Temporary fix

di SheHadTroubleWithHerself
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CAPITOLO OTTO

E' una notte lunga e sofferta per tutti, ma forse l'unica a non essere davvero preoccupata è la stessa persona che ha causato un uragano di pensieri in quella casa. Mentre un ragazzo rigira nervosamente le sue membra sul divano, una madre e un padre bisbigliano preoccupazioni a luce spenta e con le mani strette tra loro.
Elisabetta è di nuovo stesa in quel letto che appare totalmente anonimo senza la compagnia di Claudio, ma solo raggiunte le quattro di mattina sospira sollevata di non essere più in quella casa arieggiata solo da critiche e mancata attenzione. Cerca ossessivamente la pianificazione più corretta, dove andare e come pensare di sopravvivere, finché non viene raggiunto l'ammutinamento di tutti i suoi sensi che la fanno addormentare.

Una cosa che ha sempre confuso Elisabetta sono i sogni. Frutto di ogni pensiero, preoccupazione e tutto ciò che si ritrova immischiato negli ingranaggi di ogni cervello, eppure il più delle volte sono solo immagini confuse. L'unico dettaglio comprensibile è il suono incastrato in quelle immagini sfocate, probabilmente persone, che non riesce a riconoscere. Ma il suono è insistente e proprio quando pensa di essersene liberata eccolo che ritorna con il solito ritmo martellante.
Sta lentamente abbandonando il sonno profondo e il suo corpo sembra volersi ribellare cercando di irrigidire ogni muscolo impedendole di muoversi. Strizza le palpebre nel tentativo di non lasciare che il sonno scivoli via. Il suono sembra essersi zittito definitivamente, il passare del tempo è nebuloso e per quanto la riguarda potrebbero essere passati cinque secondi come cinque anni. Cerca quindi di stendere ogni nervo, un piccolo sbadiglio vorrebbe irrompere ma viene fermato da qualcosa che sta toccando la sua spalla.

“Ehi, sei sveglia?” chiede una voce rauca che con lentezza riesce a ricondurre a Claudio.
Non sente le forze per affrontare quella giornata e probabilmente non riuscirebbe a stare a contatto nemmeno con lui, perciò socchiude con fatica una occhio liberando tra le labbra chiuse un lamento basso e prolungato. La mano di Claudio le sfiora la spalla scoperta dal pesante piumone fino ad arrivare al viso dove si sofferma per qualche secondo.
“Qualcuno sta continuando a chiamarti.” la informa sperando che riesca a recepire ogni singola parola. Sembra totalmente frastornata, quasi sotto effetto di qualche sostanza stupefacente, completamente distaccata dal mondo.
“Chi è?” pronuncia con un filo di voce, incapace di tenere sollevate le palpebre.
“Sono cinque da Maddalena, due da Federico.” risponde dopo aver ricontrollato il display del telefono.
Una smorfia di confusione le dipinge il volto. Perché i suoi colleghi dovrebbero chiamarla di domenica mattina se lei non è di turno? Un dubbio però inizia ad insinuarsi dentro di lei, fa rabbrividire ogni suo organo interno e più si sparge più il suo corpo sembra svegliarsi. I suoi occhi si spalancano e nonostante non sia preparata alla luce della stanza, si siede sul materasso e senza degnare di uno sguardo Claudio afferra il telefono.

Lunedì, 27 novembre. Ore 10:35.

“Merda, merda, merda.” il suo cervello deve essersi paralizzato perché quella è l'unica parola che riesce a pronunciare. Vorrebbe davvero prendersi a schiaffi, forse ironicamente chiederebbe a sua madre di farlo, e in tutto questo il ragazzo la osserva come se davanti a lui avesse davanti una creatura che non sa se ospitare o temere.
“Che succede?” chiede allora ormai impaziente di saperne di più, Elisabetta stringe i pugni davanti al viso rilasciando un verso di frustrazione e agitando debolmente le gambe, “Davvero, non ci sto capendo più niente.” insiste Claudio ormai al limite della sopportazione.
“Dovrei essere a lavoro da tipo un'ora e sette minuti, cazzo.” rivela ormai disperata, si alza in piedi e per poco non rischia di inciampare con il lenzuolo aggrovigliato alla caviglia. Si muove in diverse direzioni senza sapere davvero cosa. Troppi pensieri si stanno affollando, il respiro si fa corto e non sa quale dei tanti la stia affossando di più.
“Non ho nemmeno la divisa... non voglio tornare a casa, non so che fare.” vaneggia, e mano a mano che si esprime la voce si rompe rilasciando piccole boccate d'aria disperate.
Claudio rimane interdetto, gli sembra di avere un pazzo nella stanza, non sa se sia il caso di farla sfogare o scuoterla per risvegliarla.
“Fermati.” è quello che decide di dire dopo qualche secondo, e visto che non segue il suo consiglio si vede costretto a placcarla con le mani sui tricipiti. Il respiro è ancora affannato e gli occhi vagano in tutte le direzioni tranne la sua, come se lui in quello spazio non esistesse. “Respira.”

