Gwyllion

di storiedellasera
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Gwyllion





Harvey pensò: -mio Dio! Sono proprio un pesce fuor d'acqua.-
E aveva ragione.
Continuava a fissare il soffitto nella vana speranza di addormentarsi. Non riusciva mai a prendere sonno quando si trovava in un letto che non era il suo. L'assenza dei rumori inoltre peggiorava la situazione. Harvey era abituato alle notti piene di suoni tipici delle grandi città: auto sempre in moto, sirene della polizia, ululati dei randagi, risate di qualche passante ubriaco.
Ma in quel cottage, costruito nella foresta di betulle, Harvey era immenso nel silenzio più totale. Perché aveva accettato di prender parte all'escursione? Quella domanda gli faceva compagnia durante la sua lunga veglia.
Harvey non amava la natura e di certo non voleva cimentarsi in qualche esperienza che prevedesse una tenda piantata in qualche bosco, lunghe camminate tra gli alberi, marshmallow cotti su un falò e tutte le altre diavolerie che si possono fare durante una stramaledetta escursione.
Allora... perché aveva accettato? Ciò che l'aveva persuaso, la vera ragione della sua scelta, dormiva proprio al suo fianco.
La luce della luna argentava la stanza da letto, illuminando la schiena di Wendy. Al contrario di Harvey, lei dormiva profondamente.
I due si erano conosciuti circa due anni fa... e fu amore a prima vista.
Wendy si definiva un'esperta escursionista.
Nonostante la sua giovane età, la ragazza aveva già visitato le foreste di mezzo mondo. Adorava in particolar modo i luoghi misteriosi ed esoterici.
Si era addentrata nella foresta degli alberi storti, in Polonia. Aveva visitato la foresta nera, in Germania, che sembrava contare più spettri che abeti.
Ma il suo posto preferito era Aokigahara, la foresta dei suicidi, in Giappone.
Wendy, con un certo orgoglio, affermava di aver avvertito qualcosa di strano mentre camminava tra quegli alberi... qualcosa che la teneva sempre sott'occhio.
Anche la foresta di betulle, che sorgeva vicino a una città del nord Europa dal nome impossibile, aveva una componente spaventosa. Gli abitanti del posto dicevano che tra quegli alberi dimorassero i gwyllion, crudeli e deformi fate mangia-uomini.

Un brivido di paura scosse Harvey, mentre ripensava a tutte le storie dell'orrore che  aveva ascoltato riguardo proprio la foresta di betulle.
-Questi non sono pensieri da fare durante la notte- pensò lui.
Si guardò attorno: la luce lunare proiettava sul soffitto, e sulle pareti, le sagome degli alberi della foresta. Ombre di rami che sembravano radunarsi attorno al cottage.
Harvey aveva spesso sentito dire: rami come artigli. Ma solo in quel momento, mentre fissava quelle ombre, il ragazzo colse a pieno l'essenza di quell'espressione.

L'inquietudine si impossessò rapidamente di lui. Iniziò a sentirsi... -circondato- fu la parola che balenò nella sua mente. -Ma circondato da cosa?- Harvey non sapeva rispondere... o forse non voleva.
Pensò che gli uomini e le donne dei secoli scorsi, durante le notti buie, dovevano sentirti proprio come lui: impotenti e terrorizzati.
Lui era solo una microscopica forma di vita di fronte alla vastità di una foresta silenziosa. Tirò su le coperte, come se le lenzuola potessero mimetizzarlo o farlo sparire. Più passava il tempo e più si convinceva di essere scrutato... esaminato da qualcosa nascosto nelle tenebre.
Il ragazzo pensò che se si fosse mosso di un solo millimetro, avrebbe di sicuro rivelato la sua posizione. E allora... sarebbe stato catturato.



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“Eccoli lì! Sei riuscita a vederli?” Aveva esclamato Sven, mentre indicava un punto nella foresta.
“No” ridacchiò Martha. Benché fosse munita di un potete binocolo, non era riuscita a scorgere la famiglia di cervi che Sven aveva individuato con sfacciata semplicità.
I due si trovavano sul balcone del cottage che si affacciava sul lato meridionale del bosco. In pochi minuti furono raggiunti dai loro compagni di escursione: Harvey, Wendy e Peter. Tutti loro si erano conosciuti all'università e, ad eccezione di Harvey, nutrivano una grande passione per le gite tra i boschi.
Il cottage apparteneva a Sven, che il resto del gruppo aveva conosciuto solo da sei mesi.

