La strega e il cacciatore

di shana8998
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                                                                                          Magia nera
Le streghe erano sempre accompagnate da quell'odore. Dolciastro, con un sentore di erbe, ma pungente: troppo pungente.
Ancora adesso,  quel vago aroma me lo sentivo bruciare in gola. L'avevo seguito lungo tutta la riva dell'Hudson e mi aveva portato da questa ragazza.
Ero certo di aver captato una strega, ero pronto a far fuori chi aveva ucciso la povera Camila, ma poi...la stella non c'era.
Quell'odore, una volta raggiunta la scena del crimine, era sparito lasciando spazio a due grandi occhi verdi innocui.
«Ne abbiamo ancora per molto?»
Lucille, così mi aveva detto di chiamarsi, non la smetteva di massacrare le maniche umide della sua felpa, fissando la strada oltre il parabrezza, e le persone che passeggiavano lungo il marciapiede accanto alla nostra auto.
Aveva l'aria annoiata e smaniosa di andar via allo stesso tempo. Ma non lo avrei permesso.
Non mi ero mai sbagliato in passato: quando sentivo quel fetore, subito, appariva anche una strega. E se quel fetore mi aveva portato da lei, allora molto probabilmente doveva essere una strega camaleontica e molto brava a nascondere la sua identità.
«Manca ancora un po'.»
Allungai una mano verso il cruscotto alla ricerca del mio pacchetto di sigarette. Di riflesso, Lucille allontanò entrambe le ginocchia verso la portiera.
«Come fai a fare - questo - tutta la notte?».
Mesticai con la mano al suo interno e finalmente lo trovai. Ne cacciai fuori una, assieme  all'accendino, dall'astuccio morbido delle Marlboro rosse; arsi la fiamma e respirai una boccata.
«Come faccio a fare cosa?»
Spostò la testa ed il suo sguardo piombò su di me.
«Startene qui, dentro la tua auto, a fissare il vuoto. Non dovresti essere per strada a caccia di streghe?».
Aggrottai la fronte.
«Noi cacciatori non facciamo questo. Per lo meno non come lo intendi tu. Le streghe sono esseri difficili da trovare. Ad esempio se adesso facessi irruzione in un bordello, stai pur certa che troverei solo prostitute smarrite e spaventate. Non streghe.»
Una scintilla le balenò nello sguardo. Ora si, che sembrava più interessata alla conversazione: si era mossa sul sedile con le braccia agganciate alle ginocchia e l'espressione curiosa.
«E come le stanate?»
Una parte di me sapeva che quella ragazza era una strega, eppure, per quel momento, ero certo che fosse una ragazzina come tante altre, incuriosita da tutto ciò che di mistico c'era a New York.
«Non le staniamo-» mi passai una mano sul mento «diciamo che aspettiamo che si manifestino.»
«E lo fanno?» Lucille si scostò una ciocca  liscia dalla fronte.
«Mh, direi che è più probabile che una Mantide lo faccia.»
La sua bocca sottile e piccola formò una O di stupore.
«Quindi, voi avete catturato molte...Mantidi»
Perché stavo facendo questo genere di discorso con lei, se probabilmente era umana?  Secondo il voto io non potevo - per nessun motivo - rivelare dettagli del genere ad una persona normale.
Tirai un'altra boccata di fumo, passandomi una mano fra i capelli.
«Diciamo di si. Ad ogni modo non credo che siano questi i discorsi che dovrei intrattenere con un'umana» -A patto che tu lo sia.
Si inumidì le labbra e tornò a fare scivolare le sue gambe giù dal sedile.
Lo sguardo, ora, lo rivolgeva alle sue cosce.
«Già, hai ragione. Noi umane non dovremmo essere a conoscenza di certi dettagli».
Aveva detto umane e lo aveva fatto in una maniera che lasciava adito a parecchi dubbi. Non aveva dato un tono preciso a quelle poche lettere, come se quella parola non le appartenesse affatto.
O forse era tutto frutto di una mia congettura?
L'osservai. Forse per un attimo mi persi proprio a guardarla: non aveva nulla che ricordasse l'aspetto di una strega.
Le streghe non hanno i capelli chiari, né gli occhi verdi. Le streghe hanno le pagliuzze che scintillano nelle iridi quando sono accanto ad un cacciatore, hanno fame di linfa vitale e non se ne stanno tranquille appollaiate sul sedile di un'auto con il presunto aguzzino seduto accanto.
Lei non aveva molte cose che le streghe hanno.
