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summer
Le colline che cingevano la valle erano ricoperte di verdissimi
bambù e il viottolo asfaltato proseguiva dritto tra le
risaie. Julian lo percorreva pedalando, Amy era seduta sul portapacchi
della bicicletta e osservava estasiata il paesaggio. I capelli della
ragazza ogni tanto gli finivano sul collo facendogli il solletico e
inebriandolo del profumo delle ciocche morbide. Erano usciti presto e
la brezza rinfrescava l’aria di quella che sarebbe stata
un’altra calda giornata estiva.
Amy gli sfiorò un braccio in una carezza.
-Che tranquillità, vero?-
-Sì, è fantastico! Pochissime macchine e tutta
natura. Erano giorni che non vedevo un cielo così terso.-
-Ma stamattina c’era nebbia, sicuramente farà
caldo.-
-E noi ci fermeremo sotto un albero, vicino al ruscello. E poi stasera,
quando arriveremo in hotel, ci tufferemo in piscina e ci sbaferemo una
succulenta cena di pesce.-
-Sarà bellissimo.- Amy pregustò già
quei tranquilli e intimi momenti, non vedeva l’ora di
arrivare -Sei stanco?- gli domandò d’un tratto.
-Scherzi? Sei leggera come una piuma.-
-Magari.- rise lei e per ringraziarlo di quello che reputò
un complimento, si puntellò sul portapacchi e si
sollevò per regalargli un piccolo bacio sul collo.
Il movimento fece vacillare la bicicletta. Julian si
irrigidì e strinse il manubrio, frenò un
po’ mentre le ruote costeggiavano pericolosamente il ciglio
del viottolo, sfiorando l’orlo del canalino di scolo.
Restarono in carreggiata per un pelo. La ragazza circondò
con le braccia il torace di Julian ed emise una specie di mugolio
spaventato.
-C’è mancato poco!-
-Scusa…-
-Scusami tu. È colpa mia se ti sei distratto.-
-Se vuoi continuare a distrarmi magari possiamo fermarci.-
Lei rispose ridendo. Alzò gli occhi per seguire il volo di
un airone cinerino disturbato dalle loro voci. Il frinire delle cicale
riempiva l’aria. Oltre alla bellezza del paesaggio, a
inondare la campagna c’era un preziosissimo silenzio. Un
silenzio che durò pochi minuti, giusto una trentina di lente
pedalate.
-Julian, cos’è questo rumore?-
-Quale?-
-Ascolta.-
Il venticello gli sibilava nelle orecchie e all’inizio non
riuscì a distinguere nessun rumore. Poi qualcosa
arrivò. Era una specie di tenue rombo, un debole boato che
si faceva sempre più vicino. E più si avvicinava
più aumentava di volume. Come i tuoni. Julian
alzò gli occhi al cielo, oltre il profilo verde scuro delle
montagne che si stagliavano contro l’azzurro. Non era un
temporale in arrivo, nel cielo non c’era traccia di nuvole.
-Cos’è?-
Poi il rumore divenne un battito insistente, sempre più nei
pressi. Finché a interrompere il silenzio arrivò
improvviso e prepotente il ritmo dei bassi di una musica commerciale
sparata a tutto volume. Era dietro di loro.
Si volsero. Prima Amy, poi Julian, che riuscì a dare solo
una rapida occhiata.
-Un furgone.-
La vettura bianca procedeva a velocità sostenuta e li stava
rapidamente raggiungendo. Più il furgone si avvicinava e
più il frastuono della musica cresceva.
-Non ci ha visti?-
Amy si tese, aggrappata a Julian. Il conducente non solo non decelerava
ma continuava a procedere al centro della strada.
-Non può non vederci, ci siamo solo noi.-
-Non rallenta.-
-Deve vederci per forza.-
La voce di Julian fu sovrastata dal sonoro strombazzare di un clacson.
Dalle risaie si levò uno stormo spaventato di uccelli che
sorvolò la strada. Per evitarli, Julian sterzò di
colpo. Amy si strinse forte a lui.
-Ecco, ci ha visti.-
-Sì ma non rallenta.-
Julian percepì le dita di Amy aggrapparglisi con forza.
