Molteplici studi affermano che i bambini tendono a dimenticare i
ricordi dei loro primi anni di vita anche se conservano le percezioni,
Hayato rappresentava un'eccezione, come sempre del resto.
Fin dal primo istante in cui aveva aperto gli occhi si era comportato
diversamente, come se volesse opporsi alle convenzioni senza ancora
avere consapevolezza di cosa fossero. Non aveva pianto, ma aveva mosso
rapidamente gli occhietti grigi come se volesse ispezionare l'ambiente.
Già respirava, sembrava sapere esattamente come fare e
quando finalmente pianse al terzo schiaffo sembrò averlo
fatto per condiscendenza.
L'ostetrica che lo prese tra le mani constatò immediatamente
delle anomalie ulteriori, dalla pelle così bianca da
ricordare il colorito di un cadavere alla facilità con cui
riusciva a sollevarlo. Poteva essere un figlio della luna, il che era
veramente una condanna: il pensiero che una donna che non disponeva di
sufficiente denaro per coprire le spese della propria malattia dovesse
anche badare a un neonato affetto da xeroderma pigmentosus le
stracciava il cuore. Inoltre Hayato arrivava a fatica ai due chili, nonostante non fosse nato prematuro, segno che la donna avesse
scoperto tardi la propria gravidanza e non si nutrisse correttamente e
in quantità sufficiente.
LavinIa era ancora stordita dall'anestesia, che aveva subito
perché nelle sue condizioni il parto naturale era stato
scartato a prescindere, quando le adagiarono tra le braccia un
fagottino avvolto in un panno di lino verde che teneva gli occhi chiusi
e i pugni stretti come se sentisse il bisogno di difendersi.
Il ginecologo che aveva seguito il suo caso a dir poco anomalo la
affiancò con uno sguardo gentile. Mai nella sua carriera
avrebbe pensato di assistere a un simile miracolo: una gravidanza
portata a termine sotto chemioterapici.
"È un maschio, come sa è già
incredibile che sia nato quindi non le nascondo che le sue condizioni
di salute ci preoccupano. Dobbiamo approfondire facendo ulteriori
analisi che richiedono costi onerosi."
Lavinia si limitò a sorridere accarezzando delicatamente il
capo del bambino intravedendo qualche ciuffetto argenteo che
timidamente era spuntato, riconoscendo il suo marchiò di
fabbrica. Le sue dita affusolate da pianista erano state distrutte
dall'azione degli farmaci che le venivano iniettati in endovena. Il
piccolo aprì gli occhi destato dalla voce accogliente del
medico e li puntò in quelli della mamma. Dovette
riconoscersi perché sorrise invogliando la giovane a fare lo
stesso. La gioia che le esplose nel petto non era descrivibile, Lavinia
percepiva quell'amore in ogni atomo del suo corpo. Sangue del suo
sangue, giurò a se stessa di proteggere in eterno quel
sorriso.
"Fate tutto il necessario, io non sono che il corpo che lo ha portato
alla vita, non potrò vederlo crescere. Si
occuperà di lui suo padre, Don Alfonso Bianchi."
Lavinia sorrise amaramente davanti all'espressione turbata del
primario, era bastato un cognome a farlo tremare e l'atteggiamento
gentile ora si era tramutato in rispetto solenne scaturito dalla paura.
"Qualunque cosa desideriate, signora Gokudera."
Lavinia era stata dimessa dalla clinica appena tre giorni dopo, un
fascicolo che non finiva più in cui le veniva spiegata per
filo e per segno la particolare condizione di suo figlio.
"Albinismo incompleto, una forma rara" le aveva detto il tecnico di
genetica molecolare.
"In poche parole suo figlio si è rifiutato di rientrare in
qualsiasi anomalia genetica classificata e riconosciuta e ne ha creata
una tutta sua" aveva scherzato l'assistente prossima a ereditare
l'intero laboratorio e il lavoro di suo padre.
"La buona notizia è che abbiamo scongiurato l'opzione dello
xeroderma pigmentosus, quindi suo figlio può essere esposto
al sole senza che ciò gli causi danni cerebrali, ma essendo
comunque un albino anche se solo in parte la sua pelle rischia di
andare incontro a vere e proprie ustioni se prima non viene applicato
uno strato protettivo. Inoltre i suoi occhi sono molto sensibili per
questo motivo bisogna limitare il contatto con luce naturale, il suo
sistema immunitario già precario per i trattamenti patiti
è ulteriormente indebolito da questa condizione
perché la mancanza di pigmenti che schermino le radiazioni
UV sulla cute favorisce modifiche al DNA" una spiegazione veramente
dettagliata da cui Lavinia aveva appreso concretamente solo il fatto
che doveva evitare che il sole baciasse il suo bambino.
"Inoltre potrebbe avere gli occhi rossi, come i vampiri"
cercò di sdrammatizzare l'assistente, si vide dare una
gomitata da un collega.
"Voglio dire per il momento sono grigi però la mancanza di
melanina è tale che potrebbe perdere qualsiasi colore e
mostrare solo vene e arterie, per questo l'iride diverrebbe di colore
rosso."
Quelle parole riecheggiarono nella testa di Lavinia, parole che le
causarono un tale senso di colpa, perché solo lei era
responsabile di tutte le difficoltà che quel neonato
già doveva affrontare, che si odiò per non essere
stata un po' più forte da farsi prescrivere una pillola o
ricordarsi di usare il preservativo nonostante la foga del momento.
"Rimane solo la questione del nome" le aveva fatto notare il ginecologo
che l'aveva assistita tanto premurosamente.
A quell'ora Lavinia credeva che il padre del bambino si sarebbe
già presentato per riconoscerlo e scegliere quel dettaglio
così significativo insieme, ma non era che una speranza
illusoria a cui si era aggrappata con tutte le sue forze.
Stanca di attendere qualcuno che non sarebbe mai arrivato
perlustrò la propria mente alla ricerca di una parola che
nella sua lingua natale, il giapponese, potesse avere un significato
adatto alla situazione. Scelse "maschio", la prima parola che aveva
captato quando il ginecologo le aveva parlato dopo l'anestesia.
Metafora della forza, della sicurezza, così come
rappresentato nella sua cultura, unendo i sinogrammi "隼" e "人"
rispettivamente "falcone" e "persona" perché potesse volare
sempre più in alto delle sue difficoltà, ma non
dimenticasse mai la sua natura umana.
Era sollevata che le fosse nato un maschio perché nella
mafia le donne non avevano vita facile, invece il suo bambino avrebbe
ricevuto le migliori cure al mondo e un giorno sarebbe stato un grande
boss amato e rispettato da tutti e con un cuore enorme. Aveva un futuro
radioso davanti a sé.
"Hayato" mormorò Lavinia lasciando andare una lacrima
conscia del fatto che non ne avrebbe fatto parte.
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