stati presi. I Pokemon -- i *suoi*
Pokemon-- erano stati venduti. Ringhiò e sbattè il pugno in
mezzo allo schermo, gridando ancora più forte quando il circuito
saltò e il vetro gli tagliò le nocche delle mani. La sua
mattinata era stata rovinata
.
Misty si morse il labbro e studiò il mucchio di carta. Sapeva
esattamente cosa diceva, ma lo scrutinò lo stesso. Aveva incontrato
Jessie una volta o due, mai abbastanza per fare della ragazza più
di una semplice conoscenza, ma sapeva che lei ed Ash erano intimi. Era
andata al suo appartamento, con l'intenzione di trovarlo, confessare e
chiedere pregando il perdono di Gary, ma la porta era chiusa, le luci
spente. Disperata, cercò il numero di telefono di Jessie
nell'elenco. Cercò di chiamare ma era occupato. Decise finalmente
di mostrarsi e basta. Se non c'era nessuno, non era una grande perdita -
non aveva nessun'altro posto dove andare. Aveva paura di tornare al suo
appartamento, sicura che vi avrebbe trovato qualche grosso scagnozzo del
Team Rocket in bagno o giù di lì. Ora, si trovava
sull'ascensore ed era diretta al sesto piano del complesso condominiale,
appartamento 19. Le porte dell'ascensore si aprirono con un tintinniò.
L'appartamento si trovava proprio alla fine di un lungo corridoio bagnato
dalla luce mattutina del sole. Misty provò a bussare alla porta ,
sperando che qualcuno rispondesse.
"Chi è?" disse da dentro la voce di Jessie. Sembrava
triste.
"Sono ... sono Misty. Del ... " abbassò la voce,
controllando il corridoio prima di continuare. "Del Movimento. Posso
entrare?" Sentì un suono metallico mentre la porta veniva
sbloccata, poi aperta a metà. Scivolò lungo l'apertura e fu
sorpresa di trovare Ash sdraiato sul divano, e Gary disteso su una larga
sedia accanto a lui, entrambi ancora immersi in un sonno profondo.
"Stavo cercando loro due," disse mentre Jessie chiudeva la
porta e la sigillava a chiave. Jessie sniffò piano, e Misty lla
guardò per la prima volta. I suoi occhi erano rossi e la faccia era
ingrossata.
Misty sgranò gli occhi a disagio. "Mi spiace, sono venuta in
un brutto momento?"
Jessie fece per parlare, ma poi rimase zitta e annuì
semplicemente. "Puoi rimanere, se vuoi," disse lei, con voce
triste.
"Stai .. stai bene?" chiese Misty a disagio. Jessie scosse la
testa e se ne andò in direzione della sua stanza, chiudendo la
porta dietro di lie. Misty deglutì, sperando che anche *quello* non
fosse colpa sua. Si girò, trasalendo, quando sentì gary
sbadigliare. Entrò in salotto. Gary sembrò sorpreso.
"Sta .. che stai facendo tu qui? Come sei riuscita a fuggire la
scorsa notte?" Si alzò e attraversò rapidamente la
stanza, facendo trasalire la ragazza mettendole le braccia intorno. "Ero
fuori per fare una telefonata. Mi sono nascosta quando ho sentito le
macchine arrivare." Si ritrasse dall'abbraccio, studiando le estremità
delle sue scarpe. Avrebbe apprezzato molto quelle attenzioni in una
situazione normale, ma sapeva di non meritare la sua preoccupazione. "Gary,
io ..."
"Ne è uscito qualcun altro? Che tu sappia?"
"No, non credo. Devo ..."
"Aspetta, aspetta. Devo svegliare Ashy. Vorrà sentirla
questa ..." si buttò sul divano, atterrando sopra il suo
amico.
"Hey, Ashy, la tua *fidanzata* è qui per vederti!"
Misty arrossì nonostante la sua colpa. Ash brontolò e
spostò Gary lontano da lui, mandando il ragazzo contro il tavolino
da caffè.
"Cavolo, non puoi fare qualcosa di più gentile per
svegliarmi? Come dire 'svegliati'? Andrebbe bene..." Ash si sedette
sul divano, con la testa fra le mani. Aprì finalmente gli occhi,
strizzando gli occhi alla luce del sole. "Che stavi dicendo?"
Gary rotolò giù dal tavolino e indicò un punto oltre
le spalle di Ash. Il ragazzo si girò. "Misty?"
Misty si bagnò le labbra, la prospettiva di dire ai ragazzi la
verità diventava sempre più dura. "Ciao." Ash
strizzò gli occhi di nuovo, incerto di quello che vedeva.
"Come ... come sei scappata?"
"Ero fuori. Non mi hanno visto." Ash si sedette, non sapendo
cosa fare. "Io ... beh, sono felice che tu stia bene. Hai ancora i
tuoi Pokemon?"
Misty annuì, e portò la giacca di lana all'indietro,
rivelando sei sfere poke al suo fianco.
Ash mormorò, "Bene," tranquillamente, i suoi occhi che
si fissavano su quelli della ragazza. Si guardarono per qualche momento,
gli occhi tristi del ragazzo rapiti dalla profondità di quelli
della ragazza.
Gary si schiarì la voce, e Ash e Misty arrossirono fortemente.
Gary sorrise malizioso ai due. "Vado ... a fare un po' di caffè.
Tu stai pure qui." Saltellò in cucina, fuori dalla portata
della coppia. Appena seppe che non potevano vederlo, fece una piccola
danza della vittoria, incurvò le dita a 'V' a se stesso nello
specchio, e si buttò felice nel compito della preparazione del caffè.
"Non mi importi di quegli stupidi *allenatori!* Voglio che quei
ragazzi siano sistemanti, e lo voglio ORA!" urlò l'imponente
uomo al telefono. Sbattè il ricevitore al suo posto e attraversò
come un fulmine il suo lussuoso ufficio. Si fermò davanti al
caminetto, flettendo la mano sinistra in un pugno e afferrando un
bicchiere di brandy con l'altro. Osservò con astio le fiamme basse
che ardevano al centro del camino.
Non aveva ottenuto quello che voleva. Aveva provato con le vie legali;
aveva cercato di fare le cose legalmente. Ma la polizia lo aveva deluso,
lo aveva abbandonato. Non gli avevano dato quello che voleva. Oak e
Ketchum erano una minaccia. Quando suo padre comandava il Team Rocket, un
solo giovane allenatore lo aveva distrutto completamente. Ea stato molto
tempo fa - Giovanni si ricordava a malapena i dettagli. Era solo un
bambino allora, fiducioso nell'infallibilità di suo padre. Quando
un solo allenatore aveva spaccato il Team in mille pezzi come un pezzo di
stoffa strappata, la fiducia in suo padre di era frantumata.
Poteva vedere il potenziale in quei ragazzi. Se avesse creduto in cose
come il Fato o Dio, avrebbe detto che erano destinati a diventare
incredibili allenatori. Ma non perdeva il suo tempo in idee come quelle.
Il successo era qualcosa da conquistare, da vincere.
Ringhiò e buttò il piccolo bicchiere contro il centro del
focolare. Esplose in frammenti cristallini con un soddisfacente
scoppiettio. L'alcol si sparse sul fuoco, facendo alzare le fiame grazie
al ritrovato combustibile. Gary Oak e Ash Ketchum erano un inconveniente,
una minaccia al suo impero. Giovanni rimase a fissare le fiamme che si
riflettevano sui frammento di vetro spaccato che giacevano sul suolo.
Erano giovani e privi di esperienza, ma avevano una reale possibilità
di diventare grandi. Se uno di loro lo scopriva, ci sarebbe voluto poco
prima che elaborassero il piano sul quale Giovanni aveva perso il sonno
per anni. Una crociata di successo assistita da Pokemon contro il Team
Rocket avrebbe fatto meraviglie agli occhi della gente. Visto? avrebbero
detto. Combattate contro il grande nemico! Legalizzate l'allenamento di
pokemon così che vi possiamo aiutare a sbarrazzarvi del Team
Rocket! E, soprattutto, il pubblico avrebbe accolto Oak e Ketchum con
entusiasmo.
Dovevano essere sistemati. Doveva trovare quella ragazza di nome Misty,
lei avrebbe sicuramente saputo dove si trovavano. Il suo interfono suonò.
Arrabbiato per l'interruzione nel bel mezzo della sua nube di scontrosa
furia, ritornò a passi pesanti nella parte della stanza da cui era
venuto e tirò un pugno al bottone che c'era sopra.
"Mr. Giovanni, ha una chiamata da Mr. Kosaburo sul campo. Dice che
ha trovato l'informazione che voleva. Devo metterlo in linea?"
Giovanni brontolò fra sè. Butch Kosaburo faceva raramene
le cose per il vero giusto, ma era l'unico membro del team che non avesse
in quel momento un compito o si trovasse fuori città. Butch era
stata la sua ultima risorsa. "Certo, fammici parlare," disse,
pensando che come minimo, avrebbe potuto sgridare l'incompetente ragazzo e
stare meglio. Il telefono annunciò l'avvenimento della trasferta.
Giovanni si sedette nuovamente nella sua esclusiva e lussuosa sedia e alzò
il ricevitore. "Kosaburo," disse, con fare vago. "Ho
sentito che hai notizie per me."
"Già, Boss, ho trovato quello che voleva." la voce
stridula di Butch si sfregò contro l'orecchio di Giovanni,
facendolo rabbrividire internamente.
"Bene." Ci furono momenti di esitante silenzio mentre GIovanni
aspettava che l'uomo gli rispondesse. Niente. "Ebbene?" chiese,
sperando di spostare la conversazione su binari più attivi.
"Oh, sì," disse Butch. Si sentirono rumori di fogli
spostati dall'altra parte della linea. "Uh... sì, ecco qui. I
Pokemon sono stati acquistati alle ... 7:34 di questa mattina. Pagati
attraverso una Mew Card appartenente a Mr. James Kojiro. Le è di
aiuto?"
Giovanni riconobbe immediatamente il nome. La famiglia Kojiro era una
delle più ricche del Kanto, con un terreno che si estendeva oltre
le dieci miglia quadrate. Il Team Rocket teneva files su persone con così
tanti soldi e il file dei Kojiro si distingueva per la sua dolorosa
mancanza di particolari rilevanti. Non avevano fondato alcuna scuola. Non
avevano fatto doni alla città. Non avevano finanziato il restauro
del porto. Si tenevano nella loro casa di dieci miglia quadrate. Allora
cosa aveva acceso questo improvviso interesse per i Pokemon del Movimento?
Giovanni corrugò il viso.
"Ehm, Boss? Era questo quello di cui aveva bisogno?" chiese
Butch nervosamente. Giovanni si disegnò una figura mentale di lui
che spostava incontrollabilmente il peso da un piede all'altro, aspettando
che arrivasse il rimprovero.
"Sì, Sì, era quello che volevo sapere. Ma ..."
cercò di pensare a qualunque possibile connessione fra i Kojiro e
il Movimento. Bagnandosi le labbra, continurò. "Ho bisogno di
qualcosa di diverso, ora, Kosaburo. Voglio ancora quei Pokemon.
Introduciti nella casa dei Kojiro e portali da me."
"Certo, Boss. Ma ... ma non ci sarà qualche sorta di sistema
di sicurezza .. "
"Di tipo evitabile. Fa saltare quella dannata casa in aria. Voglio
quei Pokemon. Capito?"
"Certo, almeno credo ..."
"Bene." Giovanni riattaccò. Anche se i Pokemon non
erano più così importanti dal momento che non vi erano
inclusi quelli di Oak e Ketchum, ora la sentiva come una questione
personale. Voleva quei Pokemon, per la sola soddisfazione di averli.
Otteneva sempre quello che voleva.
La giornata era diventata all'improvviso molto fredda. Misty si strinse
nella sua giacca e affondò il naso nel soffice collo di quella. Le
mani coperte da guanti stavano tremando violentemente nonostante il fitto
strato di lana che le proteggeva. Rabbrividì con forza e maledì
Vermilion per essere accanto al mare. Dannato tempo imprevedibile, pensò.
Dannato Oceano. Guardò accigliata oltre il collo della sua giacca,
scrutando il cielo. Sembrava che le nubi gravi e opprimenti fossero
spuntate fuori dal nulla, frustrate e incinte di neve. Vermilion di solito
non accoglieva la neve così presto d'inverno. Era metà
Novemebre ora. Sembrava che il tempo si fosse annoiato delle mezze
stagioni e fosse andato dritto al dunque. Affondò i piedi sul
pavimento spaccato e mise le mani nelle tasche, sporgendosi e guardando
lontano giù per la strada. Il bus per la città non sarebbe
dovuto arrivare prima di cinque minuti, ma lei era impaziente e aveva
freddo. Lo voleva qui, ora. Sgranò rapidamente gli occhi, il freddo
che le pungeva anche quelli. Aveva deciso di non ammettere la sua ...
trasgressione ... ai ragazzi. Erano così felici di vederla là
con tutte e sei le sue sfere poke alla cintura. Scosse la testa. Forse era
meglio che non lo sapessero. Sembrava che Ash avesse già dei
problemi a fidarsi delle persone, e Gary era molto protettivo con lui. Non
sapeva cosa avrebbero fatto se l'avessero scoperto.
E quella povera Jessie, pensò. Sembrava che era stata
completamente distrutta dalla notizia della retata. Non aveva aperto la
porta della sua stanza tutta la mattina, e periodicamente Misy aveva colto
il suono di singhiozzi emanare dalla sua direzione. In fondo, si era
sentita piuttosto a disagio lì. Gary le aveva offerta di rimanere a
stare con loro nell'appartamento di Jessie. Diceva che era per supporto
morale, ma dal modo in cui alzava le sopracciglia - e dal modo in cui Ash
era arrossito piuttosto violentemente e si era concentrato intensamente
sulla sua tazza di caffè- aveva avuto l'impressione che ci fosse
qualcosa sotto. Aveva declinato l'offerta di Gary, solo per capire quasi a
metà strada per il bus che correva il pericolo di entrare nel suo
appartamento e di trovare una mezza dozzina di scagnozzi in cucina. Oh
beh, pensò. Il fato mi dovrà pur salvare da questa. Alzò
lo sguardo, controllando ancora se arrivasse il bus. Invece di un gigante
pieno di benzina, però, un piccolo camion si fermò davanti a
lei. Riconobbe la marca, il modello, e anche il logo. Tirò un
sospiro brusco, picchiandosi mentalmente per non esserselo aspettata.
Tornando indietro rapidamente, si cimentò in una corsa disperataa e
sfrecciò verso uno spiazzo, con le scarpe che colpivano il
pavimento e le dita dei piedi che le dolevano per il freddo. Realizzò
un momento dopo che era la cosa peggiore che aveva potuto fare. Si era
infilata in una strada deserta fra due uffici il sabato pomeriggio. Ed era
senza uscita. Urlò brevemente quando due grosse braccia la
circondarono, afferrandole la giacca e spingendola indietro. Sentì
l'ago di una siringa entrarle nella pelle alla base del collo nel punto in
cui l'uomo le aveva scostato la giacca. Mentre restare cosciente diventata
sempre più faticoso, la parola 'fregata' le scivolò nella
mente.
Ash stava cercando di rompere un pacchetto di cibo per Pokemon coi
denti. Vulpix lo guardava con sguardo rapito mentre gli stava fra le
gambe. Saltellava da un piede all'altro eccitata, piagnucolando appena, in
fremente attesa per il suo cibo.
"Calmati, piccola," disse Ash, insistendo nel cercare di
allargare uno strappo che aveva fatto al sacchetto. Quello si ruppe,
spargendo il suo contenuto per terra. "Vul!" urlò la
piccola pokemon mentre dava la caccia alle palline di cibo che si stavano
sparpagliando, mangiando tutte quelle che riusciva a trovare. Ash brontolò.
"Fermati Vulpix, non puoi mangiarle tutte. Ti ammalerai ..."
cercò di raccoglierne quante ne poteva, mentre la volpe lo sfidava
ogni volta che cercava di prenderne qualcuna.
Ne buttò un pugno di nuovo dentro nel sacchetto e si strofinò
le mani, bilanciando il peso per mettersi in piedi. Il Pokemon gli rivolse
uno sguardo interrogatorio, come se gli stesse chiedendo perchè non
volesse darle il suo cibo. "Ne hai già mangiate più di
quante avresti dovuto!"
Il suo sguardo rimase fissò. Ma non me le hai date, sorrise con
occhi innocenti. Per favore?
Ash sospirò e tirò fuori un paio di palline in più
dal sacchetto, offrendoglielo col palmo della mano aperto. La piccola
volpe di fuoco abbaiò felicemente, inghiottì le palline, e
saltellò via nella stanza accanto, guardando oltre le sue spalle
per assicurarsi che Ash la stesse seguendo. Lui chiuse il sacchetto e lo
appoggiò al bancone, arrendendosi alla richiesta del Pokemon di
giocare. Certo che per essere stata appena dimessa dal Centro per Pokemon,
e dopo aver perso così tanto sangue, era davvero energica. La sua
riabilitazione era stata più veloce di quanto avessero mai potuto
sperare, e il pelo aveva già cominciato a riempire le aree che
erano state rasate per pulirle le ferite. Doveva aver sentito la sua
mancanza. Nel salotto di Jessie, la piccola volpe rossa saltellava in
cerchio e si nascondeva sotto il tavolo da caffè, ringhiando
giocosamente. Ash si mise a gattoni e mise la testa sotto il tavolo. "Buu!"
disse. Vulpiz abbaiò, entusiasta, e corse sotto una sedia.
"Ti diverti?" disse una voce.
Ash fece un balzo, trasalendo, e battendo la testa contro il tavolino
sotto il quale si trovava ancora per metà. "Per la coda di
Mew, Gary, devi sempre spaventarmi?" si lamentò Ash,
allontanandosi dal tavolino che lo aveva colpito e sfregandosi il
bernoccolo sulla testa.
"Non è che voglio spaventarti, è perchè sei
così volubile e introspettivo che non mi senti mai arrivare."
Face un sorrisetto e si lasciò sprofondare sul divano. Vulpix uscì
dalla sua sedia-fortezza e trotterellò verso Ash, accoccolandosi
sulle sue ginocchia.
"A quella piaci davvero, eh?" commentò Gary,
appoggiandosi con la schiena all'indietro.
"Già. E pensare che dopo il piccolo incidente d'allenamento
pensavo avrebbe perso fiducia in me," disse Ash, grattando le
orecchie dell'animale.
Gary sorrise ancora di più. "Non parlavo del Pokemon."
Ash li rivolse uno sguardo diabolico. "Okay, okay."
Il suo sorriso sparì piano piano, mentre i suoi occhi si
oscuravano preoccupati. "Sai, Ash, non tutti smettono di fidarsi di
qualcuno solo perchè hanno fatto un errore. E' stato solo ... un
calcolo sbagliato da parte tua. E guarda, tutto quanto si è risolto
per il meglio."
"Avrei potuto prevederlo. E' stato un errore stupido ..."
"Ma è stato proprio quello, un errore! Devi smetterla di
punirti in continuazione per averli commessi. Nessuno è perfetto."
"L'ho quasi *uccisa*, Gary!" Ash stava urlando ora. Si mise in
piedi, e Vulpix si allontanò nervosamente. "Il mio errore l'ha
quasi uccisa, proprio come il *mio* errore ha ucciso Pikachu!" respirò
pesantemente, coi pugni stretti. Gary rimase a fissarlo per un attimo,
senza dire niente.