-Senti che casino! Neanche ci fosse solo lui qui!-
-Julian, accosta. Lascialo passare.-
Lui prese a costeggiare il ciglio dell’asfalto, le ruote a
sfiorare l’erba.
-Ancora, Julian.- una nota di urgenza trasudò dalla sua voce.
La vettura alle loro spalle si faceva sempre più vicina e
non rallentava.
-Più di così non posso.-
Il conducente della macchina riprese a strombazzare. Julian
s’infervorò.
-Dove pretende che vada?- si voltò un istante indietro e
sobbalzò. Il furgone gli era addosso, il paraurti quasi
sfiorava la ruota posteriore della bicicletta. Si toccarono, Amy
urlò. Julian perse il controllo, la bicicletta
ondeggiò. La ruota anteriore oltrepassò il
canalino di scolo e si addentrò nell’erba.
Precipitarono lungo il declivio. Amy gridò ancora, poi
l’acqua della risaia frenò la loro corsa in modo
così brusco che la bicicletta si capovolse. Lei e Julian
finirono nel fango, tra le rane e i germogli di riso.
Il furgone si fermò. Il frastuono della musica
cessò e i suoi occupanti scesero con uno sbatacchiare di
sportelli. Julian riemerse dalla fanghiglia e cercò Amy. La
ragazza era in ginocchio, dai capelli la melma le colava ai lati del
viso. A un passo da lei la ruota anteriore della bicicletta capovolta
continuava a girare d’inerzia.
Julian perse il controllo, una furia cieca lo assalì e
lanciò insulti verso la strada.
-Imbecilli! Cretini! Idioti! Che accidenti correte? Volevate
ammazzarci?- si puntellò nel fango e si tirò su
con un gemito di dolore. Aveva urtato il ginocchio da qualche parte e
ora gli faceva un male cane.
Amy, che piangeva di ribrezzo, interruppe i singhiozzi e corse al suo
fianco, sguazzando nella melma.
-Ti sei fatto male?-
-Credo di no… Tu?-
-Niente. Sto bene. No, anzi, sto malissimo.- si guardò le
mani da cui colava una poltiglia viscida e scura e riprese a
singhiozzare -Questa roba ha una consistenza e un odore orribili.-
-Amy, non piangere.- cercò di consolarla lui -Siamo stati
fortunati, non ci siamo fatti niente.- erano ricoperti di fango ma
almeno l’acqua aveva attutito la caduta.
Poi qualcuno rise. Non una risatina discreta, soffocata, nascosta,
colpevole. Ma un vero e proprio scoppio di ilarità che ad
Amy fece più male del capitombolo. Il suo pianto
aumentò di volume facendosi isterico. Erano caduti nel
pantano e chi ce li aveva fatti finire aveva persino il coraggio di
prendersi gioco di loro.
Per consolarla Julian avrebbe voluto accarezzarle una guancia o
lisciarle i capelli, ma non si decideva a toccare la guazza che la
ricopriva. La sensazione di quelle carezze non sarebbe stata piacevole
per nessuno dei due. La lasciò sfogarsi e alzò
gli occhi su Mark. In piedi sul ciglio della strada, l’amico
li salutava agitando un braccio.
-Come siete ridotti! Dovreste vedervi!-
-Imbecille!-
Philip si calò lungo il pendio con l’intenzione di
soccorrerli ma si arrestò sull’argine della
risaia, gli occhi al pantano e l’espressione vagamente
disgustata.
-State bene? Giuro che guidava Mark! Amy, mi dispiace tantissimo! Non
so davvero chi abbia dato la patente a questo cretino!-
Lei per ascoltarlo aveva smesso di singhiozzare, ma riprese a farlo
finché non terminò le lacrime. Tutto quel pianto
servì almeno a ripulirle un po’ il viso.
Mark sulla strada continuava a sghignazzare e non faceva un passo per
soccorrerli. Julian si strizzò il davanti della maglietta.
L’acqua scolò via ma le macchie di fango rimasero.
-Smettila di ridere! Imbecille! Potevamo farci male!-
Philip l’appoggiò.
