fred asto
What if:
nella battaglia di Hogwarts è morto Ron, non Fred. Inoltre qui Astoria è cinque anni
più piccola di Draco e Hermione.
Quello che sorride
Piove. Per la precisione diluvia. Pur
essendo il 2 maggio, il temporale
infuria con tutta la sua ferocia, il vento sferza impetuoso e
c’è un freddo che sembra appartenere
più al mese di
febbraio.
La cornice perfetta per una cerimonia di commemorazione dei caduti.
Il Ministero - o meglio, il Wizengamot - ha deciso di fare le cose in
pompa magna per il quinquennale della battaglia di Hogwarts.
Particolare rilievo sarà dato al ricordo del valore e del
coraggio dei membri dell’Ordine della Fenice, tra cui il
più giovane, Ronald Weasley.
Il signor Greengrass, la sera prima durante la cena, parlava con sua
moglie dell’evento - solo con sua moglie; Astoria resta
invisibile, senza importanza, esclusa automaticamente dalla
conversazione, pur essendo seduta a tavola con loro.
Ha raccontato che Potter si è infuriato, spalleggiato dal
Ministro e da molti altri, ritiene irrispettoso e vergognoso questo
teatro grottesco organizzato per pura propaganda politica, che Arthur
Weasley ha presentato formale diffida, ma è il Wizengamot ad
avere l’ultima parola su queste cose. Thomas ne fa parte, ma
si
è astenuto. Non è d’accordo neanche lui.
- È un assurdo spreco di denaro pubblico - ha borbottato, la
bocca piena di stufato - e comunque andrebbe rispettata la
volontà
della famiglia.
Per la prima volta in vita sua, Astoria ha concordato con il genitore.
In ogni caso le è toccato andare ad assistere alla
commemorazione con la scuola, il professor Parker segue alla lettera il
programma ministeriale dei MAGO su Difesa contro le Arti Oscure e
l’ha messa come attività obbligatoria per gli
studenti
dell’ultimo anno. Astoria ha freddo, i capelli le si
incresperanno irrimediabilmente, il vento le secca le labbra e dovrebbe
proprio ripassare Pozioni, la materia per lei più ostica,
eppure
è costretta a stare lì, seduta sulla pietra
fredda degli
spalti, l’ombrello aperto sulla testa, l’acqua che
le
sgocciola sugli stivali.
Al centro dello stadio il Ministro, affiancato da un corrucciatissimo
Potter, dalla Granger e da alcuni membri della famiglia Weasley, sta
leggendo un discorso preparato in cui non mette né passione
né convinzione; anche Shacklebolt, ha detto suo padre,
faceva
parte dell’Ordine, e quella pantomima proselitistica lo mette
a
disagio, soprattutto quando si parla di un ragazzino la cui vita
è stata tranciata così ingiustamente. Ma
è questa
la politica, in fin dei conti. Ci sono cose che si devono fare in un
certo modo, vite che si devono piegare all’ordine
prestabilito.
Come la mia,
è il
pensiero che le fulmina dolorosamente le tempie, ma non si consente di
indugiarci. È una stilettata dolorosa, scomoda e fastidiosa,
che
la fa soffrire più di quanto le piaccia ammettere, ma che
non
può permettersi.
Alcune persone posano una enorme corona di fiori in mezzo al prato,
intorno a cui è legato un nastro argenteo con sopra ricamati
i
nomi dei caduti. L’attenzione di Astoria viene attirata dalla
famiglia Weasley, in particolare dai gemelli: li aveva intravisti a
scuola, tanti anni prima, ma era troppo piccola - e spaventata - per
farci caso. Sono identici, davvero, indistinguibili, anche con la
stessa espressione addolorata e le braccia conserte, cercando di
contenere la rabbia e il fastidio, di dissipare quel freddo che
percepiscono nel corpo e che non ha niente a che fare con il temporale.
Un membro del Wizengamot chiede un minuto di raccoglimento. Astoria
finge di abbassare lo sguardo, ma poi rialza il capo.