Era una gelida mattina.
Harvey aveva passato una notte insonne, tormentato da pensieri e paure che lui stesso, in un secondo momento, aveva giudicato ridicole e infantili.
Ma nel mettere piede sul balcone del cottage, e alzando lo sguardo verso il bosco, tutti i suoi timori assopiti si destarono e ripresero a tormentarlo.
La foresta di betulle era immensa. La scorsa notte, quando aveva raggiunto il cottage insieme a Wendy, Harvey non era riuscito a vederla poiché le ombre della sera avevano già occultato il posto.
Durante quella tetra mattina, invece, Harvey poteva ammirare la foresta in tutto il suo terrificante splendore. Una fitta nebbia scorreva agilmente tra le cupe betulle. Sembravano una schiera di fantasmi immobili e attenti. Risalivano il fianco di una ripida montagna.
Di nuovo, Harvey si sentì osservato.
Quella foresta non sembrava solo spaventosa ma anche... primordiale, come se fosse sempre stata lì, fin da sempre, immutata nonostante lo scorrere delle ere.
Wendy baciò la guancia del suo ragazzo, interrompendo il flusso dei suoi cattivi pensieri. Lei lo ringraziò ancora una volta per aver preso parte all'escursione.
Harvey ricambiò il bacio. Avrebbe voluto stirare un sorriso di cortesia... ma la vista e la presenza di quegli alberi glielo impediva.

Gli altri ragazzi stavano consultando delle mappe del territorio, mentre Sven dava le ultime indicazioni riguardo il tragitto che avrebbero dovuto percorrere. Solo lui, tra i presenti, si era già avventurato in quella foresta, perciò veniva considerato dai suoi amici come una sorta di guida turistica.
In poco tempo, i ragazzi finirono di preparare i loro grandi zaini da escursionisti e lasciarono il cottage per addentrarsi nella foresta.


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Avanzarono in fila indiana tra le betulle, con Sven in testa al gruppo. Secondo i loro piani, l'escursione sarebbe durata tre giorni.
Harvey avvertiva l'odore delle foglie e del legno umido mescolarsi con il profumo del muschio selvatico. Non era sicuro se gradisse o no quella bizzarra traccia olfattiva. L'aria era fresca e frizzante.
Il fruscio delle chiome degli alberi cullati dal vento era piacevole.
Sven aveva scelto un percorso facile da affrontare. La foresta, almeno in quel tratto, non era fitta e la luce della pallida mattina offriva una perfetta visibilità dell'ambiente circostante.
Harvey iniziò a tranquillizzarsi e a guardarsi attorno: notò qualche fungo far capolino da un manto di foglie morte, gocce di rugiada imperlare una grande ragnatela tessuta tra due alti rami, il cadavere di un piccolo riccio ormai quasi del tutto consumato...
“Ti stai divertendo?” Wendy gli rivolse un sorriso.
Harvey alzò le spalle: “pensavo fosse più faticoso.”
Sven, nel sentire quella risposta, sorrise. Mentre continuava a fare da apripista, disse: “il tragitto è semplice per ora. Ma quando ci inoltreremo nel cuore del bosco... bhé ...le cose si faranno decisamente più dure.”
“Quanto più dure?” Domandò Harvey. Tutti i presenti notarono una punta di apprensione nel tono della sua voce. Martha e Peter ridacchiarono.
Sven continuò a sorridere: “il bosco si farà più fitto e la visibilità calerà drasticamente. Il terreno diventerà impervio e scivoloso ma non temere, Harvey... sappiamo che questa è la tua prima escursione e per tanto non ho pianificato un viaggio complicato. Il nostro obiettivo è quello di raggiungere le cascate al centro della foresta.”
Martha si voltò verso Harvey: “dicono che le cascate siano dimora dei gwyllion” disse stirando un sorriso beffardo e agitando le mani come se fosse un fantasma.

