Sangue chiama Sangue

di Mister Mistero
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Capitolo 3: Uccidi i Night Raid

Joel si rialzò, mentre Air lo fissava con le lacrime che le rigavano il viso. Bach e i suoi acquirenti invece non smettevano di guardare la bestia ferita che si agitava dall’altro lato della stanza, per poi voltarsi verso Joel.

«AVETE UCCISO IL MIO CANE!» urlò il proprietario del cane rivolto verso Joel. «COME OSATE!»

L’uomo in questione fece poi un cenno ad una delle guardie che stavano vicino a lui.

«TU! UCCIDI QUEL FIGLIO DI PUTTANA!»

Una delle guardie estrasse un pugnale e scattò verso Joel. Questo non fece una piega, sbuffando infastidito e mettendo subito al tappeto la guardia, colpendola prima con il piatto della sua spada e tramortendola poi con l’elsa.

«Non capite la situazione a quanto pare.» disse stizzito, indicando poi la bestia che nel frattempo si era rialzata. «Se volete rimanere da soli con lui… fatevi sotto.»

Il mostro si guardò intorno ringhiando, per poi scattare all’improvviso e afferrare una delle guardie vicine, che presa alla sprovvista si dimenò urlando. Tutti quelli intorno indietreggiarono spaventati, mentre, in preda al panico, la guardia prese la propria pistola, sparando più volte contro la creatura ma non ottenendo invece alcun effetto se non quello di farla infuriare di più, mentre i buchi dei proiettili si rimarginarono quasi subito. La bestia avvicinò l’addome della guardia alla bocca, trafiggendola con le zanne e serrando le fauci più che poté, spremendola letteralmente come una spugna e lasciando che sangue e visceri cominciassero a colare copiosi tra urla disperate, in un’ampia pozza cremisi. Tutti osservarono la scena paralizzati e inorriditi, Joel in particolare; quel mostro stava facendo la stessa cosa che l’aveva sorpreso a fare con il cadavere nel vicolo. Solo che vederla su una persona ancora in vita faceva tutt’altro effetto. Air, Fal e Luna invece si rassegnarono totalmente, cominciando a piangere silenziosamente; prima quegli uomini, e ora quell’essere. Sarebbero morte lì, e nessuna di loro avrebbe rivisto le proprie famiglie.

Il corpo senza vita della guardia cadde a terra, lasciando che la bestia vi passasse sopra. E fu allora che tra i presenti scoppiò il panico. L'uomo che aveva ordinato di cavare gli occhi Luna fece un passo indietro.

«Beh, cosa state aspettando?!» urlò alle guardie. «SPARATEGLI!»

Ogni guardia nella stanza, inclusa quella che ancora teneva Luna bloccata tra le braccia, estrasse le pistole e aprì il fuoco contro la bestia.

«Così non va affatto bene…» mormorò Joel a denti stretti, memore di quello che era successo pochi istanti fa. I proiettili delle guardie avevano investito la bestia, che tentava di proteggersi invano con le braccia, in pieno, ma invece di accasciarsi a terra sofferente prima si rannicchiò, piegando le braccia sul petto, per poi aprirle di scatto ed emanare un forte urlo. Urlo che venne seguito una vera e propria esplosione di sostanza verdastra, i cui schizzi investirono tutti quelli in prossimità. Vapori si innalzarono mentre tutti coloro che venivano toccati da quell’ondata tossica cominciavano a tremare, venendo presi da atroci dolori. Spaventata, Air aveva chiuso gli occhi, aspettando una fine che però non arrivò mai. Prima che la bestia attaccasse, Joel si era infatti lanciato su di lei, stringendola tra le braccia e proteggendola con il suo stesso corpo.

«Stai… bene…?» le chiese, mentre il dolore cominciava a scorrere anche nel suo corpo. Aveva dovuto immaginarlo la prima volta che aveva ferito quell’essere. Veleno.

«S-si… ma tu…!»

