La brezza primaverile
fece percorrere un lieve brivido lungo la schiena
del giovane, era intento nell’osservare
la luna alta in cielo. Non si rese conto dello scorrere irrefrenabile
del tempo, difatti varcò la soglia del balcone
da più di un paio d’ore. Le voci dei coinquilini
cessarono di sbraitare e caddero in un dolce riposo, ormai
sembravano un ricordo lontano. L’unico suono che udiva era lo
scroscio dei pensieri, monologhi su monologhi
si accavallavano pur di ricevere l’agognata attenzione di
Yuki. Non era suo solito rimuginare sul passato o, in
generale, su avvenimenti negativi. Dietro di sé trascinava
però un carico talmente pesante che piangere fu
inevitabile, tentò di sfogarsi nel modo più
silenzioso possibile, aggrappandosi alle braccia con forza.
Dei passi si avvicinarono con gentilezza a lui, e dal profumo non fu
difficile capire si trattasse del suo
compagno di stanza, l’ultima persona che avrebbe voluto
vedere in quel momento. In fretta asciugò le lacrime
dal viso stanco, improvvisò un’espressione
neutrale dinanzi all’orizzonte oscuro e nostalgico.
“Non vieni a dormire?”, la sua voce sembrava sia
provocatoria che preoccupata, fece aggrottare le
sopracciglia a Yuki.
“Dopo. Cos’è, hai paura del buio? Mi sto
solo esercitando per il prossimo spettacolo,
‘notte”, rispose come
suo solito con del cinismo, la voce tremava lievemente. Detestava
mostrarsi debole, pregò che non se ne
fosse accorto e che tornasse in camera, eppure successe qualcosa che lo
prese alla sprovvista. Tenma lo
affiancò e osservò l’orizzonte insieme
a lui, rimasero immobili e in silenzio per svariati minuti.
“Yuki.”
“Che c’è?”
“Perché non me ne parli?”, chiese
tamburellando le dita sulla ringhiera in preda alla tensione. Fu raro
vedere
Tenma così cordiale, specie nei suoi confronti. Era ormai
risaputo come i due bisticciavano con una facilità
disarmante, non avevano mai affrontato discussioni serie o vagamente
normali, difatti quella domanda
scosse Yuki a tal punto da farlo balbettare.
“P-Perché dovrei? Scendi dal piedistallo, Signor
So-Aiutare-Tutti: non sono affari che ti riguardano”, rispose
freddo come quel vento che ancora accarezzava la sua pelle candida, si
pentì di aver indossato quel leggero
vestito in cotone. Nessuno ha mai voluto aiutarlo, era impossibile per
lui prendere seriamente quelle parole
sebbene sincere e genuine.
“Smettila per una volta! Dimmi, è successo
qualcosa a scuola anche oggi?”
Non era raro che la gente prendesse in giro Yuki per il suo modo di
vestire, d’altronde fu anche la ragione
principale per il quale non frequentava nessuno. Abbassò lo
sguardo e sfiorò il fiocco che legava il vestito dai
colori delicati e rosei, prese a giocarci con le dita.
“Forse”, rispose con occhi lucidi ed
evitò il contatto visivo,
difatti si voltò nella direzione opposta alla sua,
“vado a letto, sono stanco”.
“Aspetta!”, Tenma lo richiamò afferrando
il suo braccio freddo, dei brividi di freddo su quest’ultimo.
Si sfilò
in fretta la giacca di jeans e la porse Yuki, il volto completamente
rosso. “Avanti, indossala o ti
raffredderai…”
Fece come gli venne chiesto, sebbene la misura fosse il doppio della
sua. Un dolce tepore lo pervase
all’istante, e l’odore di Tenma era accogliente e
rassicurante. Quelle cose, però, non avrebbe mai potuto
dirle
ad alta voce, fu già abbastanza strano pensarle.
“Non ti sta bene, per nulla. Anzi, ridammela, ti sta proprio
malissimo”, affermò gonfiando un po’ le
guance
rosee, si avvicinò all’altro e sfiorò
la giacca per riprenderla, ma l’amico strinse le braccia al
petto con
decisione. Osservava come calzava quel genere di abbigliamento su di
lui e non si sentì sé stesso, eppure per
qualche motivo desiderava indossarla ancora per un po’.
“Preferisco di gran lunga quanto ti vesti con…
insomma, in quel modo. Non dico che ti sta bene, intendo solo che avere
uno stile diverso dagli altri non è
male come credi.”
Yuki guardò l’amico con occhi increduli, poi
scoppiò a ridere. Il suo sguardo si addolcì, le
guance si
riscaldarono in preda all’emozione. “E dirmi che la
tua giacca non mi sta bene sarebbe il tuo modo per
consolarmi? Certo che sei proprio stupido!”, rise a gran voce
ancora una volta, si lasciò andare a tal punto
che le lacrime che trattenne per minuti interi solcarono il volto, un
sorriso sincero stregò totalmente Tenma,
il quale arrossì maggiormente dall’imbarazzo.
“Ma che vuoi, cerco di farti stare meglio e tu mi prendi in
giro. Non lo farò mai più, ho deciso.”
“Grazie, Tenma” sussurrò Yuki con voce
gentile, mai ebbe l’occasione di udire neppure lontanamente
cotanta
dolcezza da parte sua. Si avvicinò all’altro e
posò le labbra sulla guancia color peperone,
stampò un bacio e
si voltò, tornando finalmente in stanza mentre stringeva
mani sulla giacca, come a volersi coprire
ulteriormente. Tenma rimase in balcone immobile, era ancora immerso nel
sorriso e negli occhi lucenti
dell’altro. Si coprì il volto bollente con le mani
e sospirò sonoramente, infine raggiunse l’altro in
camera.