Verso mezzogiorno, il gruppo decise di fermarsi e di piantare le tende.
La vegetazione, in quel punto della foresta, era piuttosto fitta. I raggi del sole riuscivano ancora  a filtrare attraverso le chiome delle betulle, spargendosi al suolo in tante piccole macchie dorate.
Da qualche zona remota della foresta proveniva l'eco di diversi cinguettii. Harvey si fermò ad ammirare il paesaggio: schiere di betulle si accalcavano attorno a lui. Il vento faceva oscillare i loro rami. Quel movimento sembrava rivelare una coscienza, un vero e proprio intelletto posseduto dagli alberi.
Harvey ebbe l'impressione che le betulle si stessero scambiando dei sussurri tra loro. Discutevano in merito alla presenza dei ragazzi.
-Siamo degli intrusi- fu il pensiero che attraversò la mente di Harvey. “Ma che razza di idee!” Disse subito dopo tra se e se.
“Hai detto qualcosa?” Domandò Wendy, accorgendosi che il suo fidanzato non aveva ancora finito di piantare la loro tenda.
Lei gli diede una mano. Harvey fu impressionato, e orgoglioso, nel vedere con quanta rapidità e sicurezza Wendy terminava il lavoro. In men che non si dica aveva finito di allestire la tenda.
Sven, nel frattempo, aveva creato un cerchio di pietre per il falò. Martha e Peter erano andati a raccogliere la legna, ma senza allontanarsi troppo.

Harvey prese il telefono dalla tasca. Il ragazzo voleva controllare le sue mail, ma non c'era la minima traccia di segnale in quella foresta: “ovviamente” commentò, accennando a un amaro sorriso.
Un urlo di donna lo fece sobbalzare così violentemente che il telefono gli scivolò di mano. Lui, Wendy e Sven si precipitarono verso l'origine dell'urlo.
Trovarono Martha in preda a una crisi. Peter cercava di calmarla, ma la ragazza non la smetteva di tremare e di indicare un punto tra le betulle.
Harvey si voltò in quella direzione... e riuscì a vederlo per un solo istante. Due piccoli occhi bianchi lo stavano fissando, incastonati in una minuta e grottesca sagoma oscura. Qualunque cosa fosse, sparì in un batter d'occhio, fuggendo tra gli alberi.
Martha tentò di descrive la creatura che era riuscita a intravedere.
“Era una volpe” sentenziò Sven.
“Una volpe?” Ripeté incredula Martha. Stava iniziando a tranquillizzarsi.
Harvey ripensò alla sua breve visione... e in effetti quella scura sagoma possedeva i lineamenti di una volpe.
Peter si rivolse a Sven: “sei sicuro?”
Sven annuì: “è piuttosto raro trovare un animale del genere in questo luogo, ma qualche volta si ha la fortuna di avvistarne uno.”
“Non... non ci sono animali pericolosi in questa foresta?”
Troppe volte Sven aveva dovuto rispondere a quella domanda. Ma il quel momento, il ragazzo comprese che il gruppo aveva bisogno di essere rincuorato.
Sorrise e scosse il capo: “tranquilli. Non c'è niente da temere qui... salvo qualche orso.”
“Orso?!” Esclamò Martha.
Sven stirò ancora di più il suo sorriso: “scherzavo.”
I ragazzi iniziarono a ridere e tutti loro tornarono alle loro tende.


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La notte si riempì di strani suoni.
Harvey era intimorito ma cercava di nascondere il suo umore. I suoi amici, del resto, sembravano comportarsi come se nulla fosse. Harvey dedusse che tutti quei rumori, sebbene fossero inquietanti, dovevano essere caratteristici di una foresta.
Il gruppo se ne stava attorno a un fuoco. Avevano da poco finito di cenare e stavano sorseggiando l'acquavite offerta da Sven, mentre Peter cantava e suonava la sua chitarra acustica.
Peter era molto bravo e Harvey, nel vederlo esibirsi, pensò che il suo amico stesse  cercando di far colpo su Martha. Del resto il ragazzo lanciava spesso degli sguardi verso la giovane.

Il senso di inquietudine però non abbandonava Harvey neanche per un istante... anzi ...sembrava aumentare. Anche i suoi amici iniziarono a sentirsi intimoriti, come se avessero percepito qualcosa di bizzarro attorno a loro, qualcosa che avanzava e si nascondeva tra gli alberi.
I ragazzi non facevano parola dei loro sentimenti. Si limitavano a scambiarsi occhiate cariche di preoccupazione mentre continuavano a parlare di argomenti frivoli e divertenti. Cercavano in tutti i modi di reprimere quella sensazione... senza però riuscirci.
Harvey non la smetteva di guardarsi attorno. Solo le betulle più vicine al falò venivano illuminate dalla luce delle fiamme. Sembravano contorti, con il tronco deformato e i rami raggrinziti. Il resto della foresta era immersa nel buio più totale.
Harvey si rese di non aver mai visto, prima di allora, la vera oscurità. Le città offrivano sempre una qualche fonte di luce, anche nelle notti senza luna. Ma in quel bosco, così lontano dalla civiltà, le tenebre parevano tangibili e crudeli, profonde come un abisso senza fondo.