Quando la avvolge completamente in un abbraccio può sentire il suo cuore scalpitare nella cassa toracica e persino lui sembra avere dei problemi a mantenere la calma. Con le mani sulla schiena riesce a sentire il calore eccessivo sprigionato sul suo corpo e i respiri sconnessi lanciati sul suo collo sono l'elemento che potrebbe fargli girare la testa.
La invita a sedersi a terra, fortunatamente più nessuno cerca di contattarla e dopo minuti infiniti Claudio può appurare che si stia davvero tranquillizzando. Ma il respiro accelerato lascia il posto a brevi singulti sintomo del secondo pianto nelle ultime ventiquattro ore.
Per tutte le volte in cui il ragazzo ha assistito a queste scene, ha sempre ricondotto Elisabetta ad un essere indifeso e privo di ogni speranza. Sembra quasi che stia vivendo da secoli e che quella lunga vita le abbia solo portato cattive esperienze ed è sicuramente quel dettaglio a impedirgli di consolarla se non con la sua presenza.
Concentra le mani sul capo appoggiandolo al suo petto sperando che il suo battito cardiaco regolare faccia da metronomo per entrambi mentre lei sfoga le ultime lacrime con il volto arrossato e contratto.

Sono ancora seduti a terra al centro della stanza e quando Claudio vede suo padre affacciato alla porta con il volto tutt'altro che riposato non riesce a fare altro che mandargli una richiesta d'aiuto con il solo ausilio dello sguardo. Franco sorride tristemente, perché nel suoi quasi sessant'anni di vita non ha mai ricevuto quelle risposte e fortunatamente non ha mai dovuto ricercarle spesso, ma vedere suo figlio in quelle difficoltà lo fa sentire un completo inetto. Sensazione che ha provato solo alla sua nascita quando non aveva idea di come dovesse essere un perfetto genitore.
Era però riuscito a instillare in quel ragazzo la voglia di fare, il non arrendersi anche dopo le cadute apprezzando ogni singolo sforzo e aveva sempre pensato che quello fosse il dono più prezioso che potesse offrirgli. Sente quasi di dover temere quella presenza nella sua stanza, ha paura che lei possa vanificare inconsapevolmente ogni risultato.

Franco abbandona la sua posizione quando nota i movimenti di Elisabetta che cerca di rialzarsi. Claudio non lascia mai la presa, tenendola racchiusa, ma sa che adesso deve fare qualcosa di più.
“Adesso li chiamerai, dirai loro che non ti senti bene così che tu possa riposarti e pensare al resto. D'accordo?” pronuncia ogni singola parola senza abbandonare il contatto visivo in una maniera tale forse da spaventarla, ma vuole in tutti i modi imprimerle quelle parole in testa. “Non sei da sola, questa cosa la affrontiamo insieme, ma devi lasciarmi entrare.”
Come ormai di consueto, Elisabetta non può fare altro che annuire. Claudio le passa il cellulare e le sue dita scorrono sullo schermo, optando per un semplice messaggio, mentre un'ultima lacrima solitaria solca il suo volto. Emette un altro profondo sospiro e si lascia guidare verso il letto facendosi avvolgere dalle spesse coperte che presto infondono calore. Vorrebbe piangere all'infinito ma la testa le fa male e ad ogni movimento degli occhi sente delle profonde scosse che la forzano a chiuderli. C'è la mano di Claudio che incerta cerca di lenire ogni piccola parte del suo corpo e fortunatamente la fa addormentare in poco tempo.

Quella giornata è partita male anche per lui e cerca di porvi rimedio tentando di studiare per quel famoso esame che dovrà nuovamente prenotare. Si posiziona alla scrivania come l'ultima volta, e con le mani sepolte tra i capelli cerca di imprimere qualche concetto in più ma i suoi occhi finiscono spesso sulla figura che dorme nel suo letto. Il movimento delle coperte è quasi impercettibile e quando arriva un ennesimo messaggio su quel cellulare si affretta per silenziarlo. Illumina nuovamente lo schermo e nota che alla lista si è aggiunto un altro nome che non riconosce e che le chiede solamente cosa sia successo e di chiamarla appena possibile.
Sbuffa profondamente, studiare è praticamente impossibile e non avendo fatto colazione si ritrova all'ora di pranzo con una voragine alla bocca dello stomaco.

“Hai avvisato Eli che è pronto?” chiede sua madre spartendo la pasta nei quattro piatti.
“Sta ancora dormendo, non mi va di svegliarla.” giustifica Claudio prendendo posto alla solita sedia. Beve un intero bicchiere d'acqua cercando di ignorare gli sguardi indagatori dei suoi genitori ma sa bene che un'altra bomba sta per scoppiare.
“Tesoro a me sta bene aiutarla, ma non pensi che sia un peso troppo grande per te?” comincia sua madre, senza peli sulla lingua come sempre. Ma quella volta è la più dolorosa.
“Mamma è solo un momento difficile.”risponde sperando di convincere anche se stesso ma con scarsi risultati.
“A quanto ho capito hai ritenuto il rapporto “complicato” tra di voi fin da subito.” punzecchia suo padre senza inferire con lo sguardo. “Questa ragazza ha bisogno di un altro tipo di aiuto.”
“Voi non capite...” sospira stanco Claudio una volta terminato il pasto. Lo sa che vogliono solo aiutarlo e sa anche che hanno ragione, ma è difficile ammettere a se stessi di non essere all'altezza della situazione. Non è una sensazione familiare per lui.
“E allora spiegaci.” incoraggia Veronica che tenta di confortarlo con un sorriso.

