Texting

di OrderMade96
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Capitolo 11


 

Derek si accascia stancamente sul suo letto. 

È quasi sera, fuori il cielo si sta annuvolando e probabilmente verrà presto a piovere. Dovrebbe ritirare i panni che aveva steso quella mattina, ma non ha voglia di alzarsi. Sente distrattamente il rumore della porta finestra, che dà al balconcino dell'appartamento che condivide con Cora, aprirsi e poi richiudersi qualche minuto dopo. 

“Stai bene?” Chiede sua sorella passando davanti alla porta della camera, reggendo i vestiti asciutti tra le braccia. 

Più tardi Derek l’avrebbe ringraziata per quello. 

“Mhm.” Risponde, spingendo fermamente il viso nel soffice cuscino come uno struzzo che cerca di nascondere la testa sotto la sabbia. 

Non gli importa se il suo comportamento può sembrare infantile, è esausto, come ogni volta che torna da una seduta dalla sua terapista. 

Ha iniziato il percorso psicologico sei mesi prima, quando ha finalmente deciso di scendere a patti con se stesso e ammettere di dover far chiarezza nella propria vita. 

Era un percorso difficile, doveva affrontare i fantasmi del suo passato, analizzare i traumi e gli effetti che avevano sul suo comportamento e di riflesso sulle sue relazioni con gli altri, il tutto dovendosi fidare di una completa estranea. 

Hope, la sua terapista, è umana ma nata in un branco di lupi. È una donna dal carattere deciso e esuberante, ma segretamente gentile. Non lo tratta con i guanti di velluto e non cerca mai di rassicurarlo con inutili parole di conforto quando cade a pezzi davanti a lei, bensì preferisce un approccio più diretto, guidando abilmente Derek ad affrontare un problema alla volta, fornendogli i mezzi giusti per combattere le proprie intime battaglie, gratificandolo con piccoli segreti orgogliosi sorrisi quando vede in lui anche il più piccolo miglioramento. 

Gli ricorda Laura in un certo senso e questo lo ferisce come una pugnalata ogni volta che si siede sul divano nel suo studio.

Gli manca sua sorella maggiore. Gli mancano i litigi, le serate sul divano nel loro appartamento a New York, mangiando cinese e guardando un film insieme, i viaggi fuori città con la Camaro o le corse nei boschi. Sa che anche a Cora manca Laura - anche se in un modo diverso dal suo - e non riesce a non sentirsi in colpa per la sua morte. Avrebbe dovuto seguirla sin da subito a Beacon Hills, invece di accigliarsi come suo solito e fare il ragazzino, rifiutandosi di tornare nella città da cui era fuggito. 

Fuggire. Si trattava sempre di fuggire alla fine dei conti. 

Fuggire dai problemi, dalle responsabilità, dalle conseguenze delle proprie decisioni o dai propri sentimenti. Fuggire era facile. Ma non era quello che avrebbe dovuto fare. 

Non era più quello che voleva fare. 

Derek stava lavorando duramente con Hope su questo, deciso a smettere di fuggire da tutto e tutti. 

La seduta di oggi era stata intensa, svuotandolo di tutte le sue energie, motivo per il quale decide che ordinerà d’asporto per cena, invece di cucinare. A Cora non dispiacerà, purché sia lei a scegliere da che ristorante ordinare. 

“Ehi, Der?” Richiama Cora, strappandolo dalla sua autocommiserazione.

“Cosa?” Brontola, alzando la testa. 

“Di chi è questa maglietta?” Chiede la ragazza, mostrandogli una t-shirt con la stampa del logo di Batman sul davanti, chiaramente non sua.

“È di Stiles.” Risponde Derek rapidamente, senza neanche pensarci.

“Chi è Stiles?” Domanda sua sorella, sollevando un sopracciglio. 

Derek aggrotta la fronte, aprendo la bocca per risponderle, finendo però con il richiuderla quando realizza di non avere una risposta. 

“Io… non lo so.” Ammette spaesato, osservando la maglietta con confusione. 

Cora gli lancia il capo contro il petto. 

“Sei strano.” Commenta con uno sbuffo, tornando a piegare i panni. 

Derek si rigira la maglietta tra le dita, rimuginando. 

Perché aveva detto quel nome, se non aveva idea a chi fosse collegato? 

Avvicina il naso all’indumento, inspirando, ma l’unico odore che può distinguere è quello dell’ammorbidente. 