-Piantala, Landers! Non c’è nulla di divertente.-
ma quello se ne strafregava e allora si rivolse alla coppia
-Denunciatelo, se lo merita! Io testimonierò contro di lui.
Fatevi pagare i danni!-
La risata di Mark si spense di colpo.
-Cosa? I danni? Che c’entro io? Tu Ross, sei davvero un
pessimo ciclista. Non si cammina in mezzo alla strada, se sulla strada
ci passa a mala pena una macchina.-
-Non si sorpassa in quel modo, vandalo! Non si sorpassa a tutti i
costi, anche quando non c’è spazio!-
-Gliel’ho detto.- aggiunse piatto Philip -Ma ha voluto fare
di testa sua. E la sua testa lo sapete quant’è
dura!-
-Hai rovinato il nostro viaggio di nozze!-
Philip e Mark fissarono Amy spiazzati.
-Viaggio di nozze? E quando vi sareste sposati?-
-Non ne sapevamo niente!-
-Certo, sono affari nostri!- mise in chiaro Julian arrancando insieme
ad Amy sul declivio fino a raggiungerli.
Poi Mark scoppiò a ridere di colpo.
-Eravate in viaggio di nozze? In bici? Stavate andando in viaggio di
nozze, in bici? Alla faccia del risparmio!-
Amy si imbufalì.
-Abbiamo scelto un percorso ecosostenibile, che
c’è di male?- si portò le mani ai
fianchi, la sua collera e la sporcizia che la ricoprivano erano
esilaranti e Mark non riusciva a smettere di ridere -Anche tu dovresti
andare in bicicletta invece di produrre monossido di carbonio con
quella ferraglia puzzolente. Non sai che inquini il pianeta? Cosa vuoi
lasciare in eredità ai tuoi figli? Un mondo sporco e
inquinato?-
-Capirai, i figli…- Philip scosse mesto la testa -E chi se
lo prende uno come Mark? Sarà pure belloccio, ma
è un animale selvatico, completamente indomabile. E
spilorcio.-
Mark aveva imboccato la strada del divertimento e persino le
affermazioni poco lusinghiere di Philip lo facevano sbellicare.
I tre decisero di ignorarlo.
-Quindi in definitiva qual era la vostra meta? Possiamo darvi un
passaggio?-
Landers tornò serio all’istante.
-Non dire stronzate, Callaghan! Non voglio assolutamente che mi
inzaccherino il furgone! L’ho pulito giusto tre mesi fa.-
-Pensa che schifo.-
-Ecco appunto Amy, se ti fa schifo non ci salire e siamo tutti
più contenti.-
-E che vorresti fare, Mark? Lasciarli qui in mezzo alla strada in
queste condizioni?
-Prima o poi passerà qualcuno.- si guardò
intorno. Si trovavano così immersi nella campagna che in
giro non si vedeva nessuno -Con un po’ di fortuna,
magari… prima o poi.-
-Mark!- Amy scoppiò -Hai rovinato il nostro viaggio di
nozze, ci hai ridotti in questo stato e ti rifiuti addirittura di darci
un passaggio?-
-A parte che hai appena detto che la mia macchina ti fa schifo,
comunque se ti vedessi capiresti anche tu il perché.-
Amy lo spintonò indietro e si avvicinò al
furgone. Il ragazzo la seguì immediatamente. Con un gesto
brusco, pieno di stizza, lei aprì lo sportello posteriore e
fece un balzo indietro. Alcuni oggetti ammucchiati
all’inverosimile caddero a terra. Era pieno. Quel furgone era
così pieno di roba da scoppiare. Contava dodici posti, ma la
maggior parte dello spazio disponibile era occupato da una moltitudine
di cianfrusaglie.