Air non riuscì a dire neanche una parola. Non sapeva se per il terrore di essere quasi stata violentata o per la commozione per essere stata salvata da un uomo che nemmeno conosceva, e che ora la stava proteggendo come se fosse sua figlia. Joel gemette, tentando comunque di rassicurarla.

«Me la… caverò…»

Cos’è che aveva letto nel diario di sua madre riguardo ai veleni?

Antidoto.
Pastiglie medicinali, contrastano il veleno.

Con un gesto la sua mano andò quindi in una delle tasche, dalla quale tirò fuori una pastiglia che subito inghiottì. Con sua somma sorpresa, il dolore scomparve velocemente, permettendogli di rialzarsi e di osservare la situazione. La bestia stava attaccando le guardie, che provavano nuovamente a ferirla con le pistole, solo per essere artigliate e squarciate, con le loro budella che si riversavano sul pavimento. All’improvviso l’essere si voltò verso l’uomo che aveva preso Luna, e che ancora la teneva bloccata.

«Maledizione…» fece, in preda al panico, prima di lanciargli Luna contro. «UCCIDI LEI! NON ME!!»

La guardia se la diede subito a gambe, mentre la bestia si lanciò senza esitazione su Luna a fauci spalancate. La ragazza urlò, ma Joel si frappose subito tra lei e la creatura, bloccandone la spada tra le fauci.

«Tu! Ragazza!!» urlò, rivolto ad Air, cercando di trattenere la bestia più che poteva. «Porta le tue amiche via di qui! Adesso!!»

Dopo essersi asciugata con un gesto veloce le lacrime, Air non ci pensò due volte, correndo verso Luna e prendendola per mano. Entrambe poi si diressero verso Fal, che giaceva a terra in un angolo con le gambe rotte.

«Le mie gambe…! Non riesco a muovermi!»
«Non preoccuparti! Ti aiutiamo noi!»

Facendosi forza, Air e Luna sollevarono Fal, correndo poi a passo svelto fuori dal locale. Prima di uscire, Air si guardò intorno con gli occhi spalancati. Sangue e cadaveri erano sparsi tutti intorno a lei. Questo non era quello che pensava di vedere. Niente di tutto questo era ciò che aveva immaginato. La Capitale avrebbe dovuto essere una metropoli in cui lei e le sue amiche avrebbero vissuto felici e contente. Ma si sbagliavano, tutte e tre. Prima di uscire, osservò per un istante Joel che ancora combatteva, sussurrando un timido «Grazie…» prima di sparire nei vicoli della città. Il combattimento continuava ad infuriare e Joel riuscì a respingere nuovamente la bestia, seppur a fatica. Un’idea gli balzò all’improvviso alla mente, un’idea assolutamente folle, che però avrebbe potuto funzionare. Si versò la miscela di sangue acre addosso, e appena lo fece un forte e pungente odore arrivò alle sue narici. Odore che anche la bestia avvertì, scagliandosi su di lui con ancora più ferocia. Esattamente quello che voleva.

«Vieni! Ti sto aspettando!»

Nel mentre, Bach e i suoi collaboratori avevano visto tutto nascosti dietro un tavolo rovesciato, imprecando mentalmente per il contrattempo sopraggiunto e per essersi fatti scappare prede tanto succulente.

«Cosa facciamo?!» chiese Suka, rivolgendosi a Bach.

«Ma è ovvio no? Quello che fanno tutti di fronte ad un pericolo!» Silenzioso e furtivo, Bach si mosse di qualche passo, rivelando una botola nascosta in una parte del pavimento. «Per casini come questo avevo già preparato una via di fuga!»

Non ci misero molto a infilarsi in quella botola e a fuggire lungo uno stretto corridoio sotterraneo. Ma, al contrario di tutte le loro previsioni, c’era qualcuno ad aspettarli. Un proiettile simile ad un fascio energetico trapassò il cranio di uno di loro, uccidendolo all’istante. A sparare fu una ragazza vestita di rosa, con dei lunghi capelli dello stesso colore acconciati in due codini. Ella teneva in mano un’enorme arma simile ad un fucile, grande quasi quanto lei.