"Ash..." cominciò, a voce bassa. "Tu *non* hai
ucciso quel Pokemon. Non è stata colpa tua. Eri solo un bambino ..."
"Un bambino che avrebbe dovuto saperlo. Conoscevo le regole, le ho
infrante, e Pikachu ha pagato per questo." Il suo tono era sprezzante
e addolorato, e impregnato di nostalgia. Chiuse gli occhi, poi cominciò
a dirigersi verso la porta, facendo cenno al suo Vulpix di seguirlo. "Vado
a fare una passeggiata. Tornerò più tardi" Si mise la
giacca in silenzio e attaccò un collare al collo del suo Pokemon. I
due uscirono fuori dalla porta insieme, e gli occhi della volpe si
posarono sul viso del suo padrone.
Misty trattene le lacrime, stringendo i denti. Non avrebbe pianto, *non*
avrebbe pianto ...
Giovanni sedeva dietro la sua scrivania, col viso contorto in un raro
sorriso. La scena era dolorosamente familiare. Misty si morse il labbro
inferiore più forte che poteva, scegliendo di concentrarsi sul
dolore piuttosto che piangere. Sentiva un nodo alla gola.
"Sono davvero felice che che tu abbia scelto di collaborare,
Signorina Waterflower," rise maleficamente l'uomo, avvicinando la
mano ad un cassetto per prendere una sigaretta. "Per dirla tutta,
avrebbe potuto essere ... un processo complicato. Ma vedo che sa prenderla
per il verso giusto." Chiuse il cilindro marrone con un suono secco
che diede i brividi a Misty. Lei deglutì con forza e fece un grosso
respiro, lanciando un'occhiata colpevole al pezzo di carta che era
l'antagonista di tutti quei brutti pensieri. La sua stesa scrittura pulita
si prendeva gioco di lei, e l'indirizzo pareva danzare sul foglio.
"Sì signore," disse debolmente. Il grosso uomo sorrise
ancora una volta, mentre apriva l'accendino. Il silice schioccò
forte, poi accese la fiamma. L'odore dolce e sporco del tabacco si arrotolò
come dita di nebbia mentre inalava pigramente il fumo dalla bocca. Misty
fissò nuovamente lo sguardo sulle sue mani. Stavano ancora tremando
per i sedativi che le erano stati iniettati. Il collo e la spalla le
dolevano nel punto in cui il liquido era stato introdotto a forza.
Odiava questo lavoro.
Ash sedeva sul margine di una banchina, coi piedi sospesi a mezzo piede
sopra il livello dell'acqua. Il cemento della banchina era freddo e umido,
ma Ash era troppo preso dai suoi pensieri per badare al confort fisico.
Attraverso le sue vene correvano pietà e odio per se stesso, mentre
la sua mente e il suo corpo esausto erano incapaci di combattere il fiume
di rimorso che lo attraversava. L'acqua picchiò contro il muro
sotto i suoi piedi, rompendo il silenzio di un ambiente che sembrava
anticipare la neve. Alcuni fiocchi solitari scivolarono dalle nuvole
pesanti, dissolvendosi silenziosamente nell'acqua, ignorati dalle onde.
Vulpix si strofinò al fianco di Ash. I suoi occhi non avevano
lasciato il suo viso da quando erano usciti di fretta dall'appartamento.
Sembrava quasi che capisse. Accoccolandosi sotto il suo braccio, la
volpina mugolò piano e appoggiò il mento contro il suo
petto. Sembrava che sentisse la tensione che c'era in lui, la paura, il
vuoto dovuto alla perdita. Gli occhi di Ash fissavano vuoti l'orizzonte
piatto. L'acqua era di un monotono colore nero spruzzato con piccole
fiammate di bianco là dove le onde si spezzavano e la schiuma che
restava si smorzava lentamente.
Il lamento calmo della sua compagna finalmente spostò la sua
attenzione altrove. Appoggiò una mano sul suo soffice mantello,
rivolgendole un sorriso spento. Fiocchi di neve si posarono sui baffi di
lei mentre guardava con attenzione i suoi occhi. Erano dei bei occhi, pensò
Ash, così neri, così determinati. Così innocenti, così
fiduciosi. Lui portò la mano sul mento di lei, grattandole il
collo.
"Va tutto bene, Vulpix," mentì. "Sto bene."
Sentì dei passi che colpivano la ghiaia congelata dietro di lui e
si girò bruscamente, pronto a difendersi. Si avvicinò una
figura alta e snella, nascosta sotto un cappotto di trench cerato, con un
sciarpa intorno al collo e le mani profondamente infilate nelle tasche.
"Hey, Gary."
"Ero preoccupato per te. Ho pensato che saresti venuto qui presto o
tardi." Avevano passato innumerevoli notti in quello stesso punto,
con bottiglie di birra vuote sparse per il suolo, mentre cercavano di fare
i filosofi nonostante la loro ubriachezza. Quelle notti andavano sempre a
finire con pensieri profondi, auto esamini, e, spesso, in una poco
confortevole notte trascorsa sul pavimento del bagno.
Ash annuì, guardando le sue dita che si stavano rapidamente
intorpidendo. "Io volevo solo ... pensare per un po'."
Gary si sedette accanto a lui, con la schiena rivolta al paesaggio
marino che Ash stava studiando così intensamente. "Mi pareva
che avessi superato la fase riflessiva della vita a questo punto, Ashy,"
disse Gary, sperando di non far diventare di nuovo triste la
conversazione. Ash tirò fuori un piccola bottiglia dalla tasca, la
scosse un po' in direzione del suo amico, poi la rimise nel suo
nascondiglio. "Ahh," disse Gary, malizioso. "Quel tipo di
pensiero."
Ash gli rispose con un brontolio poco entusiasta, poi tornò a
guardare l'acqua.
Gary sospirò e abbassò lo sguardo verso le sue ginocchia. "Ash,
torna all'appartamento. Fa un freddo cane. Siamo ricercati dalla polizia e
inseguiti dal Team Rocket. Non penso sia il miglior posto dove stare in
questo momento." Si guardò intorno, cercando ombre scure
nascoste nei vicoli o le luci delle macchine di pattuglia in lontananza.
Ash sospirò e si mise in piedi. " 'Accordo. ' piuttosto
freddo qui, comunque."
Il broncio di Jessie fu interrotto quando il suo cuore le balzò
in gola, sentendo qualcosa che rompeva la porta principale. Aprì la
porta della sua stanza e mise la testa fuori per un secondo, poi imprecò
a bassa voce. La porta di legno sottile era spaccata dal peso di una scure
da pompiere. La punta dell'ascia si fece vedere per un attimo oltre il
foglio di legno, poi si ritirò per essere di nuovo colpita contro
la porta. Alcuni voci parlarono a bassa voce dalla parte del manico
dell'ascia mentre quella rimaneva incastonata nella porta per un altro
breve momento. Pochi altri colpi produssero un varco abbastanza grande
perchè vi passasse attraverso la mano di un uomo, che aprì
la serratura. La porta di aprì verso l'interno con un suono debole
mentre quattro paia di gambe pesanti entravano nell'appartamento.
"Vuota!" venne una voce dalla cucina. "Niente qui in
salotto!" Un altro paia di piedi si avvicinarono allo sgabuzzino. Le
sue porte si aprirono con un suono poco piacevole. "Sonofa ... niente
neanche qui." E ancora un altro paio di scarpe si mossero verso la
porta della stanza di Jessie. La porta scivolò, aprendosi
facilmente e rivelò una stanza vuota, tranne per un Meowth che
sdraiato sul letto, osservava l'intruso con occhi rassegnati. Gli stivali
pesanti procedettero a controllare sistematicamente la stanza e il bagno
adiacente. La voce legata ai passi sospirò. "Niente. Non c'è
nessuno qui."
Jessie fu appoggiata lievemente a terra da un paio di liane verdi. Si
girò e prese la mira con la sfera poke, puntando la scala
antincendio che c'era fuori dalla finestra della sua stanza da letto e urlò,
"Victreebell, ritorna!" Rabbrividì per la camicia che
indossava e riattaccò la sfera poke alla cintura. Scostandosi un
ciuffo di capelli ribelli dietro l'orecchio, camminò verso la fine
del vicolo e guardò oltre l'angolo. Di fronte alla sua palazzina
era parcheggiato un grosso camioncino nero. C'era appoggiato un uomo su
uno dei suoi fianchi, che si strofinava i guanti di pelle e soffiava via i
fiocchi di neve che si erano accumulati sopra le sue folte sopracciglia.
Dannazione, pensò lei, e si ritrasse nuovamente nel vicolo.
Mettendosi le mani dentro le maniche, si diresse verso il limite opposto
della strada e tirò fuori un telefono cellulare. Premette i tasti
senza togliere le mani dalle maniche, il che rendeva i suoi movimenti
rozzi. Quando si premette il telefono contro l'orecchio, rabbrividì
per il freddo dell'oggetto.
"Ash Ketchum."
"Ash! Sono io, Jessie." Lanciò uno sguardo in entrambe
le direzioni prima di avventurarsi fuori dal vicolo, sperando che il Team
Rocket non avesse qualcuno a controllare anche quella strada.
"Jess... cosa c'è che non va?"
"Dove sei? Gary è lì con te?" Notò un bar
in fondo alla via e si diresse verso di quello, coi denti che le
tremavano.
"Sì, è qui. Che succede?"
"Non tornate all'appartamento. Sono appena saltata giù per
la scala antincendio, il Team Rocket sa che eravate lì."
Mentre sguazzava fra la neve appena creatasi per terra, attraversò
la strada, cercando di non scivolare. Senza fiato, si buttò dentro
il bar, ansimando appena per il freddo.
Ash rimase zitto per un attimo.
"Merda," disse in un fil di fiato. "Aspetta un secondo."
Lo sentì riferire il messaggio al suo amico. "Impressionante."
sentì fischiare a Gary. "Siamo davvero dei fuggitivi ora, eh?"
Ash disse qualcosa che non riuscì a capire, poi tornò al
telefono. "Stai bene, Jess? Dove sei ora?"
Varcò di nuovo la porta e osservò nome dipinto
sull'insegna. "Sono al May's on Fire Stone. Potete venire qui?"
Ash disse qualcosa a Gary al suo fianco, e poi: "Sì, saremo
lì fra dieci o quindici minuti. Non andare da nessuna parte senza
di noi, okay?"
"Okay," disse lei, sospirando, mentre i denti le battevano per
il freddo. Spense il telefono e aprì di nuovo la porta del bar,
alla ricerca disperata di qualcosa che le riscaldasse le mani.
James sedeva da solo nel salone, a guardare la neve che cadeva e che si scioglieva contro il vetro caldo. Le gocce si univano insieme mentre rotolavano giù pigramente per la finestra. La stanza risuonava con un certo qual tipo di vibrante sordità, qualcosa che sembrava esistere solo quando l’aria, il suolo e il mondo erano completamente avvolti dalla neve. Ora i fiocchi venivano giù fitti e bagnati, tenendosi a tutto quello che toccavano, aggrappandosi disperatamente ai rami curvi degli alberi neri e spogli. Lui sospirò e si affondò ulteriormente nella sedia, con le braccia incrociate sul petto. La sua vista si oscurò, mentre la sua mente passava da un pensiero doloroso da un altro e le immagini lo lasciavano dolorante, facendogli implorare pietà. Era colpa sua se si sentiva così, tutta colpa sua. Non poteva biasimare nessun altro se non se stesso. Non avrebbe mai dovuto dare ragione ai suoi genitori e sposare ‘Belle. Lei era troppo diversa da lui. Le parole "superficiale" e "piena di sè" gli vennero immediatamente in mente, ma lui si scosse e le allontanò, optando invece per un "diversamente motivata". Cercò di non odiarla, cercò di pensare ai dieci anni che aveva passato da felice ignorante. Non era colpa sua se era come era. Bisognava incolpare la società.
Diede un calcio al piede di un tavolino da caffè, odiando sè stesso. Perché si era permesso di fare una cosa del genere? Non sapeva che era una cattiva idea? Non capiva quanto quella storia avrebbe distrutto la vita di Jessie? Che idiota era stato! Aveva fatto la cosa giusta, lo sapeva. Non avrebbe messo a repentaglio la vita di Jessie per i sentimenti che provava per lei. Non avrebbe mai dovuto essere messa in una situazione del genere. Avrebbe dovuto pensarci prima. Nel profondo della sua mente, vi erano i ricordi dei suoi genitori, che ridevano di lui, lo prendevano in giro per la sua mancanza di volontà e per la sua incapacità a diventare il lecchino della società. Aveva provato a corrispondere a questo modello per un po'. Per diciotto anni della sua vita. Ci era voluta l’influenza di Messia per mostrargli quanto erano stati vuoti quei diciotto anni. Per cosa viveva? Per i soldi? Per la sola ragione che si trovava lì? Non poteva nemmeno chiamarla vita, era più un’esistenza ignava, coperta dal rifiuto di riconoscere l’inutilità del mondo in cui si trovava. Dio, quanto gli mancava. Sembravano passati anni, decenni dall’ultima volta in cui erano stati insieme, e invece era solo la scorsa notte. La scorsa notte era stata una notte di sogni, e che sogni. Poi era venuta stamattina. E ora, eccolo qui, seduto da solo in salotto, così pieno di rabbia repressa e secca che gli prudevano gli occhi. Voleva uscire. Dalla sua vita. Poteva andarsene, a fare un viaggio magari. Si tolse quel pensiero dalla testa. Jessibell non l’avrebbe mai lasciato andare da solo in viaggio per lunghi periodi di tempo. Non era una cosa adeguata, e se una coppia si separava troppo a lungo, la gente cominciava a sparlare sullo stato della loro felicità matrimoniale. Poteva scappare, come una bambino che se ne andava di casa. Anche questa era una cattiva idea. Sapeva che ‘Belle avrebbe immediatamente pensato che fosse con Jess, e allora... Il suo cuore cominciò a battere più forte quando si rese conto che poteva portarla via con se. Avrebbero potuto lasciare quel posto, lasciare ‘Belle in quel suo piccolo mondo pieno di vizi fatto delle opinioni e delle lingue lunghe delle altre persone. Sarebbero stati felici. Avrebbe lasciato il suo passato in questa enorme casa così piena di begli oggetti vuoti d’amore, acquistati solo per essere mostrati; avrebbe lasciato il nome della sua famiglia dietro di lui e per una volta nella sua vita sarebbe stato felice. Raggiunse con la mano il telefono posato sul tavolo da caffè e compose il numero di Jessie. Avrebbero progettato tutto da subito.
Misty sedeva sconsolata sul retro di un camioncino del Team Rocket. Era una delle prime volte dopo tanto tempo che indossava l’uniforme del Team Rocket, e il nero non era il suo colore preferito. La maglietta a maniche corte del Team Rocket le arrivava sino a sopra il collo e la faceva sembrare una tartaruga; la sua forma rozza e testarda era molto fuori luogo rapportata alla sua piccola e snella figura.Strinse maggiormente la giacca intorno a sè, appoggiò i gomiti sulle ginocchia e il mento nelle mani, spostandosi pigramente una ciocca di capelli dietro l’orecchio. Per il suo tentativo di tradire la posizione dei suoi amici, il Boss aveva deciso che gli sarebbe stata di ulteriore aiuto in futuro. Le aveva assegnato delle guardie, in caso decidesse di non comportarsi bene. Le stavano su entrambi i fianchi, grosse e scontrose, ed erano almeno due volte la sua taglia. Si scrollò, per niente a suo agio. La sua uniforme era umida e rugosa contro la sua pelle. L’interno della macchina era scuro, e la luce tenue del tramonto arrivava smorzata dai fitti fiocchi di neve che cadevano nell’aria. L’assenza di finestre sul retro del furgone, e quindi sui tre quarti del mezzo, riduceva ulteriormente la luce, e seppelliva i due scagnozzi e la ragazza, così come altri due uomini nel sedile dietro di loro, in un’oscurità fredda e sporca. Gli uomini che le stavano a fianco erano dolorosamente vicini, con le braccia nerborute piegate sul petto e con i gomiti che minacciavano di colpirle le orecchie se la macchina si fosse fermata all’improvviso. Le lanciarono sguardi sospettosi, e uno di loro le afferrò il braccio e la buttò all’indietro. Lei sbuffò e si divincolò dalla presa con forza, incrociando le braccia e appoggiando la schiena sul sedile. L’uomo alla sua sinistra ridacchiò un poco. Misty sentì che il viso le andava a fuoco. Sbirciando da una delle finestre sul davanti, notò che si trovavano ora nella Vermilion rurale, non molto lontano da dove si trovava il vecchio magazzino del Movimento. Si chiese cosa potesse voler fare il Team Rocket lì; le uniche cose da quelle parti erano case e magari qualche supermercato o negozietto economico. Uno degli uomini brontolò qualcosa all’altro mentre la macchina si fermava. Scivolò un poco mentre si girava rozzamente ed entrava in un parcheggio. Misty vide per un breve attimo un’insegna e represse un gemito incontrollato. Quel bastardo, pensò.
Quello era un giorno tremendamente pieno di impegni. Ci sarebbe stato un festival la settimana seguente, un festival centrato su una serie di spettacoli di pokemon, tutto organizzato in modo da diventare la prima mostra ufficiale al mondo. Era un grosso evento per ogni allevatore, una possibilità di mostrare i pokemon migliori e più belli che avevano, una possibilità di fare pubblicità al loro centro di allevamento. Joy sorrise debolmente mentre lo schermo diventava nero. Stava per passare un altro carico di pokemon. Aveva passato così tutto il giorno. Gli allevatori stavano mandando i loro compagni al centro, per controllarli prima dello show. Ce ne erano un mucchio, che arrivavano lì in treno, con la macchina o a piedi.
In generale, se uno viaggiava, i pokemon venivano mandati in anticipo al più vicino Centro Medico per prevenire il rischio di furto durante il viaggio. C’erano stati circa cento trasferimenti quel giorno, e ce n’erano altri dieci in programma prima che il sistema di trasferimento del centro chiudesse per la notte. Joy aveva ricevuto circa seicento pokemon sin dalle cinque del mattino, e oltre un migliaio era stato catalogato e impacchettato nei giorni precedenti. Era grata che oggi fosse l’ultimo giorno in cui avrebbero accettato trasferimenti massicci, benché domani tutte quelle migliaia di pokemon avrebbero dovuto essere controllati e avvalorati con un certificato di salute. E quella sarebbe stata una fatica anche più grande di quella di oggi. Joy brontolò mentre si affondava nella sedia accanto alla consolle di trasferimento per la prima volta in quella giornata. E dubitava anche che avrebbe dormito quella notte, sia per lo stress, sia per il dolore alle spalle e alle gambe, sia a causa di Brock. Non ci si poteva mai dimenticare di Brock quando si calcolava quanto si sarebbe dormito la notte. Poteva riposare almeno un’ora o giù di lì in quel momento. Nonostante il suo carattere allegro e generoso, Joy stava pensando di uccidere la prossima persona che le avesse parlato. O l’avesse guardata. O che fosse persino entrata nel Centro Medico. Gemette un poco e appoggiò la testa contro la macchina dei trasferimenti, aspettando che passasse il prossimo gruppo.