-Mark, ma cosa sei? Un accattone? Cos’è tutta
quest’accozzaglia che ti porti dietro?- Amy
rabbrividì inorridita -Questa non è una macchina
ma l’officina di un rigattiere! Guarda che polvere! Saranno
anni che non dai una pulita, altro che mesi! Vero? Saremo sicuramente
Julian e io a sporcarci qui dentro!-
-Non sei costretta ad accettare un passaggio che non ti ho offerto!-
-E invece sì! Accetto il passaggio che mi stanno offrendo i
tuoi sensi di colpa per ciò che ci hai fatto.- Amy si
rivolse a Julian -Devo recuperare lo zaino.-
Tornò indietro, si calò lungo il pendio e con un
moto di disgusto infilò di nuovo i piedi nel fango.
Frugò nella melma intorno alla bici e riuscì a
tirar fuori la sua borsetta e lo zaino di Julian gocciolanti di melma.
Risalì sulla strada e aprì entrambi. Gli oggetti
all’interno erano completamente bagnati ma il tessuto aveva
trattenuto il fango e non si erano sporcati. Il cibo, ben protetto da
contenitori e bustine di plastica si era salvato. Quei pochi abiti che
avevano con loro si sarebbero presto asciugati, insieme al resto. Forse
sarebbe stato recuperabile quasi tutto.
Julian risalì sulla strada dietro di lei portando con
sé la bicicletta. Non sembrava rotta ma era molto, molto
sporca.
Quando vide Philip aprire gli sportelli posteriori del furgone, Mark
balzò su.
-Che state facendo?-
-Non vorrai lasciarla nella risaia!-
-Certo che sì!-
-Ma no!- protestò Julian -Me l’hanno regalata per
le nozze, si tratta dell’ultimo modello e di sicuro non
l’abbandono qui!-
Mark continuò a borbottare contrariato ma nessuno gli diede
ascolto. Philip e Julian incastrarono la bicicletta sul retro e
salirono a bordo. Landers si rassegnò a riprendere il
proprio posto alla guida e a mettere in moto. La musica esplose, Amy
gridò di sgomento.
-Mark! Abbassa il volume! Dove credi di essere? In discoteca?-
Philip spense lo stereo e lanciò agli amici
un’occhiata imbarazzata.
-Mark ha problemi di udito.-
-Come hai potuto sopportare un tale baccano, Philip?-
-Con molta pazienza.-
-Bravo, Callaghan.- Mark ingranò la prima -Adesso fai il
martire ma fino a dieci minuti fa cantavi a squarciagola.-
Amy scosse la testa incredula.
-Voi siete davvero suonati. Altroché.-
-Se chiudi lo sportello partiamo.- la zittì Mark.
-Sì, ma vai piano.- si raccomandò Ross -Non mi
fido per niente di come guidi.-
-Non sono io quello che è finito nella risaia.-
sghignazzò -Insomma, dov’è che dovete
andare?-
Si persero due volte e Julian, che aveva fretta di arrivare, tanto
disse e tanto fece che riuscì a vietare la sosta pranzo. Si
divisero borbottando i panini preparati da Amy, neppure lontanamente
sufficienti per quattro persone, di cui tre con una fame bestiale. Nel
tardo pomeriggio il furgone di Mark entrò nel piazzale
d'accesso dell’hotel superlusso di Julian e Amy. Philip
balzò giù per primo, fece scorrere lateralmente
lo sportello posteriore e i due sposini furono a terra.
Il custode del parcheggio uscì dalla guardiola e si
avvicinò. Osservò critico la vettura e la
montagna di robaccia che conteneva e si rivolse a Mark attraverso il
finestrino abbassato per metà.
-Giovanotto, lei qui non può sostare.-
-Non sto sostando. Sto facendo scendere i passeggeri.-
-In ogni caso qui non si può fermare.-
-Non ho intenzione di fermarmi. Non vede che ho il motore acceso?-
-è comunque in attesa e lei, qui, non può
attendere.-
A Mark si rimescolò la pazienza, quel tizio era scemo o
cosa?
-Sta intralciando il traffico delle vetture autorizzate.-
-Quali vetture? Su tutto il piazzale l’unica macchina che
vedo è la mia.-
-E io l’unica macchina che vedo è
l’unica che non può starci.-
Philip, che non aveva seguito l’assurdo botta e risposta
perché occupato con Julian a scaricare la bicicletta, si
affacciò nell’abitacolo.
