Forse, un giorno, chissà

di NightshadeS
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3 maggio
 
Passarono quasi due settimane prima delle tanto attese Olimpiadi di Matematica e le strambe dinamiche del quartiere Nerima non si erano mai smentite.

Ryoga dopo quella famosa domenica si ristabilì completamente e ripartì con gli allenamenti e l’organizzazione del suo viaggio per andare a trovare Akane.

Gosunkugi riuscì a completare il rituale per evocare Kogame, quindi partecipava alle lezioni scolastiche con aria sempre distratta e svogliata, approfittando di ogni minuto libero per passare del tempo col suo spirito preferito.

Ataru e Shinobu continuavano a trovare gli stratagemmi più disparati per potersi incontrare di nascosto da Lamù, ma novantanove su cento finiva con una bella scarica elettrica lanciata da quest’ultima.

Yuka aveva iniziato a frequentarsi con Hiroshi e la domenica precedente avevano avuto il loro primo appuntamento: Kijo passò almeno due ore al telefono per sentire tutti i dettagli dell’ora in cui si erano visti.

Sayuri era felice per l’amica da una parte, ma dall’altra era spaventata di perderla: Kijo passò almeno altre due ore al telefono per sentire tutte le sfumature delle emozioni della ragazza.

La compagnia telefonica giapponese NTT registrò degli incrementi di fatturato notevoli in quei giorni, che furono probabilmente propedeutici all’imminente istituzione della propria linea mobile.

Ukyo non si era più vista a scuola; chi era passato dal suo locale sosteneva che ci fosse solo un cartello appeso sulla porta in cui si leggeva «Chiuso per ferie»

A casa Tendo giunse una lettera di Akane in cui rassicurava la famiglia di stare bene, di essersi ormai quasi completamente ambientata e di trovarsi al passo con le lezioni. Lamentava talvolta la scarsa organizzazione dei mezzi pubblici, ma a parte questo la lettera trasudava entusiasmo e gioia. Aveva perfino allegato una foto che la ritraeva insieme a due compagne di classe, tali Georgia e Sabrina, durante una gita a Firenze. Il sorriso sui volti delle tre ragazze non lasciava spazio a dubbi che stessero vivendo una bella esperienza. Fu una lettera colma di emozioni e di pensieri per tutti, ma Ranma non mancò di notare di non essere mai stato menzionato e la cosa lo ferì. Non che si aspettasse chissà quale manifestazione di affetto da parte di Akane, dopotutto era una lettera che avrebbero visto tutti, tuttavia il fatto di non aver neppure un pensiero dedicato gli lasciò l’amaro in bocca: in fondo era sempre il fidanzato, o no?
 
Kotaro entrò con fare trionfale dal cancello del Furinkan quella mattina. Tutti i ragazzi che incontrava si complimentavano con lui e gli facevano gli auguri per una buona performance alle Olimpiadi, come se fosse una sorta di celebrità. Quando raggiunse il corridoio che era stato allestito per ospitare la prova, si stupì nel vedere le due lunghissime file di banchi sfalsati che culminavano con la cattedra centrale, appoggiata al muro. Poco più avanti cominciava la coda ordinata degli studenti che attendevano il proprio turno per registrarsi alla cattedra. Man mano che venivano censiti, erano accompagnati da un insegnante al posto destinato, avendo cura che gli studenti appartenenti allo stesso istituto non fossero vicini per scoraggiare suggerimenti. Il professor Watanabe giocava in casa ed era il responsabile dell’assegnazione dei posti: stava giusto accompagnando Kijo al proprio, con somma gioia di Kotaro che scorse segni di un’evidente preoccupazione sul volto della ragazza, particolare che gli provocò un gran sorriso beffardo. Lei di rimando lo ignorò totalmente quando si incrociarono e andò a sedersi, prendendo un respiro profondo. Il ragazzo notò che gran parte dei suoi avversari avevano partecipato anche l’anno prima; era presente tra loro anche Nami Takigawa, la campionessa in carica giunta a difendere il suo primato.
«Tre esploratori vengono catturati e condannati a morte avendo però una possibilità di salvarsi. Vengono messi in circolo e a ciascuno viene messo in testa un cappello scelto tra cinque: tre bianchi e due neri. In questo modo ciascuno può vedere il cappello degli altri due ma non il proprio. A questo punto il capo tribù dice: "Farò rullare i tamburi e, al termine, chi sarà certo del colore del proprio cappello potrà dirlo e aver salva la vita". Rullarono i tamburi, ma al termine nessuno parlò. Il capo tribù fece allora rullare i tamburi una seconda volta ma anche questa volta nessuno degli esploratori, magari prudenti ma certo intelligenti, disse nulla. Allora il capo tribù ordinò ai tamburi di rullare ancora, ma stavolta al termine, il più lesto dei tre gridò a gran voce il colore del proprio cappello e si salvò. Di che colore era il cappello?»