Scrolla le spalle, decidendo che doveva essersi trattato di un semplice lapsus. 

Probabilmente la maglietta apparteneva a qualcuno del branco di Beacon Hills e doveva essere finita in qualche modo nei suoi bagagli quando aveva lasciato la città. 

L’episodio però si ripete qualche giorno dopo, mentre lui e Cora stanno facendo colazione. 

Sua sorella sta versando nella tazza il latte prima di mettere i cereali e lui commenta la scena con la frase ‘Stiles ti staccherebbe il braccio se ti vedesse farlo’

Cora lo fissa in silenzio mentre mangia, finchè Derek non ne ha abbastanza del suo sguardo preoccupato e giudicante, lasciando la stanza con la scusa che finirà per fare tardi ad un appuntamento.

Sa che Cora può sentire il suo battito cardiaco vacillare per la bugia, ma ha urgente bisogno di uscire di casa per schiarirsi le idee. 

Qualcosa non va e non sa se si tratti di lui o meno. 

Cammina fino a un parco a qualche isolato dal quartiere dove abitano, sedendosi sulla prima panchina libera che trova. 

Prende il cellulare dalla tasca dei jeans e controlla la sua lista contatti. 

Non c’è nessun ‘Stiles’ tra i nomi registrati, ma per quanto ne sa, quello potrebbe essere soltanto un soprannome. 

È un soprannome. Gli conferma una vocina nella testa che finisce per ignorare. 

La stessa vocina cerca di convincerlo a non fidarsi del cellulare che stringe in mano, perchè l’ha cambiato da poco meno di una settimana, dopo che il vecchio si era rotto in uno scontro con dei cacciatori. 

Forse i numeri segnati nel nuovo apparecchio telefonico non erano tutti quelli che aveva avuto in precedenza. Magari avrebbe potuto portare il suo vecchio cellulare da un tecnico per cercare di recuperare il resto dei dati nella memoria del dispositivo. 

Quando l’indomani consegna il telefono ammaccato al centro assistenza, l’uomo al bancone alza stupito le sopracciglia alla vista dei danni.

“Pensa di poter recuperare i miei dati?”

Il tecnico si rigira il cellulare col vetro in frantumi - e quasi appiattito come una sottiletta - tra le mani.

“Vedrò cosa posso fare.” Promette, nonostante sembri molto dubbioso di poterci riuscire.

Derek annuisce, ringraziandolo educatamente prima di lasciare il negozio. 

Non parla con Cora di quello che pensa gli stia succedendo, non ancora almeno. Senza nessuna prova a supporto dei propri sospetti, ha timore di preoccuparla inutilmente. 

Finisce però con il confidarsi con Hope alla sua prossima seduta. 

“È come se il mio istinto mi stesse spingendo a ricordare qualcosa. Ma non so cosa.” Ammette frustrato il lupo mannaro, passandosi le mani nei capelli.

“Non mi sembra tu abbia mai fatto menzione di nessun Stiles.” Dichiara la psicologa, controllando la cartella del proprio paziente. 

La donna sembra esitare un attimo di troppo mentre sfoglia le sue carte, insospettendolo.

“Qualcosa non va?”

“Non esattamente.” Risponde lei, accigliandosi. “Ero sicura ci fossero cinque blocchi da dieci fogli nel tuo fascicolo. Ma uno sembra averne solo tre.” 

Un’altra stranezza che si aggiunge alla lista. 

Passano le settimane e la lista di incongruenze si fa solo più lunga. 

Derek non riesce a togliersi dalla testa la sensazione che ci sia qualcosa che non va. 

Con l'incombere della luna piena però, la sua preoccupazione è rivolta verso un altro urgente problema.  

Non riesce a ricordare quale sia la sua ancora e il controllo sul suo lupo sta andando lentamente fuori controllo. 

Sa per certo che per un lungo periodo la sua ancora era stata la rabbia. Vi si era aggrappato dopo l'incendio e aveva funzionato perfettamente per anni. 

Ma non ora. 

Il primo mese riesce a nascondere il problema e resistere grazie alla vicinanza di Cora. 

Il secondo mese, finisce a stringere gli artigli nei palmi fino a sanguinare e distruggere lo specchio in bagno con un pugno, ma almeno in quel modo evita di correre impazzito per la città.

Il terzo mese, il suo controllo svanisce del tutto. 