-Quando avrai parcheggiato raggiungici dentro. Prendiamo qualcosa al
bar e poi proseguiamo.-
-Ricevuto.-
Mark fu tentatissimo di spegnere il motore e abbandonare il furgone
proprio lì, al centro del piazzale. Ma temendo una multa che
non aveva nessuna intenzione di pagare, si risolse a cercare posteggio
da un’altra parte.
-Dov’è il parcheggio?-
-Lontano, molto lontano. Esca, giri a destra e prenda la seconda
traversa a sinistra, dopo il semaforo vada dritto e alla rotonda prenda
la terza uscita. Prosegua per circa trecento metri, dopo il bar deve
attraversare un ponte e a sinistra, dopo la farmacia,
c’è il parcheggio.-
Mark lo ascoltò sgomento. Se anche non si fosse perso,
avrebbe impiegato almeno un’ora a tornare a piedi. Nonostante
le indicazioni, avrebbe lasciato il furgone lungo la strada molto ma
molto prima del semaforo. E se gli avessero fatto la multa
l’avrebbe pagata Philip visto che la decisione di fermarsi a
prendere qualcosa al bar era sua. Ingranò la marcia e
girò a sinistra, scegliendo deliberatamente la direzione
opposta a quella che gli era stata indicata.
Julian non aveva alcuna intenzione di capitolare alle regole
dell’hotel. Poggiò i gomiti sul banco della
reception, gli occhi fissi in quelli dell’impiegato che lo
osservava impassibile attraverso gli occhialini tondi e spessi come
fondi di bicchiere e che aveva ricominciato a esprimergli
l’inaccettabile verità.
-Signor Ross, vi aspettavamo per le due. Sono passate le sei e non
avete avvisato del ritardo, così abbiamo dato via la
stanza.-
-Io voglio la mia camera! L’ho prenotata un anno fa! Lei non
ha il diritto di rovinare il mio viaggio di nozze!-
L’uomo si aggiustò impassibile gli occhiali sul
naso, squadrando dall’alto in basso la coppia che aveva
davanti. Li vedeva così sporchi e cenciosi che era contento
di non averli come ospiti.
-Non c’è niente da fare, signor Ross. Siamo al
completo.-
-Allora rivoglio indietro i miei soldi.-
Philip si mise le mani in tasca. Secondo lui il ragionamento del tipo
alla reception non faceva una grinza. Julian avrebbe dovuto avvertirli
del ritardo.
Prevedendo che la discussione sarebbe andata per le lunghe, si
avviò verso il bar dell’hotel per aspettare Mark
lì. Julian e Amy in qualche modo se la sarebbero cavata.
Trovò un tavolo libero di fronte alla vetrata che si
affacciava su uno splendido giardino e su un’imponente
piscina che lo lasciarono a bocca aperta.
-Che bel posto.-
-Sì, ma è carissimo. Non te lo consiglio,
Philip.-
Il ragazzo si volse di colpo. Al tavolo accanto, Bruce ed Evelyn
sorseggiavano due coloratissimi cocktail ricolmi di frutta.
-E voi che ci fate qui?-
-Ci dissetiamo. I drink sono un po’ costosi ma fantastici.-
-Se quest’hotel è così caro,
com’è che te lo puoi permettere, Harper?-
-Mi posso permettere solo il cocktail.-
Evelyn sorrise.
-Meglio di niente, no? E poi da qui possiamo vedere la piscina e far
finta di aver prenotato una stanza.-
Bruce diede un sonoro risucchio alla cannuccia, dopodiché
tese le orecchie.
-È Julian che strilla di là?-
-Già. Hanno assegnato a qualcun altro la stanza che aveva
prenotato. Sapevate che lui e Amy si sono sposati?-
-No!- Evelyn spalancò gli occhi.
-Così pare. Bruce, fammi assaggiare il cocktail.- Philip
allungò una mano e si appropriò del bicchiere del
compagno, ma prima che riuscisse a posarvi le labbra, lui se lo riprese.
-Neanche morto! Costa un occhio della testa!-
Philip assaporò una goccia finita sul dorso della mano.
