5.
Che
la Riunione abbia inizio!
Il
Bosco Millenario era immerso in
un’atmosfera magica. La notte ormai era calata e sugli alberi, immutati
dal
tempo, si dipingevano sinistre ombre create dalle alte fiamme del
focolare.
Quattro grossi tronchi erano sistemati in cerchio attorno al falò e le
tre
stagioni, Estate, Inverno, Primavera, stavano chiacchierando in attesa
di Autunno.
Inverno era in piedi di fronte ad Estate e scuoteva con fierezza la
grossa
pinta di birra, parlando animatamente di come fosse stato eccezionale
il suo
Natale. La fredda stagione era la più alta tra tutte e, anche, la più
imponente. Quella notte indossava una camicia bianca, le cui fibre
erano messe
a dura prova dai grossi muscoli e le cuciture stesse, di tanto in
tanto, si
lamentavano impercettibilmente, scricchiolando. Portava delle bretelle
nere che
sorreggevano un paio di brache nere a righe bianche, anch’esse tese al
massimo
delle loro capacità per via dei muscoli possenti. Un papillon rosso e
delle
eleganti scarpe nere completavano il suo abbigliamento. La figura di
Inverno,
nel complessivo, era quella di un uomo sui quarantacinque anni, con la
barba
corta, ma folta, ricciuta ed i bianchi capelli laccati all’indietro. I
suoi
occhi color ghiaccio erano un faro in quella notte buia. Estate, dal
canto suo,
ascoltava senza troppo interesse gli sproloqui altezzosi di Inverno.
Poco gli
importava del raccolto, del Natale, di tutte quelle cose che non
riguardavano
la sua stagione. Estate era una stagione disinteressata, amava le
feste, amava
rilassarsi e far rilassare gli altri. Poteva sembrare un ragazzo di
venticinque
anni, non di più! Indossava una felpa grigia con cappuccio, ma senza
maniche,
esibendo i muscoli magri e delineati di un giovane in forma. La zip era
abbassata a mostrare i lisci pettorali scolpiti e sobri e la sua
carnagione
color caramello. Portava un paio di bermuda kaki e un paio di infradito
blu. I
suoi capelli erano lunghi e lisci, scuri come la notte e resi gonfi
dall’acqua
salata. I suoi occhi verde smeraldo saettavano di qua e di là, cercando
qualcosa di interessante su cui posare lo sguardo, per estraniare le
sue
orecchie dal discorso di Inverno. Primavera, invece, se ne stava seduta
sul suo
tronco, con le braccia conserte ed uno sguardo cagnesco rivolto ad
Inverno.
Quanto detestava sentirlo sempre vantarsi di tutto, era insopportabile!
La
stagione dei fiori dimostrava non più di dieci anni, portava i capelli
tinti di
rosa leganti in delle strette treccine e gli occhi nocciola le
brillavano di
bagliori fiammeggianti. La piccola non arrivava al terreno, seduta
com’era su
quel grosso ceppo e, sgambettando, faceva oscillare le scarpette
laccate di
rosso. Indossava un vestitino tutto adornato di pizzi bianchi e
fiocchetti ed
il suo aspetto da bambolina era accentuato dalla carnagione color
porcellana.
Primavera pareva un’adorabile bimbetta, nel suo aspetto così dolce e
calmo, ma
dentro nascondeva una vera e propria diavolessa.
Finalmente
arrivò Autunno che, respirando
a fatica per la corsa, si accomodò subito sul tronco accanto a
Primavera. La
stagione delle zucche si scusò con tutte le altre per il suo ritardo e
prese a
tracannare con una certa grazia sgraziata un lungo bicchiere d’acqua.
Inverno
la osservò scuotendo il capo con disappunto; Estate ridacchiò, ma dal
canto suo
poco gli importava e Primavera, tenendo la brocca con due mani, le
versò più e
più volta acqua nel bicchiere. Autunno portava una lunga gonna blu
scuro
costellata di tanti punti dorati, pareva quasi un cielo stellato che,
con tutte
quelle fitte pieghe, si muoveva come avesse vita propria. Indossava,
poi, un
cardigan a coste color zucca. I lunghi capelli rossi le ricadevano, in
grossi
ricci, sulle spalle magre e gli occhi blu come la notte si confondevano
con il
cielo. Ai piedi portava un paio di scarponcini allacciati stretti e
delle calze
scure.
Essendo
arrivati tutti, la Riunione poteva
finalmente avere inizio!
Una
volta che si furono tutti accomodati
attorno al falò, Inverno prese la parola, come ogni anno, per
introdurre la
Riunione.