I loro capelli sono l’unica macchia di colore in mezzo a quel
marasma di nero e grigio, l’unico respiro di vita,
l’unico
tocco di speranza e di verità nel bel mezzo di un teatrino
ridicolo e irrispettoso - spavaldi, come i loro visi che si alzano per
guardare la folla. La squadrano, palmo a palmo, e Astoria crede di
capirne il motivo: è la fiera dell’ipocrisia
(quanti ex
Mangiamorte o simpatizzanti ci sono lì seduti?) e se la
vogliono
godere, imprimersela bene nella memoria e ricordarsela per tutta la
vita, per avere sempre ben chiaro cosa disprezzano e da cosa vogliono
fuggire.
Astoria è attirata da quella visione, da quel pugno rosso
rilucente come una pennellata fiamminga. È vissuta sempre
nel
predisposto, nell’ordine, nell’equilibrio, e quelle
deviazioni l’affascinano; ciò che gli altri
chiamano note
stonate, per lei sono estri creativi.
Uno dei gemelli incrocia il suo sguardo. Si fissano per qualche
secondo, un po’ stupiti, individuando nell’altro
l’elemento di diversità che spicca nella massa
uniforme.
Le sorride. Qualcosa, nel petto di Astoria, frana.
Il minuto di silenzio finisce, la cerimonia ricomincia.
Non sono poi così indistinguibili. Riconoscerebbe dovunque
quello che le ha sorriso.
***
Astoria gioca a scacchi con Draco nel salotto della propria casa.
All’inizio lo lasciava vincere per educazione, e
perché
sua madre le ha sempre detto che una signorina non fa mai sfigurare il
suo fidanzato; da qualche tempo lo lascia vincere spudoratamente,
stupidamente, perché ormai è diventata una specie
di
sfida, vuole vedere quando lui finalmente se ne accorgerà.
Quel pomeriggio capisce che non se ne accorgerà mai.
Perché Draco non c’è.
Non c’è, semplicemente. Porta il suo corpo, la sua
voce, i
suoi vestiti, ma lui non
c’è. Le sorride e le parla con
l’educazione che si riserva alla propria promessa sposa
secondo
etichetta, ma Astoria potrebbe anche rovesciare la scacchiera, mettersi
a saltare sul divano, denudarsi completamente e devastare la stanza,
lui non se ne renderebbe conto. La sua testa è altrove. I
suoi
pensieri sono altrove. Il suo cuore - se ce l’ha -
è
altrove.
Devi avere pazienza,
le ripete
sua madre, che ogni tanto passa davanti al salotto con finta aria
casuale ma che in realtà butta un occhio per controllarli,
quasi
sperando di coglierli in qualche atteggiamento inappropriato. Cosa che
non succederà mai, perché Draco non
c’è.
Devi avere pazienza, sai
che sono stati anni difficili per lui, ha bisogno di tempo.
Ma se non gli piaccio,
se non gli interesso, perché insistere?
Non è vero
che non gli piaci,
tesoro, sei così carina! È solo che…
gli ci vuole
tempo. Con gli uomini ci vuole pazienza, ci vuole dolcezza e grazia.
Sii paziente e comprensiva, vedrai che pian piano riuscirai a
conquistarlo. E poi… in fin dei conti è meglio
così, sai? Se sarai accondiscendente lui ti
lascerà fare
senza avere niente da ridire, e potrai gestire la casa e tutto il resto
senza interferenze. Un marito è uno strumento, Astoria, e tu
hai
la fortuna di averne fra le mani uno maneggiabile. Con il tempo capirai
che è un vantaggio.
Sul momento non sa cosa rispondere, confusa da quella metafora per lei
assurda; saluta la madre e torna a Hogwarts. Però trascorre
tutta la notte a
rigirarsi fra le coperte, inquieta, ferita e offesa, mentre rielabora
quelle parole nella sua testa. Il messaggio è chiaro: questo
è il marito che le tocca, che le piaccia o meno, questo
è
quel che passa il convento, questa è la sua mano di carte, e
l’unica cosa che può fare è vedere il
lato positivo
e provare a vincere quanto più possibile.
Ma non ha scelto lei, di giocare a questo gioco. Non è stata
lei
a battere le carte né a distribuirle. Qualcuno
l’ha
piazzata a quel tavolo e non ha altra scelta che giocare.