Wendy iniziò a sentirsi stanca. L'acquavite l'aveva stordita, anche se la ragazza aveva bevuto solo un goccio di quell'alcolico.
Si alzò e si ritirò con Harvey nella loro tenda. Anche il resto del gruppo si preparò per andare a dormire. Non appena Sven spense il fuoco, le ombre della notte avvolsero in un istante i ragazzi.


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Harvey fu svegliato nel cuore della notte da un fruscio molto strano. Era diverso dai fruscii delle chiome mosse dal vento. Aprì gli occhi: c'erano solo tenebre e nient'altro.
Wendy dormiva come un sasso.
Harvey tese le orecchie: i suoni della foresta sembravano così sommessi eppure, in un certo senso, terrificanti.
Una folata vento fece oscillare con più vigore le betulle. Harvey sentì il brusio delle foglie e il mormorio dei rami. -E' così che gli alberi sussurrano tra di loro?- Pensò.
Ebbe l'impulso di aprire la tenda e di controllare l'esterno. Aveva con se una torcia elettrica. La girava e rigirava tra le mani senza rendersene conto. Era molto nervoso.
Avanzò verso la cerniera della tenda, quando lo strano fruscio si ripeté di nuovo.
Harvey non aveva dubbio: qualcosa, là fuori, stava sfiorando la sua tenda.
Il ragazzo si distese e si coprì la bocca con le mani per evitare di far rumore con il respiro. Il cuore sembrava volesse saltar via dalla sua cassa toracica.
La torcia gli scivolò dalle mani, rotolo sul suo ventre e cadde a vicino a lui. Le lenzuola attutirono i rumori. Harvey sentiva quell'oggettino premere contro il suo fianco ma non aveva alcuna intenzione di muoversi, nonostante il fastidio che avvertiva.
Si limitava a fissare, con occhi spalancati, l'oscurità di fronte a se... nella speranza di intravedere la tenda. Lo strano fruscio continuava con fare incerto.
Con il passar del tempo, Harvey si convinse che qualche ramo basso di betulla, agitato dal vento, stava toccando l'esterno della tenda.
Il fruscio era perfettamente riconducibile a delle foglie che venivano strofinate delicatamente su un tessuto.
Tale rivelazione però non rassicurò Harvey. Rimase fermo, guardingo per molto tempo, fino a quando non fu colto dal sonno.


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Fu svegliato dal vocio dei suoi amici.
Harvey si accorse di aver dormito più di tutti gli altri. Imbarazzo, si vestì in fretta e uscì dalla tenda. I ragazzi stavano finendo di cucinare la colazione a base di porridge.
Wendy stava proponendo al gruppo di salire su una ripida altura non molto distante dalla loro zona.
“Prima di raggiungere le cascate dei gwyllion...” diceva la ragazza “...voglio fare qualche foto del panorama, magari da un punto sopraelevato.”
Martha e Peter si offrirono di accompagnarla.
Harvey avrebbe voluto stare con lei, ma sapeva benissimo che un'arrampicata andava oltre le sue possibilità. Lui rimase vicino alle tende, con Sven a fargli compagnia.

I due finirono in fretta la loro colazione.
Harvey, ripensò allo strano fruscio che aveva avvertito la scorsa notte. Si voltò verso la sua tenda per individuare i rami di betulla responsabili di quel rumore... ma non c'erano alberi abbastanza vicini alla sua tenda.
Il terrore si impadronì del ragazzo. -Stai calmo...- pensò -...magari è stato un animale a fare quel rumore. Magari è stata la volpe avvistata da Martha.-
Raccontò a Sven la sua esperienza, nella speranza di ricevere qualche conforto o una spiegazione da parte del suo amico, dato che Sven era l'esperto di quella foresta.
E in effetti una spiegazione arrivò: “accade spesso...” aveva risposto Sven “...sono le foglie che cadono dagli alberi. Si posano sulla tenda e scivolano via.”
Harvey pareva perplesso: “un paio di foglie non fanno un rumore del genere.”
“In che senso?”
“Un rumore capace di svegliarmi.”
Sven sorrise e annuì: “i suoni che senti ti sembrano amplificati perchè non ci sei abituato. I rumori delle città hanno modificato le orecchie degli uomini, ecco perchè i suoni della natura ti sembrano... ecco ...strani, come se venissero da un altro mondo.”
Harvey ascoltò con acceso interesse quel discorso. -Ha senso!- Dedusse.
“Tu riposati...” continuò Sven “...penso io a rimettere in ordine.”
Ma Harvey aveva comunque deciso di sparecchiare e di lavare i piatti. Continuò con le sue mansioni anche dopo che Sven si era allontanato di qualche metro dalle tende. “Vado un attimo in bagno. Torno subito” gli aveva rassicurato l'amico.