I testi degli esercizi erano impegnativi, ma Kotaro non si aspettava nulla di meno: si era preparato accuratamente già dall’anno precedente cercando in svariate biblioteche dei libri che contenessero quesiti similari ed era sempre riuscito a risolverli. Fu con malcelata sicurezza quindi che consegnò il proprio elaborato venti minuti prima dello scadere del tempo, primo in assoluto. La Takigawa si indispettì molto per questa mossa e lui gongolò soddisfatto non appena vide la sua espressione.
Allo scadere del tempo i professori passarono tra i banchi a ritirare i fogli con gli svolgimenti e li raggrupparono tutti in una grande busta gialla.
“I vostri esercizi saranno corretti al più presto, nel giro di pochi giorni saprete qual è lo studente che ha ottenuto il risultato più alto. Nel frattempo grazie a tutti per la partecipazione e vi invitiamo a tornare alle vostre consuete lezioni” annunciò il professor Watanabe.
Kotaro e Kijo si beccarono un discreto applauso non appena misero piede in classe: la professoressa Hinako Ninomiya teneva tantissimo alle manifestazioni di stima tra gli studenti e quindi aveva esortato i ragazzi a tale comportamento.

“Allora? C’erano delle ragazze carine?” bisbigliò Ataru al compagno di banco non appena si sedette

“Che c’entra? Era una gara di matematica!” replicò lui

“E allora? Le ragazze carine non possono anche essere brave in matematica? Guarda Kijo per esempio! O Shinobu, che pure se la cava, o la Takigawa che ha vinto l’anno scorso! O Ai Kisugi in Occhi di gatto…”

“Moroboshi e Ikeda! Piantatela di parlottare! Volete un assaggio della Tecnica dei Cinque Yen?” si alterò la professoressa, agitando le sue braccia da bambina.
 
Ranma in quei giorni era stato particolarmente pensieroso e schivo, pertanto Kijo non si sorprese più di tanto quando non lo trovò ad aspettarla al cancello della scuola dopo il corso di economia domestica. Prese la solita strada di sempre ma ben presto si rese conto che quella volta c’avrebbe messo molto più tempo a rincasare rispetto al solito. Una bicicletta di traverso le sbarrava la strada e l’amazzone che la cavalcava aveva un’aria battagliera.

“Shampoo! Quanto tempo! Che piacere vederti” la salutò Kijo con ostentata cordialità

“Il piacele è tutto tuo, Linekami. E lo salà ancola pel poco” ribatté la ragazza digrignando i denti

“Ancora con queste minacce? Ma non ci eravamo chiarite?” sbuffò Kijo

“No. Tu mi hai umiliata e a causa tua non posso convolale a giuste nozze con Lanma. Le lagazze che mi sconfiggono non possono soplavvivele”

“Avevamo fatto un patto però, che se ti avessi battuta tu mi avresti lasciata in pace. Vale così poco la tua parola?” constatò Kijo cercando di mantenere la calma, mentre si premeva con due dita all’attaccatura del naso

“Conosci la favola della lana e lo scolpione?” replicò beffardamente la cinese

“Come no? Tutti gli scorpioni la indossano in inverno, visto quanto sono freddolosi” se ne uscì infelicemente l’italiana  

“Salebbe una battuta questa?”