E se non volesse? Se non le interessasse? Ciò che desidera
è davvero ininfluente?
Quel che è peggio, dev’essere paziente. Comprensiva. Dolce.
Accomodante.
Sei così
carina!
Astoria non vuole esserlo. Non è carina,
lei. È bella, molto bella. Non vuole accontentarsi di essere
carina, non può accettare di essere già
condannata a
questo destino, a neanche diciott’anni: la bambolina quieta e
aggraziata di un uomo che nemmeno la vede. E non vuole uno strumento,
non ne ha bisogno, saprebbe fare tutto da sola, più e
meglio.
Per il suo futuro vuole un compagno, un sostegno, un confidente, un
alleato, un amante. Un amante sincero e appassionato che la desideri,
che la spogli solo con lo sguardo, che la baci e la stringa e la tocchi
e la vezzeggi e faccia l’amore con lei e…
Stringe le gambe e si raggomitola sotto le lenzuola, agitata, al
ricordo di quei capelli rossi.
Non le interessa il re di picche. Non sa che farsene.
Il re di cuori l’ha sedotta con un solo sorriso.
***
Hermione Granger è andata ad Hogwarts su invito del
professor
Parker per un’esercitazione con gli studenti
dell’ultimo
anno in vista dei MAGO. Astoria si impegna al massimo, ci mette tutta
se stessa, per vari motivi: è la sua materia
preferita, ci tiene a prendere
ottimi voti e, soprattutto, se riesce a farsi notare dalla Granger
forse potrà parlarci alla fine della lezione e magari
chiedere
qualcosa su di lui. Cosa, non lo sa, ma le verrà in mente
qualche idea.
Alla fine effettivamente la Granger si trattiene per rispondere alle
domande. Astoria fa in modo di essere l’ultima.
- Volevo chiederle se…
- Dammi pure del tu, ci mancherebbe - le sorride la Granger
educatamente.
- Volevo chiederti cosa te n’è parso. Se mi sono
saputa difendere bene…
- Sei stata molto in gamba. Fai solo attenzione a mantenere costante la
concentrazione, non rilassarti dopo un attacco andato a segno.
- Sì, grazie, ci farò attenzione. Sai…
- comincia
abbassando la voce, incerta - ti ho vista al memoriale… mi
dispiace per… per il tuo amico.
La Granger annuisce ringraziando, con un tenue sorriso tirato.
È
brava a mascherare, ma Astoria è stata allevata in mezzo al
non
detto e alla dissimulazione; vede il dolore impastarle gli occhi e
azzannarle la gola, e le dispiace averle riportato alla memoria ricordi
tristi, seppur senza cattiveria. Ma deve sapere. Deve trovare il modo
di rivedere quel sorriso, a costo di fare la figura della sciocca
bambinetta indelicata.
- Dev’essere stata dura per la sua famiglia… ho
visto
anche i gemelli, e… ehm… - si blocca, non sapendo
come
proseguire. Si maledice internamente; vorrebbe apparire sicura di
sé, disinvolta, capace di conversare di certi temi senza
incespicare, eppure non riesce, con grande frustrazione.
La Granger però la capisce e le sorride con dolcezza, senza
condiscendenza. Astoria gliene è grata; è la
prima volta
in vita sua che una persona più grande la comprende senza
giudicare.
- Loro sono molto forti e hanno aiutato tutti noi ad andare avanti. Se
vuoi conoscerli puoi andare al loro negozio, a Diagon Alley. Tiri Vispi
Weasley. Saranno molto contenti di avere un’estimatrice.
- Veramente… - borbotta Astoria con le guance scarlatte,
ormai
lanciata. È imbarazzata ma decisa: ha allungato il piede e
la
Granger non le ha fatto lo sgambetto che si aspettava. Può, deve osare:
è la sua unica occasione. - Veramente io…
ho…
- Si chiamano Fred e George. Non so a quale ti riferisci - le sorride
con complicità, divertita, ma senza ridere di lei. Le fanno
tenerezza il suo interesse, la sua spontaneità, la faccia
tosta
con cui si è esposta. Forse un po’ ci si riconosce.