Alzò lo sguardo quando sentì che le porte si aprivano. Si mise stancamente in piedi e si trascinò pesantemente verso la scrivania principale, sperando che non fosse un’emergenza. Dio volendo, si sarebbe trattato solo di qualche bambino e del suo Spearow che necessitava qualche vaccinazione. Chiuse gli occhi per un secondo, prima di passare oltre le porte, e cercò di raccogliere tutta la pazienza e la gentilezza che poteva.
Il Team Rocket si era sparpagliato con calma ed efficienza per i corridoi del Centro Medico. L’infermiera Joy era rinchiusa in una stanza per le analisi vuota, riempita di sedativa e priva di conoscenza. Non c’era nessun altro nell'edificio. La polizia non era stata allertata, i giornali non avrebbero saputo dell’incursione fino alla mattina dopo, sul tardi, quando la città avrebbe notato che il suo Centro Medico non funzionava e non era nemmeno aperto.
Giovanni rise beffardo, con gli occhi mezzi chiusi per la contentezza, mentre si faceva largo verso la stanza dove venivano tenuti i pokemon. Joy doveva averla lasciata aperta a causa del numero di trasferimenti in arrivo, così da poter sistemare le pokebal più comodamente. Anche se era chiusa, non sarebbe stato troppo difficile irrompere oltre la porte. Naturalmente, qualche pokeball e, rispettivamente, i pokemon contenuti all’interno, sarebbe stata distrutta dall’esplosione, ma alla fine gli sarebbe rimasto ugualmente un'intera cassaforte piena di pokemon molto preziosi. Presi per quello che erano, non erano gli erano utili in alcun modo. Gli animali da esposizione valevano un mucchio di soldi, ma non potevano essere venduti nel Kanto per paura che potessero essere riconosciuti. Però credeva che alla fine li avrebbero imbarcati per Johto e li avrebbe venduti lì, anche solo per salvare le apparenze. Questa non era un’incursione per rubare pokemon, anche se aveva la pretesa di passare come tale. Questo era un metodo a prova di bomba per portare Oak e Ketchum da lui. Girò un angolo, col suo gruppo di scagnozzi dietro di lui, e vide la porta della cassaforte chiusa a chiave. Si fermò si leccò i denti, poi si girò.
"Dov’è quella ragazza di nome Waterflower?"
"Proprio qui, capo," rispose uno dei suoi uomini. Il gruppo si divise e fece passare l’uomo, che trascinava rozzamente la ragazza dietro di sè. Misty si fece largo tra di loro, cercando di non perdere l’equilibrio mentre veniva spinta in avanti. L’uomo la mise davanti a lui e le tenne le braccia. Giovanni la fissò. Era piccola se paragonata a quell’imponente uomo, con le braccia e il collo pallidi e sottili che brillavano nel contrasto all’uniforme nera del Team Rocket. Giovanni estrasse un sigaro, e lo strinse fra pollice e indice, studiandola.
"Hai il loro numero, ragazzina?"
"Sì, capo," disse Misty tenendo i denti stretti. Se voleva sopravvivere, doveva cooperare. Ma ciò non voleva dire che avrebbe dovuto essere amichevole. Cercò di prendere il suo cellulare, ma le sue braccia erano ancora tenute saldamente dallo scagnozzo. Dopo un rapido calcio verso l’alto, l’uomo urlò di dolore e mollò la presa sulle braccia di Misty. Lei fece con calma un passo in avanti e passò in rassegna la rubrica telefonica del suo cellulare. Si odiava per questo, ma si era odiata anche per le azioni che aveva fatto nei mesi passati. Pensò che se tanto si sarebbe odiata lo stesso, poteva intanto tenersi in vita mentre lo faceva.
Il numero apparve sul piccolo schermo. Lei lo fissò per un momento prima di chiamarlo. Con gli occhi fissi a terra, passò il telefono al capo.
I due ragazzi apparvero, con Gary che passeggiava per le strade come se
fossi un cittadino modello qualunque, in alcun modo ricercato, e Ash lo
seguiva guardandosi nervosamente le spalle. Era caratteristico dei due, pensò
Jessie, Gary che non prendeva la minaccia della prigione – o peggio, se il
Team Racket li trovava per prima – seriamente, e Ash che se ne preoccupava
più del dovuto. Anche se, pensava lei, se proprio doveva esagerare, quella
era la situazione adatta per farlo. Si alzò in piedi quando spinsero in
avanti le porte del bar per passare e cominciarono a togliersi la neve dalle
scarpe. Ash passò davanti a Gary, che ora stava spolverando il suo
cappotto, e si buttò fra le braccia di Jessie. La ragazza fece un passo
all’indietro, sorpresa. Ash sembrò notare la sua esitazione, e la lasciò
andare, mormorando una mezza scusa prima di chiedere, “Stai bene?” Lei
annuì. Gary fece cadere l’ultimo pezzo di fanchiglia dalle spalle e
cominciò a parlare, ignaro.
“Andiamo sul retro,” disse, togliendosi la sciarpa e scotendola. La
rimise intorno al collo, mentre continuava a parlare, lanciando appena
un’occhiata alle due figure stupite dietro di lui e cominciò a dirigersi
verso il retro del piccolo locale. “Dobbiamo parlare.” Ash alzò gli
occhi al cielo e lo seguì. Quando Gary era arrabbiato, il suo lato
insopportabile e controllato prendeva il sopravvento. Ma risolveva spesso i
problemi più velocemente ed efficientemente così facendo, e per questo era
disposto a tollerare i difetti della personalità del suo amico.
Jessie li seguì senza pensarci. La sua mente aveva smesso di funzionare. Si
sentì sprofondare quando capì. Li seguì nel retro subito dietro Ash,
mentre I suoi occhi osservavano vitrei il tutto, e la sua mente finalmente
si rifaceva ai traumi della giornata. James se ne era andato. Non sapeva
cosa aveva fatto per incentivare il suo improvviso allontanamento da lei,
pensava che tutto andasse … bene. Non bene. Meravigliosamente.
Incredibilmente. Che fossero innamorati. Insieme per sempre e più, se gli
dei lo avessero permesso. E ora ….
Controllò per un attimo la conversazione dei ragazzi dietro di lei. Non
interessata, tornò ai suoi pensieri. Il suo appartamento. Non avevi posti
dove dormire. Con Ash e Gary che scappavano sia dalla polizia che dal Team
Racket, e con lei che li aiutava, era pure lei in pericolo.
Allontanò il pensiero di James per il momento. Avrebbe dovuto pensarci più
tardi. Ora, c’era la sua vita in prima fila. Ancora stordita, osservò la
facciata del bar, e poi la strada fuori. Nella lieve luce grigia della tarda
luna autunnale, la neve cadeva fitta, ricoprendo la città con un bianco
manto torbido. Ash le stava tirando il braccio.
“Hmm?” disse lei, alzando lo sguardo.
“Stavi ascoltando, Jess?’” chiese lui, con uno sguardo leggermente
preoccupato.
”Non proprio, scusate. Stavo pensando … perchè?”
Gary ed Ash si scambiarono una breve occhiata, e poi Gary parlò.
”Andrai in una stanza d’albergo. Okay? E usa un nome falso.”
Lei sgranò gli occhi, rendendosi conto che doveva aver mancato l’intera
conversazione. “Oh … va bene, credo. Dove andrete voi?”
I ragazzi si scambiarono un’altra occhiata preoccupata. Gary fece per
parlare di nuovo quando il cellulare di Ash iniziò a squillare. Il ragazzo
rimase per un attimo confuso poi lo tirò fuori dalla tasca. Lo fissò per
un attimo mentre suonava ancora, e alzò lo sguardo verso l’altro ragazzo,
incerto sul da farsi. Gary annuì appena. Ash premettere un pulsante e portò
il cellulare all’orecchio.
”Pronto? Sono Ketchum …” I suoi occhi si spalancarono quando la voce
dall’altra parte parlò. Rimase in silenzio per un attimo mentre la voce
continuava nel suo breve monologo, e poi riattaccò. Ash tenne il telefono
in mano e lo fissò, sbalordito. Il suo braccio cominciò a tremare. Il tono
imperante e dominante di Gary sparì completamente mentre lui osservava il
suo amico quasi sparire davanti a lui. Parlò, con calma: “ …Ash? Chi
era?”
Ash fissò il telefono per un altro po’, e poi alzò lo sguardo.
“Jessie, vai in un hotel. Ti chiamerò più tardi per vedere se stai bene.
Gary, dobbiamo andare. Ora.” Quasi buttò Jessie fuori dalla cabina mentre
si faceva largo verso l’uscita.
Si diresse verso la porta del bar, mentre I suoi compagni ancora lo
fissavano senza muoversi. Gary si alzò lentamente, vedendo che Ash
attraversava il locale. Lanciò uno sguardo a Jessie, mentre ritornava ad
essere come al solito baldanzoso. “A più tardi,” le disse, alzando le
sopracciglia, e corse dietro il suo amico. Jessie sospirò. Talvolta
sembrava che quel ragazzo fosse felice solo se si trovava nei guai.
"Era CHI?" urlò praticamente Gary, fermandosi.
La gente che stava dietro di lui sul marciapiede bestemmiò sottovoce e gli
passò intorno, lanciando al ragazzo sguardi furenti. Ash si guardò
intorno, la paura gli era tornata per un secondo.
Afferrò il braccio del suo amico e lo portò lontano dalla strada,
all’entrata di un vicolo. “Attento,” bisbigliò Ash con forza.
“Stiamo cercando di non farci notare qui.”
"Scusa, scusa,” disse il ragazzo, e abbassò la voce. “Era
Giovanni? *Quel* Giovanni? Quello del Team Rocket, ti-uccido-se-ti-incontro
Giovanni?” Ash annuì. “Merda. Come ha avuto il tuo numero?”
”Io … io non gliel’ho chiesto. Ha detto solo …”
”Non pensi che sia un po’ strano che *abbia* il numero del tuo
cellulare?”
”Gary, non è questo il punto! Vuoi sentire quello che mi ha detto o
no?” Prendendo il silenzio di Gary come un sì, Ash continuò. “Lui …
lui si trova al Centro per Pokemon sulla tredicesima strada. Quello per cui
passano tutti i trasferimenti. Ha conquistato quel posto, e ha detto … ha
detto che se non vogliamo vedere che tutti quegli allenatori di Pokemon
perdano i loro migliori Pokemon dobbiamo essere lì entro un’ora. Non ha
detto perché né altro, solo di trovarsi lì.”
Per una volta, Gary era senza parole. Ash parlò di nuovo.
”Non so che ne pensi tu, ma a me non interessa se è una trappola o no.
Non voglio che tutta quella gente passi quello che … ho passato io … non
lascerò che uccida quei Pokemon. Non potrei andare avanti con quel peso
sulla coscienza, sapendo che per colpa mia … tutte quelle persone … devo
almeno provarci. “
Gary fece un grosso respiro e sospirò. Abbassò la testa, riflettendo.
“Sai che verrò con te, Ketchum,” disse, con gli occhi ancora diretti al
pavimento umido.
”Non devi. Posso farlo da solo.”
”Fare cosa? Che vuoi fare, entrare lì con un ramoscello in mano?” Ash
si morse il labbro e toccò la sua cintura. Staccò da lì la sua sola sfera
Poke e la tenne in mano, osservando la lieve luce dei lampioni che si
riflettevano sulla sua superficie. Il materiale liscio gli faceva vedere il
suo viso riflesso.
”Ash, no. Non è allenata.”
”Lo sento, Gary. Ora ha capito. Prima, quando ha avuto quell’incidente
… pensava fosse un gioco. Ma ora lo sa.” Gli occhi del ragazzo non
lasciarono mai la sfera poke mentre parlava.
Gary deglutì con forza. Infilò la mano nella tasca della giacca. Il suo
pugno si chiuse intorno a un contenitore metallico diviso da un solco. Era
freddo al tocco, e vibrò leggermente per l’energia sprigionata dal suo
interno.
”Io … ecco, ho pensato che forse tu … avresti avuto un giorno …
bisogno di questo.” Tirò fuori il piccolo oggetto dalla sua tasca. La
bocca di Ash si aprì appena mentre Gary gli metteva il contenitore nelle
mani. Lo fissò per un attimo.
”E’ …”
”E’ Fire Blast. L’ho trovato l’anno scorso. Non avrei mai pensato
che avremmo avuto bisogno di usarlo, ma …”
Ash studiò il contenitore liscio e dal metallo lucido. Su una piccola sfera
poke alzata dalla forma circolare, vi era stampato nel mezzo “TM 38”.
Quando i combattimenti fra Pokemon erano stati proibiti, tutti i TM che il
governo era riuscito a trovare erano stati distrutti. Erano incredibilmente
rari, quasi impossibili da trovare sul mercato nero, e quando se ne trovava
uno, erano incredibilmente costosi. Ash stesso non aveva mai usato un TM,
non ne aveva nemmeno mai avuto uno. E per un TM come Fire Blast, l’unico
tipo a base fuoco in tutto il Kanto, era ovvio che Gary avesse pagato una
spropositata somma di denaro.
”Non … non posso prenderlo,” disse Ash a bassa voce, porgendogli con
reverenza il TM.
“Devi averlo tu. Io ho sei pokemon di alto livello, Ash, e tu solo una
giovane Vulpix. E’ tuo.”
Ash sospirò appena, e poi alzò la sua sfera poke. “Vulpix,” disse
piano. La piccola volpe si materializzò sul terreno di fronte a lui,
facendo sciogliere la neve intorno a lei con l’aura di calore che
sprigionava. Alzò lo sguardo verso il suo padrone, e i suoi occhi si
incrociarono subito con quelli di lui. Portando il Pokemon dietro una fila
di bidoni per l’immondizia, Ash guardò di nuovo il suo amico.
”Sei sicuro che vuoi che lo usi?”
”Io … è tuo, Ash. C’è poca scelta sull’argomento. Necessita di una
crescita rapida come quella, e non hai abbastanza tempo per fargliela fare
nel modo normale. Fallo … e basta prima che cambi idea.
Ash annuì e si inginocchiò accanto al suo Pokemon. Lei lo guardò confusa,
e mosse la testa. Lui fissò di nuovo Gary, che gli sorrise appena. Facendo
un grosso respiro, Ash ruppe il sigillo del TM. Le piccole punture di spillo
di una sostanza metallica e luccicante si riversarono sulla testa del
Pokemon. I piccoli biolampi brillarono per un attimo, e si diressero dentro
le orecchie della Vulpix. Il Pokemon starnutì e scosse la testa. Sembrava
quasi anticlimatico. Non ci furono fulmini, non bulbi di luci sopra la sua
testa mentre venivano installati rapidamente ed efficientemente ricordi
delle mosse nel cervello di Vulpix. Ash si morse il labbro e strofinò la
testa del suo Pokemon. “Vul?”
”Va tutto bene , piccola. Non ti ha fatto male, vero?” Il Pokemon
starnutì in risposta. Ash la rimise dentro la sfera poke e attaccò
quest’ultima alla cintura.
”Andiamo, Ash, dobbiamo muoverci. Non vogliamo far arrabbiare il capo del
più grande sindacato di crimine organizzato del mondo, vero?” Gary iniziò
a dirigersi verso la strada. Ash aggrottò leggermente la fronte mentre
osservava la scatola, ora vuota, che aveva fra le mani, con il corpo
agitato. Si girò e seguì il suo amico.
Butch ansimava pesantemente mentre percorreva di corsa le rimanenti venti
yarde verso la casa. Fino a quel momento tutto era filato liscio –
c’erano davvero pochi sistemi di sicurezza in funzione nella casa, e
questo lo aveva sorpreso un po’. Di solito gente che aveva soldi quanti ne
avevano i Kojiro era leggermente ossessionata con la sicurezza.
Raggiungendo la casa, si appoggiò contro il muro di mattoni rossi e cominciò a dirigersi verso il retro.
Raggiunse l’angolo e da lì si guardò intorno. Niente. Sarebbe stato
incredibilmente facile, specialmente per lui.
In generale, la fortuna di Butch era … beh, inesistente.
Si portò dall’altra parte dell’angolo della casa, dietro il muro e si
guardò intorno di nuovo. Riusciva a vedere molto poco nell’oscurità e
nell’opprimente coltrina di neve. Vedeva una porta, anche se a malapena, e
sembrava che la luce nell’alcova sopra fosse bruciata. Perfetto. Si guardò
intorno di nuovo, e si fece largo fra la neve che si stava rapidamente
accumulando. Salì le poche scale che portavano alla porta e allungò
cautamente la mano sino a toccare la maniglia.
Se anche la porta era aperta, si sarebbe dichiarato ufficialmente sorpreso.
Girò la maniglia. Si bloccò fra le sue mani, rifiutandosi di muoversi.
Sospirò sollevato e staccò dalla cintura il suo kit per la forzatura delle
serrature. Qualche minuto dopo, entrò nella villa dei Kojiro. Era tutto
buio, quasi completamente nero. Tirò fuori una torcia e la accese
illuminando la stanza.
La luce colpì costose pentole ramate sospese sopra un grande ed elegante
bancone con tutto coordinato. La cucina, era in cucina. Erano già le otto
in punto, perciò riteneva di essere abbastanza al sicuro dall’essere
scoperto. A meno che la famiglia Kojiro fosse – com’era che venivano
chiamate le persone ricche? – eccentrica, sì, e non cominciasse a cenare
fin dopo le otto. Gente con una casa così probabilmente aveva un cuoco. E
una cameriera, e un giardiniere, e probabilmente anche un maggiordomo.
Butch scosse la testa. La sua torcia illuminò finalmente la porta.
Attraversò la cucina. Non proveniva alcuna luce da sotto la porta, perciò
con tutta probabilità non c’era nessuno dall’altra parte. Tolse lo
stesso la pistola dalla sua custodia, e spinse in avanti la porta. La stanza
seguente era enorme, con un lungo tavolo di legno scuro in mezzo. Sala da
pranzo. Si avvicinò alla porta successiva, che si aprì su un corridoio
buio.
Butch rimuginò fra sé. Forse non c’era nessuno in casa. Questo voleva
dire che avrebbe dovuto cercare le sfere poke alla vecchia maniera. O magari
avrebbe potuto tirare fuori il suo scanner.
Aprì la tasca sulla sua cintura che conteneva la piccola macchina. Lo
ScanDex, un discendente dell’originale Pokedex, era estremamente accurato,
estremamente piccolo, ed estremamente costoso. Era progettato per
localizzare qualunque onda cerebrale di tipo Pokemon, proprio come i vecchi
sistemi del Pokedex erano concepiti per identificare i Pokemon contro cui
venivano puntati. Il sistema era molto più raffinato, però, e poteva
essere usato adesso per trovare la locazione di un Pokemon, anche se dentro
una sfera poke. Visto che l’allenamento dei Pokemon era fuori, non c’era
granchè bisogno di sistemi come lo ScanDex, e per questo motivo non era
stato messo pubblicamente in commercio. Giovanni aveva commissionato lui
stesso il progetto alla Silph Co., la compagnia che il Team Rocket aveva
preso tempo prima e che ora usava come copertura.
Butch programmò rapidamente la macchina, e in pochi secondi il piccolo
computer mostrò la risposta: 237 sfere poke, a 63 piedi e 10 pollici dalla
sua attuale posizione. Si girò nella direzione corretta e camminò
lentamente, osservando il piccolo schermo mentre si muoveva. 54 piedi. 44.