“Una freddura, visto l’argomento”

Shampoo si stava spazientendo visibilmente e Kijo poteva quasi sentire fisicamente l’odio che provava. Cavolo, quella ragazzina minuta emanava un’aura omicida che metteva i brividi, i grandi occhi ridotti a due feritoie pronte a sparare disprezzo e seminare distruzione.
“Plepalati a passale dei guai!”

“Dei guai molto grossi?” suggerì Kijo accarezzandosi il mento. L’amazzone brandì uno dei suoi grossi chui e lo scagliò in direzione di Kijo, che lo schivò agilmente; la profonda crepa che si formò sull’asfalto era alquanto indicativa della potenza che quella giovane fanciulla riusciva a sprigionare. La sua preda non poté evitare di deglutire impressionata.

Dall’ombra emerse un’altra figura, con una coda laterale e un body da ginnastica
“Rinekami! Ricordi quella bella gonna che avevo alla festa? Ho dovuto buttarla!”

“Oh! Kodachi Kuno! Oggi deve proprio essere la mia giornata fortunata!” le si rivolse la ragazza

“Puoi dirlo forte microbo! Anche perché sarà l’ultima!” la attaccò con il nastro la Rosa Nera

“Dai, tutto questo per una gonna? Dovresti ringraziarmi, ti stava pure di merda!” la sfotté Kijo mentre lasciava che il nastro si avvolgesse attorno al suo braccio per poi tentare uno sbilanciamento

“Stupida impertinente!” gridò Kodachi tentando di atterrarla, ma Kijo rimase saldamente piantata a terra, facendole quasi perdere l’equilibrio

“A Rinekami la lingua lunga non manca! È così che manipola le persone” da un vicolo laterale spuntò Ukyo, spatola gigante alla mano e sguardo minaccioso

“Che bello, c’è una festa e non sapevo di essere invitata! Potevate dirmelo, almeno mi sarei tolta l’uniforme scolastica!”

“Stai zitta stupida e assaggia questo impasto fatto apposta per te!” Ukyo le sparò addosso una melma marroncina, ma Kijo riuscì ad evitarla e per il contraccolpo del nastro ci fece finire dentro Kodachi, che si infuriò

“Brutta cretina, ma non dovevamo essere alleate?” abbaiò a Kuonji

“Sì imbecille! Non lo vedi che avevo mirato a lei?” constatò Ukyo

“Non mi stupisce che il tuo fidanzato non voglia aver più niente a che fare con te, Kuonji: delle tre sei sicuramente la più scarsa!” le disse Kijo cercando di colpire quello che le sembrava l’anello debole di quella triplice catena in accordo per strangolarla

“Non è il suo fidanzato! È il mio futulo malito!” precisò Shampoo

“Che illuse che siete! Il mio Ranma ama solo me! Ahahahahah!” rise da matta Kodachi

“Non è velo!” si arrabbiò Shampoo e tirò un chui a Kodachi

“Nei tuoi sogni, pazza isterica!” prese la rincorsa Ukyo, in direzione della rampolla dei Kuno.

Kijo fece per allontanarsi in silenzio, lasciando quelle tre a litigare, ma d’un tratto si rinvennero e le lanciarono uno sguardo omicida
“Ehi, ma che stiamo facendo? Avevamo plepalato questa imboscata pel lei! È lei che dovlemmo menale!” esclamò Shampoo, mentre le altre annuivano

“Per me non ci sono problemi se avete cambiato idea eh! Fate pure con calma, semmai vi aspetto” si bloccò Kijo, mentre con lo sguardo cercava una scappatoia, purtroppo inesistente

“Non cercare di manipolarci come hai fatto con Ranma!”