La Granger raccoglie i documenti, chiude la borsa e fa per andarsene,
ma prima di muovere un passo si gira a guardarla, con
un’espressione piena di sfaccettature che neanche Astoria
riesce
a decifrare. Apre la bocca per parlare e sembra voler dire una cosa, ma
poi cambia idea - e domanda.
- Non sarà un po’ grande per te?
Astoria si indispone, presa in contropiede.
- Io ho… ho diciassette anni - borbotta contrariata,
intendendo
dire che ormai è maggiorenne e in grado di valutare da sola.
Hermione Granger annuisce, soppesando la risposta con due occhi pieni
di rimpianto e la consapevolezza di chi quell’età
l’ha saltata a piè pari.
- Sì, è vero. Hai diciassette anni - mormora
prima di uscire dall’aula.
Astoria ha capito con che accezione l’ha interpretata, ma non
ne
è ferita, anzi concorda. Diciassette anni sono abbastanza
per
decidere in autonomia e per correre un rischio.
***
Narcissa Malfoy ha organizzato un ballo di beneficenza al Manor;
all’asta andrà una sua magnifica parure di
smeraldi, il
cui ricavato sarà devoluto in favore delle vittime della
guerra.
La madre di Astoria ha malignato con le amiche - anche davanti alla
figlia, senza tatto, senza pensare che non dovrebbe parlar male della
futura consuocera, tanto Astoria non è nulla, che ci sia o
non
ci sia è indifferente - sul fatto che quella parure spettava
di
diritto alla sua bambina, che i gioielli di pregio restano in famiglia,
ma d’altronde che ci vuoi fare, Cissy è
così
malmessa che qualcosa dovrà pur inventarsi per recuperare un
po’ di spazio in società, figurarsi se
può star
lontana dalla ribalta, sua madre gliel’aveva detto, non
sposare
un Malfoy, ma si sa che i Black sono testardi, chi per un verso chi per
l’altro, guarda l’altra sorella, che scandalo diede
con
quel babbano…
Narcissa è
sempre stata megalomane, non le basta avere mia figlia come nuora?
Astoria si allontana schifata da quello stupido berciare, le lacrime
che le pungono gli occhi e l’umiliazione che le stritola lo
stomaco. Lei è una merce, seppur preziosa, un tipo diverso
di
smeraldo: ha un valore economico e sociale, niente di più.
Non
è una persona, una ragazza con le proprie idee, con sogni,
desideri, con la possibilità di innamorarsi, di divertirsi,
di
costruirsi il proprio futuro in autonomia: è il mezzo per
uno
scambio di favori. I Malfoy riacquisiranno un po’ di
prestigio
sociale e i Greengrass si arricchiranno.
La rabbia e lo sdegno la animano e le fanno prendere la decisione
definitiva.
Non sarà uno smeraldo, per quanto costoso e rilucente possa
sembrare.
Non farà la fine di Daphne, che ha sposato un tipo anonimo e
noioso per far contento il padre e poi di notte bagna di lacrime le
foto di Blaise.
Non otterrà mai niente se non si impegnerà con
tutta se
stessa. Non sarà spalleggiata da nessuno, anzi
verrà
ostacolata e ostracizzata. Ma non le importa. Non può
accettare
di sposare un uomo che non c’è. Non vuole piangere
in
silenzio soffocando i singhiozzi per non svegliare un marito fantasma.
Vuole essere felice. E un sorriso le ha mostrato la via.
Senza dire niente a nessuno si smaterializza.
***
Entra nel negozio quasi sbattendo la porta, come una furia, per poi
sentire l’entusiasmo e la spavalderia scemare subito dopo.
Pensava di trovarlo gremito di gente, rumoroso e confuso, in modo da
poter osservare l’uomo che le interessa senza essere notata,
mischiandosi fra la folla e prendendo tempo per capire cosa dire e cosa
fare; invece, forse complice l’orario,
c’è solo una
famiglia con un bambino piccolo e un paio di ragazzini in cassa. Fa
finta di concentrarsi sulle pozioni poste sugli scaffali a destra e nel
frattempo sbircia verso il centro dell’ambiente, aspettando
il
momento opportuno. Uno dei due porge un sacchetto ai ragazzi e sorride,
ringraziando: è
lui. È quello il sorriso che è
venuta a vedere, a conoscere, a reclamare.