La notte di luna piena, il suo lupo è salito completamente in superficie e lui è talmente fuori di testa che Cora si ritrova costretta ad incatenarlo a un grosso albero nella foresta per tenerlo a bada. 

Quando Derek torna in sé, inizia a pensare che la perdita della propria ancora e quella che presume essere una strana amnesia di cui sembra essere affetto, siano collegate. 

Una sera, decide di telefonare a Scott per sapere se lui e il resto del branco stanno bene. Teme che quelli a lui vicini potrebbero iniziare a sviluppare sintomi simili - anche se Cora per il momento sembra sanissima - ma il ragazzo non risponde. Non è strano per l’alpha ignorare le sue chiamate, di solito non era lui quello che contattava quando gli serviva qualcosa.

Era Stiles

“Sto impazzendo.” Sbuffa con un ringhio, gettando il cellulare sul cuscino.

Si siede ai piedi del letto, lanciando uno sguardo stanco verso il comó su cui era rimasta adagiata la maglietta misteriosa. 

Allunga una mano, riuscendo ad afferrarla senza doversi alzare. 

L’ha tenuta abbastanza tra le dita nei mesi scorsi da conoscere ogni centimetro di tessuto. 

C’è un piccolo foro nella cucitura sotto l’ascella, la stampa del logo dell’eroe ha iniziato a staccarsi in alcuni punti e il cotone è consunto, dimostrazione del fatto che chiunque sia stato il suo proprietario doveva averla indossata molto e di conseguenza amata.  

Smettila di aggrottare le sopracciglia, Sourwolf. La tua faccia finirà per restare bloccata in quell’espressione. 

Canzona una voce nella sua testa. 

Lacrime iniziano a scorrergli lungo le guance, bagnando inevitabilmente la maglietta. 

Cora lo raggiunge in pochi secondi, avvolgendolo protettivamente tra le braccia. 

Non sono soliti lasciarsi andare a grosse dimostrazioni fisiche di affetto nella vita quotidiana, ma nei momenti di dolore ci sono sempre l’uno per l’altro da quando si sono ritrovati. 

“Mi sento... come se mi mancasse un pezzo.” Confessa Derek, aggrappandosi al corpo minuto della sorella. Un singhiozzo gli fa vacillare la voce mentre Cora gli accarezza i capelli nella speranza di confortarlo. 

Piange come un bambino finché esausto scivola in un sonno senza sogni. Cora resta al suo fianco tutta la notte, raggomitolandosi con lui nel letto. 

Il giorno seguente, il tecnico al centro assistenza contatta Derek per dirgli che è riuscito miracolosamente ad estrarre qualche dato dal relitto del suo vechhio cellulare. 

Il lupo mannaro si precipita al negozio con i vestiti in cui ha dormito. 

“Mi dispiace ci sia voluta un’eternità, ma il tuo cellulare era in condizioni davvero pietose.” Dichiara il proprietario del negozio, porgendogli una scheda SD, lasciandola scivolare sul bancone. “Non è molto. Si tratta poco più di qualche messaggio e una foto. Ho fatto il possibile.”

Derek accarezza la schedina, lasciando che un barlume di speranza si insinui in lui. 

“Grazie.” Saluta, aggiungendo una ingente mancia al pagamento per il servizio, correndo nuovamente a casa.

Derek deve trattenersi dall’ululare di gioia quando il nome ‘Stiles’ appare sullo schermo del suo laptop. 

I messaggi delle chat sono tutti sconnessi tra loro, ma almeno sono una conferma che non è pazzo e che Stiles, chiunque esso sia, esiste davvero. 


Da Stiles: Rispondi al cellulare! È importante!

 

Da Stiles: Dove sei?

 

Da Stiles: Vaffanculo, stronzo. Ti odio.

 

Da Stiles: Grazie.

 

Da Stiles: Non ti è permesso fare l’asociale durante le feste, Sourwolf. Muovi il culo e vieni qui. La cena è quasi pronta.  

 

Da Stiles: Happy birthday, uomo lupo. Ho ordinato a Isaac di nascondere il tuo regalo nel loft. Buona caccia al tesoro ;)

 

Da Stiles: Ehi, Der! Ho una buona notizia e una notizia cattiva. Quale vuoi sentire prima? 

 

Da Stiles: Erika mi ha appena lanciato una patatina intinta di ketchup contro. Dovresti insegnare le buone maniere ai tuoi cuccioli. 

