L'angolo dei ricordi

di holls
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In genere non cercavo mai attenzioni, ma quella volta avrei tanto voluto farlo.
Dolly, mi chiamava. La piccola, dolce Dolly.
Tutto era iniziato quando Lalla era ancora piccola - un'adorabile bimba con due buffe trecce come le mie - ed era stata lei a darmi questo soprannome. E se all'inizio lo avevo trovato quasi ridicolo, mi era bastato poco per affezionarmi, non solo al nome che mi era stato dato, ma anche a quella bambina.
Col tempo, divenni quella che c'era sempre, colei che stringeva la mano in una notte di difficoltà, che ascoltava i pianti e pure le delusioni.
E come avrei potuto non esserci? Pensavo che la mia sola presenza sarebbe bastata per l'eternità, che Lalla non mi avrebbe mai abbandonata. Invece ero stata messa da parte, dimenticata, perché il tempo è tiranno e tutto scorre, tutto passa.
Anche l'amicizia tra me e Lalla era passata.
E più la guardavo, nascosta in un angolo buio, più capivo che non sarebbe più tornata, viste come si erano evolute le cose tra noi. Il nostro rapporto, una volta fatto di tenerezza e confidenza, era sfumato come tante altre cose, perché ormai avevo fatto il mio tempo.


Crescendo, Lalla aveva trovato nuovi interessi, e l'angolo buio cominciò a diventare la mia casa. Presto cominciai a non essere nemmeno più nei suoi discorsi - se ne vergognava, probabilmente. La sua Dolly, da centro dell'universo qual era, divenne presto il ricordo di un'età passata, svanita veloce com'era arrivata.
Passai anni nel mio angolo buio, il mio rapporto con Lalla reciso all'improvviso come un filo spezzato. Trovai anch'io nuove compagnie, ma nessuno eguagliava la vitalità di Lalla.


Accadde, però, che un giorno me ne uscii dal mio angolo buio. Lalla mi prese dolcemente tra le sue mani, col viso più maturo di come ricordavo. Non aveva più buffe trecce, né il viso paffuto tipico dell'infanzia: Lalla era ormai una donna, ma non aveva perso il suo sguardo intriso di tenerezza. China accanto a lei c'era sua madre, alla quale l'età stava cominciando a portar via il fiore della sua gioventù.
Lalla mi avvicinò a sé e mi carezzò le trecce, che io invece non avevo mai perso; fece scorrere un dito su quei bottoni che nella sua fantasia dovevano essere occhi e le strappò un sorriso il vestitino che indossavo e che aveva cucito appositamente per me.
Mi rigirò tra le mani, quasi a voler imprimere ogni dettaglio nella sua mente.
- Che vuoi fare con Dolly? La teniamo? -
Lalla mi guardò ancora una volta, mi stampò un bacio sulla fronte e poi mi mise nelle mani di sua madre.
- Ciao, Dolly! -
Finii in una seconda scatola, quella degli oggetti dimenticati senza possibilità di ritorno.

Lalla rimase sola, seduta davanti alla seconda scatola. La sentivo, là fuori, al buio. Percepii il suo corpo che si avvicinava, che apriva la scatola e che mi cercava. Mi trovò dopo poco.
- Ciao, Dolly. Fai buon viaggio. -
Mi tirò a sé e mi abbracciò. Poi mi rimise a posto.

Addio, Lalla.





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