Harvey si sedette vicino le braci di un fuoco morente. Non gli piaceva restare da solo, e i suoni della foresta lo rendevano nervoso.
D'un tratto, Sven iniziò a urlare e a imprecare.
Non doveva essere andato troppo lontano. Harvey si alzò di scatto e corse in direzione del suo amico. Lo trovò sul fondo di un pendio, riverso a terra, sommerso da rametti spezzati e foglie morte. Era in preda a una risata isterica.
“Sono scivolato...” disse Sven, mentre continuava a ridere “...proprio io! Guardatemi! L'esperto della foresta!”
Harvey tentò di chiamarlo ma il suo amico sembrava non ascoltarlo.
Si era ferito alla mano destra e il sangue zampillava dal palmo come una fontana. Alla vista di quel rosso che imbrattava la mano di Sven, Harvey ebbe un capogiro.
Si riprese immediatamente: “sto arrivando...” urlò “...non muoverti.”
Iniziò a scendere il pendio come Wendy gli aveva insegnato: gambe piegate, passi lenti con i piedi puntati di lato e non in direzione della discesa.
Per aiutarsi, Harvey si aggrappava ai tronchi delle betulle e ai rami particolarmente grandi. Mentre scendeva, ebbe l'impressione di aver udito una voce vicino a lui. Era una sorta di flebile e agghiacciante sussurro.
Harvey si guardò attorno, credendo che si trattasse di Wendy, o degli altri compagni, di ritorno dalla loro scalata. Ma il ragazzo era circondato solo da alberi... eppure era sicuro, sicurissimo, di aver udito una voce.
Uno strano silenzio era sceso sulla foresta, un silenzio interrotto solo dai lamenti di Sven. “Immagino vi state facendo una grassa risata in questo momento!” Aveva urlato improvvisamente lui, rivolgendo occhiate furtive agli alberi.
Quel comportamento spaventò molto Harvey, temette che il suo amico stesse delirando. -Magari ha battuto la testa contro un sasso- pensò.

Riuscì a raggiungere Sven senza farsi del male.
Quest'ultimo stava tamponando la ferita che aveva alla mano. Tentò di alzarsi, ma un scarica di dolore attorno alla sua caviglia lo costrinse a restare seduto.
“Sento il piede gonfiarsi” disse lui.
“E'...è rotto?” Domandò Harvey, terrorizzato.
“No. Riesco ancora a muoverlo...” si rivolse poi a Harvey “...pensiamo prima alla mia mano. Nella mia tenda c'è un kit di pronto soccorso con bende, tintura di iodio e altre cose. Riesci a portarlo qui?”
“S-si” aveva risposto Harvey.
Senza perdere altro tempo, il ragazzo si precipitò verso il pendio e iniziò a risalirlo.

Scopri immediatamente che si trattava di un'impresa assai ardua.
Un conto era scendere senza farsi del male... ma scalare quel tratto di bosco così ripido era decisamente un altro paio di maniche.
-Non sono bravo in queste cose- pensò Harvey con rammarico.
Iniziò a procedere a zig-zag, scegliendo i punti meno ripidi. Si aiutò aggrappandosi a delle radici che sporgevano dal suolo. Un'orrenda creatura, simile a un centopiedi, scivolò sulla sua mano. Harvey la vide mentre muoveva freneticamente le sue innumerevoli zampette e antenne. Il ragazzo iniziò ad agitarsi come un pazzo, anche dopo aver scacciato via quell'animale. Per un instante, nella sua mente, si formò l'immagine di un giornale che presentava un articolo intitolato: ragazzo idiota muore avvelenato da una puntura d'insetto durante un escursione con gli amici.
Riprese la sua scalata. Il disgusto per aver toccato quel centopiedi gli stava formando un groppo alla gola. Harvey iniziò ad artigliare il suolo pur di accelerare la sua avanzata. Procedeva a tentoni, cambiando spesso direzione.
La terra cedette sotto i suoi scarponi. Si spalmò sul terreno per evitare di ruzzolare via. Con un ultimo sforzo finì di risalire il pendio.