«Uffa! Che noia!» cantilenò sprofondando in una posizione quasi fetale sul sedile, con le ginocchia che toccavano il cruscotto «Perché non scendiamo?»
No, decisamente il suo atteggiamento non era quello di una strega.
«Per andare dove?»
Si voltò a guardarmi con un grosso sorriso furbo stampato in faccia. La sua mano corse alla maniglia dello sportello e in un batter d'occhio si catapultò sul marciapiede.
Lanciai a volo il mozzicone dal finestrino e scesi.
«Ho fame» disse, già parecchio lontana dall'auto «Perché non ci fermiamo in quella caffetteria?»
Avrei potuto decidere di abbandonarla li, ma c'era sempre quel presentimento che mi impediva di farlo.
«Dobbiamo restare in auto!».
Alzò gli occhi al cielo e mimò di scacciare l'aria con la mano. Poi, tornò a camminare trotterellando verso Mary's Bakery.
Le campanelle sulla porta della caffetteria tintinnarono ed una zaffata di vaniglia mi travolse.
Mary's era semi-vuoto quella sera: giusto qualche coppietta ed una famiglia che trangugiavano coppe gelato e Smoothie.
Lucille si piantonò davanti la grande vetrina colma di dolci. 
I suoi occhi brillavano davanti a quelle leccornie e ammetto, che venne fame anche a me guardandole.
«Mh-» Mugugnò «mangerei tutto quello che c'è qui dentro!»
«Moriresti di diabete» l'accostai fissando gli enormi croissant colmi di crema al pistacchio esposti su un vassoio proprio davanti a me.
«Devi per forza farlo?» Sollevò gli occhi a me.
«Cosa?»
«Razionalizzare qualsiasi cosa venga detta.»
Feci spallucce.
Probabilmente essere realista è la prima cosa che mi è stata inculcata quando sono nato, assieme all'odio per le streghe, ovviamente. Sono figlio del regime autoritario del vescovo a capo del clan dei cacciatori, non potrei essere diverso da quello che sono.
«Vediamo...» Tornò a fissare la vetrina con aria indecisa «Prenderò questa e...questa e-»
«Per me va bene un croissant vuoto e un caffè.» La commessa sorrise timidamente e con una pinza afferrò ciò che avevamo scelto.
Lucille mostrò un broncio irritato «Stavo finendo di ordinare!». 
Mi voltai diretto al primo tavolino libero che i miei occhi erano riusciti ad intercettare. Percorsi il locale solcando il pavimento di marmo chiaro illuminato fiocamente dai led a luce naturale attorno al bancone.
«Due caffè!» Dissi allora, alla commessa con noncuranza, scostando una delle due sedie di ferro nero, con la seduta imbottita, dal tavolino.
Lucille piombò su quella difronte alla mia: le braccia conserte dimostravano quanto fosse seccata.
«Ti hanno mai detto che sei insopportabile?»
Afferrai il porta fazzoletti rettangolare, facendolo girare su uno dei quattro angoli con un dito, osservandolo come se non ci fosse altro da guardare in quel locale.
Lu allungò una mano verso il mio passatempo facendolo tonfare sul tavolino di vetro.
«E a te?» Gracchiò con gli occhi ridotti a due fessure.
Sospirai.
«Ecco i vostri cornetti.» Per fortuna la commessa apparve fra noi due smorzando la pesantezza di quel momento.
Poggiò due piccoli vassoietti dorati sul tavolino e i due caffè fumanti.
«Finalmente qualcosa con cui tapparti la bocca» borbottai. Pensavo di averlo fatto abbastanza a bassa voce perché lei non potesse sentirmi. Invece mi sentì.
«Come hai detto?!» Staccò un pezzo di cornetto intriso di crema alla nocciola e me lo tirò contro.
Per evitarlo quasi non caddi dalla sedia.
«Sta buona!»
Il broncio vistoso, ora, era diventato una faccia infuriata.
Morse il cornetto con rabbia senza distogliere gli occhi - che stillavano odio - da me. E per qualche motivo sghignazzai.
Mangiai prima il mio croissant e poi versai dello zucchero, da una bustina fra le tante sistemate nell'apposito contenitore accanto al mio braccio, nel caffè.
«Non era niente male»
«Qui fanno le paste migliori di tutta la zona»
Una strega non mangia tutta quella quantità di zucchero. Le streghe odiano i dolci.
I dolci sono più per gli umani o per...
Un brivido poco piacevole mi percorse la spina dorsale.
Appoggiai di colpo le mani sulla superficie del tavolino e mi sollevai altrettanto velocemente.