Inizia poi un racconto che sembra infinito, più parla e più i dettagli salgono in superficie e si spargono nella storia che prende finalmente una forma concreta nella testa dei due adulti. Hanno entrambi una smorfia dispiaciuta e capiscono anche il motivo per cui il loro figlio sia così determinato a starle accanto, ma sono altrettanto certi che sia un rapporto piuttosto sbilanciato.
“Ci teniamo a lei, e sappiamo che è una brava ragazza... ma è una distrazione per te.” nonostante abbia misurato le parole, Franco sa che quello è un azzardo ma non permetterà mai a se stesso di non essere sincero con suo figlio.
“Perché dovrebbe esserlo?” chiede Claudio confuso, le mani impegnate a giocare con la buccia di un mandarino.
“Un paio di settimane fa avevi un esame, l'hai scritto sul calendario. La prima cosa che fai è darci un resoconto.” non termina la frase poiché auto conclusiva e nota subito lo sguardo colpevole prendere spazio tra i lineamenti del ragazzo.
“Questo non significa niente.” tenta la difesa incerto se abbandonare quello che ora sembra un campo di battaglia.
“Il problema non è l'esame,” chiarisce immediatamente Veronica, “ma è un avvertimento di come lei ti stia cambiando...”

Claudio ripete più volte nella sua testa che i suoi genitori lo amano e che quello che stanno dicendo è frutto del loro affetto per lui, ma come possono pensare questo di lei? Come possono credere che sia una persona nociva?
Rimangono poi tutti in silenzio e nel momento il cui sua madre comincia a sparecchiare lui non può fare altro che ritornare in camera e rifugiarsi anche lui sotto un piumone.
Quando però varca la soglia della sua camera non si aspetta di vedere Elisabetta rifargli il letto. Si è rimessa addosso gli stessi vestiti del giorno prima, tutto è perfettamente piegato e proprio in quel momento sta sistemando il cuscino sul letto ben sistemato.
“Che stai facendo?” la sua voce potrebbe essere salita di qualche tono intenta a mostrare incredulità.
Elisabetta sobbalza lievemente prima di afferrare il telefono per gettarlo nella borsa.
“Devo cercare un posto dove stare.” risponde con completa naturalezza, come se non avesse avuto un crollo nervoso quasi due ore fa.
Crollo che ha lasciato ancora i segni sul suo viso, i suoi occhi sono ancora parecchio gonfi e le lenti spesse non aiutano nel camuffarli.
Un dubbio terrificante assale la sua mente: li ha sentiti parlare e ora si sente in colpa. E se davvero fosse stato così Claudio avrebbe avuto serie difficoltà a perdonare i suoi genitori.
“Ma non c'è fretta, puoi rimanere quanto vuoi.” cerca di spiegarle nonostante lei stia già indossando la giacca.
“Claudio,” pronuncia afferrando una sua mano, “grazie davvero di tutto, ma non posso campare sulle tue spalle e su quelle dei tuoi genitori.”
“M-ma dove andrai allora?” la confusione prende il sopravvento rendendo la sua testa leggera e incapace di sentire altro se non le dita che sfiorano la sua mano.
“Un qualsiasi hotel andrà bene, non preoccuparti.” doveva suonare come una rassicurazione probabilmente ma Elisabetta non era mai stata brava in questo. L'unica opzione che però sembrava funzionare era davvero rifugiarsi in una qualsiasi camera d'albergo e sperare che la situazione migliorasse. Se faceva in tempo poteva ancora andare a casa sua e riempire le valigie prima che sua madre tornasse dal lavoro. “I tuoi genitori sono meravigliosi e io non voglio abusare della loro gentilezza.” termina cercando di superarlo, forse era ancora all'oscuro della conversazione.

Tenta di mantenere un volto sereno mentre saluta Veronica e Franco che sono ancora impegnati a sistemare la cucina, la salutano in bilico tra la tenerezza e quel velo di preoccupazione che continua ad aleggiare sulle loro teste.
La accompagna fino al portone del condominio incredulo della situazione in cui si trovano e in preda a sensazioni di disagio che non aveva mai provato.
“Mi devi promettere che ti farai sentire.” e se nella testa di Claudio quello suona come un avvertimento deciso alle orecchie della ragazza assomiglia di più a una supplica. Non può fare a meno di provare dolcezza nei suoi confronti e se pensa a tutto quello che sta facendo per lei quasi si sente mancare il respiro.
“Va bene, lo farò.” è convinta delle sue parole, lo è quasi sempre, ma non sarebbe la prima volta che rompe una promessa del genere. Semplicemente quando è sola si riempie di quella sensazione e si innamora di quella solitudine priva di delusioni e aspettative.

Anche se in conflitto con se stessa si è sempre definita la sua migliore amica, l'unica che davvero potesse capirsi. E' difficile per lei spiegare cosa frulla nella sua testa la maggior parte del tempo, forse perché è una vagare di pensieri che rimbalzano e di cui si mescolano inizio e fine.
Non riesce comunque a fare a meno di unire le loro labbra in uno dei loro baci più casti ed è davvero complicato riuscire a definire cosa li stia legando in quel momento. Non c'è elettricità tra loro, né lussuria, ed Elisabetta non riesce a capire se quello sia un bene o un male. Non saprebbe nemmeno cosa vorrebbe se le venisse posto quel quesito.
Claudio fatica a lasciar andare la mano che si era permesso di stringere durante quel contatto e il sorriso che dipinge il volto della ragazza sembra un faro di speranza in un mare in tempesta.

