Con
passo lento, Cody Meyers entrò nel dojo Bushinryu.
Si
tolse le scarpe, indossò le pantofole, poi, a passo rapido, si
avviò verso la sala da pranzo.
L’ambiente,
di forma rettangolare, era illuminato dalla luce di una lampada a
neon e le pareti si componevano di pannelli di carta di riso, adorni
di disegni floreali.
Il
pavimento era costituito da pannelli di legno di quercia e, addossato
alla parete sinistra, si scorgeva un paravento di seta azzurra.
Al
centro della stanza, era collocato un catafalco, bianco di gigli, su
cui era collocato il corpo privo di vita di Guy.
Uno
shozuko rosso rivestiva il giovane, mentre tra le sue mani, strette
sul petto immoto, era stato collocato un mazzo di dalie rosso scuro,
dai riflessi bordeaux.
Cody,
per alcuni istanti, fissò il corpo dell’amico, gli occhi
cerulei velati di lacrime. Poche settimane prima, lui e Guy erano
riusciti a sconfiggere il crudele Bison e a liberare il mondo da una
minaccia mortale.
Grazie
all’esempio luminoso del valoroso shinobi, lui aveva riscoperto
la sua brama di giustizia e si era liberato dal suo cinismo.
Aveva
riconquistato la sua vera natura.
A
stento, trattenne un singhiozzo. Tale risultato, pur positivo, aveva
richiesto un prezzo assai terribile.
Guy
era morto.
Si
era spento tra le sue braccia, dilaniato da gravissime ferite.
La
sua mano destra si allungò e si posò sulla guancia
destra dell’amico. Tutte le sue considerazioni razionali,
davanti a quel corpo privo di vita, svanivano e il masso del dolore
opprimeva il suo petto, impedendogli quasi di respirare.
La
morte di Guy era per lui una ferita sanguinante e non cessava di
sanguinare.
Colpevole.,
si disse. Non riusciva ad
allontanare da se stesso quella sgradevole sensazione.
Avvertiva
su di sé l’oppressione del senso di colpa.
O
forse era il dolore di un addio troppo prematuro e repentino?
– Non
dovevi morire così… – sussurrò,
dispiaciuto. Aveva ripreso la sua attività di vigilante, ma
aveva perduto la luce della sua anima e il suo cuore sprofondava
nell’oscurità.
L’assenza
di lui era un tormento sempre crescente.
Avvertiva
un rimpianto sordo, che non cessava di tormentarlo.
E
non ne comprendeva la ragione.
Forse,
il suo legame con Guy non era stato chiarito nella sua completezza.
Ne
era sicuro, tra di loro era presente una zona d’ombra.
Ma
non riusciva a comprendere quale fosse.
Ad
un tratto, la porta si aprì con un fruscio e il giovane si
scosse dai suoi pensieri.
Si
girò e, a passo lento, vide avanzare Zeku, a capo chino,
vestito d’un lungo kimono nero, stretto in vita da un obi del
medesimo colore.
L’uomo,
per alcuni istanti, tacque, lo sguardo fisso sul corpo dello shinobi
nippo statunitense, poi si girò verso Cody e le sue labbra si
sollevarono in un mesto sorriso.
– Sono
felice di vederti. Le persone a lui più care sono unite in un
estremo omaggio. Se lo meritava. Si è dimostrato un degno
allievo del Bushinryu. – dichiarò lui, il tono pacato,
seppur percorso da note d’amaro orgoglio. Vedere il suo allievo
inerte, gelido, disteso su quel catafalco era per lui straziante.
Era
un evento innaturale, perché lui, malgrado il vigore delle sue
membra, era vecchio e doveva essere pianto e sepolto dai suoi giovani
apprendisti.
Il
corso naturale degli eventi si era invertito e lui, carico di dolori
e anni, doveva costruire una tomba per un giovane.