«A
tutti do un caloroso benvenuto all’Annuale Riunione delle
Stagioni. Eccoci
tutti qui! Allora, com’è andato il vostro anno? Se mi permettete di
cominciare
– nessuno mostrò interesse nell’obiettare – vi racconterò com’è andato
il
mio…Bene…Devo dire che ogni prodotto, quest’anno, è stato eccezionale
e, con
l’assistenza di Natale, è andato tutto splendidamente. La neve è scesa
copiosa
e tutte le montagne si sono innevate a dovere. Fantastico non trovate?
–
nessuno disse nulla. Primavera cacciò indietro uno sbadiglio che
sarebbe stato,
altrimenti, a dir poco maleducato – In ogni caso, a voi com’è andata?»
«Bene,
come ogni anno, il sole, la sabbia,
il mare…insomma tutti fantastico» dichiarò Estate, senza sbilanciarsi
troppo
emotivamente.
«Concordo,
tutto alla grande» annuì
Primavera verso Estate, trattenendo a stento del rancore represso nei
confronti
di Inverno.
«Autunno?»
«Tutto
bene!» esclamò la stagione, come
fosse stata colta nell’atto di combinare qualcosa. Tutti, di fatto, si
erano
accorti che da quand’era arrivata, Autunno sembrava tormentata da un
qualche
pensiero che, con tutte le sue forze, cercava di reprimere. Nessuno di
loro,
però, diede al suo disagio particolare peso.
Vi
starete chiedendo, però, se la riunione
delle stagioni non riguardi solo questo: chiacchiere futili e qualche
scaramuccia. No, no signori e signore, la Riunione
delle Stagioni era ed è molto di più. Infatti, oltre ai
convenevoli, le
quattro stagioni dovevano, ogni anno, portare con loro un racconto, una
storia
da condividere con tutte le altre. La storia o il racconto doveva
essere
qualcosa, avvenuto durante la stagione, che per loro era stato
significativo e
che si era realizzato grazie alle circostanze da loro ricreate. Questa
era la
Riunione. Il racconto o la storia si sarebbero impresse per sempre nel Memoriale delle Stagioni, sancito dal
focolare che ogni anno veniva acceso in onore al loro incontro. La
storia
doveva essere scritta su un foglio e bruciata nel falò, cosicché
potesse essere
registrata nell’ “archivio” del Bosco Millenario. Poteva succedere che
una
stagione non avesse nulla da raccontare, in quel caso, doveva donare al
focolare un oggetto o un elemento della natura che, per quella
stagione, era
stato particolarmente fruttuoso o stupefacente quell’anno.
«Prendo
di nuovo la parola, visto che
peccate tutti di iniziativa…» sorrise ironicamente Inverno, ergendosi
in tutta
la sua possanza «Se non vi dispiace darei inizio alla vera riunione,
portando
qui al focolare il mio racconto annuale: la mia storia parla di un
vecchio
burbero che trovò finalmente famiglia, grazie ad una tormenta di neve»
Il
racconto di Inverno fu lungo e senza
esclusione di colpi. Molti momenti furono intensi, altri più blandi, ma
il suo
racconto si sciolse con coinvolta partecipazione del pubblico.
“C’era
un uomo, un vecchio, burbero e serio che aveva deciso di vivere lontano
da tutti,
in alto sulle montagne. Un bel giorno, un mio giorno, il vecchio uscì di casa per andare a caccia. La neve
era alta e
faceva un gran freddo. Le montagne erano bellissime, quando io le
innevavo, ma
anche imprevedibili. Il vecchio cacciatore riuscì a prendere un
coniglio, prima
che il cielo si rannuvolasse e minacciasse bufera. Stava
capitando, sia
chiaro, non incito sempre le Bufere a manifestarsi. Allora
il vecchio ci vede bene che fosse il caso di ritornare a casa.
Mise coniglio e fucile in spalla e percorse, con sicurezza, la strada
del
ritorno. Mentre camminava, il vecchio burbero, si imbatté in un
bambino. Era
rannicchiato tra un cespuglio e un grosso abete e tremava di freddo.
L’uomo lo
osservò per un attimo, i suoi genitori sicuramente lo stavano cercando,
perciò
non ci badò e si incamminò di nuovo. Allora, in quel momento, decisi
che la
bufera si sarebbe abbattuta con più violenza. Sarei riuscito a
convincere
il vecchio a prendere con sé il bambino? Era
quasi giunto alla sua casa, quando si rese conto che nessuno avrebbe
salvato
quel bambino, che sicuramente si era perso nel bosco. Quel vento e
tutta quella
neve lo avrebbero sommerso. Il vecchio, per quanto venisse definito
cattivo,
tornò a prendere il bambino e lo accudì finché la tempesta non si
placò. Che
mossa geniale non trovate? Alla fine, la
mattina successiva, lo accompagnò al villaggio e, grazie all’assistenza
delle
forze dell’ordine, il bambino ritornò dalla sua famiglia. Ogni anno il
bambino
torna a far visita al vecchio, che chiama nonno della montagna.”