30. Alzò lo sguardo, e notò che si stava rapidamente avvicinando ad un
muro. Cercò un porta, e ne trovò una vicino, quindi ritornò ad esaminare
lo schermo. 35 piedi a ovest ora. Attraversò quella che sembrava una sala
da ballo, con enormi cascate di scale che scendevano da entrambi i lati.
Boccheggiò per un attimo, davanti all’enormità del luogo in cui si
trovava, poi scosse la testa.. Il loro dannato foyer probabilmente costava
più del suo appartamento. Ora veniva segnalata sotto la scalinata sinistra.
Attraversò rapidamente lo spazio aperto, nervoso per la paura di poter
essere scoperto. Gente come questa probabilmente possedeva anche pistole
molto costose. La porta conduceva a un piccolo studio. Sembrava un luogo
confortevole, con una scrivania di legno di mogano, sedie gonfie di piume e
grossi scaffali di libri che si estendevano per tre muri. Il quarto muro era
occupato da un enorme camino, di fronte al quale c’era la pelle di un
Johtoan Entei. Sembrava vera.
Gente ricca, pensò Butch con disgusto. Solo una ricca persona completamente
pazza avrebbe tenuto qualcosa come la pelle di un pokemon leggendario
incredibilmente raro. Lo ScanDex puntò verso la grande scrivania decorata in
mezzo alla stanza. Spense l’apparecchio e lo rimise nel suo zaino, e
cominciò a rovistare fra gli enormi cassetti della scrivania.
James strascicò i piedi giù per le scale in vestaglia. Era tutto il
giorno che cercava di chiamare Jessie, ma a casa non rispondeva e il suo
cellulare non sembrava acceso. Tenne il broncio, e una nuvola come di
oscurità si attaccò a lui. Si era eccitato con la prospettiva di scappare
via con Jessie, e era contrariato che non potessero scappare subito. Voleva
andarsene stanotte, voleva stare con lei ora. Si diresse
impettito nel suo studio, sperando di accendere un fuoco e leggersi un
libro. Qualcosa che lo tirasse un po’ su. Sospirò mentre raggiungeva il
piano terra, assorbito dal suo rimpianto.
Si fermò all’improvviso. La luce del suo studio era accesa. Si ricordava
di averla spenta. Ne era sicuro. Non sembrava che ci fosse nessun altro
sveglio. Si avvicinò lentamente alla porta, e prese in mano la maniglia. La
porta si aprì lentamente scricchiolando, e lui sbirciò dentro. Un uomo stava ripulendo la sua scrivania. Un
uomo con l’uniforme del Tema Racket. Era opera di Jessibelle, pensò
amaramente. Osservò l’uomo che raccoglieva qualcosa dall’ultimo
cassetto e lo metteva dentro il suo piccolo zaino nero. I
Pokemon, pensò James assente.Così non solo sua moglie aveva
assoldato qualcuno per frugare tra la sua roba, ma quel qualcuno si stava
anche prendendo la libertà di rubare I suoi Pokemon. Non erano nemmeno
suoi, e aveva speso una somma ridicola per salvarli dall’asta. Strinse i
denti. Pensò per un attimo di entrare nel suo studio e di spaventare
l’uomo, ma scorse brevemente la fondina della pistola dell’uomo e cambiò
idea. Si ritrasse di un passo dalla porta, si morse il labbro, e si diresse
a un telefono. Se il Team Racket lo stava cercando, allora cercava anche
Jessie. Chi se ne importava dei Pokemon, doveva avvertire lei. Attraversò
l’oscurità, guardandosi le spalle per assicurarsi che nessuno lo stesse
seguendo con una pistola puntata alla sua testa.
Butch dovette sopprimere un grido di gioia che sentiva salire dentro di
lui, mentre usciva dal retro della villa dei Kojiro. Tutto era andato come
previsto, non aveva commesso errori spaventosi o dolorosi, nessuna sirena
della polizia e, cosa più importante, nessuna fretta.Si
sentiva meravigliosamente. Era così raro che facesse qualcosa per il
verso giusto … Si girò e chiuse la porta dietro di lui. Divertente,
pensò, I cardini della porta non sembravano scricchiolare quando era
entrato prima. Ora stavano facendo una sorta di basso brontolio, quasi come
un ruggito. La porta si chiuse, ma il ruggito continuò. Butch
gemette e si girò.
“Ah, merda,” disse rivolto al grosso Growlithe dai denti in vista dietro
di lui. Cominciò a correre.
Jessie osservò, leggermente stupita, i due ragazzi che lasciavano il
bar. Cos’era successo? Odiava
essere lasciata all’oscuro, e sembrava che Ash e Gary stessero facendo
apposta a non informarla di quello che era in corso. E quella chiamata … non aveva mai visto Ash così spaventato.
Erano impazziti se pensavano che sarebbe andata in un hotel e sarebbe
stata ferma ad aspettarli. Stava
succedendo qualcosa. Qualcosa di cui lei non faceva iù parte, anche se era
anche lei in pericolo. Non doveva avere anche lei il diritto di dire la sua
se era coinvolta la sua vita? Rimase seduta per un attimo, la frustrazione
le stava rodendo il fegato. Non le avevano nemmeno detto dove andavano,
perciò non poteva seguirli ne’ incontrarli lì. Era bloccata, tutto
quello che poteva fare era aspettare. Tirò con rabbia un calcio al
tavolo della sedia. Beh, almeno poteva chiamarli e far sapere loro che li
avrebbe uccisi quando fossero tornati. Tirò fuori il cellulare dalla tasca.
Lo fissò con la fronte aggrottata per un attimo quando capì che si era
spento, e sperò di non aver mancato nessuna chiamata importante. Premette
il pulsante di accensione e cominciò a digitare il numero di Ash. Squillò prima che
potesse inviare la chiamata.
Bene, magari era uno dei ragazzi che la chiamava per scusarsi e dirle
cosa diavolo stava succedendo.
"Jessie?"
"James," lei spalncò la bocca. Si ricordò
per un attimo la conversazione che avevano avuto la mattina, e pregò che
questa non fosse una continuazione. Forse stava chiamando per scusarsi …
”Stai bene? Ho cercato di comunicarmi con te per tutto il giorno.”
”Sì, sto bene. Alcuni maniaci del Team Racket sono entrati nel mio
appartamento qualche ora fa, ma sono riuscita a scappare.”
” …. Mio dio, vuol dire che ti stanno già
seguendo. Jessie, ho appena trovato uno di loro nel mio studio, che rovistava nella
mia scrivania. Il bastardo ha rubato tutti i Pokemon del Movimento. Mi dispiace, Jess. E’ colpa mia se ti stanno seguendo. Jessibelle
…”
"No, James... stavano seguendo Ash e Gary. Cercavano i ragazzi.”
"I ... perchè il Team Rocket cerca i tuoi amici?”
Jessie aggrottò la fronte. “Non lo so. Ma hanno detto che il Team Racket stava sorvegliando il
loro appartamento. Non cercavano me.” Si zittì per un attimo. Lui parlò
esitante. “Allora … che cercavano fra la mia roba? Perché Belle avrebbe
dovuto mettere il Team Rocket alle mie calcagna e non alle tue?”
Jessie si morse il labbro. I suoi occhi si spalancarono mentre le veniva
un’idea. “James … hai detto che quella … persona, chiunque fosse, ha
rubato i Pokemon del Movimento?”
”Sì, ascolta ma tu starai bene?”
Jessie ignorò la sua domanda e continuò. “Non cercano te, James. Cercano il Movimento!
Scommetto che ci hanno persino denunciati loro alla polizia …”
”Ci? Vuoi dire
che ci sei anche tu dentro?”
Jessie fece una pausa. Aveva strategicamente evitato di parlare della sua
stessa partecipazione al Movimento quando aveva chiesto il suo aiuto, non
certa di come avrebbe reagito. “Io … io avrei dovuto dirtelo subito. Mi
spiace.”
Il telefono rimase muto per un secondo, e poi: “Va bene, Jessie. Non
cambia niente.”
Lei tirò un sospiro di sollievo. “Bene, devo dire ad Ash che il Team
Rocket ha rubato i Pokemon. Puoi richiamarmi?”
”Certo. Sicuro, ti
chiamerò io.”
Jessie chiuse la chiamata e compose rapidamente di nuovo il numero di Ash."
Due figure grigie stavano
nel mezzo al marciapiede, l'aria e il terreno intorno a loro pieni di neve.
Osservavano l'edificio grande e ben illuminato con sentimenti contrastanti. Fra
queste, però, la paura era quella dominante. La figura scura leggermente più
piccola dell'altro, parlò.
"Non possiamo stare qui fermi tutta la notte. Così non andremo da nessuna
parte." Fece un piccolo passo in avanti, ma l'altra figura gli afferrò un
braccio e lo tirò indietro.
"Sarà uno scontro difficile. Non stiamo parlando di fare a pugni, qui si
parla di pistole. Questa gente non perdona," disse la figura più alta, dai
capelli color sabbia. "Stiamo ... stiamo qui fuori per un altro minuto.
Okay?"
Il ragazzo più piccolo annuì, affondando le mani nelle tasche. Alzò il viso
verso la neve, lasciando che l'acqua gelata gli colasse giù per il collo. La
neve stava già filtrando nei suoi stivali fuori misura, intorpidendogli la
pelle.
"Ash?" chiese il ragazzo più alto dopo un minuto.
"Sì, Gary?"
"Ne vale la pena, vero? Che possano ucciderci, intendo ..."
Ash sgranò gli occhi, mentre i fiocchi di neve gli cadevano sulle ciglia.
Pensò all'enorme numero di sfere poke presenti nell'edificio, ai Pokemon
che ci dormivano dentro felici, serenamente ignari di tutto. Si ricordò della
telefonata che aveva ricevuto dieci minuti prima,di quando aveva scoperto che
non c'erano solo i Pokemon dei normali allenatori lì dentro, ma anche quelli
del Movimento. L'immagine del sangue sparso di Persian sul duro suolo gli
attraversò la mente per un attimo, poi quella di una piccola zampa gialla che
si aggrappava disperatamente a lui attraverso le sbarre di una gabbia.
"Pensò di sì."
"Okay." Gary studiò
di nuovo l'edificio, con la scultura sul tetto a forma di sfera poke che rideva
maniacalmente nella sua direzione. "Sai una cosa?"
"Cosa?" Ash stava ancora guardando il cielo, alimentando la vista del
grigio uniforme dei muri che circondavano l'intera città.
"Fa davvero schifo il fatto che tu sia un tale sentimentale."
Ash storse il naso. "Cavolo, grazie."
"No, davvero," continuò Gary, sorridendo, mentre i due ragazzi
entravano nell'edificio. "Se tu non fossi così scemo, adesso saremmo
nascosti in qualche bell'hotel a guardarci Skinemax. Ma no, tu devi sempre dare
un valore sentimentale alla situazione ..."
L'udito fu il primo dei
sensi che tornò a Joy. Qualcuno stava urlando. Era stanca e non voleva
ascoltare nessun grido ora. Probabilmente era Borck che urlava all'Electabuzz
del vicino di zittirsi, così che potessero continuare a dormire. Cercò di
sentire meglio. Capì piano piano che la voce era femminile. I vicini che
urlavano a loro volta, forse? No, era troppo vicina. Tutti i sensi stavano
ritornando lentamente, e notò che si sentiva piuttosto a disagio, e che era in
posizione seduta. Riuscì a convincere i suoi occhi ad aprirsi. Hmm, pensò. No,
non sono a casa. Sono ... sono al lavoro, sì. Sono seduta su una sedia della
stanza esamini del centro. Mi sono addormentata al lavoro? E che diavolo sta
facendo quella ragazza, perchè picchia sulla porta in quel modo? Mentre il
cervello di Joy cominciava a smaltire gli effetti del sedativo, anche la sua
memoria riprese a funzionare. La porta principale che si apriva. Grossi uomini
vestiti di nero. Che la afferrava. Una siringa.
Sgranò gli occhi. La
sua mente era ormai completamente lucida. Mentre l'ultima apatia si
allontanava da lei, Joy studiò la stanza, decidendo sul momento che doveva
risolvere il problema, qualunque esso fosse. La prima cosa da fare era
calmare la ragazza che sembrava parecchio arrabbiata di stare da questa
parte della porta. "Mi scusi, signorina," disse Joy, sedendosi
lentamente. "Sta bene?"
"Oh, sei sveglia," disse la ragazza, fermando
momentaneamente il suo assalto alla porta. Si girò e vi si appoggiò
contro, brontolando piano fra sé e sé.
Joy lanciò un altro sguardo alla stanza. "Mi spiace, ma temo di essere
un po' confusa ..."
La ragazza sbuffò e incrociò le braccia. Non sembrava molto amichevole.
"Preparati ad un bel problema," disse con un ghigno.
Joy notò i vestiti della ragazza, neri sopra qualcosa di bianco con
stampato lo stemma rosso del Team Rocket. Intuì che c'era una storia
complicata dietro. "Potresti dirmi cosa sta succedendo, per
favore?" tentò di nuovo, invocando tutta la pazienza che aveva dento.
La ragazza diede un calcio alla porta col tacco. "Il Team Rocket sta
rubando i tuoi Pokemon. E non si fidano di me. Perciò dobbiano starcene qui
buone." Sbuffò e si lasciò scivolare lungo il muro, portando le
ginocchia su fino al petto e mettendo le braccia intorno alle game.
Joy cominciò a preoccuparsi, pur senza darlo a vedere. "Oh,
cara," disse. "Suppongo che non sia un bella cosa."
La ragazza le lanciò uno sguardo assassino, poi si passò la mano fra i
corti capelli rossi, e si grattò il retro del collo. "Sì, suppongo di
sì."
Bene, la ragazza si stava calmando. Joy decise che era meglio continuare a
parlare per non far sì che tornasse ad accanirsi contro la porta.
"Qual'è il tuo nome, cara?" disse con fare gentile, sperando che
la ragazza rispondesse nello stesso modo.
"Misty. Suppongo che il tuo sia Joy, giusto?"
"Sì, come lo sai?" chiese Joy.
"Intuizione," replicò Misty, appoggiando la fronte alle
ginocchia. "Sono intelligente."
Joy si leccò le labbra e si appoggiò con la schiena alla sedia, con la
testa che già cominciava a farle male. Fu sorpresa quando sentì la ragazza
parlare ancora.
"E' colpa mia. Mi dispiace."
Joy sgranò gli occhi "Scusami, tesoro? Che vuoi dire?"
"Che è colpa mia se o
tutto questo. Io .. mi spiace." La ragazza rimase a fissare il
pavimento, mordicchiandosi un labbro. "Mi spiace."
Inspirando profondamente, la donna sentì l'improvviso impulso di strozzare
il collo della donna. Si rimproverò da sola per quel pensiero.
"Ne sono convinta, ma sarebbe molto più facile per me perdonarti se
sapessi esattamente perché é colpa tua."
La voce di Misty divenne più dolce e riflessiva. "Io .. io dovevo
unirmi al Movimento Clandestino della Lega Pokemon, come una sorta di spia,
suppongo. Per un qualche motivo il boss ce l'aveva coi due ragazza che lo
dirigevano. Ora sicuramente staranno venendo qui. Giovanni sta minacciando
di uccidere tutti i Pokemon trasferiti qui se non si mostrano in fretta, e
uno dei ragazzi è un tremendo sentimentale quando si parla di queste cose.
So che verrà, e che si trascinerà Gary con lui. Se muoiono, è ... sarà
colpa mia." La voce le si ruppe mentre parlava, tradendo la venuta
delle lacrime che stava cercando così duramente di trattenere.
Joy rimase in silenzio per un attimo, osservando la ragazza. Conosceva Ash e
Vulpix di vista - erano stati loro ad aver portato quella Vulpix due
settimane fa - ed erano entrambi bravi ragazzi per quel che ne sapeva,
benché non fosse d'accordo con le loro pratiche. Guardò Misty mentre
il suo contegno crollava e la ragazza cominciava a piangere apertamente. Si
mise in piede tremando, ancora sforzandosi di combattere gli effetti dei
sedativi, e si avvicinò alla ragazza, inginocchiandosi accanto alla sua
figura singhiozzante. Le appoggiò una mano sulla spalla per confortarla.
"Hey, va tutto bene. Forse non puoi rimediare a quello che hai fatto in
passato, ma dovresti avere fiducia nei tuoi amici. Sono sicura che staranno
bene."
La ragazza sniffò e si asciugò le lacrime con la manica, lasciandosi
sfuggire un respiro e rabbrividendo. "E se invece no?"
La macchina di James
scivolò un poco mentre svoltava in Reed Street e tirava il freno a mano. La
sua mente registrò appena il cartello 'Vietato parcheggiare mentre saltava
giù dalla macchina. Cercando di sembrare meno entusiasta di quanto fosse in
realtà, si diresse verso le porte della piccola pasticceria nella quale
Jessie gli aveva detto di incontrarla. Non andò molto lontano prima che
Jessie uscisse come un fulmine dalla porta del negozio e gli saltasse in
braccio, evitando a malapena di buttarlo giù sulla neve. Si strinsero per
un attimo, in silenzio. Poi James disse piano.
"All'aeroporto?" Sentì l'abbraccio di Jessie farsi più stretto.
Poi:
"All'aeroporto, James."
Lo lasciò andare e sorrise mentre lui la scortava alla sua macchina.
Una breve telefonata ed era tutto sistemato. Lei era stata pienamente
d'accordo col suo piano di lasciare la città, eccitata dall'idea di
scappare dalle vite che conducevano lì e ricominciare tutto daccapo.
Lui le aveva detto del rifiuto di Jessibelle sul divorzio, e si era scusato
profondamente della conversazione che avevano avuto di prima mattina. Lei lo
aveva perdonato abbastanza volentieri. James era riuscito a rimanere
notevolmente calmo. Non riusciva quasi a credere che stesse succedndo per
davvero; invece si era convinto che fosse un sogno, uno scenario perfetto
della sua mente. Quasi perfetto. Un certificato di matrimonio col nome suo e
di Jessibelle scritto sopra gli danzava davanti, facendosi beffe di lui. Il
suo unico e ultimo problema. Amava Jessie e desiderava moltissimo
metterle un anello al dito, anche solo per dare un pegno al loro amore.
Dannazione, pensò. Riesce ancora a trovare il modo di rovinare tutto ...
Avrebbe trovato un modo, disse a se stesso.
I due ragazzi si
strinsero brevemente le mani prima di fare gli ultimi passi che li avrebbero
portati dentro il Centro. Era quasi come se quella loro stretta fosse
l'ultima, un impegno per quello che stavano per fare. Non avevano idea di
cosa li aspettasse dietro le porte, se il Team Rocket avesse progettato di
crivellarli di colpi non appena avessero oltrepassato la porta, o se
Giovanni avesse piani più complicati in mente. In ogni caso, erano insieme.