 

Le poche sue risposte che vede sotto i messaggi sono per lo più monosillabiche, non riuscendogli a dare una chiara idea del rapporto che lo lega a questo fantomatico Stiles che non riesce a ricordare, ma che sa deve essere importante, perchè altrimenti non si spiegherebbe l’enorme vuoto che avverte al centro del petto. 

 

Stiles: Quando hai capito che era ora di andartene? 

Derek: Quando andare via avrebbe fatto meno male che restare. 

 

Recita l’ultimo messaggio contenuto nella memory card. 

Ma ciò che lo colpisce davvero e fa finalmente scattare qualcosa nel suo cervello è la foto.

Ritrae un adolescente disteso sul vecchio divano blu nel suo loft. 

Il ragazzo si sta stiracchiando, allungando le braccia oltre lo schienale, sorridendo. Ha un occhio chiuso, mentre l’altro fissa direttamente la fotocamera. Indossa una familiare maglietta di Batman sotto una camicia di flanella rossa.  

Stiles

Sa che si tratta di lui senza esitazione.

D’improvviso un fiume di ricordi scorre davanti ai suoi occhi come se stesse assistendo alla proiezione di un film. 

La prima volta che ha incontrato il giovane e Scott nella Riserva. Quando il ragazzo lo ha tenuto a galla per due ore nella piscina del liceo, mentre il veleno del kanima lo aveva paralizzato dal collo in giù. Come lo aveva preso a pugni nell’ascensore dell’ospedale per convincerlo a riprendere i sensi o lo sguardo che gli aveva rivolto, quando aveva creduto che sarebbe morto dissanguato fuori dal tempio azteco in Messico. 

“Stiles!” Esclama, alzandosi di scatto dalla poltrona. 

“Cos’ha fatto Stiles questa volta?” Chiede Cora, apparendo sulla porta del salone.

Derek sbatte le palpebre. “Che cosa?” 

“Hai appena detto il nome di Stiles di punto in bianco. Pensavo ti avesse fatto arrabbiare come suo solito.” Spiega la ragazza con una scrollata di spalle. 

Derek la raggiunge in un batter di ciglia. “Cora. Frena un momento.” Esorta, afferrandole le mani. “Tu ti ricordi di Stiles?” 

Sua sorella lo fissa come se fosse stupido. “Certo che mi ricordo di lui, Derek. Che razza di domande sono?” 

Il lupo mannaro rotea gli occhi. “Ma non ti ricordavi di lui fino a ieri, giusto?” Preme.

La giovane lupa aggrotta la fronte, sembrando veramente confusa dalle sue parole. “Io… no. Non mi sembra?” Risponde. “Però adesso ricordo. È come se fossi uscita dalla nebbia. E tu, ti ricordi di lui?” 

“Sì. Ricordo tutto.” Conferma Derek, sospirando di sollievo. 

“Credo che qualsiasi cosa ci abbia fatto dimenticare di Stiles sia appena stata risolta.” Soppesa Cora, facendoli sedere sul divano. 

Derek annuisce, non sapendo cos’altro aggiungere. 

La situazione è strana anche per chi come loro è ormai avvezzo alle stranezze della vita soprannaturale. 

Ha un enorme confusione in testa al momento. 

Stringe i denti, maledicendosi mentalmente. Come aveva potuto dimenticarsi di Stiles?

Ok, forse non è direttamente colpa sua, ma si sente in colpa per essersi dimenticato della  persona più importanti della sua vita. Della propria ancora

Vuole correre immediatamente a Beacon Hills per accertarsi che sia davvero tutto a posto ora, che Stiles stia bene, ma uno dei beta del branco al quale si appoggiano irrompe in casa proprio in quel momento, portando una tragica notizia. 

Qualcuno ha appena sterminato un intero branco in una città vicina.  





Note dell'autrice: Questo capitolo è una sorta di spiegazione all'assenza di Derek nella S5 e inizio della S6. Mi piace l'idea che decida a un certo punto di prendersi del tempo per rimettersi in sesto, ma d'altra parte mi sono sempre chiesta se anche lui si sarebbe dimenticato di Stiles a causa dei ghost riders, nonostante non fosse a Beacon Hills. Bhe, per me è sì. ma avrebbe fatto di tutto per ricordarlo, perchè come è importante per Lydia, Scott, Malia e Noah, lo è anche per lui <3 
Dopo questa piccola botta di angst, prepratevi al prossimo capitolo, perché ci saranno finalmente gli sviluppi che tutti aspettavate ;) 




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