E
doveva sostenere, con la sua forza l’altra sua apprendista,
Maki, che, malgrado una superficiale rivalità, sentiva affetto
per Guy.
Lanciò
un breve sguardo a Cody. Scorgeva sul suo viso il segno dell’amarezza
e della disperazione, ma quel sentimento andava oltre la pur
straziante pena per la morte di un amico fraterno.
Quale
legame era tra i suoi due vigilanti?
Scosse
la testa. Non era il caso di porsi una simile domanda.
Cody,
turbato da quella fuggevole occhiata, si irrigidì e strinse i
pugni. Non avvertiva alcun biasimo in quello sguardo cupo.
Eppure,
avrebbe dovuto provare odio, perché, a causa della sua
testardaggine, non aveva saputo spingere la sua intelligenza oltre le
apparenze.
Se
non si fosse fatto impantanare dalla palude della disillusione, Guy
non si sarebbe sentito obbligato a salvarlo da se stesso.
E
non sarebbe stato costretto a combattere contro Bison, pur non avendo
pieno controllo della sua energia spirituale.
– Vi
ringrazio per la considerazione, ma non credo di meritare tanti
riguardi. In fondo, la colpa della sua morte è anche mia. –
replicò poi, mortificato. Quelle parole, pur dette con buone
intenzioni, liberavano il suo senso di angoscia e pena.
E
accentuavano il suo sentimento di vergogna.
Un
mezzo sorriso sollevò le labbra di Zeku e i suoi occhi scuri
brillarono di lacrime. Quel giovane aveva ripreso possesso della sua
anima, ma il segno dell’ingiustizia ancora feriva il suo cuore.
Quell’antica
ferita inaspriva il dolore per la morte di un amico da poco ritrovato
e gli faceva vivere una sensazione ingiusta d’indegnità.
Non
si riteneva degno d’alcuna premura, a causa di una colpa non
sua.
– No,
non è colpa tua, Cody. La sofferenza, nelle anime mediocri,
consuma l’onore, che, in un uomo, è il bene più
prezioso. Guy, quando mi parlava di te, ha sempre ricordato il tuo
animo puro, per quanto nascosto dalla pena di una carcerazione
ingiusta. Parlava di te con gli occhi scintillanti di ammirazione e
di orgoglio. E ora, guardandoti, ne comprendo il motivo. –
mormorò.
Cody
sbarrò gli occhi, confuso dalle affermazioni del vecchio, e
aggrottò la fronte.
– Il
tuo sguardo è il riflesso della tua anima. Tu eri amareggiato
per la detenzione insensata, ma non hai mai usato questa pena come
una scusa. E Guy ammira persone come te. Il mio allievo ha scelto un
compagno giusto e coraggioso. – proseguì, fermo.
L’ex
carcerato non riuscì a trattenere un singhiozzo e, con un
gesto nervoso, allontanò le lacrime. Aveva creduto di trovare
odio da parte di Zeku per l’ingiusta fine del suo allievo.
La
sua diffidenza aveva caricato il loro incontro d’una angoscia
immeritata.
Il
maestro di Guy si era mostrato un uomo saggio e limpido, malgrado la
straziante perdita di un figlio, seppur non di sangue.
Aveva
saputo dargli un consiglio, per quanto implicito.
Non
doveva abbandonare la strada della difesa dei deboli.
La
memoria di Guy poteva essere onorata lottando contro le ingiustizie.
Con
la sua pacata saggezza, l’aveva liberato dal senso di vergogna
e di rimorso, affrancandolo da un peso terrificante, che gli aveva
reso le giornate lunghe e strazianti.
Certo,
non aveva compreso quella strana sensazione d’incompiuto, ma
poteva avanzare a testa alta.
Si
girò e fissò i suoi occhi cerulei, ardenti di
gratitudine, si fissarono nelle iridi dell’anziano.
– Vi
ringrazio, nobile Zeku. –
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