“Ancora con questa storia? Ma sei un disco rotto, Kuonji! Guardate che se Ranma non vi sopporta non è certo colpa mia”

“Basta così! Pagherai il tentativo che hai compiuto per portarci via Ranma!” strillò Mademoiselle Kuno lanciando una clavetta piena di spunzoni in direzione di Kijo

“Ma che dia-” la ragazza fu costretta ad un balzo complicato all’indietro per evitarla, ma Ukyo era già lì a darle una poderosa spatolata in testa

“Questa è per avermi fatto litigare con lui!” enfatizzò piena di rabbia

“Che cavolo! Potreste almeno attaccarmi educatamente una alla volta come in tutti i classici film di arti marziali però! Le basi proprio…” le prese in giro Kijo, massaggiandosi però la nuca dolorante. Dannazione, quella botta l’aveva sentita tutta, constatò guardandosi la mano umida di sangue. Tentò di colpire Ukyo ma Kodachi le aveva attorcigliato attorno alle gambe un nastro che sembrava di cartavetra: ogni movimento che tentava di fare sentiva un’abrasione sempre più profonda insinuarsi nella sua pelle e questo la faceva soffrire terribilmente, ma non avrebbe dato loro la soddisfazione di gridare dal dolore. Si morse con forza il labbro inferiore, arrivando quasi al punto di far sanguinare anche quello, poi mise le braccia in posizione di difesa e si preparò a fronteggiare i nuovi attacchi che era sicura le sarebbero piovuti addosso. Intanto Shampoo prese a tirarle dei petardi esplosivi pieni di gas soporifero o qualche intruglio similare, poiché nonostante Kijo cercasse di non respirare sentiva i sensi ottenebrati. Ukyo nel frattempo si accaniva su di lei lanciandole delle spatole di dimensione regolare a mo’ di shuriken: riuscì a pararne la maggior parte ma si sentiva piuttosto rallentata e poco lucida, quindi qualche ferita all’addome fu inevitabile. Era pervasa da fitte lancinanti, che si susseguivano impietose e sempre più potenti, il proprio autocontrollo stava andando in malora, si sentiva madida di sudore e aveva difficoltà a mantenere il normale ritmo della respirazione; nonostante questo riuscì ad arrivare alla gola di Ukyo con un movimento a gambe giunte improvviso e ad attuare una digitopressione immobilizzante. Sfogò la rabbia che le saliva da dentro riempiendo di pugni e schiaffi la faccia di Kodachi, provocandole un vistoso ematoma sull’occhio destro, ma nel mentre il nastro si stringeva attorno alle sue gambe conficcandosi sempre più. Gridò, manifestò quel dolore che era diventato intollerabile, stava quasi per cadere a terra ma Shampoo ce la fece a prenderla da dietro e la fece volare in aria, per poi colpirla col suo chui come se fosse una mazza da baseball. La ragazza atterrò malamente e fece per rialzarsi, ma le braccia la reggevano a stento: nonostante l’adrenalina sentiva male ovunque, le girava la testa e sputava sangue, che sgorgava copioso anche dalle ferite aperte

“Tutto qui?” si avvicinò Kodachi calciandola nelle costole, costringendola a tossire e a rannicchiarsi su se stessa

“Ehi! Che vi prende, razza di galline che non siete altro?” gridò una voce correndo verso Kijo

“Galline a chi, stupido maiale? Stanne fuoli Lyoga” si infuriò Shampoo

“La ucciderete così! E poi vi sembra leale? Tre contro una? Siete fuori di testa!” gridò il ragazzo, controllando preoccupato le lesioni di Kijo

“È un regolamento di conti tra noi, tu non c’entri Hibiki!” le diede man forte la Rosa Nera. Ukyo invece era rimasta a terra, k.o.

“Non vi azzardate a toccarla un’altra volta o ve la dovrete vedere con me! E non ci andrò piano solo perché siete ragazze!” minacciò Ryoga mettendosi in posizione da combattimento

“Ma tu non dovevi essele a tlovale Akane Tendo? Che c’è, hai cambiato lagazza?” insinuò Shampoo, beffarda

“Brutta serpe cinese, non mi lascerò incantare dai tuoi discorsi. Vattene o affrontami!”

