milk
Durante il breve tragitto per giungere
dallo squallido e malfamato quartiere di Whitechapel alla residenza
di città della famiglia Phantomhive, Ciel non aveva detto una
parola. Si era chiuso in un cupo mutismo contenente tutto il peso
degli eventi agghiaccianti che quella notte si erano aggiunti al
carico già ingente di tragedie e dolore che gravava sulle sue
giovani spalle. Tutto ciò che esalava dalle sue labbra erano i
piccoli sbuffi fumosi del suo respiro che si condensava a contatto
con l'aria tagliente dell'autunno londinese inoltrato.
Sebastian camminava al suo fianco come
un'ombra mentre l'eco sorda dei loro passi sul selciato lucido di
pioggia li accompagnava verso casa, segnando il ritmo della loro
marcia e facendo le veci di un inquietante orologio.
Il demone poteva immaginare il
groviglio di pensieri e domande che si affollavano nella mente
sconvolta del suo padroncino e non intendeva rompere per primo quel
silenzio denso di turbamento, almeno finché non fosse stato
strettamente necessario.
Gli avvenimenti che si erano susseguiti
in rapida successione nell'ultima ora avevano rappresentato un duro
colpo per il piccolo conte. La sorella di sua madre, l'ultima persona
alla quale era legato da un vincolo di sangue, si era rivelata una
spietata serial killer che aveva trucidato e sventrato cinque donne
(sempre che il numero effettivo delle vittime non fosse maggiore di
quello noto alle autorità). Colta in flagrante, aveva tentato di
uccidere anche lui, salvo poi esitare all'ultimo momento. Un singolo
attimo di indecisione sorta dall'affetto per il nipote aveva preso il
sopravvento sulla follia omicida e trattenuto la sua mano assassina.
Un fuggevole istante che l'aveva portata ad essere brutalmente uccisa
a sua volta dalla falce (o, più precisamente, dalla chiassosa
motosega) di quel morboso Shinigami.
Confusione, sconcerto, rabbia, dolore,
tristezza? Cosa stava provando il suo padrone? Quali sentimenti
ribollivano sotto la piatta superficie di quell'assoluta assenza di
suoni?
Sebastian poteva solo azzardare qualche
ipotesi, frutto della conoscenza che aveva maturato della natura
umana nel corso della sua secolare esistenza. Ma non aveva alcun
dubbio rispetto a ciò che il suo ruolo gli imponeva in quella
particolare circostanza: come maggiordomo, aveva il dovere di stare
accanto al suo padrone; di fare tutto il possibile per risollevare il
suo spirito e aiutarlo a trovare la determinazione per andare avanti,
fronteggiando le avversità e trasformandole in una fonte di forza.
E così avrebbe agito, perché
Sebastian Michaelis era un diavolo di maggiordomo.
Una volta rientrati a casa, accolti dal
tepore confortante di quelle mura famigliari, Sebastian si affrettò
a riempire la vasca di acqua calda.
Ciel era pallido e tremava visibilmente
ma il demone non avrebbe saputo dire se ciò fosse dovuto al freddo
di quella rigida notte di novembre o piuttosto ai nuovi orrori che
questa aveva portato nella sua vita già travagliata. Probabilmente,
entrambe le cose.
- Ah, state congelando, signorino. -
mormorò il maggiordomo, inginocchiandosi davanti al ragazzo per
liberarlo dagli abiti impregnati dell'umidità notturna. - Di questo
passo, finirete per prendervi un malanno. Un bagno caldo vi farà
bene. -
Lo sguardo di Ciel era perso nel vuoto,
la sua coscienza alla deriva in un mare nero e profondo abitato da
spettri. Il conte parve non cogliere immediatamente il senso delle
parole di Sebastian, come se queste fossero giunte alle sue orecchie
da un luogo molto lontano.
Alla fine annuì appena e dalle sue
labbra sfuggì un sussurro quasi inudibile. - Sì. -
Non si trattava di un assenso vero e
proprio, quanto di un riflesso automatico attivatosi spontaneamente.