Mentre si giravano verso la porta, i pensieri di Ash andarono alla cintura
di cuoio che aveva legata intorno al polpaccio. C'era una sola sfera poke
attaccata, accanto a un piccolo coltello da caccia, ma sentiva quasi un
travolgente collegamento con la piccola volpe che vi stava dentro. Chissà
come, sentiva che lei sapeva quanto questo fosse importante per lui. I
ragazzi non avevano fatto piani. Non avevano un'idea geniale per venire
fuori da quella storia. Sarebbero entrati e fatto ciò che c'era bisogno di
fare in un quasi sicuramente vano tentativo di risparmiare a molti
allenatori di Pokemon, molto dolore e rimpianto. Sarebbero morti se
questo era quello che aveva deciso il Fato.
Ash Ketchum affrontava il destino con l'immagine di una zampina gialla che
cercava disperatamente di toccarlo.
Gary invece vedeva solo gli otto anni di disperazione, solitudine e
inconsolabile rimpianto del suo migliore amico, e voleva che nessuno mai
dovesse più provarli.
Si scambiarono una veloce occhiata nervosa mentre si avvicinavano alla port.
Con gli occhi fissi, compirono insieme l'ultimo passo.
Le porte cigolarono appena aprendosi, e i ragazzi entrarono nel corridoio.
Delle mani li afferrarono in ogni punto possibile e li tennero stretti. Gary
si dimenò per un attimo, ma fu rapidamente messo a tacere, mentre Ash
sembrava in uno stato di trance per tutto il tempo. Notò appena i grossi
uomini che li mettevano le mani dietro la schiena e che lo spingevano verso
una delle molte sale d'attese che pullulavano nel Centro. Gary si dimenava e
si rifiutava di andare avanti con grande forza di volontà mentre gli
scagnozzi lo tenevano facilmente sotto controllo.
Giovanni era in piedi, a osservare la tempesta di neve fuori dalla finestra che
si dissipava lentamente in niente più che una debole nebbiolina fredda.
Ridacchiò quando sentì la confusione dietro di lui, e si girò per
guardare in faccia i ragazzi.
"Beh, non state facendo tanto casino, hmm?" disse, facendo cadere
la cenere da un capo della sua sigaretta. Il lungo cappotto di Gary gli
svolazzava intorno mentre cercava ancora una volta di liberarsi dalla
stretta degli uomini in nero. Il capo del Team Rocket osservò il ragazzo
che si dimenava per qualche attimo, e poi gli si avvicinò. "Allora,
questo è il famigerato Gary Oak. Ho sentito che sei piuttosto bravo."
Gary lo fissò per niente amichevole.
"Ma non molto socievole." Giovanni si rivolse verso l'altro ragazzo,
che era ancora un po' scosso. "E il misterioso e solenne Ash Ketchum."
Ash non sembrò notare che stavano parlando con lui.
"Pronto? Siamo in coma?"
Il ragazzo sgranò gli occhi un paio di volte e alzò lo sguardo.
"Ciao," disse allegro, togliendosi pigramente la neve dalle pieghe
dei jeans con le suole delle scarpe. Si guardò intorno per un secondo, con
faccia estremamente felice. "Dov'è la festa?"
Giovanni ebbe la netta impressione che il ragazzo fosse partito con la testa. Lo
guardò con astio per un attimo, deluso del fatto che il ragazzo dai capelli
scuri gli avesse rovinato il divertimento. Si riprese in fretta però.
"La festa è finita." Sorrise, coi denti in bella mostra.
Gary parlò per la prima volta, con la voce infusa di una calma malvagità.
"Perchè siamo qui? Che potresti volere tu da noi?"
Il sorriso dell'uomo si allargò ancora di più. "Beh, prima di tutto,
vorrei quella bella squadra di Pokemon che avete con noi," disse,
facendo un cenno a un altro scagnozzo che fino ad allora era stato da parte.
L'uomo perquisì Gary per primo, trovando le sue sfere Poke abbastanza
facilmente, e spogliandolo del suo cellulare e del suo coltellino da tasca.
Mentre lo scagnozzo allungava le sfere poke al suo capo e si girava verso
Ash, Gary esplose.
"Tu figlio di puttana! Se fai qualcosa ai miei fottuti Pokemon, giuro
su Dio, che ti verrò a cercare fino in capo al mondo e ti ucciderò nel
sonno! Tu ..."
"Oh, questo non mi preoccupa," disse senza problemi il capo del
Team Rocket. "Non ho in mente di lasciarvi vivere. Perciò a meno che
tu non voglia inseguirmi nella tua prossima vita, ti consiglio di trovare un
altro piano."
Gli occhi di Gary si spalancarono leggermente, e tutto il suo corpo fu
percorso dalla rabbia.
L'espressione di Ash non era cambiata, guardava ancora la stanza con una
sorta di assente euforia.
"Questo non ha sfere poke, Capo," disse lo scagnozzo, mettendosi
in piedi. "Solo un coltello e un telefono. Con questo ho finito."
Giovanni corrugò la fronte e si volse verso Ash. "Dove sono i tuoi
Pokemon, ragazzo?"
Il viso del ragazzo si incupì, l'unica traccia di sanità mentale che aveva
tradito fino a quel momento. I suoi occhi si abbassarono verso il suolo
mentre diceva, "Ne avevo solo uno. Lei ... lei è morta ieri."
Giovanni corrugò la fronte ancora di più, e la caratteristica nuvola
d'odio cominciò a scendere su di lui, il suo buon umore era sparito.
"Uccisa in qualche epica battaglia di Pokemon, presumo. Le si
addice."
Gli occhi di Ash volarono sul viso dell'uomo, sorprendendolo con la loro
intensità.
"E' stata investita da una macchina," ringhiò.
Giovanni rimase fermo a fissare il ragazzo. "Beh, se i tuoi Pokemon
sono nascosti da qualche parte, marciranno nelle loro sfere poke. O vengono
con noi del Team Rocket o muoiono, abbandonati, in qualche cantuccio. A te
la scelta," disse scrollando le spalle.
"Te l'ho detto. E' morta."
Giovanni lo fissò di nuovo con odio. Stava per parlare, ma lo squillo
familiare di un cellulare lo interruppe. Sibilò fra i denti mentre tirava
fuori il telefono dalla tasca, "Sì. Sarà meglio che sia una cosa
importante." Rimase in silenzio per un attimo mentre una voce radiava
dal telefono. Annuì brevemente. "Va bene," disse, e riattaccò.
"Va a prendere l'infermiera e quella dannata ragazza. Adesso sfondiamo
la porta e usciamo di qui," disse a una ragazza che gli stava di
fianco, che trotterellò giù per il corridoio, parlando in una radio mentre
se ne andava.
Ash ritornò alla vita quando sentì il piano di Giovanni, buttandosi di
peso contro gli scagnozzi. Il suo assalto inaspettato sorprese le guardie
che lo tenevano e lui riuscì a liberarsi dalla loro stretta oppressiva,
quindi cercò di buttarsi contro Giovanni.
Ma fece solo qualche passo prima di essere di nuovo catturato. Furioso,
urlò.
Non potete farlo! Non potete farlo, avevate detto che non lo avreste fatto!
NON POTETE FARE QUESTO!"
Il capo di limitò a ridere e si girò di nuovo verso la finestra. "Ma
certo che sì." Si rivolse ai suoi uomini.
"Portateli alle macchine, finrò di ... discutere ... con loro più
tardi. E, per l'amor del cielo, non metteteli insieme." Squadrò i due
ragazzi. "Non vogliamo certo che si facciano venire in mente di
scappare o cose simili.
Ash sedette nella macchina ferma e osservò con discostato interesse Gary
che si dimenava con tutte le sue forze. Per una ragione che andava oltre la
mente completamente confusa di Ash, si stava opponendo violentemente a essere
sbattuto nel retro del grosso furgoncino nero. Aveva la schiena rivolta verso la
porta aperta della macchina, mentre le sue mani e i suoi piedi erano stretti ai
lati della porta stessa. La strada era scivolosa per il ghiaccio, e gli
scagnozzi stavano faticando parecchio a trovare il giusto appoggio per spingere
il ragazzo dentro il furgone. Due furgoni più grandi erano parcheggiati davanti
a quello dove stavano loro e due dietro, fra il malvoluto mezzo di trasporto di
Gary e l'identica macchina in cui era stato rinchiuso Ash. Sembrava che l'uomo
seduto alla guida della macchina di Ash stesse ridendo di fronte allo
spettacolo, ma Ash riusciva a malapena a sentirlo attraverso lo spesso vetro
antiproiettile che separava il retro dalla parte anteriore.
Sentì un esplosione
soffocata eppure allo stesso tempo violenta provenire dal Centro per Pokemon,
mentre la porta della cassaforte veniva forzata. Si immaginò di essere uno dei
proprietari di quei Pokemon, e di scoprire la mattina dopo che il suo prezioso
compagno, allevato con così tanta cura, era stato fatto a pezzi da alcuni
uomini senza pietà. Certo, solo un sesto delle sfere poke contenute nella
cassaforte avrebbe ricevuto un qualche danno e solo un settimo sarebbe stato
completamente distrutto. Ma era una perdita inaccettabile.
Ash si era scoperto, sperando di salvare le vite di quelle creature innocenti. E
aveva fallito. Premette la faccia contro il vetro ghiacciato della finestra. Per
come si sentiva in quel momento, gli sarebbe andato bene essere stato spazzato
via anche lui dal botto.
Vide flotte di figure vestite di nero filtrare attraverso la porta del Centro
per Pokemon, tutte che trasportavano grosse borse metalliche sopra le spalle. Il
rosso e il bianco di centinaia di sfere poke potevano essere visti nella debole
luce della strada. I membri del Team Rocket furono caricati nei furgoni. Alcuni
di loro rimasero ad assistere quelli che avevano problemi con Gary, e il ragazzo
fu presto sbattuto dentro la macchina. Un'altra persona veniva spinta in quel
momento nella macchina di Gary.
Sembrava l'infermiera Joy. Lo stomaco gli si rivoltò mentre pensava a lei,
quella povera ragazza, che stava per morire per solo perchè si era trovata al
posto sbagliato al momento sbagliato. Ash alzò lo sguardo, stupito, quando la
porta di fronte a lui fu aperta.
Una ragazza dai capelli rossi, piccola e pallida fu buttata senza troppi
complimenti sul sedile posteriore, mentre la porta sbatteva dietro di lui.
La bocca di Ash si spalancò di un poco. Il cuore cominciò a battergli forte
quando capì chi era. La ragazza si sistemò i vestiti e si mise seduta,
rivelando alla vita la grossa 'R' stampata sulla maglietta.
La ragazza si paralizzò, inorridita. "Ash?" disse con un fil di
fiato. "Io
..."
Fu interrotta dalle mani del ragazzo, strette intorno al suo collo. Cercò
disperatamente di divincolarsi, ma la sua stretta era salda.
"Cristo, la sta ammazzando!" gridò uno degli scagnozzi. Maneggiò di
fretta le chiavi dentro il lucchetto della porta. Il membro del Team Rocket alla
guida si girò, e cominciò a ridere più forte, vedendo Ash che cercava con
disperazione di togliere la vita alla ragazza. L'uomo riuscì infine ad aprire
la porta e a tirare Misty fuori dalla macchina. Lei cadde a terra, quasi priva
di conoscenza. Lo scagnozzo entrò nella macchina e colpì con un pugno Ash alla
mascella come meglio poteva, visto il piccolo spazio offerto dalla macchina. La
testa di Ash andò a sbattere contro la finestra opposta, dolendogli in entrambi
i punti che erano stati colpiti. Sgranando gli occhi, sentì le lacrime
cominciare a bagnargli gli occhi. Registrò con la mente l'immagine delle altre
macchine e furgoni che partivano e li lasciavano indietro a seguirli dopo,
mentre l'uomo tirava fuori un paio di manette e le attaccava alla maniglia sopra
la finestra. Ash non oppose resistenza mentre veniva legato; era troppo scosso
emotivamente per reagire ancora in modo violento. L'uomo uscì dalla macchina e
tirò su Misty per un braccio. Lei si scosse un po' e si pulì i pantaloni dalla
neve prima di rientrare nella macchina. Mentre la porta si chiudeva, lei si
avvicinò e diede uno schiaffo ad Ash. Lui fece una smorfia, ecco un altro punto
della sua testa che cominciava a fargli male. Misty si girò in silenzio
dall'altra parte e incrociò le braccia sopra il petto sdegnosamente.
"Ash non si sarebbe lasciato intimidire. "Tu. Allora è tutta colpa
tua, eh?" ringhiò, appoggiando la testa sopra le braccia alzate.
"Non pensi che mi ci senta male?" rispose lei subito.
"No," sibilò lui.
La rabbia della ragazza si attenuò un poco. Il suo viso rimaneva teso, ma i
suoi occhi e la sua voce si erano addolciti. "Beh, invece sì. Ho cercato
di ... volevo fermarli. Ma non c'era niente che potessi fare, così ..."
"Ti sei salvata il culo e ci hai lasciati nella merda," finì il
ragazzo, tagliente.
La rabbia e la decisione di Misty sparirono del tutto. Sniffò appena, girandosi
verso la finestra. "Mi sono salvata il culo e vi ho lasciati nella merda,"
ripetè velocemente. "Mi dispiace."
La macchina sobbalzò quando il guidatore tolse velocemente il freno e la fece
scivolare di fretta sopra il cumulo di neve che si era accumulato davanti al
cofano. Ash fissò il pavimento, concentrandosi sul dolore acuto che sentiva
all'anca, dove aveva infilato prima la sfera poke di Vulpix. Non sapeva da dove
gli fosse venuta l'idea, non si era certo immaginato di dover fuggire. Poteva
dirsi quasi posseduto in quel momento, non aveva nè parlato nè pensato di sua
volontà. Gli era semplicemente ... venuto fuori. Era immensamente felice che
fosse successo però. La sua chiarezza mentale sarebbe stata opinabile adesso se
avesse saputo che il suo unico pokemon nella mani di quel ... quel mostro. Si
sentiva male alla sola idea di un pokemon ucciso per nesun'altra ragione se non
l'egoismo di quell'uomo malvagio. Cercò di allontanare il pensiero dei
proprietari dei Pokemon dalla sua testa, concentrandosi nuovamente sul punto in
cui la piccola sfera stava premendo contro la sua gamba dentro lo stivale. Non
sapeva nemmeno come fosse riuscito a metterla lì dentro così facilmente. Forse
la sua fortuna stava finalmente aumentando.
Certo, pensò. Hai una buona possibilità media di morire stanotte, e pensi di
essere fortunato?
Sentì Misty sniffare di nuovo, piano e alzò lo sguardo. La ragazza sembrava
sull'orlo di scoppiare in lacrime.
Bene, pensò.
Si rimproverò mentalmente da solo. Era stato duro con lei, e lei era già
evidentemente pentita. Se lui e Gary dovevano essere 'sistemati', non era forse
destinata anche lei a ricevere lo stesso trattamento? Era ovvio che lei non si
trovava così a suo agio con l'idea della sua imminente morte, così come invece
era lui.
Dannazione, pensò. Sta per morire per qualcosa che non aveva quasi niente a che
fare con lei, ed è colpa mia. E non solo, ma ho persino cercato di ucciderlo.
Un'altra vita rovinata. Bravo, Ketchum.
"Misty," disse, a bassa voce. "Mi .. mi dispiace. Non volevo ...
beh, lo sai, cercare di ... non volevo farti del male, è stata solo .. una
reazione naturale. Mi dispiace." Si chinò in avanti di poco, cercando di
guardare il viso della ragazza.
Brutus lanciò un'occhiata al sedile posteriore. "Chissà di che parlano,
Nicky?" chiese al suo compagno.
"Non me ne frega niente," bofonchiò Nick, cercando di concentrarsi
sulla guida. Le strade erano assolutamente impraticabili, completamente
ghiacciate. La nebbiolina creata dalla neve non era certo di aiuto, così come i
cumuli di neve sulla strada. Erano parecchio indietro rispetto al gruppo, a
causa dell'improvvisa scenata del loro passeggero maschio che li aveva fatti
ritardare sulla tabella di marcia. Forse a Brutus non importava, ma Nick non
voleva essere licenziato.
"Sono carini," continuò il suo compagno. "Pensi che sono una
coppia?"
"Perchè una coppia dovrebbe cercare di ammazzarsi?" rispose Nick,
spazientito.
Brutus scrollò le spalle. "Forse fanno quel tipo di cose."
Nick alzò gli occhi al cielo. C'erano un paio di luci che si stavano
avvicinando, e lui cercò di andare il più a destra possibile nella carreggiata.
L'altra macchina imitò il suo movimento, abbracciando le spalle delle strada.
Nick chiuse gli occhi per un secondo, l'aria calda del riscaldamento della
macchina gli dava fastidio alle lenti a contatto e rendeva la sua visione
sfocata. I suoi occhi si focalizzarono un po' meglio dopo, e capì che ora che i
fari dell'altra macchina erano proprio di fronte a loro, in rapido
avvicinamento. Per un attimo pensò di avere le visioni e che la macchina non
fosse nel senso di marcia sbagliato, che veniva addosso a loro. Non aveva senso,
pensò mentre spostava il piede sul freno. Perchè avrebbero dovuto dribblare
all'improvviso nel traffico in avvicinamento? Solo allora notò che la macchina
stava scivolando verso di loro con un elegante movimento arcuato. Con la
coda dell'occhio scorse un grande Dodrio che correva per la strada. Beh,
sicuramente quella vista poteva innervosire qualcuno, no? pensò mentre i freni
a mano ruggivano contro la strada ghiacciata. Ironico, come tutto si era
allineato perfettamente perchè questo accadesse. Doveva essere il
destino. Sterzò leggermente verso sinistra, sperando in questo modo di uscire
di strada. Le due macchine si scontrarono con un urlo di metallo schiacciato e
vetri infranti, ed entrambi i veicoli furono buttati all'indietro dall'impatto.
La loro macchina finì nel fossato, col lato del guidatore schiacciato contro un
albero. L'ultimo pensiero di Nick era rivolto all'incredibile capacità
manipolativa del destino. E poi tutto divenne scuro.
Tutto faceva male da morire. Misty aprì gli occhi, quasi timorosa di quello
che avrebbe potuto vedere. Si alzò dal pavimento del sedile posteriore.
Sembrava non si fosse rotta niente, anche se, come aveva notato prima, tutto
le doleva da morire. Lanciò un'occhiata al sedile anteriore e scostò
immediatamente lo sguardo. Non era mai stata brava a confrontarsi col sangue, e
ce n'era in abbondanza nella metà anteriore della macchina. Cercò di aprire la
porta, riparandosi lo sguardo dalla scena sanguinolenta. Era chiusa, e la porta
era stata manipolata in modo da non poter essere aperta dall'interno. Spergiurò
piano.
"Ahh, merda ..." mormorò una voce dall'altro lato della macchina.
Misty fece un balzo. Si era quasi dimenticata che Ash era in macchina. Si
avvicinò a lui con la testa abbassata, per non dover guardare davanti. "Hei,
Ash, stai bene?" disse, andando a vedere le manette. I suoi polsi
sanguinavano parecchio; avevano assorbito la maggior parte del contraccolpo
causato dall'improvviso movimento di Ash., ma i bordi metallici sembravano aver
evitato le arterie principali. La carne era tagliata, e l'osso del polso destro
era scoperto.
"Scusa," mormorò. "Sei ferito da qualcun altra parte?" Il
ragazzo fece una smorfia e annuì. "Dappertutto credo. Ma niente di
serio."