«Tutti gli obiettivi confermati.» disse, prima di sorridere e puntare l’arma verso gli altri due uomini. «Crepate.»

Altri due colpi, altre due vittime. Di fronte alla morte di tutti i suoi collaboratori, Bach tentò di reagire estraendo anche lui una pistola, ma a fermarlo fu la vista di qualcuno che uscì dall’ombra del corridoio. Una ragazza dai lunghi capelli neri, vestita con un’uniforme anch’essa nera e dai penetranti occhi rossi.

«T… tu sei...» balbettò Bach, sentendosi ormai come un topo in trappola.

«Vuoi finirlo tu, Akame-chan?» chiese la ragazza dai capelli rosa. La mora per tutta risposta annuì, estraendo la sua arma, una lunga katana.

«Si. Lo spedisco all’inferno.»

Bach aveva visto giusto; contro di lei non aveva nessuna speranza di uscirne vivo.

«A-Aspetta! C’è un motivo se sono diventato così!» Bach gridò, aprendosi la camicia, rivelando un tatuaggio sul suo petto e tentando di giocarsi la sua ultima carta. «Ecco! Questa è la prova che ero uno schiavo! Io…»

Akame però non gli diede il tempo di continuare, scattando velocemente verso di lui e aprendogli uno squarcio nello stesso punto in cui vi era il tatuaggio. Per un istante, Bach poté guardarla negli occhi. Quegli occhi rossi che l’avevano resa tanto famosa.

"Che… che occhi incredibili… si è sbarazzata di me come se fossi spazzatura…" pensò, mentre dalla ferita comparivano dei simboli che si propagarono su tutto il suo corpo. Dopotutto quella era Murasame, l’arma che poteva uccidere con un solo colpo. Se venivi ferito, non ti restava altro che la tomba. "L’assassina più forte di tutta la Capitale. Akame."

Bach si accasciò a terra privo di vita, mentre Akame rimetteva Murasame nel fodero.

«Missione compiuta direi.» fece, rilassando finalmente i muscoli. Avevano infine compiuto il loro dovere; troppe erano le segnalazioni di ragazze arrivate nella Capitale e poi fatte a pezzi dai quei fanatici. E alla fine erano stati designati come loro bersaglio. La ragazza dai capelli rosa ridacchiò.

«Già! Piuttosto… che fine ha fatto Leone? Non è ancora arrivata.» chiese, guardandosi intorno. Akame sospirò; sapeva benissimo dove fosse la loro amica.

«Credo di saperlo Mine. Di sicuro si starà godendo lo spettacolo.»

Lo spettacolo di cui parlava era all’esterno; Joel che continuava a combattere contro la bestia. Dopo un rapido scambio di colpi, entrambi si respinsero a vicenda. Affaticato, il ragazzo si stava rendendo contro che quel combattimento stava durando fin troppo, e avrebbe dovuto farla finita al più presto se non voleva essere ucciso, oltre a coinvolgere altre persone innocenti.

"Non posso batterlo né in forza né in velocità." Pensò, mentre entrambi si studiavano per qualche istante. "La mia unica speranza è solo una."

La mano di Joel si sollevò, portando la spada al fodero sulle sue spalle, incastrandola con un forte rumore metallico e trasformandola in uno spadone che afferrò con entrambe le mani. Anche la bestia si preparò, allungando gli artigli e strisciandoli contro il terreno, producendo scintille. Sarebbe stato lo scambio di colpi decisivo. Joel decise di cominciarlo immediatamente, assalendola con ferocia e iniziando a menare fendenti furiosamente, senza pensare a dove dirigerli; presa alla sprovvista, la bestia cercò di difendersi con le braccia scheletriche, e appena il giovane si fu stancato passò al contrattacco, rispondendo con veloci artigliate.

