Sbarro
gli occhi, sorpreso.
Il
travestimento si dissolve e, davanti a me, appare il tuo viso.
– Yu’
Er… Sei davvero tu? – mormoro. Questa domanda appare
stupida alle mie stesse orecchie.
Certo,
sei tu!
Hai
saputo andare oltre i tuoi limiti e smentire le mie previsioni.
Un
sorriso malinconico solleva le tue labbra, rosse di sangue.
E
un cupo presentimento si impadronisce di me.
Perché
mi guardi così, figlio mio?
–
Addio,
padre… Sembra che questa volta… sono stato un po’
utile. – mormori, sereno.
Il
tuo corpo, ormai privo di forza, si accascia sulla pietra.
Il
tonfo, sinistro, risuona nelle mie orecchie.
Corro,
disperato, e ti stringo tra le mie braccia.
Sei
un corpo morto e gelido.
Non
mi accorgo del calore e delle rocce attorno a me.
Conti
solo tu, bambino mio, e ti darò il riguardo che ti ho negato
in questi anni.
–
Yu’Er!
– grido. Perché hai voluto difendermi?
Non
dovevi morire per me.
Tanti
ricordi invadono la mia mente.
Perdonami,
figlio mio.
Non
ho saputo vedere il tuo potenziale e l’ho sempre
sottovalutato.
Credimi,
desideravo proteggerti.
Ho
creduto, col mio atteggiamento, di darti una possibilità di
sopravvivenza.
Ho
sbagliato tutto e ora ne sono consapevole.
Tu
hai scambiato il mio affetto per disprezzo e, pur di rendermi
orgoglioso di te, ti sei allenato duramente e mi hai protetto, a
costo della tua vita.
Quanto
ti sei sbagliato, Yu’Er.
Un
figlio come te, tanto coraggioso e devoto, è un gioiello per
ogni padre.
Chino
la testa e le mie lacrime piovono sul tuo petto, ormai immoto. Ho
fallito con te.
Tu
non sentirai più la mia voce e, con te, ho perduto la mia
gemma più preziosa.
A
cosa servono queste tardive parole d’orgoglio?
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