 

Osservando i comportamenti delle persone intorno a lei, Elisabetta ha sempre temuto lo sguardo dei passanti perché come lei poteva farsi un'idea di cosa loro combinassero nella loro vita sicuramente questi ultimi potevano fantasticare su di lei. E in quel momento lei può solo sembrare un criminale in fuga guardandosi intorno con la paura di essere riconosciuta.
Stringe con forza il manico in pelle della sua borsa e cammina con un passo sostenuto e rigido, sente caldo nonostante il suo abbigliamento non sia totalmente consono alle temperature invernali ma vorrebbe davvero spogliarsi del giubbotto.
Mentre si avvicina al suo quartiere prega ogni divinità e culto affinché possa evitare di incontrare qualcuno del suo condominio, è sicura che qualcuno abbia sentito la loro ultima discussione.
Fortunatamente rientra in casa sana e salva da occhiate indiscrete e solo in quel momento realizza davvero che cosa sta facendo.
Come si cancella la presenza di una persona in una casa?

Non c'è abbastanza tempo per analizzare ogni oggetto ma la prima cosa che afferra è un libro di cui non ha nemmeno letto il titolo, ma saprà accontentarsi. Apre lo sgabuzzino afferrando una valigia abbastanza capiente e che le permetta di essere autonoma per Dio solo sa quanti giorni. Nella foga di inserire i vestiti sta quasi per rompere l'asta che li tiene appesi nel suo piccolo armadio, la suoneria del cellulare la distrae.
“Se hai intenzione di rimproverarmi stai solo perdendo tempo.” accoglie in quel modo sua sorella che impiega qualche secondo per rispondere a quella provocazione.
Eli capisco tutto ma scappare di casa non è proprio una buona idea.” dice cercando di non farlo suonare troppo come un rimprovero ma quello non impedisce a Elisabetta di ruotare con forza gli occhi mentre continua la sua impresa.
“Forse dimentichi il dettaglio principale: mi ha spinto lei ad andarmene.” risponde con sarcasmo mantenendo il telefono incastrato tra l'orecchio e la spalla. L'armadio praticamente svuotato.
Sua sorella deve aver sentito dei rumori di sottofondo poiché interrompe il suo sermone per esclamare “Che stai facendo?
“Sto prendendo la mia roba, naturalmente. Ironico che tu ti definisca la sorella intelligente.” in un contesto diverso sua sorella Giorgia avrebbe finto una risata mandandole una qualche battuta allo stesso livello ma tutto ciò che fece fu rimanere in silenzio per qualche secondo.
“Ci sentiamo” aggiunge prima di interrompere la chiamata, il tempo stringe e non ha alcuna intenzione di assistere ad incontri spiacevoli.


Ha sempre sentito dire che se dopo aver fatto i bagagli si avverte la sensazione di aver dimenticato qualcosa allora automaticamente si ha tutto ciò di cui si ha bisogno. L'unica cosa che pero Elisabetta sente è di aver perso qualcosa. Una casa, i suoi genitori e la misera speranza che le cose fossero migliori di ciò che pensasse. Non ha intenzione di tornare mai più indietro e per dar credito a quella follia lascia il suo mazzo di chiavi sul mobiletto adiacente alla porta di casa in modo tale da essere costretta a farsi aprire nell'eventualità che impazzisca e cambi idea.
In tutto quel trambusto si dimenticata un pezzo di cuore, il gatto che adesso annusa nell'aria come se riuscisse ad odorare il cambiamento intorno a lui. Esce un miagolio strozzato dalla gola ed Elisabetta può rendere ufficiale che quello è l'unico motivo per cui potrebbe decidere di restare.
Gli dona qualche minuto di coccole distratte mentre è accovacciata a terra, gratta dietro le piccole orecchie e riconosce il famigliare tremolio delle sue fusa, il felino spinge con lentezza la testolina contro le sue dita.
Si rialza da terra, solleva la maniglia del trolley e mentre esce dalla porta si assicura che non la stia seguendo. E' riuscita in meno di sessanta minuti ad impacchettare la sua vita e si trova a camminare con il frastuono della valigia sul cemento senza alcuna idea di dove andare.
Decide di allontanarsi dai pressi di quella casa intenta a trovare almeno una panchina dove possa fare qualche ricerca e trova poi alcuni risultati a poche fermate di metropolitana. Opta quindi per un piccolo hotel a tre stelle e dopo aver telefonato per la disponibilità si ritrova nuovamente in viaggio in balia dei pensieri che si affollano senza più una logica.

Ci voglio venti minuti scarsi per raggiungerlo e prima di attraversare l'entrata si lascia distrarre dal piccolo supermarket accanto. Continua a sentire ogni sguardo addosso con la paura che le persone possano chiedersi che cosa stia facendo con quella valigia, si consola quindi comprando due confezioni delle sue caramelle preferite insieme a qualcos'altro di più salutare per superare almeno la cena.