Ciel lasciò che Sebastian lo
svestisse, entrò nella vasca da bagno e sedette nell'acqua
socchiudendo gli occhi, abbandonandosi completamente alla sensazione
di calore avvolgente intorno al suo corpo intirizzito. I brividi si
placarono un poco. Esalò un sospiro e reclinò il capo all'indietro
quando il maggiordomo prese a strofinargli i capelli con lo shampoo.
- Con permesso, signorino. -
Quella sera, il tocco delle sue mani
era leggermente diverso dal solito: sempre sicuro ma più paziente e
delicato, rassicurante, come se la condizione di fragilità in cui
imperversava il suo cuore si fosse estesa anche all'esterno e il
demone avesse timore di danneggiarlo o arrecargli dolore se non
avesse addolcito i propri gesti.
Normalmente, Ciel si sarebbe sentito
insultato da tanta accortezza, ma in quel momento era troppo stanco e
turbato per protestare. Concesse semplicemente a se stesso di
rilassarsi contro il bordo della vasca e a Sebastian di prendersi
cura di lui come meglio credeva, segretamente grato di avere il suo
maggiordomo demoniaco accanto a sé.
Sebastian terminò di abbottonare la
camicia da notte immacolata di Ciel.
Il ragazzino sedeva sul letto con le
magre gambe penzoloni. Il bagno caldo aveva sortito gli effetti
benefici predetti dal demone. Aveva smesso di tremare e le gote
avevano ripreso un po' di colore, malgrado i suoi occhi smarriti
tradissero la portata dello sconvolgimento che lo attanagliava.
- Gradite una tazza di latte caldo
prima di coricarvi, signorino? - domandò il maggiordomo, conscio del
rimedio semplice ma infallibile che da sempre riusciva a lenire le
angosce del padroncino.
Ciel fece cenno di sì con il capo e il
demone si portò la mano destra al petto, inchinandosi umilmente. -
Sarà pronto in pochi minuti. Nell'attesa vi pregherei di avvolgervi
bene nelle coperte. È una nottata particolarmente fredda e la vostra
salute potrebbe risentirne. -
Il conte si sistemò tra le coltri ma
prima che il maggiordomo raggiungesse la porta della camera, venne
colto da un impulso improvviso e lo richiamò indietro.
- Sebastian, aspetta. -
Il demone si voltò con un'espressione
interrogativa. - Sì, padroncino? -
Ciel si morse il labbro prima di
rispondere. - Usa il servizio Haviland*. -
Il maggiordomo sollevò un
sopracciglio, sorpreso da quell'ordine inaspettato e bizzarro.
Un'attenzione tale per un dettaglio così frivolo stonava con la
condizione di shock in cui il signorino si trovava dalla loro visita
ai bassifondi. Cionondimeno, il demone assecondò il suo desiderio. -
Haviland? Intendete quello decorato con i fiori rossi? -
Il ragazzo confermò con tono deciso. -
Quello. -
- Certamente, my Lord. - Sebastian fece
una pausa prima di aggiungere una domanda. - Potrei essere così
indiscreto da chiedervi la ragione di questa scelta? -
La voce di Ciel si ridusse nuovamente a
un sussurro infantile venato di tristezza. - Era il suo preferito. -
rispose con semplicità, come se ciò spiegasse ogni cosa. E così
era, in effetti.
Sebastian comprese e sorrise alla volta
del suo padroncino. - Capisco. Portate un po' di pazienza, per
favore, Sarò di ritorno non appena il latte sarà pronto. -
Il demone si recò nella cucina della
villa, versò il latte in un pentolino e attese che il fuoco
scaldasse la bevanda.
Preparò con cura il servizio
indicatogli dal padroncino, con i decori floreali di un rosso
squillante che si stagliavano sul raffinato bianco perla della
porcellana.
Era il suo preferito.
Il signorino aveva
ragione: Madame Red trascorreva interi minuti ad osservare quei fiori
cremisi tra un sorso di tè e il successivo.