“Ti avevo detto di non immischialti, maiale in aglodolce!” gli si gettò contro l’amazzone. Quando gli fu a una distanza di un paio di metri estrasse da dietro la schiena un secchio d’acqua e fece per tirarglielo, ma Ryoga schivò abilmente il getto parandosi con l’ombrello; passò dunque al contrattacco sferrando una combo di ganci e montanti intervallati da calci a varie altezze, concentrandosi per trovare dentro di sé l’energia sufficiente a sferrare il colpo del leone. Fu impossibilitato tuttavia a portare a termine il colpo dall’attacco di Kodachi, che gli aveva scagliato contro una serie di clavette piene di spunzoni metallici: una di esse gli si conficcò nel polpaccio e fu costretto a cedere in parte sotto al proprio peso, mossa che diede l’occasione a Shampoo di scaraventargli un chui tra capo e collo. La massa muscolare di Ryoga però era molto ben sviluppata, temprata da mille durissimi allenamenti, quindi resistette al colpo e fu subito pronto per contrattaccare: polverizzò il terreno su cui stava Shampoo con la tecnica dell’esplosione, la cui onda d’urto la scaraventò nel fiume sottostante. Ben presto emerse una gattina rosa e fradicia che fu trasportata via dalla corrente. Vedendo la malaparata Miss Kuno si volatilizzò in un vortice di petali neri, lasciando il ragazzo solo con due fanciulle malmesse.
Si avvicinò dapprima a Kijo, la quale era attorcigliata sul manto stradale con le braccia avvolte attorno a se stessa, la divisa scolastica lacera e molto sporca di sangue. Le spostò i capelli che le coprivano il volto, rigato di lacrime e col labbro tumefatto, e i suoi occhi supplichevoli si piantarono in quelli di lui mentre con grande sforzo sussurrò

“Ryoga…ti prego…aiutami” e poi svenne. Il ragazzo dedicò giusto un minuto per spostare Ukyo dal centro della strada a lato e poi prese in braccio Kijo, pregando di riuscire a trovare la strada per lo studio del dottore in tempo.
 
Le braccia e le gambe di Kijo penzolavano inerti, sebbene lui cercasse di tenerla stretta al proprio petto, ma non troppo per non causarle dolore. Non era abituato a vederla così inerme e provò profonda rabbia per il suo dannatissimo senso dell’orientamento che gli impediva di procurarle delle rapide cure e pure per quelle maledette vipere che l’avevano ridotta così. Che razza di deprecabili vigliacche stringevano un’alleanza del genere? Un brivido gli corse lungo tutta la schiena al pensiero di cosa sarebbe potuto succedere se non si fosse trovato lì per caso, ma cercò di mantenere il controllo e con un respiro profondo scelse di svoltare a sinistra, zoppicando, al bivio che aveva di fronte.
 
Dopo circa una mezz’ora di giri a vuoto il fato volle che il percorso di Ryoga incrociasse quello di Gosunkugi con Kogame al seguito
“Per tutti gli spiriti, Ryoga, che è successo?” esclamò il ragazzo con le occhiaie portandosi una mano a coprirsi la bocca, sconvolto. Lo spettacolo che si profilava davanti ai suoi occhi era scioccante: la sua amica priva di sensi portava addosso i segni di una lotta spietata, la divisa lacerata e strappata era talmente intrisa di sangue che gocciolava da alcuni lembi. Il ragazzo che la sosteneva aveva uno sguardo vacuo in cui si potevano leggere solo enorme sofferenza e preoccupazione.

“Hikaru, ho bisogno che tu mi indichi…anzi, che mi porti allo studio del Dottor Tofu! Il tempo stringe, Kijo sta male e ne ho già perso abbastanza”

“Non preoccuparti, è molto vicino. Seguimi!” Gosunkugi fece rapidamente strada e svoltò nella seconda stradina a destra: cento metri più avanti c’era lo studio medico.

“Grazie, non so come ringraziarti!” gli si rivolse Ryoga, entrando in fretta

“Permettimi di aspettare notizie di Kijo: vorrei tanto dire una preghiera per la sua guarigione” lo seguì il ragazzo, con lo spirito subito dietro