- Posso aiutarti? - le chiede l’altro, apparendole alle
spalle.
Astoria sobbalza, persa com’era in contemplazione, e si rende
conto di non sapere come procedere. È una stupida ragazzina
infatuata che non ha programmato niente, che sta rischiando di fare la
figura dell’idiota, e le viene quasi da piangere per questo.
Il
sorso di coraggio che ha bevuto a casa ha già esaurito il
suo
effetto.
- No, grazie… s-stavo dando un’occhiata…
- Perfetto, chiamami pure se hai bisogno di qualcosa.
Il gemello le sorride gentilmente e si allontana per accogliere una
signora appena entrata. Ormai è certa che sia lui, quello
seduto
in cassa, anche perché si è accorta che
all’altro
manca un orecchio; ma per oggi va bene così, si accontenta
di
guardarlo e di ammirarlo. È dieci volte più bello
di
quanto ricordasse.
Si volta verso gli scaffali e continua a osservare la merce, il cuore
che le rimbomba nelle orecchie, l’emozione che le asciuga la
bocca. È stata avventata e sciocca, è uscita di
casa
senza dire nulla a nessuno - e se sua madre se ne accorge
scoppierà un finimondo -, è lì senza
la minima
idea su cosa fare, ma non potrebbe essere più felice di
così.
- Filtri d’amore? Andiamo sull’artiglieria pesante?
Astoria arrossisce rendendosi conto di essere davanti a quello
specifico tipo di pozioni senza essersene accorta - non stava
minimamente vedendo
cosa
aveva di fronte agli occhi. Stavolta è lui, che sorride come
solo lui sa fare, e che la guarda in un modo unico, speciale. Ha
addosso un’aura di gioia e divertimento, uno sguardo limpido
e
sbarazzino che nessun orrore del loro mondo crudele potrà
mai
spegnere; è ciò di cui lei ha bisogno, la
scintilla che
le ha messo in moto l’anima, il suo re di cuori.
- No, non ne ho bisogno… - mormora. - Stavo solo curiosando.
E
poi non sarebbe una cosa vera. E io - continua, con una passione forse
inappropriata ma del tutto sincera - voglio una cosa vera.
Lui annuisce, incuriosito, e la rimira più attentamente.
Forse la riconosce. O almeno Astoria lo spera.
- Mi sembra giusto. Dove… dove ci siamo già visti?
Il cuore della ragazza fa una capriola che rischia di farla
singhiozzare, uscendole dalle labbra senza preavviso.
- Al… al memoriale. Non è stata certo una bella
occasione però… mi ricordo di te.
L’uomo continua a sorridere, palesemente lusingato e
divertito
come non gli capitava da tanti anni. Forse sta ridendo di quella
ragazzetta con la testa fra le nuvole e velleità romantiche;
o
forse vede in lei la promessa di una speranza per un futuro diverso, un
futuro dove si possa ancora osare e cercarsi con lo sguardo anche nel
mezzo di un evento grigio. Un futuro dove la tristezza potrà
essere cancellata da un sorriso.
- Mi fa piacere. Se vuoi ricordarti ancora meglio di me, vieni pure a
trovarmi quando vuoi. Io sono Fred - le tende la mano, che viene
stretta con forza.
- Astoria.
- Greengrass?
- Sì.
- Non sei la ragazza di Malfoy?
Il gelo dell’imbarazzo cala sulla giovane, misto ad un
fastidio
profondo. Non è lì per parlare di Draco, di quel
fidanzato assente e disinteressato che l’ha baciata una sola
volta come si bacerebbe una vecchia zia. E lei non è
“la
ragazza di” nessuno. Non è una relazione ad
attribuirle
valore. È Astoria, punto e basta.
- Io sono Astoria - puntualizza infatti, a testa alta, orgogliosa. Fred
quasi ride, ammirandola: è la risposta che si aspettava. O
che
sperava, forse.