Sebastian non aveva
pensato a quel dettaglio fino al momento in cui il ragazzo non aveva
pronunciato la frase che gli aveva chiarito ogni cosa. Del resto, non
era nella natura di un demone prestare attenzione a certe forme di
sentimentalismo tutte umane. Considerando poi che la zia materna si
era rivelata una spietata assassina seriale ed era stata ad un soffio
dal togliere la vita al suo stesso nipote, egli non immaginava che il
padroncino potesse manifestare un così saldo attaccamento nei suoi
confronti.
Omaggiarne la
scomparsa scegliendo di utilizzare il suo servizio da tè preferito
era un gesto che il maggiordomo non si aspettava, ma tipico del
signorino. Era il suo modo di congedarsi dall'ultima componente della
famiglia e, forse, anche da ciò che rimaneva della sua infanzia
ridotta a brandelli.
Se quello era il
suo volere, Sebastian l'avrebbe rispettato; ma non gli avrebbe
addolcito la pillola della realtà. Inutili consolazioni avrebbero
solo ferito il suo orgoglio, oltre a non portare alcun beneficio.
Conosceva il suo padroncino ormai da abbastanza tempo: aveva compreso
la modalità secondo la quale egli assorbiva ed elaborava il lutto.
Quella notte
l'avrebbe lasciato vivere il suo dolore in quel modo fanciullesco che
a volte tendeva a riemergere ed era meglio assecondare. Da quando
erano rientrati a casa, aveva infuso nelle sue cure verso il
padroncino il massimo della gentilezza di cui era capace e gli
avrebbe permesso di aggiungere al latte caldo tutto il miele che
desiderava. Forse il signorino gli avrebbe perfino ordinato di
rimanere con lui fino a quando si fosse addormentato. Andava bene
così, per il momento.
Tuttavia Sebastian
sapeva che, a partire dalla mattina seguente, il suo padrone sarebbe
tornato ad essere il fiero erede della casata Phantomhive, di nuovo
pronto a fare i conti con la spietatezza del proprio destino a testa
alta. Soccombere alla crudeltà della sorte non era un'opzione
accettabile per il signorino. Non lo era mai stata.
Quel pensiero
provocò a Sebastian una fitta di bramosia. Il demone si passò la
lingua sulle labbra e sorrise: le circostanze drammatiche che il
padroncino stava affrontando, avrebbero reso ancora più squisito il
suo premio finale.
Il sapore scialbo e
insipido delle anime di bassa qualità non lo aveva mai soddisfatto.
Ma il suo palato non era neppure appagato dal gusto esageratamente
dolce e stucchevole di un'anima baciata dalla felicità o benedetta
dalla fortuna. I sapori che egli anelava erano l'amaro di sofferenza
e tormento, lo speziato di odio e rancore covati a lungo, l'agrodolce
di desideri oscuri realizzati a caro prezzo e, ogni tanto, una
leggera punta di dolcezza data dalla nobiltà incontaminata che
talvolta anche l'animo più disperato riusciva a conservare, se forte
abbastanza.
Sì, gli
ingredienti che componevano l'anima di Ciel Phantomhive erano quelli
che più gli stuzzicavano il palato. Sarebbe stato il miglior pasto
della sua vita da demone, ne era certo.
Il maggiordomo bussò con garbo alla
porta della camera prima di entrare, spingendo davanti a sé il
carrello da portata sul quale erano posati i pezzi del servizio di
porcellana.
Ciel giaceva nel letto appoggiato ai
cuscini, le coperte fino all'altezza delle spalle e lo sguardo vuoto
rivolto alla finestra.