Finalmente tornò in posizione eretta. Si stiracchiò la schiena e si concesse un momento per riprendere fiato e per spazzar via il terriccio dalle mani.
L'orrore lo travolse improvvisamente.
Harvey si guardò attorno. Non c'era alcuna traccia delle tende.
-Dove sono finito?-
Di fronte a lui erano schierate imponenti betulle. Alberi a perdita d'occhio... nient'altro che alberi. Si era perso. Un tremore alle gambe si sparse rapidamente in tutto il corpo.
Harvey cercò di dominare quella sensazione, ma era troppo potente per poter essere sovrastata. Brividi di paura scorrevano appena al di sotto della sua pelle.
Gli alberi sembravano fissarlo con crudele cinismo.
Si voltò verso il pendio con l'intento di chiamare a gran voce Sven. Ma l'urlo gli morì in gola. In fondo a quella discesa, non riusciva più a vedere il suo amico.
Con sommo spavento, Harvey non riconobbe quel luogo. Capì di essersi allontanato dal punto in cui Sven era precipitato.
Gli tornò alla mente una frase che Wendy diceva spesso: -devi stare attento, Harvey, quando camminiamo in un bosco. Basta girare attorno a un solo albero per perdersi. Può sembrare una stupidaggine, ma un uomo non può rendersi conto di quanto in fretta possa allontanarsi dal gruppo.-
Quelle parole risuonarono nella sua testa come una sentenza.
“Che cosa faccio?” Disse con un filo di voce.
Tornò a fissare il fondo del pendio. Era buio, tetro... pieno di ombre e anfratti. Di colpo, Harvey rammentò la strana voce che aveva udito poco fa, e iniziò a sentirti osservato. Il suo sguardo continuava a guizzare tra gli elementi del pendio. Il ragazzo era sicuro che occhi famelici lo stessero controllando.
Decise di allontanarsi da quel posto, come se fosse in pericolo... come se avesse percepito una minaccia nei suoi confronti.
Seguì il fianco del pendio, convinto di ritrovare le tende in poco tempo.
Ma le betulle erano le sole cose che incontrava lungo il suo disperato cammino. Allora si decise a tornare indietro.
Cambiò direzione più e più volte fino a quando non perse di vista anche il pendio. Il paesaggio che osservava attorno a lui gli sembrava... diverso, come se lo stesse guardando per la prima volta.
-Gli alberi cambiano posizione...- pensò -...lo fanno per tormentarmi!-
Scosse violentemente il capo come se, nel farlo, fosse in grado di scacciar via quei pensieri. “E' il panico...” sussurrò “...il panico ti infila queste assurdità nel cervello.”
Si portò le mani ai lati della bocca, prese un gran respiro e fece per urlare...
-Wendy!-
Non riuscì a trasformare in urlo quel pensiero.
-Avanti! Grida il suo nome.-
Ma il suo corpo si rifiutava di far rumore. Il terrore lo costringeva al silenzio.
-Se urlo... verrò scoperto! Ma da chi? O da cosa?-
Di nuovo un assurdo pensiero.