- Hai ragione, scusa. Allora, Astoria, vieni pure quando vuoi. Se non
ti interessano i Filtri d’amore c’è
tanto altro qui
dentro che potrebbe piacerti.
È un trabocchetto, glielo dice quel suo sorriso malizioso e
affilato, e Astoria coglie la palla al balzo, elettrizzata. Non ha mai
flirtato in vita sua, ma questo non significa che non ne conosca la
teoria.
- Ho già individuato qualcosa che mi piace. Ci penso un
po’ su e ritorno presto.
Fred è raggiante, annuendo ammirato e intrigato.
- Quando vuoi.
***
Astoria sistema un ciuffo ribelle sfuggito all’acconciatura,
mette gli orecchini e si rimira allo specchio, compiaciuta. Ha preso in
prestito da Daphne uno stupendo vestito color pervinca, forse appena un
po’ scollato, ma che le calza a pennello e risalta il colore
dei
suoi occhi. Persino suo padre, di cui temeva il giudizio per quello
spicchio di pelle in vista, ha sospirato, ammirandola.
Sei diventata una donna,
ha mormorato con nostalgia.
Scende le scale con un po’ di tensione; sa che Draco
la
sta aspettando in basso e il suo amor proprio - non il suo cuore, no,
quello ormai appartiene a un altro - spera in un briciolo di
considerazione, in uno sprazzo di desiderio, in una punta di
ammirazione.
Ma Draco non c’è. Questo lo sa. Non
c’è mai
stato e non c’è stasera. Le sorride con la
cortesia che si
riserverebbe ad una sorellina e le porge il braccio.
- Stai molto bene - le dice, con educazione ma senza sentimento, gli
occhi vuoti, due laghi ghiacciati e spenti. Astoria sospira, rassegnata
ma in una certa misura sollevata: lui non la ama e non la desidera, non
gli spezzerà il cuore. Non ha detto niente per non metterlo
in
imbarazzo al ballo di sua madre, ma è l’ultima
volta che
mette in scena quella recita. Draco è un bravo ragazzo,
merita
di trovare qualcuna che lo renda felice. Lei, dal canto suo,
l’ha
già trovato.
La festa è divertente e sfarzosa, Narcissa è
innegabilmente una donna di mondo e non ha trascurato nessun dettaglio.
Astoria chiacchiera, assaggia il buffet e fa un paio di giri di valzer,
serena; se deve fare qualcosa la fa sempre al meglio, e recitare
è sicuramente nelle sue corde. Saluta Hermione Granger,
bellissima nell'abito di satin cremisi, e si accomoda accanto a Draco
per
assistere alla famosa asta di beneficenza.
Non ha niente da fare, è lì solo per presenziare,
perciò si diverte a guardarsi in giro, a cogliere
l’istante in cui qualche maschera cadrà e
mostrerà
fastidio, noia o invidia; sua sorella le sorride con
un’espressione di sconfitta placidità che la
intristisce.
Si volta verso Draco per puro caso e quel che vede la lascia scioccata
e allibita.
Draco c’è. Per la prima volta da quando lo
conosce,
c’è. I suoi occhi sono vivi, accesi e trepidanti,
il suo
corpo è in tensione, completamente concentrato e infiammato
da
qualcosa che Astoria riconosce al primo colpo. Non le resta che seguire
la traiettoria del suo sguardo.
Quel satin riluce, il cremisi è ricco e invitante, e tante
domande nella testa di Astoria trovano risposta.
***
I MAGO sono andati molto bene, ha preso ottimi voti, tra cui una E in
Difesa contro le arti oscure; il professor Parker ha mandato una
lettera di raccomandazione per un corso di specializzazione in Germania
e Astoria è stata accettata. Pur se orgogliosi, i suoi
genitori
non erano esattamente entusiasti all’idea, ma con grande
sorpresa
di Astoria sua sorella li ha convinti perorando la sua causa,
insistendo che se c’è del talento è uno
spreco non
valorizzarlo. Gliene è grata, ma capisce che Daphne proietta
i
suoi sogni infranti su di lei e questo le dispiace.