Entrando nell'hotel si fa avvolgere dall'ambiente silenzioso e dalla luce calda dei lampadari. E' tutto molto semplice e minimalista, esattamente come lei ha sempre amato ogni cosa. La receptionist attira l'attenzione su di sé quando le augura una buonasera, Elisabetta la guarda con un piccolo sorriso piatto e pensa amaramente che potrebbe esserci lei dall'altra parte del bancone se solo fosse riuscita ad entrare in quel mondo.
La registrazione viene compiuta in pochi minuti se non vengono contati gli attimi imbarazzanti in cui alla domanda “Per quanto si vuole fermare?” Elisabetta non è riuscita a dare una risposta priva di balbettii. Quanto riuscirà a portare avanti questa nuova fase della sua vita?
Le ruote del trolley vengono rese silenziose grazie alla moquette scura che copre i corridoi delle camere, la sua è situata al secondo piano e solo quando ne sblocca la porta con la chiave magnetica tutta la tristezza piomba sulle sue spalle.

E' una camera eccessivamente anonima, nemmeno il mobilio riesce ad esaltarne le forme ed è tutto intonato su colori tenui. L'unico lato approssimativamente positivo che riesce a trovare è il letto da una piazza e mezzo su cui spera di riuscire a riposarsi. Si siede sulla sedia in legno alla sua destra e prendendo il cellulare riesce a leggere il messaggio di sua sorella che la esorta a ripensarci e Claudio che le chiede come sta.
Le sue dita si muovono più veloci del suo cervello quando, senza esitazione, digita quel numero.
Ciao” il suo sospiro sembra sollevato e probabilmente sorpreso, “Come stai?
“Seduta su una sedia in una camera d'albergo quasi più triste di me.” cerca di ironizzare, nella sua testa risultava più divertente.
E allora perché non sei rimasta qui? Anche solo per un paio di giorni...” tenta invano Claudio di dissuaderla, Elisabetta non può fare a meno di sollevare gli occhi all'ennesima richiesta.
“Claudio ne abbiamo già parlato...” lascia volutamente in sospeso la frase con la speranza che capisca la direzione del suo discorso. “Stare un po' sola non mi farà male.”
E' una conversazione breve, per qualche motivo Claudio viene chiamato dai suoi genitori e lei si ritrova nuovamente ad osservare i pochi dettagli di quelle mura.

Uno sbadiglio rompe il silenzio, prende il suo portatile e si stende sul letto che si dimostra essere abbastanza comodo. Forse non come quello di Claudio, pensa subito dopo. I suoi occhi si appesantiscono in un attimo.


E' il suo terzo risveglio in un posto che non è casa sua e quasi si sente abituata alla sensazione di breve smarrimento. E' martedì, il suo giorno di riposo, quindi non ha alcun pensiero che le impedisca di rigirarsi per qualche minuto tra quelle lenzuola leggermente ruvide. Il suo telefono suona avvisandola dell'appuntamento con la psicologa tra qualche ora e come di consueto la sua testa avvia un automatico brainstorming. Probabilmente non riuscirà a esporre ogni singolo pensiero.

“Sono andata via di casa.” è la sua risposta quando Paola le chiede come si sente. Le capita spesso di vedere uno sguardo confuso quando parla con lei probabilmente perché abituata a sganciare ogni argomento in quel modo.
“Ok. Cosa è successo?” ha assunto un tono di voce calmo come se avesse paura di vedere una nuova crisi. Quello spinge Elisabetta a riordinare ogni evento cercando di non tralasciare nulla e a volte può sentire la donna davanti a lei fare piccoli sospiri dispiaciuti quando non riesce a giustificare il comportamento della madre.
“Forse vi siete fatte un po' prendere dalla situazione.” tenta il solito approccio mite in cui cerca di non dare ragione a nessuna delle due parti.
Elisabetta non ha mai sopportato quella giustificazione per la quale una persona presa dalla rabbia dice ciò che non pensa, ancor meno se quella persona è sua madre.
“Lo sa che non credo a questa prospettiva.” controbatte senza alcuna remora, “E se davvero avesse voluto mi avrebbe fermato.” si prende qualche secondo per pronunciare le parole che in quel momento le frullano in testa, “Ma questa è la semplice dimostrazione di ciò che ho sempre pensato.” non riesce comunque a impedire alla voce di tremare.

Paola sa già di che parla e le risulta sempre più difficile accompagnare la sua paziente in una visione più leggera e ottimista della sua vita. Inconsapevolmente la madre ce la sta mettendo tutta per complicare le loro sedute.
“E' successo dell'altro,” pronuncia mentre tira su con il naso e afferrando un kleenex dal mobiletto accanto. “Io e Claudio ci siamo baciati.”
Ciò che ha sempre scaturito fascino agli occhi della psicologa era la straordinaria capacità della sua paziente di passare dalle lacrime alle risate sarcastiche in meno di qualche secondo, e se questo lo riconduce ad una sua autodifesa dal dolore non ha ancora deciso se essere felice. Il suo viso si è illuminato dopo aver pronunciato quel nome e adesso sfrega i pugni dentro le maniche della felpa con un luccichio negli occhi.
“Posso dire dal tuo sguardo che ti rende davvero felice.” la informa senza voler indagare troppo sulle dinamiche che hanno portato l'avvicinamento.
Annuisce abbassando lo sguardo incapace di fermare il nastro nel suo cervello che le fa rivivere ogni azione e sensazione.
“Riesci ad affidarti a lui?” è una delle domande più complicate che le abbia mai posto. Ha avuto modo di pensarci e la sola idea di lasciarsi andare completamente la manda in uno stato di agitazione difficile da scacciare.
“No, non posso fargli questo.” risponde quindi con un sorriso sincero, consapevole che non basta qualche bacio con delle carezze per rimuovere tutto il delirio che l'accompagna da tempo.
“A lui o a te stessa? Puoi concederti un po' di serenità ogni tanto.” sorride anche se il suo sguardo non esprime totale felicità.