«Cosa ti prende adesso?»
Lucille restò a fissarmi con il cornetto gocciolante di crema alla nocciola stretto in due dita. L'espressione confusa e preoccupata.
«Non lo senti? No, ovvio che non lo senti» - ma io si.
Io lo sentivo: di nuovo quel fetore.
Un'odore, che ora, mi sembrava ben diverso da quello di una strega.
Era più...zolfo e calendula. Un accoppiamento che le mie narici non avevano mai sentito prima di quel momento.
«Di che diavolo parli? Io non sento niente.» 
Dovevo uscire da li subito, o quell'odore sarebbe sparito ancora.
Lucille abbandonò il cornetto e qualche spicciolo sul tavolino. Afferrò poi, un fazzoletto e si pulì gli angoli della bocca.
Ero già fuori quando aveva eseguito quel rituale; sulla strada, in cerca del possessore di quel puzzo.
«Si può sapere che hai?» Pochi attimi dopo, le campanelle della caffetteria avevano tintinnato e lei era accanto a me, stretta fra le braccia e infreddolita.
Io, invece, ero vittima di un bollore che non aveva alcuna intenzione di smorsarsi.
Mi guardai prima a destra e poi a sinistra: le strade si erano svuotate. Doveva essere molto tardi.
«Diamine! Vuoi dirmi cosa stai facendo? Si gela qui fuori!»
L'odore svanì, di nuovo.
Però un lato positivo c'era: che lei non avesse sentito quell'odore stava a dimostrare che mi ero sbagliato, che era umana.
Se fosse stata una strega, be', forse avrebbe dimostrato entusiasmo e poi avrebbe attaccato.
Come tutte loro, attendono di essere in gruppo prima di lanciare un attacco ad un cacciatore.
Al contrario, Lucille sembrava veramente confusa.
«Niente, è che ho avuto un'impressione...» Scossi la testa; per quella sera, forse, avevo sforzato troppo il mio olfatto di cacciatore.
Arricciò le labbra, « Be' fattele passare certe impressioni», e si rincamminò verso l'auto.
Possibile? Possibile che mi ero sbagliato per ben due volte nella stessa sera?
Tornammo a calarci sui sedili. Avevo voglia di rintanarmi nel mio alloggio e farmi una bella dormita.
Scrutai con la coda dell'occhio lei. Avevo la - quasi - certezza che fosse umana, ed ora dovevo solo lasciarla da qualche parte.
Girai le chiavi ancora inserite nel cruscotto e misi in moto.
«Dimmi che il tuo giro è finito.» Sbadigliò forte.
«Si, è finito.»

                                                                                                        Lucille
L'auto del cacciatore sapeva di tabacco e muschio. Non so perché ma quell'odore mi aveva provocato una stretta nella pancia. Mi piaceva e al tempo stesso creava nel mio stomaco una nausea insopportabile.
«Dove mi porti, adesso?»
Lo vidi inumidirsi le labbra: non aveva la minima idea di dove portarmi.
Di certo non mi avrebbe veramente portata a casa sua. I cacciatori, almeno da ciò che so io, non abitano in città.
Piuttosto si rintanano sulle montagne, nei monasteri abbandonati o dentro antiche catacombe, un po' come i vampiri.
Difficilmente un cacciatore andrà in giro di giorno e ancor più difficilmente accompagnato da quella che crede essere un'umana.
Dopo attimi di silenzio, fissando fuori dal parabrezza disse: «Veramente non hai una casa?». 
Svoltò in una strada asfaltata sulla destra e proseguì a guidare.
Feci spallucce «Ti sembra strano? New York è piena di senzatetto.»
Mi rifilò la seconda occhiata eloquente per quella sera.
«Ok, ce l'ho una casa. Ma è molto lontana da qui.»
«Lontana, tipo?» Decelerò leggermente.
«Tipo in Francia» mi voltai verso lui «E la Francia è veramente lontana da qui.»
Mi guardò storto.
«Che c'è, hai cambiato idea ora? Non dovevi portarmi da te?» Ammiccai un paio di volte e trovai veramente divertente farlo.
Metterlo in imbarazzo e farlo sentire fuori luogo era divertente.
Sospirò più pesantemente «Pensi che se ti portassi da me, ne ricaveresti qualcosa?»
Mi morsi un labbro guardando distrattamente fuori dal finestrino, «Una doccia calda, un letto comodo e tanto sonno», stirandomi poi le braccia sulla testa.
Sospirò un sorriso di naso.
«Casa mia è dall'altra parte, dopo il centro.» 