Joel decise di difendersi ponendo l’arma di piatto davanti a sé come uno scudo, per poi respingere l’ennesima artigliata con un colpo in avanti e creare un’apertura, che il ragazzo sfruttò per afferrare la sua pistola e puntarla agli occhi della bestia, facendo fuoco. Accecata, la bestia urlò, iniziando a muoversi in tutte le direzioni e menando fendenti alla cieca, permettendo a Joel di sfruttare l’occasione per saltarle sulla groppa. Joel alzò l’arma, rivolgendo la punta contro il collo della bestia. Un respiro, e la lama calò. Il mostro cade a terra senza vita con un tonfo, mentre una pozza di sostanza verdastra di allargava intorno a lui. Esausto ma soddisfatto, Joel scese da sopra la sua schiena, contemplandone per un attimo il cadavere prima di abbassare finalmente l’arma.

«Ehi tu! Fermo dove sei!!»

Quando però si voltò l’accoglienza che ne seguì non fu delle migliori. Le guardie imperiali, che per tutto il tempo erano rimaste in disparte, circondarono rapidamente Joel, puntandogli contro i fucili.

«Butta a terra l’arma! Subito!»

Joel si guardò intorno, buttando lo sguardo su tutte le guardie davanti a lui prima di gettare lo spadone, che cadde a terra con un forte rumore metallico, alzando anche le braccia per far vedere quanto fosse disarmato. Ma nemmeno questo bastò a placare gli animi, dal momento che una delle guardie, approfittando dell’occasione, lo sorprese alle spalle, colpendolo con calcio del fucile e facendolo cadere a terra tramortito. Nessuno dei presenti però si accorse che anche qualcun altro aveva osservato ogni cosa accaduta, dal combattimento all’arresto del giovane. Nascosta su uno dei tetti vicini vi era una donna giovane e formosa, dai corti capelli biondi corti con due lunghi ciuffi che le incorniciavano i lati della testa e gli occhi dorati, indossante abiti succinti che ne mettevano in mostra le forme.

"Questo… questo…! È stato spettacolare!!" pensò, con gli occhi illuminati. Lo avrebbe urlato, se solo qualcuno non l’avesse sentita. "Devo dirlo subito agli altri! Non mi crederanno mai!"

Appena Joel venne colpito, sentì gli occhi chiudersi e uno strato di nebbia coprirgli lo sguardo, fino a farlo scivolare in uno stato di incoscienza. Solitamente non ricordava mai i propri sogni, ma stavolta era diverso. Sognò qualcosa, qualcosa che, a differenza delle altre volte, non avrebbe dimenticato facilmente. Sognò di essere sdraiato su un prato, una bellissima distesa fiorita costellata di tanti fiori bianchi, simili a gigli. Provò ad alzarsi più e più volte, ma ogni volta che ci provava non ci riusciva, come costretto a terra da una forza invisibile. All’improvviso, dei passi, che si avvicinavano a lui lenti e senza fretta. Non fece nemmeno in tempo a chiedere se ci fosse qualcuno che tutto cominciò ad ondeggiare, fino a svanire, ritornando nel solito buio di sempre.

Le guardie imperiali chiusero il quartiere nel quale era avvenuto lo scontro, consentendo l’accesso a poche persone selezionate. Una di queste era un ragazzo dai capelli biondi, vestito con una veste bianca e con vistoso accessorio a forma di ala sull’orecchio sinistro.

«Signor Run degli Jeagers! Benvenuto!» esclamò una delle guardie mettendosi sull’attenti.

«Riposo soldato.» fece lui sorridendo. «Puoi accompagnarmi sul luogo dell’incidente?»

La guardia annuì, conducendo il biondo sul luogo dell’incontro, in cui giaceva ancora il cadavere della bestia. Sciami di mosche volavano attorno ad esso, per non parlare della puzza che emanava, un misto di sangue e bile talmente intenso che persino Run dovette coprirsi la bocca e il naso con una mano. Lo Jeager si avvicinò quindi al cadavere della creatura, sfidando l’odore e i liquidi che ancora colavano dal suo corpo.