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Harvey aveva perso la cognizione del tempo.
Le ombre attorno a lui si raccoglievano, si addensavano, si moltiplicavano. Il ragazzo non era in grado di dire se quell'oscurità fosse dovuta al sole che tramontava o al fatto che si stava dirigendo nel cuore della foresta.
Non aveva mai provato un terrore così grande. Non era più se stesso.
Sembrava di aver perduto anche la ragione tra quelle betulle. Il suo appartamento in città, il suo lavoro, la sua vita al di fuori di quella foresta... sembravano solo uno sbiadito ricordo. Solo un sogno.
Esisteva solo la foresta.
L'articolo del suo giornale immaginario aveva un altro titolo: ragazzo idiota disperso nel bosco.
Sentì le lacrime agli occhi. -Non piangere! Non azzardati a piangere!-
“Che avete da fissare!” Ringhiò alle betulle, che continuavano a fissarlo dall'alto dei loro imponenti tronchi.
Harvey era sicuro che gli alberi stessero dialogando tra di loro. Non parlavano come parlano gli uomini o come comunicano le altre creature... doveva trattarsi di una forma di comunicazione che sfuggiva alla comprensione umana, qualcosa dimenticata nel corso delle generazioni... o forse mai scoperta.
-Stanno discutendo sul da farsi...- pensò Harvey -...stanno decidendo cosa fare di me.-
A un certo punto credette di vedere tanti piccoli occhi bianchi tra le ombre degli alberi. Quella visione lo fece paralizzare dal terrore. Aguzzò la vista e si accorse di star fissando solo il riflesso dei raggi solari sulle foglie e sui cespugli.
Nonostante questo, la sensazione di essere osservato perdurava nel suo spirito.
Pensò di nuovo a Wendy e ai suoi racconti della foresta di Aokigahara.
Lì la ragazza giurava di aver avvertito qualcosa. E con che emozione e trasporto raccontava quella storia!
-Non hai avvertito nulla, Wendy!...- Pensò Harvey -...nessuna cosa ti stava osservando! Altrimenti non avresti potuto raccontare la tua vicenda con tale disinvoltura... con tale eccitazione. Oh, Dio! Sto morendo di paura.-

Riprese la sua corsa e si fermò solo quando fu a corto di fiato.
Per quanto tempo aveva camminato? Che ore erano? Dov'era finito?
Il bosco attorno a lui si era fatto più fitto, più buio.
Le sue orecchie captarono improvvisamente una sorta brusio. Era un rumore costante e lontano... uno scroscio.
“Le cascate!” Esclamò.
Avanzò in quella direzione, guidato dal rumore dell'acqua.
Il sudore sembrava congelarsi sulla sua pelle. Individuò poi un fiume che avanzava sinuoso nella foresta come un grande serpente argentato.
Un fischio fece sussultare Harvey. Alzò di scatto la testa e vide Sven che lo salutava.
Si trovava su un vecchio ponte di legno costruito sul fiume.

Harvey sentì la gioia esplodergli nel corpo. Corse verso Sven come se avesse le ali ai piedi. Non avvertiva più la stanchezza. Il terreno, anche se impervio e scivoloso, non sembrava rallentare in alcun modo l'avanzata di Harvey.
Ma il ragazzo, una volta raggiunto il ponte, si bloccò di colpo.
Sven, dall'altro lato della struttura, lo fissava perplesso... chiedendosi cosa fosse accaduto al giovane.
Harvey avvertì un gelo intenso nelle sue vene. Il suo mento tremava senza controllo. Era così pallido da assomigliare a un cadavere. I suoi muscoli erano tesi fino allo spasmo e i suoi occhi, dilatati per l'orrore, erano puntati su Sven.
La sua mano destra... non aveva alcuna ferita.

Sven, o chiunque fosse quella creatura, cambiò espressione.
Si era reso conto che Harvey aveva intuito il suo inganno.
Una scintilla di rabbia e frustrazione attraversò gli occhi di quella cosa. Erano occhi crudeli... malvagi.
Harvey era scosso da tremori sempre più intensi. La sua mente era sgombra da ogni pensiero. La follia stava germogliando dentro di lui. Lentamente fece un passo all'indietro. Continuava a fissare il finto Sven.
La paura gli bloccava persino il respiro. Immettere aria nei polmoni richiedeva un incredibilmente sforzo.

Colui che si spacciava per Sven, osservava Harvey con sguardo truce.
Di colpo, iniziò a correre verso di lui.
Harvey levò un grido di terrore.
Si voltò e iniziò a correre. Avvertì chiaramente il sangue defluire nelle sue gambe, riscaldando quei gelidi arti. Il suo corpo stava generando un'incredibile spinta... era l'istinto di sopravvivenza.
Harvey urlò di nuovo. Non era padrone di quelle grida, semplicemente uscivano da sole dalle sua bocca. Si voltò una sola volta: il suo inseguitore stava guadagnando terreno. La sua velocità era impressionante.
La paura spezzò la mente di Harvey. Urlò più forte e accelerò la corsa.