Inverno,
finita la storia, osservò la
reazione dei presenti, attendendo i complimenti che era sicuro gli
sarebbero
arrivati di dovere.
«Beh,
un bel lavoro, Inverno, come al
solito. Gran bel racconto. Tutta quella neve…troppo avvincente.»
convenne
Estate, con una punta di sarcasmo nel tono che, però, non fu colta da
Inverno
che accettò i complimenti come veritieri.
«Ebbene
grazie! Ora, sotto a chi tocca!
Primavera?»
«Se
non ti spiace, Primavera, andrei io.
Faccio presto. Durante la mia stagione non è successo nulla di
significativo,
perciò, quest’anno consegno un oggetto» dichiarò Estate e, prendendo da
dietro
il ceppo una stupenda conchiglia, la lanciò nel fuoco. Seguì Inverno
che vi
bruciò la busta con il racconto all’interno.
«Puoi
andare Primavera» le passò la parola
Estate, con un gesto della mano.
Il
racconto di Primavera, come ogni anno,
fu estremamente romantico e melenso. Sebbene il suo aspetto di bambina
ed i
suoi modo da adulta, Primavera, adorava le storie amorose come tutti
gli
adolescenti. Perciò, il suo racconto risultò estremamente tedioso per
Estate,
coinvolgente per Autunno che aveva un animo drammatico e noioso per
Inverno.
“La
storia è quella di un ragazzo delle superiori. Il ragazzo era
considerato da
tutte le ragazze il più bello, da tutti gli insegnanti il più
intelligenti e da
tutti i ragazzi il più abile negli sport. Non aveva mai voluto una
ragazza e
mai ne aveva illusa una sulla possibilità di avere una relazione con
lui. Per
questo motivo, da molti ragazzi, era considerato arrogante e vanitoso.
Il
ragazzo non amava mettersi in mostra, anche se dava sempre il cento per
cento
in tutto quello che faceva. Ci fu un giorno, un giorno molto
particolare, in
cui nella sua classe si iscrisse una nuova studentessa. Questa nuova
ragazza
era diversa da tutte le altre: non parlava quasi mai e si faceva sempre
i fatti
suoi. Si vestiva in modo semplice, anche se tutti la trovavano
graziosa. La
ragazza era molto brava a scuola, tanto da competere con il ragazzo e
lo era
anche negli sport. Il ragazzo cominciò ad essere molto interessato a
lei ed, un
giorno, decise di aspettarla dopo gli allenamenti di pallavolo. I due
ragazzi
tornarono a casa insieme, parlando di molte cose e scoprirono di avere
molti
interessi in comune. Il ragazzo si era già innamorato. Ovviamente
arrivai
io e portai con me gli spettacolari fiori di ciliegio che inondavano i
viali di
petali rosa. Così il ragazzo prese
coraggio e confessò alla ragazza i suoi sentimenti. La ragazza era
sorpresa,
poiché anche lei era innamorata di lui, ma credeva di non essere il suo
tipo.
Alla fine i due ragazzi si fidanzarono e…”
Primavera
fu interrotta da Inverno che non
poteva più trattenersi: «C’è da dire che quel giorno, oltre ai tuoi
amati
ciliegi, ho fatto venire giù neve! Dannazione, senza quel tocco di
classe,
altro che confessione amorosa. Te lo potevi scordare!» esclamò con
orgoglio.
Primavera,
già sull’orlo di una crisi di
nervi, sbottò con furia: «E’ proprio così, Inverno? Dannato te! Ogni
anno metti
lo zampino nella mia stagione! Devi smetterla. La tua è già
sufficientemente
lunga, perché diavolo devi mettere sempre la mani su quelle degli
altri?! Quel
momento era perfetto così com’era…sei un grosso maleducato!» e mentre
si sfogava,
la piccola Primavera si allungò. Alzandosi in piedi, adesso, sembrava
proprio
una donna adulta. Le trecce si erano allungate sopra il seno
prosperoso,
l’abito da bambolina era diventato un kimono di seta che le scendeva
sui
fianchi morbidi e le gambe snelle. Estate già pregustava una lite di
quelle che
non si vedevano da decenni e si accomodò con interesse per seguire lo
svolgersi
di quella vicenda. Autunno, dal canto suo, cominciò a sentirsi sempre
più a
disagio.
«Io?!
Io maleducato?!» tuonò Inverno,
ergendosi massicciamente ben oltre il volto di Primavera che, però, non
era per
nulla intimorita dall’aspetto della stagione: «Come osi bambina
insolente!
Senza il mio intervento la tua stagione sarebbe una completa noia! Solo
fiori e
porcherie amorose!» Primavera si arrossò in volto: «Po…porcherie
amorose?!