- Il cielo è limpido, stanotte. -
commentò, la voce priva di inflessione. - Riesco perfino a vedere
Sirio. -
Sebastian lo raggiunse accanto al
letto. - I vostri studi di astronomia stanno dando i loro frutti. -
- Trovo che siano più inutili perfino
delle lezioni di danza. -
Il demone versò il latte fumante in
una delle tazze. - Gradite del miele di lavanda, padroncino? -
Ciel posò sul suo maggiordomo uno
sguardo perplesso. - Lavanda? -
Sebastian annuì. - Acquistato
direttamente dalla Provenza. - rispose prontamente. - A quanto si
dice, pare sia l'ideale per calmare lo spirito e assicurare una
serena notte di riposo. - declamò.
Il conte si accigliò un poco. - Mmm.
Calmare lo spirito? Immagino che la tua non sia stata una scelta
casuale, vero? -
L'altro sorrise e chinò il capo con
aria modesta. - Mi sono preso la libertà di immaginare che avreste
apprezzato e tratto beneficio da queste proprietà. Dopotutto, che
maggiordomo sarei se non prestassi attenzione alle necessità del mio
padroncino e non agissi di conseguenza? Allora, volete provare? -
Ciel prelevò una generosa quantità di
miele dal barattolo e lo lasciò colare nella tazza. Gli era sempre
piaciuto osservare il nettare dorato tuffarsi nel latte e scomparire
sul fondo.
Il primo sorso della bevanda miracolosa
bastò a dissipare gran parte del gelo che gli opprimeva il petto.
Bevve con avidità in cerca di quel potere lenitivo e consolatorio
che l'unione di quei due semplici ingredienti era capace di
esercitare sugli affanni dell'animo fin da quando era piccolo.
Sebastian decise di concedere al suo
padrone qualche minuto di privacy, lontano dal suo sguardo, e iniziò
a preparare la camera per il riposo notturno. Controllò che tutte le
finestre fossero ben chiuse, dopodiché sciolse i lacci delle tende e
sbarrò la strada alla luce che l'indomani si sarebbe fatta largo
nella stanza disturbando il sonno del signorino: in quanto
maggiordomo, l'onere e l'onore di destare il ragazzo spettavano solo
a lui.
Sollevato dal fatto che Sebastian si
stesse dedicando ad altre attività e non fosse rimasto in piedi a
fissarlo con i suoi occhi di brace, Ciel avvolse le mani intorno alla
tazza e il calore del latte al suo interno filtrò attraverso la
finissima porcellana decorata, oltrepassando l'epidermide dei suoi
palmi e regalandogli un momentaneo sollievo unito però all'amarezza
del ricordo di Madame Red. La zia Angelina: a volte un po' eccentrica
ma affettuosa, allegra e sorridente. Amava così tanto il colore
rosso: ogni volta che si recava alla magione dei Phantomhive per far
visita al caro nipote era solita giocare a scacchi con lui e
sorseggiare il tè da una delle tazze di quello stesso servizio.
Sovrappensiero, il ragazzo iniziò a
carezzare con l'indice il bordo del recipiente, permettendo alla
propria mente di navigare al largo attraverso le memorie più
significative delle ore trascorse in compagnia della zia. Non
assomigliava a sua madre Rachel, eppure in lei risiedevano molte
qualità. Le era affezionato ed ella era sempre stata amorevole e
premurosa nei suoi confronti. Un ritratto ormai insozzato dalla cruda
verità appresa come esito della spedizione a Whitechapel, eppure
impossibile da rinnegare completamente.
Fu un attimo. Si udì un secco crepitio
e Ciel si lasciò sfuggire un gemito di sorpresa e dolore. La
superficie circolare si era sbeccata all'improvviso provocandogli un
piccolo taglio sul polpastrello. Una singola goccia di sangue
vermiglio precipitò nel latte, infrangendone il perfetto candore.
- Signorino! Cos'è successo? State
bene? -
Allarmato, Sebastian si era precipitato
accanto al letto.
- Non c'è bisogno di agitarsi tanto. -
lo rimproverò il conte, mostrandogli il taglietto superficiale. - Si
è spezzato il bordo della tazza. Tutto qui. -
Il maggiordomo estrasse il fazzoletto
dal taschino della giacca e glielo avvolse stretto intorno
all'indice.