"Che sia un esperimento del Dottor Stylish?" pensò, attirato dall’aspetto chiaramente umanoide del mostro. Tuttavia, le sue fattezze bestiali lo fecero rapidamente ricredere. "No, è chiaramente qualcosa di diverso."

«Stando ai rapporti è stato ucciso da una persona attualmente imprigionata. O sbaglio?» Run si rivolse nuovamente alla guardia, la quale annuì. «Portamici subito.»

Joel infatti si era risvegliato nella cella di una prigione, dove Wave, un altro degli Jeager, era venuto a interrogarlo. Questo provò più volte a fargli delle domande, ma in tutta risposta ottenne solo risposte monosillabi, o al contrario il completo silenzio.

«Io ci rinuncio!» esclamò Wave allontanandosi, venendo raggiunto poco dopo da Run.

«Hai scoperto qualcosa Wave?»

Wave sospirò. «Per niente! L’unica cosa certa è il suo equipaggiamento!»

Sopra un tavolo si trovava infatti l’equipaggiamento di Joel, compresa la pistola e lo spadone ancora assemblato. Wave prese quest’ultimo, provando a sollevarlo, ma riuscì a tenerlo solo per pochi secondi prima di lasciarlo pesatamente cadere a terra.

«Non capisco come abbia fatto a usare quest’arma!» disse, con non poco fiatone. Di fronte alle informazioni attualmente in loro possesso, Run si portò una mano alla fronte, ragionando sulla situazione. E la soluzione che gli veniva in mente era soltanto una.

«Wave, dobbiamo lasciare che sia il generale ad occuparsene.» L’interessato sgranò gli occhi, sorpreso.

«Analizza bene la situazione. Abbiamo un sospettato che non accenna a parlare, decine di vittime e una spada che persino tu, senza Arma Imperiale, faticheresti a brandire. E forse non hai visto il mostro di due metri e mezzo che giace senza testa a pochi isolati da qui. Non abbiamo alternative. Se ne deve occupare il generale Esdeath di questa storia.»

Joel ascoltò tutta la conversazione, compreso il momento in cui Wave e Run decisero di andarsene. Sarebbero tornati la mattina dopo con questo fantomatico generale, che sarebbe arrivato la mattina dopo per interrogarlo. Peccato che non avrebbe mai avuto occasione di incontrarlo. Durante la notte, infatti, accadde qualcosa che di certo non si aspettava. All’improvviso un gatto sbucò da chissà dove, attirando l’attenzione dei due uomini presenti di guardia.

«E questo da dove è entrato?!» esclamò una di loro, alzandosi e tentando di prenderlo. Non fece però in tempo a raggiungerlo che l’animale si trasformò in una ragazza dai capelli rossi, che lo uccise pugnalandolo al collo con dei lunghi spilli appuntiti.

«Ma che diavolo…?!»

La seconda guardia tentò di reagire, ma anche lei subì la stessa sorte; un ragazzo dai capelli verdi si calò dalle travi sopra di lei, estendendo dalle sue mani dei lunghi fili con i quali la strangolò a morte.

«Ottimo lavoro Lubbock. Sai, ti avevo giudicato male. Eheh!» ridacchiò la ragazza, mentre Lubbock scendeva dalle travi, insieme al corpo senza vita della guardia.

«Oh Chelsea! Questo da parte tua è un complimento.» rispose lui, arrossendo leggermente, avvicinandosi poi alla cella di Joel. «È lui?» Lubbock dovette però arretrare di qualche passo quando Joel letteralmente lo fulminò con lo sguardo. Chelsea invece non si scompose, ridacchiando nuovamente alla reazione del suo compagno.

«Siamo… sicuri che sia quello giusto? Non mi pare molto amichevole.» fece Lubbock intimorito.

«Cosa volete? Come ho detto agli altri due… non ho niente da dirvi.» Per nulla intimorita, Chelsea si avvicinò alle sbarre della sua cella, picchiettandole leggermente con le dita.

«Gli Jeagers non sono gli unici che ti hanno messo gli occhi addosso. Senti un po’… abbiamo una proposta per te.»


 




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