Le valigie sono pronte, tutto è sistemato; le restano solo
tre cose da fare.
Entra nel negozio, quasi in chiusura; non c’è
nessuno a
parte i proprietari. Fred fa per parlare, ma poi si volta e la vede;
sorride, come solo lui
sa fare. Scambia due rapide parole con il gemello, che la
saluta e poi prende le scale per il piano superiore.
- Ciao, Astoria solo Astoria.
- Ciao - splende lei, avvicinandosi a pochi centimetri dal suo petto.
Non ha paura, non è imbarazzata né
dubbiosa.
È il suo re di cuori e non si lascerà distrarre
dalla
paura o da un eventuale rifiuto. - Sono passata a salutarti, domani
parto.
Un’ombra fugace attraversa il viso dell’uomo;
è rapidissima, ma Astoria la nota.
- Dove vai di bello?
- Sono stata ammessa a un corso di specializzazione in Germania. Difesa
contro le Arti Oscure. Durerà sei mesi. Ma poi
tornerò
e… - mormora, prendendo coraggio - se quello che mi piace in
questo negozio ci sarà ancora, mi piacerebbe comprarlo.
Fred ride di cuore, divertito e sedotto da tanta sfacciataggine.
- E se tu nel frattempo avessi cambiato gusti? O trovato qualcosa di
meglio in Germania?
- Ne dubito.
- Bene, allora staremo a vedere. Certo, sappi che ciò che ti
piace è molto, molto richiesto, c’è
letteralmente
la fila fuori dalla porta...
Il cuore di Astoria manca un battito. Lo ha pensato, l’ha
previsto, ma non pretende di possedere alcunché. Se
andrà
così, vorrà dire che era destino. Ma non potrebbe
mai
perdonarsi di non averci almeno provato.
- Forse, ma io sono un’intenditrice. L’ho ammirato
e
apprezzato anche nel dolore, nel grigio della pioggia, e penso che
questo significhi qualcosa.
Ha toccato la corda giusta, il nervo scoperto. Ha fatto rilucere la
gioia nel dolore e non c’è niente che Fred
apprezzi di
più. Le accarezza una guancia, tenerissimo, e il cuore di
Astoria
esplode.
- Hai ragione. Ci vediamo fra sei mesi, allora.
Esce dal negozio quasi levitando, ridendo dall’emozione.
Passa solo un secondo dalla posta per spedire una lettera e poi si
smaterializza a Malfoy Manor.
***
Cara Hermione,
volevo dirti che Draco
è innamorato di te. Forse lo sai, forse no, in ogni caso non
importa, te lo scrivo lo stesso.
L’ho lasciato
e sto per
partire. Non ci siamo mai amati; ci vogliamo bene come due amici di
famiglia - è tutto ciò che siamo sempre stati, in
realtà.
Se questa informazione
ti interessa, se pensi di poterlo amare, ne sarò contenta.
Tutti meritiamo la felicità.
Io sto andando a cercare
la mia, ti auguro che tu possa trovarla presto.
Con stima,
Astoria Greengrass
A Hermione tremano incontrollabilmente le ginocchia, tanto da
costringerla a sedersi. Crolla sulla poltrona, il respiro corto e gli
occhi allagati; quelle poche righe vergate frettolosamente la
destabilizzano come un bolide in pieno petto. Sono inaspettate, sale
grosso su un cuore martoriato le cui ferite sono ancora aperte e
sanguinanti, e un singhiozzo le sfugge dalle labbra.
Sa che Draco l’ha guardata, durante il ballo. Lo sa
perché
quello sguardo è stato la sua estasi e il suo tormento, il
pugnale che ha continuato ad affondarle nel ventre - che continua
tuttora. E Astoria è sveglia, è una tipa
perspicace. Non
può non averlo visto.