Aveva un taglio sulla fronte, nel punto in cui era andato a sbattere contro la
porta, facendo cadere sangue sopra l'occhio. Misty annuì. "Io .. le porte
sono bloccate. Come usciamo fuori di qui?" Ash strinse di nuovo i denti,
mentre alcune scosse di dolore gli percorrevano il braccio. "Ho una sfera
pokè nello stivale. E' Vulpix, dovrebbe essere in grado di sfondare la porta
con un Tackle." Allungò la gamba sinistra, gemendo per il dolore quando i
suoi polsi si sfregarono leggermente contro le manette. "Dovrai prendere le
chiavi delle manette da quel tipo di fronte," disse. Misty rabbrividì.
"Ash, hai guardato davanti? Non farlo, se non hai ancora
visto," aggiunse. Ash guardò lo stesso, e fece una smorfia quando i suoi
occhi si posarono sui sedili anteriori. "Brutta storia, eh." Trattenne
il fiato mentre un'altra scossa di intenso dolore andava ai suoi polsi. Misty
annuì nuovamente, corrugando la fronte. Prese il piede di Ash e tolse lo
stivale. La sfera pokè le cadde in mano, e la piccola volpe di fuoco si
materializzò con una luce bianca e rosa.
Vulpiz si guardò intorno, confusa. "Hey, piccola," disse piano Ash.
"Potresti sfondare quella porta per noi?" Fece segno verso la porta
sul lato di Misty. Misty si spostò dalla parte di Ash in modo da dare spazio al
pokemon. La volpe abbaiò, si accucciò e si butto contro la porta. Quella
ringhiò per protesta, ma rimase intatta, con una sola piccola scalfitura.
"Non è abbastanza forte," sospirò Misty, temendo l'arrivo della
polizia, o - peggio- del Team Rocket alla ricerca della loro macchina mancante.
Ash si leccò le labbra. "Va bene, Vulpix. Basta che tieni gli occhi chiusi
e punti al vetro, okay?"
"Vul!"
Il Pokemon abbaiò ancora e si accucciò nuovamente, questa volta saltando più
in alto e colpendo il vetro con la spalla. Sulla finestra apparve una ragnatela
di fratture. "Bene! Vai così"!" gridò Ash incoraggiandola.
"Vai avanti, ce l'hai quasi fatta!" Qualche attacco in più e la
finestra era completamente frantumata, ma ancora al suo posto. Misty fece
rientrare il Polemon e lo rimise dentro lo stivale di Ash. Diede qualche pugno
alla finestra, col viso girato dall'altra parte per evitare i frammenti. Il
vetro si ruppe sotto le sue mani. Una ventata di aria fredda entro nell'auto,
colpendo i polsi feriti di Ash. Misty staccò gli ultimi pezzi di vetro e passò
nel buco creatosi, atterrando tremante sulla neve fuori. Si morse il labbro e si
diresse verso la porta anteriore. Era aperta, e si aprì abbastanza facilmente,
quasi come se il resto della macchina non fosse deformato oltre il
riconoscimento. Misty fece un passo all'indietro sentendo l'odore agrodolce e
ramato del sangue fresco diffuso nell'aria. Si irrigidì e costrinse i suoi
piedi a portarla verso la macchina. Tenendo gli occhi fissi sul terreno il più
possibile, pregò tutti gli dei che le chiavi delle manette fossero nella tasca
destra dell'uomo. Infilò le mani nella tasca dei pantaloni, ancora rifiutandosi
di osservare lo spettacolo sul sedile anteriore. Le sue mani si strinsero su una
calda chiave di metallo, e lei sospirò sollevata. Tirando le chiavi fuori dal
.. beh, poteva supporre che fosse morto ... dalla tasca dell'uomo morto, si
ritirò in fretta e andò verso la parte posteriore della macchina. Passò di
nuovo senza troppa cura attraverso il vetro e aprì gentilmente le manette di
Ash, facendo del suo meglio per non premerle contro i suoi polsi. Ash brontolò
per il dolore mentre abbassava le braccia, roteando le spalle in prova. Prese il
suo stivale e se lo rimise al piede, cercando di muovere gli avambracci il meno
possibile.
"Penso di essere tutto intero. E tu .. stai bene?" Misty annuì
nonostante il mal di testa feroce, il male alla schiena, il dolore che sentiva
per tutto il corpo e la nausea legata alla vista a cui aveva appena assistito.
Si era colpita col retro dei sedili anteriori di striscio. Si chiese per un
attimo a come si sarebbe sentita in quel momento se non fosse stata lontana
dalla finestra, e se avesse colpito con la testa il vetro antiproiettile.
Rabbrividì nuovamente. Uscì di nuovo dalla finestra e si girò per aiutare Ash
a passare a sua volta.
"E' un miracolo che entrambi siamo sopravvissuti," commentò lei.
Ash annuì appena. "Forse la fortuna gira finalmente dalla nostra."
"Non fortuna," mormorò lei. "Credo sia più il destino."
Si affrettarono ad allontanarsi dal luogo dell'incidente, evitando di guardare
del tutto l'altra macchina coinvolta. Una volta che furono abbastanza lontani
dalla strada, il due si fermò per un momento. Sospirando, Misty si tolse la
giacca e si tolse la maglia nera dell'uniforme del Team Rocket, restando con
addosso solo un dolcevita bianco piuttosto sottile. Rabbrividì immediatamente e
si affrettò a rimettersi la giacca. Rigirò la maglia fra le mani, cercando il
punto più semplice per poterla rompere. Tirò ad una cucitura, ma il tessuto
non sembrava voler cedere. Ringhiò e tirò più forte. Ash ridacchiò
debolmente, divertito dalla frustrazione della ragazza. Lei si girò e fece un
paio di passi minacciosi nella sua direzione, con le mani strette in pugni. Ash
rise più forte.
"Ash Ketchum, stronzo! Eccomi qui, che cerco di aiutarti dopo che tu hai
cercato nientemeno che di UCCIDERMI, e osi ridere di me!"
L'espressione del ragazzo si addolcì, e divenne all'improvviso serio. "Hai
ragione. Mi spiace. Non avrei dovuto attaccarti prima, sono stato ... un
bastardo, direi. Scusa."
Misty aggrottò la fronte. Non poteva rimanere arrabbiata se si scusava in quel
modo.
"Io ... no, dovrei essere io a scusarmi. E' stato orribile quello che
ho fatto. Se ti fa sentire meglio, mi odio per questo."
Tirò la maglia un poco di più, e fu ricompensata con un piacevole suono di
strappo che segnalava il materiale che cedeva fra le sue mani.
Quindi si mise a rompere la maglia in strisce più sottili. Ash rimase in
silenzio mentre lei gli annodava i nuovi bendaggi intorno ai polsi. Fissò il
pavimento pensoso, concentrandosi sul freddo che sentiva ai piedi per cercare di
non pensare al dolore che sentiva alle braccia.
"Va tutto bene. Spiace a entrambi, perciò lasciamoci dietro questa
cosa." Si morse il labbro mentre Misty stringeva l'ultimo pezzo di stoffa
intorno al suo polso. La ragazza annuì a sua volta. "Ora come ora,
dobbiamo decidere cosa fare," continuò Ash. "Non posso lasciare Gary
a ... dobbiamo seguirli. Mi mostri come andare lì?"
Misty annuì nuovamente. "Però è a circa venti miglia fuori dalla città.
C'è bisogno di una camminata di almeno due ore, con un tempo buono, sulle
strade. Non ho idea di quanto ci voglia fra i boschi attraverso un 40 centimetri
di neve."
Magari Giovanni non avesse preso i loro cellulari.
Ash si morse il labbro mentre pensava. "Quanto pensi che siamo lontani
dalla città?"
"Non ne sono sicura. Non dovremmo essere troppo lontani, siamo stati in
macchina solo per pochi minuti. Non starai per caso pensando di prendere un taxi
o qualcosa del genere?
"Perchè no?"
"Non hai guardato i telegiornali? Tu e Gary siete ricercati."
Ash sembrava confuso."Sì .. ma siamo ricercati da tre anni ormai.
Finora nessuno ci ha presi."
"Ma... Ash, dopo la retata..." sbuffò, frustrata.
"Giovanni ha dei legami nella polizia. No, dimentica quello che ho detto,
praticamente è lui la polizia. Dopo che tu e Gary non siete venuti fuori nella
retata, ha fatto tappezzare tutta la città di vostri manifesti. Le vostre facce
sono in tv ogni notte."
ASh la fissò con occhi vacui, poi deglutì. "Davvero?"
"Pensavo che te ne saresti reso conto."
"Siamo stati piuttosto occupati." Toccò le bende intorno al suo
braccio. "Beh, non riusciremo ad arrivare a piedi al Quartier Generale del
Team Rocket con questo tempo. Andiamo."
Cominciò a farsi largo tra la neve in direzione di Vermilion.
"Cosa faremo?"
Ash sospirò. "Penserò a qualcosa."
Jessie e James sedevano al terminal 14 in un confortevole silenzio, entrambi
persi nei loro pensieri. A un qualunque osservatore esterno, sarebbero parsi
fratello e sorella. Le loro mani erano debolmente appoggiate sui braccioli delle
loro sedie unite. I piedi di James si muovevano sotto la sedia come quelli di un
bambino impaziente. I suoi occhi erano fissi sui due biglietti che aveva in
mano, mentre la superficie liscia della carta si piegava sotto le dita strette.
Il suo intero corpo era scosso dall'adrenalina, dall'eccitazione e
dall'impazienza. Finalmente ce l'aveva fatta, era finalmente libero. Libero di
amare chi volevo, libero di essere se stesso con pieno abbandono, senza doversi
sempre curare di quale fosse la cosa più corretta da fare. Cercò di
trattenersi dal ridere. La sua mente era un vortice di possibilità. I due
biglietti per l'Isola Charteuse erano il centro del suo mondo adesso, e ogni
strada del suo futuro partiva da quelle due strisce di carta. Sentì a malapena
lo squillo di un telefono vicino, e lei che gli lasciava la mano. Un attimo dopo
Jessi si alzò, disturbando i suoi pensieri. La vide fare qualche passo
allontanandosi e rimettendo il telefono nella borsa. Andò a prenderle la mano.
"Chi era? Va tutto bene?"
Jessie si morse il labbro e deglutì pesantemente, tirando un'occhiata ai
biglietti stretti fra le mani di James. "Ecco ... c'è un problema."
Gary cercò di non farsi prendere dal panico, dovuto alla voglia che aveva
di scappare. Sentiva che c'era qualcosa che non andava, e la cosa andava oltre
il 'venire uccisi da membri della Mafia dei Pokemon'. Pareva che il tremendo
piano del Team Rocket non stesse andando tanto liscio. Dal momento che non era
ancora morto. Adesso era chiuso in un ripostiglio con l'infermiera Joy, che si
trovava in una sorta di stato catatonico. Probabilmente dovuto alla paura. Lui
stesso era quasi sul punto di svenire. Erano lì dentro da almeno mezz'ora, in
attesa di ... qualcosa. Non aveva visto Ash da quando avevano lasciato il
Centro. Era questo ciò che lo spaventava di più. C'era una parte fastidiosa
del suo cervello che continuava a mettere Ash al centro dei suoi pensieri. Figlio
di puttana di un Ketchum, pensò. Dove diavolo sei?
La macchina di James non apparteneva a quella parte della città. Andava
cauta, lenta sotto la luce arancione prodotta dai lampioni. Il nervosismo si
estendeva al guidatore e al passeggero. Negli occhi del guidatore si accese una
scintilla quando osservarono un cartello stradale, e la BMW nera frenò
dolcemente. Il passeggero uscì dalla macchina e tirò avanti il suo sedile, per
permettere e due figure rannicchiate di uscire da un vicolo ed entrare nella
macchina. Li seguì poi dentro la macchina e chiuse la porta con la sicura non
appena le fu possibile. Jessie sospirò appena e fece un segno con la mano verso
il sedile posteriore.
"James, questo è Ash. E Misty." Adocchiò la ragazza con fare freddo.
Allora era questa la spia, la spina nel fianco del Movimento. No, non era
esatto. 'Spina nel fianco' implica che la spina e l'intero fianco ancora
esistano. Il Movimento era finito. Non c'era più modo che potessero tornare a
nascondersi, dopo che la maggioranza dei loro membri era stata catturata e i
loro due leader erano entrambi ricercati dalla polizia e dal Team Rocket.
L'allenamento dei Pokemon era ufficialmente finito. Strinse forte la mascella,
ignorando i saluti scambiati, il freddo, il mondo e cercando di mantenersi
calma. L'intera giornata era come un sogno. Non aveva pianto per tutta la
mattina per la fine della sua prima vera storia d'amore, poi non era scappata
dal suo appartamento inseguito da uomini grossi e vestiti di nero. Non era stata
seduta in aeroporto, a mezz'ora dallo sparire da questo mondo per apparirne in
un altro nuovo e migliore. Non aveva accettato di far parte di questa ... questa
... oh, mio Dio, poteva morire stanotte. Doveva essere un sogno, concluse. Si
sarebbe svegliata fra poco, con Meowth seduto sulla sua pancia, che miagolava
per ottenere la sua colazione. Si sarebbe alzata e si sarebbe vestita, pronta
per andare al suo insignificante lavoro, per poi tornare alla sua vuota e scura
casa e poi andare di nuovo a dormire. Nemmeno quella era una bella prospettiva.
Jessie si rese conto che le piaceva quasi di più il sogno della realtà. Erano
già fuori dalla città, registrò la sua mente annebbiata. Le strade erano
impraticabili. Notò due macchine sul ciglio della strada, e una di colore nero
era adagiata contro un albero. Sentì un mugolio strozzato provenire da Misty,
mentre la ragazza nascondeva il viso sotto la giacca. Jessie si girò appena e
vide Ash con la mano appoggiata sulla spalla della ragazza. Stupido, pensò. Si
era affezionato a lei, e quella lo aveva già rovinato. Si rivolse di nuovo
verso la finestra, anche se non c'era niente da vedere a parte la grigia
uniforme del cielo e la neve. La macchina stava rallentando. Alzò lo sguardo,
mentre il nervosismo, l'eccitazione e la paura al contempo le facevano venire la
pelle d'oca. Un edificio scuro e basso stava di fronte a loro a una certa
distanza, nascosto sotto gli alberi.
Misty sniffò dal sedile posteriore. "E più grande di quel che
sembra," disse. "Ci sono sei piani sotterranei. La cassaforte dove
sono le sfere pokè si trova sicuramente al sesto piano. E' una strada piuttosto
lunga, ma non difficile da trovare, e se entrate da dietro non vedrete
probabilmente niente finchè non avrete raggiunto proprio la cassaforte."
James annuì piano. "Andiamo io e Jessie allora? Se è facile da trovare,
allora non dovrete farci vedere come arrivare lì ... "
"Credo di sì, anche se devo darvi dei codici di accesso. Avete una penna?
Grazie," disse la ragazza, prendendo la penna e cercando nelle tasche un
pezzo di carta. Scrisse alcuni caratteri di fretta, poi passò il foglietto sui
sedili anteriori e ridiede a James la sua penna. Jessie aggrottò la fronte. Lei
e James sarebbero dovuti entrare da soli nei quartieri del Team Rocket? Misty
continuò a parlare. "Ash e io andiamo sopra, verso l'ufficio del capo.
Quasi sicuramente Gary e l'infermiera si trovano lì vicino, e sono quasi certa
che siano entrambi vivi. Lui probabilmente ha appena saputo dell'incidente e
starà mandando una squadra di ricognizione. E ancora non ha tutti i Pokemon di
Gary, quindi cercherà di farsi dire dove sono. Penso che questo lo terrà vivo
almeno finchè non arriviamo lì."
James annuì di nuovo ed entrò con la macchina nel vialetto dell'edificio.
Quasi un quarto di miglio più in là, c'era un incrocio. Girò a sinistra e
parcheggiò la macchina ad una strana angolatura, sperando di farla sembrare
abbandonata dopo un incidente cosicchè il Team Rocket non la portasse via prima
che avessero la possibilità di tornare in città. Naturalmente, se uscivano
dall'edificio.
I quattro uscirono dalla macchina e rimasero in piedi per un attimo. La foresta
intorno a loro era nascosta dalla neve fresca, e ogni movimento e suono veniva
attutito dalla forza del silenzio. Ash fece un grosso respiro. "Suppongo
sia ora. Pronti?" lanciò un'occhiata al gruppo - Jessie si trovava ancora
nel grosso maglione e pantaloni di pigiama che aveva indossato quel pomeriggio
quando era stata cacciata da casa sua, coperta dalla giacca che James le aveva
prestato; James indossava una cravatta perfettamente annodata e Ash e Misty
avevano i vestiti sporchi di sangue. Gli occhi di Ash rimasero su Misty per un
altro momento e lei alzò il viso per incontrare il suo sguardo. Sorrise,
rabbrividendo per il freddo e l'eccitazione. Potevano ancora andarsene, pensava
lui. Poteva andare da un'altra parte del paese e cambiare il suo nome. Sarebbe
andata probabilmente bene. Almeno fisicamente parlando. Rimuginò quel pensiero
nella mente, e poi sorrise appena. "Va bene. Andiamo." I quattro
iniziarono a trotterellare lungo la strada, col freddo che li mordeva sotto i
vestiti. Ora era tutto nelle mani del fato. All'entrata dell'edificio, si
nascosero nel bosco. Misty tirò James di lato e gli bisbigliò gli ultimi
consigli. Lui annuì e fece un segno in direzione di Jessie. I due sparirono
nell'oscurità della foresta e della notte.
Misty osservò Ash per un momento.
"Seguimi, va bene?"
I due si fecero largo tra la neve verso una porta
di servizio che si trovava su un lato dell'edificio.
Jessie e James si
abbracciarono un'ultima volta davanti alla porta. Jessie represse l'istinto di
piangere per la milionesima volta quel giorno, mentre James premeva i codici di
accesso della porta e spariva dentro l'edificio. Lo seguì anche lei, col cuore
in gola. Era molto scuro dentro. Fuori, vi erano state alcune luci a guidarli,
ma i corridoi di fronte a loro erano completamente bui e silenziosi, quasi come
le vie dell'Inferno. Jessie si appoggiò a un muro, e sentì James che le
prendeva la mano. Apparve una piccola luce, e vide James con in mano una piccola
penna luminosa. Gli strinse la mano. Lui sorrise e si diresse giù lungo il
corridoio. L'edificio era freddo. Non di un freddo amaro e doloroso, così come
era stato fuori, ma di un freddo quasi dimenticato, come se il padrone
dell'edificio fosse morto da anni e solo l'edificio fosse sopravvissuto,
abbandonato a se stesso. Rabbrividì senza volerlo e si premette ancora id più
contro James, sistemando lo zaino vuoto di lui sulle proprie spalle. Raggiunsero
un'altra porta, e James puntò la lucina verso il pezzo di carta che aveva in
mano, quindi condusse Jessie lungo il corridoio.
Ash si accucciò accanto a una
porta, portando Misty dietro di lui, mentre il corpo era scosso da una carica di
adrenalina. Una guardia passò all'angolo dell'edificio, completamente ignara.