Esce dallo studio della psicologa con ancora gli occhi umidi e le cuffie prontamente preparate alle orecchie. Le sue gambe si muovono in un automatismo senza che lei debba pensare a dove andare, la triste realizzazione di definire casa sua una stanza priva di effetti personali.
Prova la sensazione di non starci provando sul serio, non vuole ascoltare pareri a riguardo ma convincersi di trovarsi in una situazione senza alcuna via d'uscita. Le si chiude la gola al pensiero di dover tornare a lavoro tra meno di ventiquattro ore e fingere che tutto stia andando bene.
“Elisabetta, vero?” sente quando cerca di sistemare meglio l'auricolare.
Ci impiega qualche secondo a riconoscere il volto, forse perché la prima volta era sera o semplicemente a causa del sovraccarico di pensieri nel suo cervello.
“Riccardo?” chiede anche lei con un lieve sorriso di circostanza, sembra funzionare quando il ragazzo ricambia.
“Sì esatto, come va?” si accomoda appoggiando parte della schiena al muro adiacente.

Disastrosamente.

“Tutto bene grazie. Tu?” la mano ancora sospesa con la cuffietta tra le dita.
“Bene. Allora tu e Claudio...” in un universo ideale percependo la malizia nel tono di Riccardo, Elisabetta avrebbe sorriso. Forse sarebbe addirittura arrossita.
Ma è sul pianeta Terra con una crisi esistenziale e reduce da una seduta di psicoterapia che le ha lasciato più dubbi che certezze. Rimane quindi con un'espressione confusa affamata di chiarimenti.
“Mi è sembrato di vedere un interesse.” aggiunge quindi il ragazzo mantenendo un un angolo della bocca sollevato.
“Sì, ci stiamo lavorando.” anche se il solo pensiero di dover affrontare il discorso le fa contorcere lo stomaco e non capisce se sia peggio rivelare i suoi sentimenti o venire a conoscenza dei suoi.
“L'avevo intuito dal suo essere così distratto.” ride rimettendosi in posizione eretta, affonda le mani nelle tasche del giubbotto.
Elisabetta non sa davvero cosa rispondere perché ha egoisticamente messo davanti a tutto i suoi problemi, senza dare a Claudio le giuste attenzioni.
“Beh ha saltato l'appello di un esame, si stava dimenticando le nostre solite uscite del sabato sera... ha la mente occupata.” non riesce a capire fino in fondo se Riccardo sia seccato da ciò che dice o semplicemente vuole prendere in giro il suo migliore amico.
L'unica cosa di cui è certa è che in un qualche modo lei sta modificando Claudio, e forse nel modo peggiore.
“Oh, mi dispiace.” sono le uniche parole che pronuncia, incapace di mandare avanti la conversazione.
“Tranquilla, penso sia normale.” chiarisce con un sorriso, “Farò meglio però a ricordargli l'esame per la borsa di studio per non fargliela perdere.”
“Tra quanto dovrà sostenerlo?” chiede sperando di non far trasparire il panico nei suoi occhi.
“Tra circa un mese e mezzo.” risponde per poi essere interrotto dalla suoneria del suo cellulare.
Si scusa porgendole un breve saluto per poi appoggiare il telefono all'orecchio e cominciare la chiamata. Si ritrova per qualche secondo imbambolata in mezzo al marciapiede, la musica continua a suonare attutita nelle sue cuffie mentre le si secca la gola.
Ritorna presto quella sensazione di disagio nel sentirsi sempre nel posto sbagliato e solita a sommergere le persone dei suoi problemi, portandoli ad affondare con lei.

 

Si ritrova ben presto nella camera d'albergo, tra le coperte e con la luce spenta. Si addormenta per quelli che sembrano solo una manciata di secondi e al risveglio ignora le tre chiamate perse di Claudio insieme ad un messaggio che le chiede come sta. E se una parte di lei muore dalla voglia di risentire la sua voce e magari invitarlo in quella piccola stanza d'albergo, l'altra meta urla di frustrazione e vorrebbe farsi inghiottire dal pavimento. Dovrebbe cenare ma ha lo stomaco in subbuglio e l'unica cosa che riesce a mandare giù sono le sue caramelle alla frutta di cui ha sviluppato una forte dipendenza.
Il suo telefono squilla di nuovo ed è sempre lui che tenta in ogni modo di non lasciarla scivolare nella completa solitudine. Elisabetta dà la colpa ai troppi zuccheri in corpo quando risponde.
Devi essere stata particolarmente impegnata.” scherza appena sente la sua voce.
“Volevo ignorarti ma sei piuttosto insistente.” nasconde la verità in una risata e inconsapevolmente il suo viso riprende colore e vita.
Hai due opzioni: o mi dici dove alloggi oppure lascerai che vaghi per tutta Torino in cerca del tuo albergo. A te la scelta.” tenta in maniera ridicola di apparire minaccioso quando in realtà scoppia una risata tra le sue parole.