Quello che sicuramente non sa è tutto ciò che
c’è dietro. Non sa che due anni prima lei e Draco
hanno
cominciato a parlare per questioni di lavoro, e hanno parlato di tanto
altro, di troppe cose, e a un certo punto parlare è
diventato
naturale come respirare e quel che ne è conseguito
è
stato incontrollabile, devastante e travolgente, qualcosa che
l’ha afferrata per i capelli e l’ha lanciata in
paradiso,
in una gioia che credeva non avrebbe mai più provato, per
poi
lasciarla precipitare in picchiata dopo pochi mesi, l’impatto
che
le ha rotto le ossa e il cuore.
Draco è un vigliacco, lo sapeva. Lo è sempre
stato e non si è smentito.
Sua madre, il suo sangue, il suo nome, il patto con i
Greengrass…. tutte le scuse che le ha propinato, le
umiliazioni
che le ha inferto, le menzogne che ha inventato.
Una parte di lei è morta con la scomparsa dei suoi genitori,
un’altra con Ron, un’altra ancora a causa di Draco.
Hermione si domanda cosa, effettivamente, sia rimasto della sua anima.
Forse nulla, ormai.
Ammira Astoria per essersi sganciata da quelle
consuetudini medievali, da quel destino predisposto, ma per Hermione il
discorso è diverso. Non ha più la forza di
lottare, ha
già fatto la sua parte e ha perso molto più di
quanto
aveva preventivato; inoltre, fatto non meno importante, non
è di un
debole che ha bisogno.
Se Draco avrà intenzione di fare qualcosa in merito,
potrà prendere in considerazione l’idea di
pensarci. Ma
è stanca di combattere le battaglie altrui. Troppo stanca.
Non può far altro che mettere da parte la lettera e
continuare a lavorare.
***
Corre, corre a perdifiato, corre
finché la milza non duole e il cuore non esplode nelle
orecchie.
Non sarebbe necessario,
ma vuole
farlo. Ne ha bisogno per scaricare la tensione, l’adrenalina,
la
felicità, l’eccitazione.
E perché non
può tollerare di attendere neanche un secondo di
più.
Spalanca la porta e
sorride.
Sobbalzano, colti di sorpresa dal tonfo e dall’imprevisto;
nessuno, mai, si permette di entrare nell’ufficio della
Granger
senza bussare. Sono in riunione lei, Potter e una mezza dozzina di
altri Auror.
Tutti lo guardano confusi e stralunati, non capendo perché
mai
Draco Malfoy abbia tanta urgenza e, cosa più imprevedibile
di
tutte, sia così ansante e scomposto, lui che sembra sempre
una
statua di marmo.
Tutti tranne lei. La speranza sgomita e ruggisce nei suoi occhi come un
drago incatenato.
Draco prova appena un po’ di imbarazzo: non si aspettava di
trovarsi davanti tante persone. Ma non vuole più aspettare.
Ha temporeggiato troppo e ha quasi corso il rischio di sprecare la sua
occasione.
Ogni istante è diventato prezioso. A cominciare da quello.
- Hermione.
Fred
alza lo sguardo, stupito da quel
rumore improvviso; non appena la vede, però, un sorriso
irrefrenabile gli spunta sul volto.
Astoria riprende fiato e si avvicina al bancone, le guance rosse, i
capelli arruffati, la gioia ad illuminarle gli occhi.
- Sono tornata - quasi urla. - E ho un lavoro. Sono indipendente. Sono libera.
Fred sorride: è quello il sorriso che ha distrutto il
grigio,
abbattuto l’apatia e che le ha dato il coraggio di
ribellarsi. Di
scegliere la sua felicità.
- Mi fa piacere. Ti interessa ancora l’articolo?
- Certo. C’è sempre la fila fuori dalla porta?
- Ovvio. Ma siccome sapevo che lo desideravi te l’ho messo da
parte.
- Gentile da parte tua.
Fred tende una mano; Astoria l’afferra e fa il giro del piano
per
sedersi sulle sue gambe, quasi tremante. Lui le accarezza i capelli e
la bacia con dolcezza.
Il cuore le si cheta; è tornato al suo posto.
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Come avevo
già scritto
altrove, sto provando a uscire un po' dalla mia zona di comfort.
Stavolta però ho solo mosso un passetto, perché
Draco e
Hermione ce li ho infilati comunque, a-ha. Grazie a
chiunque sia passato da qui.
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