Dopo che fu passata, Ash lanciò di nuovo un'occhiata fuori dalla porta e si
diresse nella direzione opposta. Ormai erano cinque che schivavano e si
nascondevano, facendo progressi dolorosamente lenti verso l'ufficio del capo. La
sala davanti a loro appariva vuota. Misty gli diede una lieve gomitata e
bisbigliò, "Le scale non sono troppo lontane. Dopo non dobbiamo far altro
che raggiungere il retro dell'edificio."
"Ma che facciamo dopo?" Ash
deglutì.
"Non lo so. Stiamo semplicemente aggirando l'ostacolo,
okay?" La ragazza lo guardò come se fosse pazzo. "Aggirando?"
"Beh? Ti aspettavi che avessi qualche geniale asso nella manica, un qualche
piano brillante? Già sono sorpresa che siamo arrivati fino a qui ... merda!"
la spinse in un corridoio vuoto, quando sentirono alcune voci che riecheggiavano
nella sala. Altri due scagnozzi del Team Rocket passarono loro accanto. Ash
lanciò uno sguardo a Misty e lei fece segno con la mano verso destra e con le
labbra disse, "scale". Lui annuì una volta e, dopo aver controllato
che le guardie fossero oltre l'angolo, corse verso la fine del corridoio. La
porta che dava sulle scale era proprio davanti a lui, girato l'angolo. Liberò
dalla cintura la sfera di Vulpix, facendo una smorfia quando il dolore ai polsi
gli ricordò del loro precedente incidente. Aprì la porta con una sola mano,
mentre il pollice dell'altra era pronto a premere il bottone di rilascio della
sfera poke. Misty passò di corsa a testa bassa per la porta e poi corse giù
per le scale, quindi Ash la seguì.
I due si fermarono, col respiro affannato.
Jessie scese gli ultimi due scali, con la schiena che le faceva male per i sei
piani che aveva dovuto scendere di corsa. James si fermò davanti alla porta che
dava sul corridoio, e lei evitò per un pelo di finirgli addosso, mandandolo
fuori dalla finestra. Lui aprì la porta e fece un passo nel corridoio,
sgranando gli occhi quando la luce glieli riempì. Le scale erano a malapena
illuminate, e la sala prima era buia, ma il sesto piano interrato era
completamente acceso. James rimise la penna dentro la tasca della giacca e si
guardò ancora una volta intorno.
Vulpix si materializzò con uno bagliore di luce bianca, e le scale
brillarono mentre appariva. La volpe mugolò piano e saltò sulla spalla di Ash,
sentendo il nervosismo del suo padrone e facendolo proprio all'istante.
L'allenatore scorse lo sguardo del suo Pokemon per un attimo, e gli occhi della
volpe brillarono. Un breve e invisibile raggio passò fra di loro quando, come
un'ondata, la realtà di quello che era accaduto colpì l'animale. Ash ora era
sicura. Lei sapeva.
James guardò oltre l'angolo con circospezione, poi voltò indietro verso
Jessie. "Ce ne sono solo due," bisbigliò. Jessie guardò dietro di
lui e vide due grossi omoni che stavano testardamente fermi fuori la porta di
una cassaforte vecchio stile. Deglutì con forza quando James saltò fuori e
corse incontro alle guardie. Lo seguì subito, col foglio coi codici di accesso
stretto nel palmo sudato. Fece una smorfia nel vedere James che andava a
sbattere contro una delle guardie, che aveva proprio l'aspetto che aveva
immaginato. Difatti, quasi tutti era come lo aveva immaginato, tranne la porta
della cassaforte. Ora anche la seconda guardia era su James, ed entrambe erano
abbastanza distratta da non notare una piccola rossa che digitava i codici di
accesso della cassaforte e vi entrava dentro, chiudendo la porta dietro di sè.
Ora toccava a James tirarla fuori; avevano concordato che sarebbe stato più
saggio farla stare dentro la cassaforte mentre metteva in salvo i Pokemon. James
le avrebbe aperto da fuori, una volta che si fosse accertato che le guardie
fossero fuori gioco. La grossa porta si chiuse dietro di lei, riempiendo la
piccola stanza di un'oscurità quasi palpabile. Jessie maneggiò la piccola
penna che James le aveva dato e finalmente riuscì ad accenderla.
C'erano sacchi e sacchi pieni di sfere poke davanti a lei. Spalancò gli
occhi. Come diavolo avrebbe potuto portare tutta quella roba fuori di lì? Le
sfere erano espanse, e non nella loro forma compatta. Per immagazzinarle,
generalmente le sfere venivano tenute alla loro dimensione massima, dal momento
che era più facile che in questo modo l'ossigeno arrivasse ai Pokemon dentro di
loro. Al Centro, le sfere erano tutte espanse, e Jessie pensò che non avevano
avuto il tempo di rimpicciolirle tutte prima di andarsene. Le ci sarebbe voluta
una vita ... Sospirò, aprì lo zaino, e afferrò il primo sacco di sfere pokè.
Gary non cercò di divincolarsi mentre diversi uomini portavano lui e Joy per
il corridoio. Era finita, pensò. Appena ventunenne e la sua vita era già
finita. Sperava che Ash stesse bene, ovunque si trovasse. Non aveva potuto
nemmeno dirgli addio. I due ostaggi vennero spinti dentro una stanza grande, ben
illuminata e finemente arredata. Sedie di pelle e divani coprivano il pavimento,
e un grosso camino brontolava su un lato. Al centro della stanza invece, c'era
una grossa scrivania. Vi stava un uomo, seduto sulla sedia reclinata, con lo
sguardo che dava fuori dalla finestra e una sigaretta fumante nella mano. Gary
fu spintonato verso la scrivania, e cadde in avanti, riuscendo a malapena a
tenersi in equilibrio con le mani legate dietro la schiena. La sedia dietro la
scrivania fece un giro completo. Gary ringhiò. "Oh, sei di nuovo tu."
Giovanni sorrise dolcemente, un gesto intimidatorio se offerto da uno del suo
calibro, e aspirò il fumo della sigaretta. "Che diavolo hai fatto ad Ash?"
Il sorriso dell'uomo divenne ancora più largo, facendogli scorgere i denti
scintillanti. "Oh, Ketchum è riuscito a prendersi cura di sì. Il tuo
piccolo amico è morto oppure è sul punto di farlo per il freddo. Non è
perfetto?"
La rabbia di Gary cominciò a manifestarsi in lacrime. Fissò con odio l'uomo
dietro la scrivania, col petto che si muoveva in modo incontrollato. Giovanni
scoppiò in una risata, frustrando il ragazzo ancora di più. Il capo del Team
Rocket osservò felice il ragazzo che combatteva con le proprie emozioni, e poi
continuò.
"Bene, bene, Oak. Sono sicuro che possiamo comportarci da adulti, vero?
Adesso ti dico cosa voglio io, e poi vedi tu cosa puoi fare per aiutarmi, va
bene?"
Gary ringhiò, "Non farò mai niente per aiutarti, stronzo."
La risata dell'uomo svanì per lasciare spazio a un ruggito gutturale.
"Allora morirai!"
Gary arretrò. Sentì Joy gridare dietro di lui. La compostezza dell'uomo tornò
lentamente, e tirò fuori una piccola sacca da sotto la scrivania. Il contenuto
fu rovesciato sulla scrivania - sei sfere poke, ognuna con le iniziali "G.O."
segnate sul bottone di rilascio.
"Ora, tornando a quello che voglio da te, Oak. Hai più di questi sei
Pokemon. Voglio il resto, ora. E voglio sapere dove Ketchum tiene nascosti i
suoi Pokemon. Allora, forse, ti lascerò vivere."
Gary strinse i denti. "Non ti dirò un cazzo."
Giovanni ridacchiò di nuovo, facendo venire un brivido lungo la schiena a Gary.
"Non te lo sto chiedendo Oak. Te lo sto dicendo. E' meglio che ti comporti
bene, altrimenti, " fece un segno all'uomo che teneva Joy, che puntò una
pistola alla testa della donna. "Brutte cose potrebbero succedere. Non la
vuoi sulla coscienza, vero?"
Gary fece una smorfia addolorata e si sforzò di restare calmo. "Perchè
diavolo dovrebbe rimanermi sulla coscienza? Non c'è niente che possa dirti. Hai
tutti i miei Pokemon, e Ash ti ha detto che il suo unico Pokemon è stato uccido
la settimana prima."
Giovanni ci pensò su per un attimo. Non era particolarmente entusiasta all'idea
di uccidere l'infermiera. Poteva facilmente giustificare la morte di Ketchum e
Oak alla polizia, ma il suo piano era quello di corrompere Joy e mandarla a
casa. Una luce malvagia gli brillò negli occhi mentre fissava le sfere poke
sulla sua scrivania. Ne prese una e la esaminò. "Hmmm ... gli scanner
dicono che questo è un Bellsprout, livello 22. Penso sia sacrificabile."
Rigirò la sfera fra le mani, dirigendosi verso il camino.
"No!" Gary si gettò verso l'uomo, ma i suoi tirapiedi lo fermarono
prima che potesse andare da qualunque parte. "Cristo, no, non farlo! Te lo
dirò, cosa vuoi?"
Giovanni sorrise appena e ritornò alla sua scrivania, buttando la sfere pokè
fra le altre. "Sono felice che tu sia tornato in te."
La testa di James volò all'indietro mentre un pugno lo prendeva dritto sulla
mascella. Fece qualche passo all'indietro, accucciandosi, cercando di ricordare
le lezioni di Karate che gli erano state impartite da ragazzo. Si fermò,
fissando le guardie con aria minacciosa, accovacciato, pronto a scattare. Era
riuscito a mettere fuori combattimento una delle guardie, grazie al suo attacco
a sorpresa. Fortunatamente, aveva attaccato l'unica guardia che aveva la
pistola, e aveva gettato l'arma lontano prima che l'arma potesse anche solo
minacciare la sua incolumità. La seconda guardia però si stava dimostrando
più difficile da eliminare. La guardia sorrise sghignazzò, mentre il sangue
gli percorreva il mento da dove James gli aveva spaccato il naso. Il ghigno si
trasformò in una risata, quando l'uomo sembrò riconoscere il suo sfidante.
"Il Signor Kojiro in persona, eh?" disse, con voce grave e bassa.
"E' un piacere vederla qui." Gli occhi di James si allargarono per un
attimo mentre riconosceva il viso dello scagnozzo del Team Rocket. L'uomo che si
era introdotto la sera prima in casa sua ... era lui. La guardia continuò a
parlare con tono divertito. "Penso che sia mia dovere informarla che il suo
piccolo e caro Growlithe è in quella cassaforte. Ha fatto un po' i capricci, ma
sono riuscito a sistemarlo per bene." James si illuminò. "Growlie?
Bastardo, non è allenato per combattere." L'uomo ridacchiò
malvagiamente. "Growlie? Il nome di quella merda è Growlie? Non ho mai
sentito un nome così stupid ..." fu interrotto dall'aria che sguscìò via
dai suoi polmoni, quando il piede di James lo colpì alle costole. Spalancò la
bocca per prendere aria e indietreggiò di alcuni passi. "Oh, te la sei
presa? Bene." Andò all'attacco. James cercò di spostarsi di lato, ma
inciampò. Il Rocket lo colpì di lato, sbattendolo di forza contro il muro,
prendendolo a una strana angolatura sulla già abusata mascella. Sentì qualcosa
come scoppiargli in bocca e sentì il sapore nauseante e denso del sangue.
Sputò una manciata di sangue, macchiando il muro e il pavimento. Sentì un paio
di oggetti piccoli e pungenti sulla lingua e sputò fuori anche quelli. Due dei
suoi molari caddero a terra, macchiati del rosso del suo sangue. James quasi
brontolò. Odiava andare dal dentista, ma ora avrebbe dovuto andarci per
forza. L'uomo sorrise ancora, e fece scivolare le dita fra i lunghi capelli di
James, tirando la sua testa all'indietro. Sbattè ancora una volta la testa di
James contro il muro, poi lo buttò rozzamente di lato. James colpì il
pavimento quasi priva di conoscenza, con le orecchie che gli risuonavano. La
faccia gli faceva male, e dalla bocca sanguinava copiosamente. Il naso gli
doleva a ritmo col battito del cuore, buttando ancora più sangue sul pavimento.
Era atterrato sul braccio sinistro che si trovava ora a una strana angolatura e
anche quello gli faceva molto male. Sperava che non fosse rotto. Riuscì a
vedere lo scagnozzo che premeva il codice sulla tastiera e la scena gli sembrava
quasi al rallentatore. James raccolse tutte le sue forze per rimettersi in
piedi, ma il braccio ferito vacillò sotto di lui. Il dolore esplose dal braccio
e lo avvolse, facendolo cadere a terra, e a malapena facendogli notare un lungo
e freddo oggetto metallico sotto la schiena.
Butch era euforico. Tutto stava andando bene oggi. Non solo la sua missione
era andata a buon fine, ma era quasi sicuro che ora sarebbe stato promosso, non
appena avrebbe tirato fuori la fidanzata di quel fottuto ricco da dentro la
cassaforte. Digitò le ultime cifre del codice di accesso e appoggiò le dita
sul manico della porta, concedendosi un raro momento di trionfo. La sua giornata
era andata perfettamente. Un rumore forte s sordo gli risuonò nelle orecchie
mentre sentiva un improvviso e acuto dolore all'addome. Deglutì e incontrò con
lo sguardo James Kojiro, miliardario, che stava fissando incredulo la pistola
nella sua stessa mano tremante. Un caldo pulsare cominciò ad offuscargli i
sensi, prima togliendogli il tatto, poi l'udito. Fece un passo incerto
all'indietro e scivolò, cadendo a terra. Poi il pulsare del sangue gli tolse la
vista, oscurandogliela con rossi e grigi, e pensò che forse la sua giornata non
era andata così bene.
Ash corse lungo l'ultimo corridoio che lo separava dall'ufficio del capo, e
Misty lo seguiva di poco dietro. Vulpix sfrecciò nel corridoio accanto a lui,
mentre un'aura che diventava sempre più calda cresceva insieme al battito del
suo cuore. La doppia porta di scuro legno divenne sempre più grande e vicina.
"Vulpix! Tackle!" disse Ash, a voce bassa ma abbastanza alta perchè
potesse essere colta dal fine udito della volpe. Il piccolo Pokemon aumentò la
sua velocità e saltò in aria, colpendo le porte con la spalla e mandandole
sparate dentro la stanza. Ash sentì il ritmo dei battiti del suo cuore crescere
ancora mentre seguiva il suo Pokemon nella stanza, e gridava al pokemon di fuoco
di usare le Fiamme. na colonna di fuoco esplose dalla piccola creatura, e anche
se l'attacco non era ben mirato e non colpì direttamente alcunchè, fece il suo
lavoro. La forza dello scoppio fu abbastanza da buttare uno degli scagnozzi
contro un muro, mettendolo fuori combattimento. Ash riuscì a vedere solo altri
due tirapiedi nella stanza. Gary si era messo in moto non appena le porte si
erano aperte con uno scoppio, e aveva buttato Joy a terra, coprendola col suo
corpo. Misty era subito andata accanto a loro, e aveva tolto le manette con la
chiave che aveva tenuto da prima. Ash chiamò un altro getto di fiamme, e questa
volta Vukpix lo controllò perfettamente. La stanza tremò per l'esplosione e
l'improvviso riempimento di aria calda, facendo sobbalzare l'intera camera, e
facendo esplodere due mura in fiamme. Giovanni cadde violentemente a terra, e
andò a colpire con la testa un angolo della sua scrivania. Rimase a terra per
un attimo, cercando di rimanere cosciente, seppure con la testa che gli doleva.
Sentì alcune urla e altre due scoppi, e ne desunse che le altre sue guardie
erano fuori gioco. Tutavia un altro scoppio fece tremare i mobili del suo
ufficio, facendo cadere diverse sfere di Gary giù dalla scrivania e vicino alla
figura stesa all'ingiù di Giovanni. Gli occhi scuri dell'uomo brillarono per un
attimo mentre un'idea andava a formarsi nella sua mente appena funzionante.
Aprì l'ultimo cassetto della sua scrivania e con le mani andò a cercare la
pistola che sapeva era presente lì dentro. Le sue dita si chiusero intorno al
grilletto, e lui sorrise. Sentì altre urla dall'altra parte della stanza, ma
non alzò lo sguardo. Raccolse le sfere di Oak nel braccio e si alzò, con la
testa che gli girava. Gary attirò l'attenzione di Ash e indicò Giovanni che si
muoveva a fatica dietro la scrivania. Le fiamme si erano fatte strade attraverso
un altro muro e avanzavano sorprendentemente veloce giù verso il corridoio. Tre
delle sfere pokè di Gary erano cadute a terra, dando la possibilità
all'ansioso ragazzo di riprenderle e rimetterle alla cintura. Ma tre delle sei
.... Ash afferrò il braccio del suo amico. "Gary, tu aiuta Misty a tirare
Joy fuori di qui. Io me l avedrò con Giovanni e ti riporterò i tuoi Pokemon.
Sarò dietro di te in men che non si dica."
"Ash, non puoi ... "
"Lo giuro, uscirò da questo posto coi tuoi Pokemon. Ora esci di qui!"
Ash dovette urlare per poter essere sentito oltre il crescente ruggito delle
fiamme. Vukpix cadde ai piedi del suo padrone, esausta, aspettando il prossimo
ordine. Gary fissò Giovanni sospettoso. Sembrava che non ci vedesse molto bene;
continuava a scuotere la testa a e strofinarsi gli occhi. Gary rimase in
silenzio per alcuni secondi. "Ketchum, se muori, ti uccido."
"Sì, lo so."
"Sta attento."
"Lo farò."
Gary annuì e si infilò nel corridoio dove Misty stava cercando di sostenere
una Joy completamente svenuta.
Jessie si lasciò sfuggire un grido quando l'allarme antincendio riecheggiò
nella sala. James alzò lo sguardo dal punto in cui stava riempiendo la tasca di
un Kangaskahn con l'ultimo carico di sfere poke. Una fila di altri tredici
bellissimi Kangaskahn di razza stava in piedi accanto a lui. Si leccò le labbra
e si alzò. "Cosa succede?" gridò Jessie superando il suono delle
sirene. "Non lo so, Jess. Usciamo da qui!" La parata di umani e
pokemon riempì le scale, e ogni Kangaskahn salterellava da un punto
all'altro con relativa dimestichezza. I due umani osservavano la fila di Pokemon
che andava, con James che si appoggiava a Jessie come supporto.
"Hey, Jess?" disse, con la mascella che gli doleva.
"Sì?"
"Pensi che possiamo ancora prendere il nostro volo?"
Ash si rese appena conto dell'allarme
antincendio che aveva appena preso a suonare, tanto era forte il rumore del
fuoco. Riuscì ad evitare diversi spruzzi d'acqua, visto anche che un getto
vicino esitava a partire. Pensò per un attimo che le tubature si erano
probabilmente congelate. Fece un balzo quando sentì un ruggito. Giovanni si
mise in piedi tremante, tenendo tre sfere poke e ridendo istericamente.
"Non sarà così facile!" urlò. Alzò il braccio destro e puntò una
pistola alla testa di Ash. "Per niente facile!" Ash si bloccò. La sua
decisione sparì e lui iniziò a sentire l'ormai familiare ansia che gli
percorreva la schiena. Vulpix cercò di mettersi in piedi, ma era così
indebolita dai suoi attacchi che poteva appena muoversi. Giovanni rise di nuovo.