“Dottore! Siete in casa? Abbiamo un’emergenza!” gridò Ryoga

“Per tutti gli scheletri di nome Betty, Ryoga! Che succede per sbraitare così? Sto visi-…” Ono si bloccò non appena vide Kijo in quello stato. Anche Ryoga ad una prima occhiata non se la passava benissimo, ma la ragazza sembrava più grave. Si domandò cosa ci facesse l’altro ragazzo accompagnato dallo spirito, visto che ormai era troppo tardi per un parere medico, ma tenne per sé questa perplessità. Fece stendere Kijo sul lettino dell’infermeria, mentre mandò Gosunkugi a scusarsi col paziente che aveva in terapia, pregandolo di pazientare. Il tipo in questione era un ometto di una settantina d’anni, sdraiato bocconi sul lettino, coperto da nient’altro che un asciugamano legato in vita. Il dottore gli stava praticando una sessione di agopuntura, poiché sottilissimi aghi erano infilzati in alcuni punti strategici della schiena. Gosunkugi notò un libro sulla scrivania che raffigurava uno schema per il posizionamento degli aghi e non riuscì a resistere. Pensò che in fondo non sarebbe stato molto diverso rispetto a quando infilava gli spilloni nelle sue bamboline e preso dal desiderio di provare applicò due o tre aghi sulla schiena del signore, che rimase impassibile.

“La sua aura è parecchio debole, comincio a veder delinearsi il suo spirito al di fuori del corpo” disse con tono piatto Kogame, che fino a quel momento era restata in silenzio: gli occhi le erano diventati rossi per qualche istante e dalla sua figura emanava una luminosità azzurrina più intensa. Ryoga non riuscì a trattenersi e dette un pugno sul bracciolo del divano su cui si era seduto, facendo fuoriuscire uno sbuffo di piume. Gosunkugi finalmente li raggiunse nella sala di attesa e si sedette su una sedia di legno.

“Spero che il vostro dottore riesca a salvarla, ho simpatia per quella ragazza che mi ha aiutata a poter tornare sulla terra quando voglio” parlò ancora Kogame, sempre monocorde

“Credi che dovremmo avvertire Ranma?” suggerì Hikaru, rivolto a Ryoga.

Lo sguardo del ragazzo si infiammò e non riuscì a fermare due lacrime di afflizione e collera
“Ranma? Dove diavolo era Ranma mentre le sue spasimanti mentecatte pestavano a sangue Kijo? Perché non l’ha accompagnata a casa come al solito? Ogni volta che c’è di mezzo lui finisce male per chi gli sta dintorno!” Ryoga era talmente irato che ringhiò quest’ultima frase, respirando affannosamente e tremando fuori controllo.
Gosunkugi si preparò ad obiettare sollevando un dito, ma lo riabbassò e richiuse la bocca dopo un attimo vedendo lo stato in cui versava Ryoga: si teneva la testa tra le mani, coi gomiti appoggiati sulle cosce, gli occhi chiusi e i denti digrignati. A ragione pensò che le sue parole non avrebbero sortito alcun effetto.

Dopo una ventina di minuti il Dottor Tofu riemerse dall’infermeria e comunicò ai ragazzi
“I suoi parametri adesso sono leggermente più stabili, ma ancora non ha ripreso conoscenza. Ha perso parecchio sangue. Molto dipenderà da come passerà la notte, quindi vi consiglio di tornare alle vostre case e ripassare semmai domattina: immagino sia stata una giornata difficile per tutti”

Gosunkugi annuì con aria seria e si alzò dalla sedia, seguito da Kogame
“Bene, Dottore. Grazie per adesso, so che la mia amica è in ottime mani. Adesso andrò a casa ad allestire un piccolo altare in modo da elevare una preghiera per la sua pronta guarigione. Tornerò domani ad informarmi sulle sue condizioni”

“Certo, abbiamo bisogno di tutto l’aiuto possibile” disse Tofu stringendo la mano a Hikaru, che si congedò. Ryoga invece rimase fermo sul divano, il labbro che tremava e la gamba destra che si agitava nervosamente su e giù.

“Ryoga, mi piacerebbe darti un’occhiata se sei d’accordo: il tuo polpaccio non ha un bell’aspetto e sembri aver subito tagli e contusioni”
Il ragazzo fece cenno di sì col capo stancamente e si diresse nell’infermeria zoppicando leggermente. Fece a malapena in tempo a vedere Kijo sdraiata nell’ultimo letto della fila che Ono tirò una tendina separatrice e gli chiese di spogliarsi. Mentre si sfilava i pantaloni, che si erano rovinati irrimediabilmente, Tofu si rivolse di nuovo a Ryoga, chiedendo
“Tu sei al corrente di cosa le sia successo?”