«Non è un problema.»
Lo vidi irrigidirsi per un attimo e mi parve - oltre che buffo - strano.
Si passò una mano fra i capelli, poi sterzò per rigirare.
Era la seconda  volta che gli vedevo passarsi le dita fra i capelli, ed ero quasi certa che lo facesse tutte le volte che si sentiva a disagio; ma mi sarebbe servito vederglielo fare  in un altro paio di occasioni per poterlo affermare con sicurezza.
«Sei agitato?»
Eccolo che tornava ad irrigidirsi.
«Affatto.»
«Si che lo sei.»
Strinse il volante quasi da far diventare le nocche delle sue mani bianche.
«E' che non vivo solo.»
«Vivi con la tua ragazza?»
Mi guardò come se mi fosse appena spuntata una seconda testa sulla spalla.
«Ma che dici?!» Starnazzò.
«Mio Dio, ti ho solo chiesto se hai una ragazza!» Appoggiai il braccio contro lo sportello e il viso sulla mano.
Per qualche istante scese un silenzio strano, riuscì ad imbarazzare persino me.
«Vivo con altri cacciatori e non credo che sia una buona idea portarti li.» Fece una pausa e riprese a parlare gesticolando con una mano «Ok, lo so, ti avevo promesso di portarti a casa. Ma ora che ci penso...».
Stava andando tutto secondo i piani. Il cacciatore si sarebbe defilato da quella sua proposta ora che aveva la certezza che io fossi umana. Non aver sviluppato quasi per niente i miei poteri da strega, per una volta, mi era tornato utile.
Ripensai a tutte quelle occasioni dove, per via del mio essere e non essere una strega vera e propria, ero stata derisa dalle mie sorelle.
Ora sembrava tutto un brutto ricordo, quasi gioivo. Sarei stata l'unica di un intera stirpe ad aver passato tutta una serata con un cacciatore e che avrebbe potuto raccontarlo.
«Be', se proprio non te la senti...Mi lasceresti sulla sesta strada?»
Il cacciatore si ammutolì per un momento «Si, certo».
Perfetto, era fatta.
Allacciai le braccia dietro la nuca e socchiusi gli occhi: dovevo aver una bella espressione soddisfatta stampata in volto.
Ma come è ovvio, non c'è mai fine al peggio ed i guai bussano sempre alla porta di chi se li cerca.
Infatti, proprio quando la sesta Avenue era ad un passo da me, qualcosa di invisibile sollevò la nostra auto dall'asfalto.
All'inizio ce ne accorgemmo appena: il cacciatore dovette ridurre gli occhi a due fessure per potersi accorgere che le ruote non toccavano più terra, forse, di un paio di centimetri.
Ma poi...Eh, poi l'auto si era alzata, sospesa nel vuoto e come un proiettile era schizzata per aria e noi ci ritrovammo incastrati dentro, a testa in giù.
La testa e le spalle contro il tettuccio, le gambe imprigionate nella cintura di sicurezza che proprio lui, il cacciatore, mi aveva obbligato a mettere, e la radio che suonava un brano rock imposto da me come ripicca.
«Maledizione! Che diavolo succede?!»
Il cacciatore spostò lo sguardo dalle sue gambe imprigionate a me «Non lo so. Non ho avvertito niente!».
Potevo vedergli lo sgomento stampato negli occhi e per qualche motivo, mi fece sprofondare nel panico.

                                                                                                 Cacciatore.
Perchè non avevo sentito niente questa volta?
La presenza di una strega si sente lontana chilometri, anche se sei in auto.
«Facci uscire da qui!»
Se fossi stato solo, poi, sarebbe stato tutto più semplice: c'era Lucille con me. Un'umana - per quello che ne sapevo- che domani avrebbe avuto un bello shock post-traumatico e sarebbe toccato a Cartier intervenire facendole dimenticare ogni dettaglio di questa serata.
«Se la smetti di urlare e mi lasci pensare!» Mi resi conto che i suoi occhi erano arrossati e le uscivano un mucchio di lacrime. Ebbi una stretta alla pancia. Dovevo salvarla.
Mi guardai attorno, non avevo niente a portata di mano. Proprio quella sera avevo deciso di lasciare la mia Balisarda a casa, che stupido!
«Ok, ascoltami Lucille» I due occhioni verdi, rossi come tizzoni ardenti, mi fissarono sgomenti «Adesso dovrai fare esattamente quello che ti dico.»
In meno di un secondo, avevo già in mente un piano. Dovevo solo sperare che riuscisse.