-In effetti non è male.-
-Allora vai al bar e comprati il tuo.-
Tacquero per ascoltare le proteste di Julian, che sembrava non darsi
per vinto e i gemiti di Amy che facevano da sottofondo.
-Non gli ridaranno la stanza. Sono strapieni fino a Natale.-
-Vaglielo a dire, Evelyn. Così almeno finisce di gridare.-
-Ci va Bruce.- guardò il fidanzato -Su, per favore. Se non
la smette il servizio d’ordine lo butterà fuori e
non sarà un bello spettacolo.-
-Giura che non toccherai il mio cocktail, Philip!-
-Giuro.-
Nell’istante in cui Bruce si dirigeva verso la reception,
Mark entrò dall’ingresso del giardino.
Individuò Philip che gli faceva un cenno e lo raggiunse.
-Ciao Evelyn.-
-Ciao Mark.-
-Chi è che grida?-
-Julian. Non ha più la stanza che aveva prenotato.-
-E perché?-
-Perché sono arrivati tardi.-
-Ben gli sta. Dove s’è mai sentito che uno parte
in viaggio di nozze in bicicletta? E volevano pure dare la colpa a
noi!- Mark si sedette al posto di Bruce, prese il suo bicchiere mezzo
pieno e ne tracannò una buona metà -Ottimo.-
-Per forza, è il più caro che
c’è.- lo informò Philip.
-Paghi tu?-
-Paga Harper.-
Mark sollevò di nuovo il bicchiere ma Evelyn lo
fermò.
-Ti consiglio di non finirlo o Bruce ti tormenterà per il
resto dell’eternità.-
L’amico esitò, poi l’inquietante
prospettiva lo convinse a rinunciare. Prima di riprendere il viaggio
sarebbe andato in bagno a bere della sana acqua corrente e a usufruire
gratuitamente dei servizi. Dopo pochi istanti, Julian, Amy e Bruce li
raggiunsero al tavolo.
-No! Hai finito il mio cocktail, Philip! Mi avevi giurato che non lo
avresti toccato!-
-Io non c’entro, è stato Mark. Vero Evelyn?-
La ragazza annuì e cedette al fidanzato il proprio bicchiere
ancora mezzo pieno.
-Allora, ce l’avete o no questa stanza?-
-No!- Julian si lasciò cadere su una poltroncina. La loro
prima romantica notte di nozze era appena andata in fumo.
Amy rimase in piedi al suo fianco affranta, torcendosi una mano
nell’altra.
-Cosa facciamo adesso? Era già tutto pagato e non abbiamo
abbastanza soldi per permetterci un altro hotel.-
-Vi consiglio un campeggio, con tenda e sacco a pelo. È
ecosostenibile.-
-Vaffanculo, Landers.-
Il silenzio sancito dall’imprecazione di Julian, fu subito
interrotto dalla curiosità di Bruce, che non sembrava
toccato dalla sfortuna occorsa ai neosposi.
-Philip, dov’è Jenny?-
-Non c’è.-
-Ti aspetta a casa?-
-No.-
-Non ti aspetta?-
-No.-
-E perché non ti aspetta?-
-Perché no. Ci siamo lasciati. Piantala con
quest’interrogatorio!-
Lo fissarono tutti sgomenti, Evelyn non credette alle proprie orecchie.
-Davvero vi siete lasciati?-
Philip si censurò e Bruce rise.
-Se non ce lo vuoi dire significa che ti ha mollato lei. Giusto? Su,
sputa il rospo!-
-Non sono affari tuoi!-
Eppure continuò a impicciarsi, dando la sua personale
interpretazione dei fatti.
-Ecco cosa è successo, ve lo dico io. Jenny ha finalmente
capito che stare con te era tempo sprecato e ha trovato qualcun altro
con cui mettere su famiglia!-
-E invece no!-
-Ti ha tradito?- insistette Bruce.
Philip divenne cadaverico.
-Certo che no!-
-Bruce, smettila di assillarlo.- lo zittì Amy mettendo fine
al terzo grado. Aveva cose più importanti per cui
angustiarsi e quel continuo chiacchiericcio le toglieva la
concentrazione.