Forse è il perenne bisogno di affetto, forse è troppo egoista e vuole nutrirsi delle sue attenzioni, ma non riesce a impedirsi di rivelargli l'indirizzo. Forse la cosa peggiore è che dopo aver terminato la chiamata non si sente pentita. La notte con lui continua a presentarsi in ogni momento, se si impegna ricorda il contatto con la sua pelle, quel caldo accogliente e quella sensazione di sicurezza che nessuno è mai riuscito a donarle.
Contatta la reception per permettere a Claudio di salire, la mano è sudata quando sente bussare sul legno della porta. E' sempre come la prima volta perché non riesce mai a capacitarsi di quanto Claudio tenga a lei.
Si salutano guardandosi e senza alcun bisogno di pronunciare parole. Il sorriso di Claudio riesce ad illuminare la stanza, la rende più bella e in quella condizione Elisabetta potrebbe anche viverci per sempre.
“Vuoi entrare?” chiede ingenuamente, le dita della sua mano sinistra di accartocciano tra loro in preda ad un nervosismo che non riesce a giustificare in quel momento. Tornano rilassate solo quando Claudio le avvolge facendo un paio di passi in avanti e chiudendo la porta dietro di lui.

Osserva la stanza per la prima volta, si sofferma sulla carta da parati di un verde pallido e scruta successivamente lo scarso mobilio. Elisabetta è seduta a gambe incrociate sul letto, chiude il computer e porta alle labbra un paio delle caramelle.
“Come ti trovi qui?” chiede d'un tratto raggiungendola, porta tutto il peso del corpo sulla mano che affonda sul materasso.
“E' piacevole se immagino di essere in vacanza.” ride di se stessa ed evita i suoi occhi per non leggere l'inevitabile compassione.
“Se dovessi cambiare idea...” comincia lui massaggiandole il ginocchio.
“Non lo farò.” lo ferma subito, tentando di consolarlo con un sorriso poco convincente. “Ho visto Riccardo oggi.”
“Avete parlato?” sembra davvero interessato anche se ha ancora l'espressione delusa dall'ultima risposta.
“Un pochino. Ha detto che sei parecchio distratto ultimamente...” pronuncia quelle parole guardando ogni singolo movimento dei suoi muscoli facciali, qualsiasi cosa possa darle un indizio di come si sente adesso lui. Ma l'unica cosa che fa è sorridere con profonda tenerezza.
“Può essere.” dice portando la mano a quella di Elisabetta intrecciando così le loro dita.
“Ma tra poco avrai l'esame per la borsa di studio, e non hai ancora prenotato l'ultimo che hai saltato.” non vorrebbe risultare così fredda, ma vederlo sereno la fa agitare ulteriormente.
“C' è ancora tempo e ho tutto sotto controllo.” risponde prontamente. Ci voglio pochi secondi per permettere a Claudio di appropriarsi di quelle labbra ancora una volta ed è il ricongiungimento più semplice del mondo. Elisabetta aggrotta le sopracciglia presa alla sprovvista ma non si nega quel piacere che sta diventando sempre più familiare.
“E' una mia impressione o la tua lingua sa terribilmente di frutta?” chiede accompagnato da una risata. Elisabetta non riesce a fare altro che osservare con la coda dell'occhio il pacco di caramelle totalmente abbandonato vicino al cuscino lasciandosi scappare un sorriso, ma quello riesce a ridestarla
“Stai cercando di distrarmi dalla conversazione?” riesce a sussurrare tra un bacio e l'altro.
“Non lo so, sta funzionando?” mormora sulla sua guancia nello stesso momento in cui la sua mano le accarezza il fianco.
Il suo cervello proietta immediatamente un bivio davanti a lei: lasciarsi andare o tenere alta la guardia e impedire al ragazzo davanti a lei di perdere la propria strada. Ma è sempre più facile abbandonarsi, evitare l'azione e lo scontro. Si lascia quindi manovrare da quelle mani sapienti e dimentica in pochi secondi tutte le sue preoccupazioni.

Per la prima volta dopo tanto tempo parlano e basta. Niente lacrime, niente confessioni scomode, solo banalissime parole di circostanza. Non manca mai il contatto tra loro sempre totalmente casto e controllato.
Elisabetta si ricorda poi di impostare la sveglia per il mattino dopo, non completamente pronta a riaffrontare tutti i colleghi, ma le carezze di Claudio sono abbastanza confortevoli da farla scivolare in un sonno tranquillo e privo di sogni.