La ragazza annuì senza obiettare.
«Provo a sganciare la mia cintura, va bene?»
«Mh, mh.» Notai che aveva iniziato a tremare e mi parve tanto strano quanto normale.
I miei dubbi si erano del tutto fusi alla certezza che fosse umana e questo mi spingeva a doverla -anzi, a volerla - salvare a tutti i costi.
Allungai la mano verso la chiusura della cinta di sicurezza e pigiai il pulsante.
Finii di colpo contro lo sterzo e le mie ginocchia si scontrarono con il tappetino. Per un momento mi ritrovai più incastrato di prima, ma con un po' di forza nelle braccia, riuscii ad issarmi sul sedile. 
«Ci sono» Mi aggrappai prima al mio poi al suo sedile e alla cinta. Per un momento soffrì per via della stessa che, tirata da me, le stava ferendo il collo ma la supplicai con lo sguardo di resistere.
«Ancora un attimo» Finalmente riuscii a toccare il pulsante. Lucille piombò fra le mie braccia ed io di schiena contro il cruscotto.

                                                                                    Lucille
Quello era decisamente il momento peggiore per finire fra le braccia di qualcuno in quel modo.
E soprattutto, per costatarne la bellezza.
Già, il cacciatore era un vero figo. I lineamenti giovanili e sin troppo angelici- per uno che fa stragi di streghe- avevano incastonati due grandi occhi verde-azzurro stupendi. Adoravo i capelli castani negli uomini e lui li aveva, rasati sui lati e molto più lunghi sopra, lisci, e da come sembravano alla vista dovevano persino essere setosi. Non potevo vedere altro di lui in quella posizione e soprattutto con l'auto che ballonzolava qua e la nel vuoto, ma ciò che sentivo sotto di me mi piaceva. Parecchio - mi piaceva parecchio-
Quando sollevai la testa nuovamente dalla sua spalla, l'auto ancora era sospesa in aria e quell'incubo non era finito. Adesso faceva su e giù. Ero costretta, involontariamente, a stringergli le spalle e poi, dopo l'ennesimo giro di lavatrice, a stringermi a lui come una cozza al proprio scoglio.
Questa volta l'odore di muschio che invadeva le mie narici mi piaceva.
Strinsi i denti e serrai gli occhi pronta ad un ennesima capovolta.
«Se non usciamo da qui diventeremo due Smoothie umani» piagnucolai.
«Se solo riuscissi ad alzarmi...» pronunciò come se stesse provando fatica. Ad un tratto, inaspettatamente, lo sentii allungare una gamba verso il vetro del finestrino e colpirlo con forza.
Non sono il tipo che si lascia aiutare facilmente ma in quasi tutte le occasioni della mia vita, c'era stato qualcuno che lo aveva fatto. Questa volta, però, volevo contribuire anche io, e sentirmi proprio come chi aveva aiutato me.
Per questo colpii anch'io il vetro. Forte.
Ci volle un po', ma alla fine esplose in miliardi di schegge.
Il cacciatore tentò di coprirmi il viso con il suo braccio e il gesto mi creò una sorta di imbarazzo misto alla gratitudine.
«Pronta?» 
Annuii. 
L'auto vorticò di nuovo e noi ricademmo sui sedili e poi sul tettuccio e poi ancora sui sedili.
«Tu guarda se stasera non torno con tutte le ossa rotte a casa!» Borbottò lui strisciando verso l'unica via d'uscita a disposizione.
Mi prese la mano e lo seguii carponi verso l'esterno dell'auto.
Le ossa ci avrebbero fatto male sia l'indomani che il giorno a seguire e quello dopo ancora, dato che fummo costretti a buttarci da più di due metri d'altezza; ma quando atterrammo sull'asfalto potei sentirmi libera per la prima volta.
Il cacciatore non perse tempo, si rialzò da terra, tornò ad afferrarmi la mano e mi costrinse a correre verso la distesa d'erba accanto alla strada secondaria che portava fuori città.
Perché poi avesse imboccato proprio quella strada, proprio non saprei.
Una volta raggiunto un punto abbastanza lontano ci voltammo a guardare l'auto che finiva accartocciata su se stessa, come se un gigante o il Big-Foot stesso ci stesse giocando a palla.
Attorno a noi, però, c'era solo vuoto e silenzio ed io non avvertivo nulla se non un aurea lieve, quasi impercettibile.
«Andiamo via da qui.»
«Si.»

Sarebbero successe molte altre cose strane con il corso del tempo, ma io ancora non potevo saperlo.






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