"Oh, hai paura di una piccola pallottola, Ketchum? Forse non uccidereò te
e la tua piccola volpe se mi dici dove tieni il resto dei tuoi Pokemon!"
Ash scosse appena la stessa. "Non .. non ne ho altri."
"Sì, e l'unico altro tuo Pokemon è stato ucciso da una macchina. Che
tristezza!"
Il fuoco era tutto intorno a Giovanni, e si rifletteva nei suoi occhi. Ormai le
fiamme erano sul punto di raggiungerlo, ma lui non fece alcuna mossa per cercare
di togliersi dalla zona di pericolo. Si assicurò solo dell'incolumità della
pistola. "Dimmelo, Ketchum."
"Cazzo, non ne ho nessun altro!"
"STRONZATE!" gridò l'uomo.
Vulpix vide il dito dell'uomo che si muoveva sul grilletto. Non aveva idea di
cosa fosse una pistola, o di cose potesse fare, ma sapeva che il suo padrone la
temeva molto. I suoi occhi brillarono mentre raccoglieva le sue ultime forze e
si buttava contro l'avversario, lanciando un ultimo attacco di fiamme durante il
salto. Il suono dello sparo fu quasi affogato dall'esplosione delle fiamme di
Vulpix. Giovanni fu buttato a terra dalla forza del fuoco, e tutto si oscurò
per lui. La volpina colpì il terreno dall'altra parte della scrivania quasi
nello stesso momento.
"Vulpix!" Ash barcollò davanti alla figura incosciente della
piccola volpe. Stava sanguinando copiosamente, la pallottola l'aveva presa al
fianco. Respirava pesantemente e con fatica. Col fiato affannato, Ash andò alla
scrivania raccogliendo le sfere pokè del suo amico, attaccandole alla sua
cintura, e poi corse al fianco del suo Pokemon. La sollevò con delicatezza,
tenendole la testa appoggiata nell'incavo formato dal suo gomito.
"Va tutto bene, piccola, adesso andiamo fuori di qui."
La sala a sinistra dell'ufficio di Giovanni era completamente consumata dalle
fiamme. Il calore si alzò verso Ash, quasi stordendolo con la fortissima
temperatura. Si girò con la testa, mentre gli occhi gli bruciavano per il
caldo, e si diresse barcollante verso il corridoio dal quale era entrato solo
qualche minuto prima. Il tempo sembrava essersi fermato completamente. Ash
riusciva a prevenire ogni battito del suo cuore e il suono del suo respiro gli
rimbombava nella mente, riecheggiando e attutendo qualunque altro rumore. Il respiro di Vulpix era diventato
più debole e faticoso mentre Ash correva giù dalle scale. Si girò per
lasciare l'edifico dalla sala da cui era entrato, ma il fuoco era arrivato lì
prima di lui. Rimase fermo per un attimo, non sapendo dove andare. Con fare
esitante si diresse verso la parte anteriore dell'edificio, sperando che quella
parte del Quartier Generale del Team Rocket dovesse ancora bruciare.
I pensieri di Giovanni ripresero
forma lentamente. La prima cosa che gli ritornò in mente fu la sua rabbia,
anche se non ricordava per cosa. Sembrava stranamente caldo intorno a lui. I
suoi occhi si aprirono e si mise a sedere lentamente, incerto se il tutto fosse
un sogno o se il suo edificio fosse davvero in fiamme. Aggrottò la
fronte, e si rimise in piedi. Un attacco di
nausea lo colpì e con mano tremante si appoggiò alla scrivania per non cadere
di nuovo. Scosse la testa, cercando di schiarirsi le idee. Doveva ancora
decidere se era tutto reale o no ... Come un improvviso colpo di paranoia
lo colpì, si girò e rimase a fissare le fiamme dietro di lui. Una figura scura
e stoica lo guardava con disprezzo dal fuoco; la sua forma elegante e terribile
non sembrava toccata dalle fiamme che la circondavano. Era un cane. L'animale
fissò Giovanni per un altro momento, poi cominciò ad avvicinarsi. Le fiamme
sembrarono dividersi per far passare la creatura. Giovanni scosse di nuovo la
testa e sgranò gli occhi più forte che potè, ormai sicuro che si trattava di
una sorta di sogno. Man mano che il cane si avvicinava, il suo aspetto divenne
più chiaro. Qualcosa di bianco e simile ad un teschio gli coronava la testa. Il
suo corpo massiccio e fluido era coperto da un manto di pelo nero, e il suo
petto e il muso erano del colore delle tombe sporche, un marrone denso e
profondo. Diverse strisce bianche gli decoravano la schiena e i fianchi.
Somigliava a una figura che Giovanni aveva visto una volta; quella di un
leggendario Houndour, un Pokemon scuro che si credeva esistesse solo nella
leggenda. Gli occhi neri del cane si fissarono su quelli dell'uomo, e un brivido
percorse la schiena di Giovanni. Cercò nella mente altre informazioni su questo
Pokemon leggendario. Si ricordava di una certa paura, come un presentimento, che
circondava la figura di questo cane, ma non riusciva a ricordarsi il perchè.
Era come sulla punta della sua lingua, ma non riusciva proprio ad arrivarci a
causa di questa foschia che aveva in testa. Gli venne in mente con un improvviso
disastro. Houndour era il Pokemon scuro che trasportava le anime all'altro
mondo. Il Pokemon ringhiò piano mentre le fiamme si dividevano ai suoi piedi.
Giovanni sentì l'improvviso impulso di urlare.
Luci rosso e blu si riflettevano
sulla neve dalle cinque macchine della polizia e dalle due ambulanze che erano
riuscite ad arrivare al Quartiere Generale del Team Rocket. Non c'erano
autopompe presenti; ne erano state mandate diverse, ma dovevano ancora superare
con successo le strade ghiacciate. Anche se ormai sembrava troppo tardi per
quelle. L'edificio era destinato a bruciare. Gary e Misty osservavano da dietro
l'ambulanza mentre Ash si inginocchiava sopra il piccolo corpo rosso che giaceva
sulla neve. Era passato un po' da quando l'allenatore o il Pokemon si erano
mossi. Gary lanciò uno sguardo dentro l'ambulanza, dove stava Joy riposava con
una maschera di ossigeno sulla faccia, riprendendosi dalle inalazioni del fumo.
Jessie e James se n'erano andati prima che la polizia arrivasse, salutandoli di
fretta e sparendo nel bosco. Joy aveva cercato di convincere James a restare
almeno fino a che non avesse potuto farsi controllare il braccio, ma la coppia
aveva molta fretta di andarsene. Nessuno aveva chiesto loro niente, avevano solo
augurato buona fortuna. Gli occhi di Gary tornarono sul suo migliore amico,
piegato sopra il corpo freddo della sua Vulpix. Fece un passo verso la sua
direazione, ma Misty lo afferrò per un braccio.
"Lascialo da solo," disse. "Deve dirle addio."
Ash Ketchum si appoggiò all'indietro e studiò la luna. Era bella quella sera,
davvero, se si tirava fuori dalla figura l'edificio in fiamme e le macchine
della polizia. Una bellissima notte. Appoggiò la mano sulla testa di Vulpix. Il
dispiacere gli scorreva nelle vene, ma non si sentiva completamente perso
stavolta. Era una sorta di dolore dolce e gentile, soffice e caldo. Sarebbe
andata bene. Non era andata come con Pikachu, quando erano stati strappati l'uno
all'altro ed uno dei loro corpi era morto da solo, mentre l'altra anima aveva
continuato a vivere come fosse morto anche lei. Non vi era un dolore lacerante
che lo avrebbe torturato per quasi un decennio. Vulpix aveva dato la sua vita
per la sua. Aveva ritenuto che fosse uno scambio equo dare la sua vita per
lasciare vivere lui. La luce nei suoi occhi si era spenta velocemente e
tranquillamente, senza alcuna battaglia ep8ica contro la morte. Aveva voluto
andarsene. Una lacrima cadde sul pelo della piccola volpe e si congelò lì
mentre due amici dicevano i loro addii e si separavano.
"Un fuoco devastante ha
distrutto ieri la sede principale della Silph Co. sulla strada 13 ieri notte. E'
ora confermato che la Silph Co. fosse in realtà una copertura per il sindacato
del Team Rocket, coinvolto in diverse attività illegali riguardanti la
produzione di apparecchi per l'Allenamento e sfere pokè di grande valore. La
scorsa notte, il Team Rocket si era introdotto nel Centro per Pokemon di Sud
Vermillion, rubando i Pokemon lì depositati e pronti a essere mostrati nello
Vermillion City Open Pokemon Show che si sarebbe tenuto la settimana prossima
... "
Misty si accucciò contro il divano, togliendosi con uno sbuffò i capelli da
davanti agli occhi. A vederlo nel telegiornale, sembrava quasi impossibile che
fosse stata coinvolta in un qualche modo in quella storia. Alzò lo sguardo e
sorrise mentre Ash affondava anche lui nel divano fra lei e Gary, con un cesto
di popcorn fra le mani.
"Hey, sono in TV!" gridò Gary felice, afferrando una manciata di
popcorn e aprendo una lattina di soda. Indicò lo schermo, dove stava vicino a
una giornalista.
"Grazie Sheila," disse la giovane giornalista. "Sono qui con Gary
Oak e Ash Ketchum, i due giovani responsabili del salvataggio dei Pokemon
rubati. Cosa ha convinto voi ragazzi a sfidare il Team Rocket?"
"Oh, non mi sono mai tirato indietro di fronte alle avversità." Gary
sorrise malizioso alla giornalista, cercando di metterci più allusione
possibile. L'intervista continuò per alcuni minuti, con Ash che riuscì a
malapena spiaccicare parola fra il continuo flirtare di Gary.
Sul divano, Ash alzò gli occhi al cielo. "Gary, sei uno stronzo persino in
TV."
"Forse, ma sono uno stronzo molto sexy, se ce n'è mai stato uno."
Misty brontolò, e Gary si chinò in avanti per lanciarle un sorrisetto.
"Visto? La tua fidanzata è d'accordo con me, Ashy bello. Meglio che stai
attento a che non te la rubi."
Ash e Misty arrossirono entrambi dalla testa ai piedi. Ash diede un pugno
all'altro ragazzo sul braccio. "La vuoi piantare?"
"Cosa?" rise Gary.
Alzando di nuovo gli occhi, Ash indicò la televisione. "Guardiamo e basta,
okay?"
"In questo tragico incendio si sono verificate tre morti," disse la
giornalista.
"I corpi sono stati identificati come quelli del Signor Giovanni, il
proprietario della Silph Co. e il probabile capo del Team Rocket, del Signor Butch
Kosaburo, un membro ricercato del Team Rocket, e del Signor James Kojiro,
la cui famiglia è vissuta nella grande casa di Kojiro Black Creek per
cinquantasette anni..."
"Sapete," disse Misty, "è probabilmente la storia più romantica
che io abbia mai sentito, James che si finge morto e rinuncia a tutti i suoi
soldi solo per poter stare con Jessie." Sospirò. "Mi chiedo come
stiano."
"Beh, non direi che abbia finto di morire. E' stato più un
incidente, visto come è successo." disse Ash.
"James è stato solo che, qual'è il suo nome, quello dello scagnozzo che
è morto? Beh, è stato fortunato che quello gli ha tolto un paio di molari, e
che li abbiano trovati, altrimenti lui e Jessie ora si starebbero ancora
nascondendo da quella strega di sua moglie."
La giornalista continuò. "Gary Oak e Ash Ketchum, così come Misty
Waterflower, hanno salvato i Pokemon rubati e sono scappati senza rimanere
feriti. Oak e Ketchum erano ricercati dalla polizia come capi di un gruppo che
allenava segretamente Pokemon per le battaglie, ma le accuse contro i due uomin
sono state fatte cadere visto il servizio reso alla comunità. I due, insieme
alla signorina Waterflower, saranno pubblicamente ringraziati durante lo show
dei Pokemon di Vermillion della prossima settimana."
Gary sorrise di nuovo diabolicamente. "Pensate che ci daranno quella
giornalista come regalo di ringraziamento?"
Ash roteò di nuovo gli occhi. "Andiamo Gary, non era nemmeno così
carina."
"Dici così solo perchè c'è Misty... ahia!" gridò Gary mentre Ash
lo buttava a terra.
"Dannazione, Oak, adesso ti uccido!"
E fu il turno di Misty di alzare gli occhi al cielo. I ragazzi rimarrano sempre
ragazzi, pensò. Le telecamere tornarono allo studio, e la presentatrice del tg
parlò.
"E parlando di Pokemon, è stata presentata una legge per permettere il
ritorno dell'allenamento dei Pokemon sotto una speciale licenza. Ci si aspetta
che la legge venga accolta a braccia aperte ..."
La bocca di Misty si spalancò appena, e i due ragazzi smisero di lottare per
fissare increduli la televisione.
"Hanno ... hanno detto allenamenti legalizzati?" bisbigliò Gary.
"Penso ... penso di sì," bisbigliò a sua volta Ash. I due si
scambiarono uno sguardo.
"Allora c'è un Dio lassù," disse Gary.
Jessie buttò le braccia intorno al collo di James mentre guardavano le
notizie dal loro hotel a Port Haven sull'isola Chartreuse, una piccola e scura
macchia delle isole Orange.
"Wow, ce l'abbiamo fatta davvero," rise.
"Siamo davvero liberi, vero?" James scoppiò in un sorriso.
"Sì, siamo davvero ... liberi."
I suoi occhi vagarono per un attimo mentre ripeteva tra sè le parole. Liberi.
Ash studiò attentamente la piccola scatola mentre rigirava fra le mani il
bigliettino. Diceva, "Per il coraggio e la determinazioni mostrati nella
difesa dei più bei Pokemon del Kanto, Associazione degli Allenatori di Pokemon
presenta ad Ash Ketchum questo dono di ringraziamento."
Gary e Misty avevano pacchetti identici. Le tre scatole erano state consegnate
mentre lasciavano il palco dopo il pubblico perdono suo e di Gary e il pubblico
ringraziamento in tv del trio. I tre amici ora sedevano su un palco
sopraelevato, da cui si poteva osservare il resto dello show dei Pokemon che
andava avanti nell'arena sottostante. Era una piccola stanza, con strette eppur
confortevoli sedie e tre televisioni che mostravano quello che succedeva nelle
arene, in caso avessero deciso che non volevano guardare dal vivo attraverso
muri di vetro che davano sulle arene. Ma le loro menti non erano sullo show.
"Beh, chi apre il suo per primo?" chiese Gary.
Misty si morse le labbra. "Apriamoli tutti in una volta sola," disse,
andando curiosamente a mettere un dita sopra la carta da regalo del pacchetto.
"Andiamo, voglio vedere cosa ci hanno dato."
La carta fu strappata dalle scatole con incredibile velocità.
I contenitori si aprirono e rivelarono sfere pokè finemente appoggiate in un
cestino di carta, e ognuna aveva un piccolo simbolo argenteo scolpito sulla
superficie.
Ash deglutì con forza e chiuse gli occhi. "Chiamate i vostri per primi.
Voglio aspettare un minuto," disse con calma.
I suoi compagni annuirono, e chiamarono fuori i loro Pokemon.
La luce della sfera pokè di Gary si manifestò in un piccolo Pokemon di colore
oro-marrone. Rimase sospeso in aria, e lievitò per un attimo prima di gridare "Abra!"
e cadere a terra, addormentato. Gary studiò il simbolo sulla sfera pokè.
"Ah, c'è il titolo del Pokemon registrato qui. Il mio dice 'Marshall's Alpha Headache',"
disse. I suoi occhi si spalancarono quando capì cosa aveva letto. "Cristo
santo ... questo è un Marshall Abra? E' un Pokemon da seimila dollari!"
Studiò il Pokemon psichico con rispetto. "Cristo Santo," disse a
stento. "Un Marshall Abra..." fece tornare il Pokemon nella
sfera e si appoggiò all'indietro, ancora stordito.
Misty ridacchiò alla grande. "Wow, mi chiedo cos'ho io." Una luce di
un bianco accecante si materializzò in una forma piccola, rosa e rotonda.
"Ooh, un Jigglypuff!" fece Misty con un gridolino, cadendo a terra
sulle ginocchia e abbracciando la piccola creatura a forma di palla. Gli occhi
del Pokemon si sgranarono appena. "
"Puff," disse con un lamento. "Oh, mi spiace, ti ho stretto
troppo?" disse Misty, lasciando andare il Pokemon. Non sembrò prendersela,
visto che saltò sulle sue ginocchia e le buttò le piccole braccia intorno alla
vita. Misty si sciolse come un gelato al sole. "Oh ... E'. Così.
Carino!"
"Andiamo, Misty, dicci a che allevatore appartiene!" le fece fretta
Gary.
"Non mi interessa!" ridacchiò la ragazza, abbracciando di nuovo il
Pokemon. "Ecco, leggilo tu." Passò al ragazzo la sua sfera pokè e
tornò a cullare il suo nuovo cucciolo.
"Seiverpuff's Let Go the Balloon," lesse lui.
"Non so niente di questo allevatore, dovrò chiedere a qualcuno, anche se
sono sicuro che si tratta di un Pokemon di alta qualità."
Rivolse lo sguardo verso Ash, che stava sorridendo e guardando Misty che faceva
le coccole al suo Jigglypuff.
"Hey, Ketchum, l'attesa mi sta uccidendo. Cos'hai tu?"
Il sorriso di Ash sparì appena. Non era sicuro di voler chiamare fuori il suo
Pokemon; aveva quasi paura di ricominciare di nuovo. Scosse la testa. Era il
passato ormai. Perdere Pikachu era stata una cosa orribile, ma dopo aver perso
Vulpix ... la sua volontà a morire per lui gli aveva mostrato la morte sotto un
altro aspetto. Era quello che lei aveva voluto, e perciò era giusto. Col
passare del tempo, si rese conto che i ricordi del suo Pokemon sarebbero
lentamente spariti. Era ciò di cui aveva tanta paura - paura di dimenticare
come era stata la vita con Pikachu.
Si era anche reso conto che avrebbe sempre ricordato quanto aveva amato
quel piccolo topo, e anche la volpina. Li avrebbe sempre amati, e li
avrebbe sempre portati con sè.
Ash tirò fuori la sfera dalla scatola e lesse l'iscrizione. "Le scariche di Adzap voleranno ancora,"
lesse, e il cuore gli venne in gola. Sapeva del centro di Allevamento di Adzap,
allevavano Pokemon del tipo elettrico. Ebbe come una premonizione ... ma, no,
Adzap allevava tutti i tipi di Pokemon Elettrici, non voleva necessariamente
dire che un ... Si fece forza e premette il bottone di rilascio, chiudendo di
nuovo gli occhi.
"Pika... pi?" Il respiro si fece accellerato, ma gli occhi rimasero
chiusi.
Era un sogno, doveva essere un sogno. Sentì qualcosa che gli saltò in grembo,
scioccandolo appena mentre le sue zampette lo toccavano. Le palpebre si aprirono
di loro volontà, rivelando due dolci occhi marroni che lo fissavano curiosi.
"Pikapi?"
Ash sorrise davanti a quella frase così familiare, cercando di combattere il
tremolio della voce.
"Sì," disse, mentre una singola lacrima gli solcava la guancia.
"Sono il tuo Pikapi."
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