Brutto…brutto idiota, ma guarda cosa mi tocca sentire! Il tuo paesaggio
è così
deprimente…tutto bianco…e sarebbe la mia noiosa? Sei troppo altezzoso,
vuoi
sempre tutta la gloria!» balbettò per la rabbia.
Autunno,
ormai allo stremo delle forze,
cercò di intervenire in quella conversazione, provando a prendere la
parola.
Doveva assolutamente raccontare la sua storia, ormai non ce la faceva
più. Si
era portata persino un oggetto da consegnare al focolare, ma non ce la
faceva.
Aveva una paura fottuta, sarò bandita me lo sento, pensava.
«Scusate…»
provò a dire, ma nessuno la
ascoltò. Primavera ed Inverno ancora non accennavano a smettere ed
Estate era
troppo intento ad ascoltare. «Scusate!» riprovò più forte. Ancora
nessuno le
diede retta. Alla fine si decise, lo avrebbe detto urlando. Che
imbarazzo, si
disse, non credo di aver mai urlato in vita mia. «HO
PARLATO CON UN ESSERE UMANO!» gridò
e tutti si destarono. Cos’avevano appena
udito? Autunno, umano, parlare? Mai
nella storia della riunione annuale delle
stagioni era stata raccontata una cosa simile. Nel regolamento non
c’erano
specifiche a riguardo, ma era sempre apparsa a tutti come una regola
non
scritta, ma infrangibile. Autunno, invece, lo aveva fatto, cos’avrebbe
fatto il
focolare? Sarebbe stata approvata.
«Autunno…»
mormorò Primavera al colmo
dello stupore e si accorse della sua lettera, la raccolse e lanciò nel
focolare
con un gesto meccanico. Questa affermazione costrinse tutti a sedersi
ed
ascoltare la storia annuale di Autunno.
La
storia li sorprese? Questo non saprei
dirlo, ma fece comprendere a tutti molte cose importanti e, forse,
anche il
focolare ne comprese la naturale conseguenza evolutiva. Quel gesto
stava per
portare ad un cambiamento indispensabile.
“Stavo
andando in
giro per i fatti miei. Le foglie che
cadevano su quel laghetto nascosto tra gli alberi mi ricordavano tante
piccole
barchette colorate. Passato il boschetto si arrivava ad un ponticello
di legno
che era basso ed innocuo, come l’acqua che vi scorreva sotto:
trasparente si
insinuava tra i massi del fondale, scomparendo di nuovo nel folto. Fu
proprio su quel ponte che lo vidi. C’era
un uomo molto magro, indossava un completo di flanella ingessato e una
cravatta
consunta e snodata, lasciata libera sul petto. L’uomo era
insignificante, nella
sua figura, non ricordava nessuno di noto e nemmeno nessuno che avrebbe
lasciato un segno nella memoria di qualcuno. Era solo, come vuoto era
quel
boschetto. In mano teneva una pistola, un piccolo revolver. Gli occhi
umidi e
arrossati e le mani tremanti mi fecero pensare a qualcosa…un gesto che,
però,
non volevo dire…lo lascia sospeso in quel momento così denso. L’uomo
teneva,
nell’altra mano, un plico di foglio vergati a mano. Era uno
scrittore. Lo
avevo capito subito, ma la vita gli aveva sorriso di rado ed ormai era
al
limite. Era bravo, il talento non gli era oscuro, ma qualcosa ruotava
costantemente a suo sfavore. Sfinito dalla fame e dalla povertà, dalla
depressione ed il dissenso generale, aveva deciso di togliersi la vita.
Non
aveva nessuno che lo avrebbe pianto. Si
infilò la pistola nella bocca e chiuse gli occhi. Cosa potevo
fare? Non
volevo assistere ad un suicidio, la mia stagione era appena cominciata!
Mi
manifestai a lui nella forma che vedete anche voi adesso e lo fermai.
Gli diedi
un’occasione, a quel poveretto, un motivo per continuare la sua vita. E
allora
gli donai un po’ di ispirazione, ma solo pronunciando il mio nome.
Così,
durante la mia stagione, avrebbe scritto fino a consumarsi le mani e
tutto gli
sarebbe andato meglio. L’uomo che mi dedicò quasi ogni suo sonetto. E
si
racconta molto di lui in giro. Davvero, grazie a me,
quell’uomo è vivo.”
La
riunione si chiuse nel silenzio più
attonito, mentre Autunno, con po’ di timore, consegnava al focolare la
sua missione.
*La
storia di
questo scrittore è brevemente raccontata nel mio componimento Poeta d’autunno, per tutti coloro che
fossero interessati a leggerla.
**Chiedo
scusa a
tutti coloro che seguono la mia storia per la lentezza con la quale ho
pubblicato questo capitolo! Grazie per il sostegno.
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