 

Quando sente la sveglia suonare le sembra siano passati anni dal momento in cui si è addormentata. Prova una sensazione di disagio nel replicare la sua routine in quel posto, senza il gatto che la segue in ogni stanza e senza tutti quegli oggetti che la circondavano. Mentre spazzola i denti realizza che sua madre non ha tentato alcun approccio, nemmeno un misero messaggio, quando si veste osserva Claudio che sta ancora dormendo sepolto dal piumone e con i capelli spettinati sul cuscino. Tutto in lei urla di rimanere nuda e tornare a letto, non farsi più vedere da nessuno se non quei soli due occhi e lasciarsi apprezzare dall'unica persona che ha imparato a farlo in così poco tempo.
Si sforza però di uscire dalla stanza lasciando un piccolo biglietto sul comodino e sistemando il cartello “NON DISTURBARE” alla maniglia della porta.
Sono passati due giorni, ma rivedere la piazza dov'è cresciuta le fa quasi credere di aver viaggiato per anni. E' sempre tutto uguale nonostante lei si senta un alieno e la sua mano trema varcando l'ingresso del negozio.
“Buongiorno” pronuncia per annunciare la sua presenza. Nessuno risponde immediatamente ma la prima cosa che vede è Federico salutarla con la mano e un sorriso accennato. Le vengono poi poste le domande di routine e non si stupisce quando viene creduta per ognuna delle sue bugie, l'unica che la sta guardando in maniera torva è Maddalena ma si sforza in ogni modo per ignorarla completamente.

“Ed eccola che ritorna quella dannata faccia triste.” la canzona Maddalena passando dietro la sua schiena velocemente.
Alza gli occhi al cielo raccogliendo tutta la forza che c'è in lei per non reagire e darle alcuna soddisfazione, ma dev'essere in vena di chiacchiere perché la collega si ferma davanti a lei fissandola incessantemente.
“Tranquilla ora puoi smettere, nessuno ti sta guardando.” provoca con una risata sinistra giocando con l'etichetta di un pantalone lì vicino.
“Cosa vuoi?” si limita a chiedere con ancora lo sguardo basso e concentrato su ciò che sta facendo.
“Non riesco davvero a capirti, sai.” risponde ignorando completamente la domanda.
Sente montare la rabbia dentro di lei, le sue dita tremano leggermente impedendole di svolgere movimenti precisi e puliti e costringendo se stessa a piegare più volte gli stessi capi.
“Bene, allora non sforzarti e lasciami in pace.” la sua voce risulta leggermente strozzata, avrebbe voluto che tuonasse così da allontanarla.
“Altrimenti? Vuoi chiamare mammina?” canticchia con voce da bambina.

Non riesce a ricordare ogni avvenimento che succede dopo. Sa con certezza di averla guardata negli occhi per qualche secondo e senza esitazione le ha tirato uno schiaffo. Il resto sono immagini confuse e rumori di oggetti che cadono attorno a loro. E' Federico a fermarla chiudendo ermeticamente le braccia attorno alle sue e successivamente la allontana portandola sul retro.
Si accascia a terra incurante della polvere di quel piccolo cortile, Federico cammina davanti a lei scrutandola con uno sguardo turbato.
“Mi spieghi che diavolo ti è preso?” tuona poi improvvisamente notando il silenzio della ragazza.
Comincia così il principio di bruciore agli occhi che si trasforma velocemente in un pianto silenzioso e timido. Il familiare groppo alla gola, le lacrime che scivolano frettolose oltre la curva del mento e si depositano una alla volta sul bordo della maglietta.
“Perché questa reazione improvvisa?” chiede più gentilmente, ormai conscio che non riceverà risposte soddisfacenti.
Sarebbe un sollievo riuscire finalmente a tirare fuori mesi e mesi di provocazioni, discussioni e tensioni che si intercorrono tra lei e Maddalena, ma non saprebbe da dove cominciare.
“Mi ha provocato.” dichiara tra gli ultimi singhiozzi con il viso approssimativamente asciugato e probabilmente paonazzo.
“Lo sai com'è Maddalena, è fatta così.” le accarezza il braccio ma quel gesto è totalmente insipido per Elisabetta che vorrebbe correre via da tutto e tutti.
“Lo so, ho sbagliato.” cerca di minimizzare consapevole di aver perso la grande e forse unica occasione per sfogare ogni frustrazione.
Aspettano ancora qualche minuto prima di rientrare e vedere quella che Elisabetta definisce la scena più patetica di tutti i suoi ventiquattro anni. Non appena vede Federico, Maddalena si fionda tra le braccia muscolose e sussurra diversi grazie aggrappandosi alle spalle del ragazzo.

I clienti camminano per il negozio incuriositi dalla scena e spiano ogni tanto per ricavare qualche indizio su ciò che è accaduto.





Here I am, once again.
Eccomi qui a pubblicare un capitolo di cui non sono minimamente soddisfatta ma di cui volevo liberarmi da giorni.
L'unica cosa che davvero mi aguro è che tutto questo ai vostri occhi possa avere un senso, perché ovviamente io sono di parte e non posso "autorecensirmi".
Non trovo molto da aggiungere a quello che  ho scritto, sicuramente siamo in una piccola fase di stallo e a breve ci sarà l'ennesimo colpo di scena a rimescolare tutte le situazioni, ma vi supplico di non avere troppe aspettative perché è tutto ancora piuttosto confuso.
Non mi resta che augurarvi una buona giornata/ serata/ qualsiasi altra cosa. A presto!





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