Sentì poi una voce che lo chiamava. Era Sven... il vero Sven.
Era riuscito a ritrovarlo e ora, da lontano, agitava le braccia per attirare la sua attenzione. Aveva delle bende sporche di sangue attorno alla sua mano destra e si reggeva in piedi grazie a un bastone.
Harvey svoltò nella sua direzione. Gli occhi spalancati del ragazzo sembravano volessero schizzar fuori dalle orbite. Scivolò, artigliò il terreno e si rialzò in meno di un istante. Questa volta, Harvey non aveva l'ardore di voltarsi... non voleva sapere la distanza che lo separava dal suo inseguitore o sarebbe morto di paura.
Sven avanzava verso di lui, cercando di essere il più rapido possibile malgrado la sua andatura claudicante.

Harvey raggiunse il suo amico e allungò una mano verso di lui. Sven agitò il bastone e lo fracassò sulla testa di Harvey.
Lui cadde a terra, tramortito. Un rivolo di sangue fuoriusci dal suo cranio, scese lungo la sua fronte per poi svoltare su un lato del volto.
Il finto Sven raggiunse i due ragazzi. Non era per nulla affaticato, respirava normalmente... come se avesse semplicemente passeggiato tra le betulle.
Fissò con sguardo torvo Harvey. Il giovane giaceva a terra privo di sensi.
“Perdonami...” disse il verso Sven alla creatura “...c'è stato un imprevisto” e gli mostrò la sua mano ferita.
La creatura non disse nulla. Rivolse solo un'occhiata carica di rimprovero verso Sven. Si chinò poi su di Harvey e iniziò a legargli i polsi e le caviglie con dei lacci rimediati dagli indumenti del giovane.

Sven assisteva a quella scena senza muovere un muscolo. Pregava che il gwyllion conservasse quell'aspetto, invece di assumere le sue vere sembianze.
Non si era ancora abituato alla vista della sua vera forma. E temeva che non ci sarebbe mai riuscito.
Il vero aspetto del gwyllion era a dir poco terrificante, simile a una volpe deforme dagli occhi bianchi.
Sven deglutì prima di continuare a parlare: “ci sono altri tre ragazzi.”
Il gwyillion si limitò ad annuire. La caccia non si era ancora conclusa. Lui era affamato, così come i suoi numerosi figli... figli che iniziavano ad essere sempre più impazienti. Si erano nascosti nel cottage di Sven, quando avevano visto gli umani raggiungere quel posto. Di notte si erano introdotti nella camera di Wendy e Harvey... e avevano rischiato di farsi scoprire da quest'ultimo.
Avevano anche cercato di intrufolarsi nella sua tenda, la notte scorsa. La loro impazienza e sconsideratezza erano provocate dalla loro fame.
Ma ora il gwyllion aveva catturato una preda e poteva sfamare la sua prole.

Sven pensò che quella creatura avesse in mente di tenere in vita Harvey il più a lungo possibile, per non far marcire la sua carne e le sue interiora. Sarebbe stato un lungo e lento banchetto.
Erano ormai dodici anni che Sven portava delle vittime al gwyllion.
Lui gli procurava del cibo... e il gwyllion prometteva a Sven una lunga vita, ben oltre le aspettative di un comune essere umano.
Sven non sapeva com'era in grado il gwyllion di fare una cosa del genere... ma in dodici anni, il ragazzo non aveva notato neanche il minimo cambiamento nel suo aspetto.

Il gwyllion finì di immobilizzare Harvey.
“Ti faccio strada...” disse Sven alla creatura “...troviamo i suoi amici.”


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Wendy era disperata.
Cercava di trattenere le lacrime mentre avanzava rapidamente tra gli alberi di betulla. Martha, al suo fianco, provava a consolarla mentre Peter non la smetteva di chiamare a gran voce Harvey e Sven.
“E' tutta colpa mia!” Disse Wendy sull'orlo di una crisi di nervi.
“Non devi neanche pensarlo” Martha le strinse una mano.
“Non dovevo portarlo qui” continuò Wendy, incapace di udire le parole della sua amica.

Harvey e Sven erano scomparsi da ore.
Inizialmente Wendy pensò che si trattasse di uno scherzo... ma con il passar del tempo, pensieri sempre più inquietanti germogliavano nella mente della ragazza. Alcuni di quei pensieri erano così orrendi che Wendy provava disperatamente a sopprimere.
“Ecco Sven!” Esclamò d'un tratto Peter, puntando il dito verso un gruppo di alberi a circa venti metri da lui. Le due ragazze, al suo fianco, sobbalzarono per l'emozione. Sven, in lontananza, aveva lanciato un fischio per attirare la loro attenzione. Agitava le mani per salutarli.

Pieni speranza, i tre amici iniziarono ad avvicinarsi a Sven.





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