- Non starai esagerando? - domandò
Ciel. - Si tratta solo di un graffio. -
- Vi chiedo perdono, padroncino, ma mi
permetto di dissentire. - replicò il demone in tono pacato. - Siete
l'erede della casata Phantomhive. Il vostro sangue è prezioso.
Inoltre, come vostro maggiordomo, non posso permettervi di sanguinare
davanti ai miei occhi, non importa quanto piccola possa essere la
ferita. Sarebbe un'inaccettabile mancanza da parte mia. -
Ciel sospirò. - Suppongo di sì. -
dopodiché abbassò lo sguardo verso la tazza sbeccata: dal puntino
che era all'inizio, la goccia di sangue si stava sfilacciando
lentamente, ampliandosi e creando un disegno indecifrabile di
ghirigori rossi che fiorivano sullo sfondo bianco del latte. Un
imprevisto che, in fin dei conti, coronava degnamente la
commemorazione di Madame Red.
Sebastian seguì la direzione dei suoi
occhi. - Sono desolato per questo inconveniente, signorino. Vi
preparerò subito un'altra tazza. -
- Non ce n'è bisogno. - rispose
freddamente il conte. - In ogni caso, d'ora in avanti non
utilizzeremo più questo servizio. -
- My Lord? -
- Ti avrei comunque ordinato di
disfartene. - chiarì il ragazzo, posando la tazza sul carrello. - E
ora che uno dei pezzi si è danneggiato, è inutile conservarlo.
Proprio come i ricordi a cui è legato. -
Sebastian sorrise: ecco che il bimbo
addolorato già si faceva da parte per lasciare il posto al glaciale
Conte Phantomhive. - Come desiderate, my Lord. -
- Puoi andare, adesso. - lo congedò il
giovane, distendendosi nel letto. - Sono molto stanco e, ora che il
caso di Jack lo Squartatore è chiuso, domani avremo parecchio lavoro
da sbrigare. -
Il maggiordomo si inchinò e gli
rimboccò le coperte. - Avete avuto una giornata pesante, padroncino,
ma avete portato a termine il vostro dovere verso la Regina in modo
esemplare, come sempre. -
Ciel arricciò il labbro con aria
scostante e si girò nel letto dandogli le spalle. - Non ho bisogno
delle tue lodi. -
Il sorriso trionfante di Sebastian si
allargò: sì, quello era il suo padrone! - Bene, allora. Vi auguro
un buon riposo. -
Sebastian raggiunse la porta con passo
volutamente lento per dare il tempo al ragazzo di decidere se lo
volesse al suo fianco mentre si addormentava. Ma l'ordine non arrivò
e il demone uscì dalla camera spingendo il carrello.
Molto bene. Sembra che il signorino
si stia riprendendo più in fretta di quanto pensassi. Questo mi
faciliterà le cose.
Sollevò la tazza
scheggiata e vide che sul bordo erano rimaste tracce del sangue del
padroncino. Il suo istinto di demone lo invitava ad apporvi la lingua
per saggiarne l'essenza. Tuttavia, sarebbe stato un comportamento
inammissibile per un maggiordomo del suo livello e, almeno per il
momento, quello era il ruolo a cui doveva attenersi.
Rimise la tazza sul
piattino e iniziò a percorrere il corridoio. Aveva molti altri
compiti ai quali attendere ma, per prima cosa, avrebbe eseguito
l'ordine del signorino: disfarsi di quel servizio da tè infestato
dal fantasma della zia. Una presenza ormai scomoda di cui egli non
sentiva più il bisogno.
Certo, è un
vero peccato distruggere un set di qualità così squisita.
Sebastian sospirò prima di distendere le labbra in un sogghigno. Ma
che razza di maggiordomo sarei, se disubbidissi a un ordine del mio
padrone?
* Fondata nel 1842,
Haviland è una rinomata marca di porcellane che si distingue per
l'altissima qualità e il design innovativo e creativo delle sue
produzioni.
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