“Sì. Beh, in realtà non completamente. So solo che per qualche motivo è stata attaccata contemporaneamente da Shampoo, Ukyo e Kodachi e che non si sono risparmiate nella lotta” spiegò il ragazzo appoggiando la maglia sulla sedia vicina al lettino.

Tofu annuì meditabondo e afferrò lo stetoscopio per cominciare ad auscultare Ryoga.
“Ti è andata bene: quelle tre sanno essere alquanto pericolose, soprattutto se stringono alleanze tra loro. Ti consiglio di farti una doccia, così poi potrò medicarti le ferite e potrai tornare a casa”

“Potrei…rimanere per la notte?” chiese Ryoga guardando il pavimento

“Se ti senti più tranquillo rimani pure, come vedi qualche letto a disposizione ce l’ho” gli sorrise Tofu.
 
Il ragazzo prese l’asciugamano che il dottore gli porse e si avviò verso il bagno. Come si mise sotto il getto di acqua calda iniziò a sentire tutte le ferite e le contusioni che frizzavano e pulsavano. Il tono dell’adrenalina lo stava abbandonando e una pesante stanchezza con annesso un fastidioso mal di testa si stavano impadronendo di lui. Non appena riscese in infermeria ne parlò col medico, che gli dette un paio di compresse da deglutire con un bicchiere d’acqua. Fece un respiro profondo e si lasciò disinfettare, medicare e fasciare le ferite, finché piano piano non scivolò tra le braccia di Morfeo.

Quando riaprì gli occhi doveva già essere notte fonda: si era svegliato perché aveva sentito Tofu entrare in infermeria a lume di torcia per controllare le condizioni di Kijo. Con un po’ di fatica si tirò a sedere sul letto e attirò la sua attenzione con la mano, poi bisbigliò
“Come sta?”

Tofu si avvicinò a lui e sussurrò
“I suoi parametri sono stabili e il respiro è regolare. Penso che domani riuscirà a svegliarsi. Tu piuttosto come ti senti? Vuoi mangiare qualcosa?”

Lo stomaco di Ryoga brontolò involontariamente a quella domanda e lui se ne vergognò. Ono sorrise e gli fece cenno di seguirlo in cucina.
“Guarda, qui c’è della zuppa di miso con soba, te la scaldo un pochino” parlò a bassa voce Tofu mettendone un paio di ramaiolate in un pentolino sul fuoco
“Da bere invece ho del tè, dell’acqua o una scorta industriale di Coca-cola, dato che Kijo non può farne a meno” ridacchiò il dottore con una mano dietro la nuca.
Il pensiero di una Kijo spensierata che sorseggiava una bibita ghiacciata scacciò per qualche momento la preoccupazione di saperla incosciente nella stanza accanto, quindi anche Ryoga si lasciò sfuggire un sorriso.

“Berrò un po’ di Coca-cola, allora. Alla salute della nostra amica”

“Ti faccio compagnia, almeno potremo fare un brindisi. E poi a dirla tutta spero che mi aiuti a digerire: stasera ho esagerato un po’ con le porzioni” commentò Tofu

“Alla salute di Kijo, allora” alzò il bicchiere pieno di bollicine marroni Ryoga

“Alla salute di Kijo!” rispose il dottore  
 
Prima di infilarsi sotto le coperte, il ragazzo sbirciò in direzione di Kijo e notò che stava tremando. Le si avvicinò e scorse il suo volto teso con gli occhi che si muovevano rapidi sotto le palpebre abbassate; anche il respiro era affannoso, quindi probabilmente era preda di un incubo. Istintivamente le prese una mano e la carezzò appena percettibilmente, con movimenti lenti e delicati, poi le spostò una ciocca di capelli dalla fronte, che sotto il suo tocco leggero sembrò rilassarsi. Quando il respiro tornò regolare Ryoga si permise di tornare a riposare.




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