Orrida Grazia.

di Peppermint Lollipop
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Quel volto senza età così colmo di tristezza avrebbe fatto mancare il fiato a chiunque l'avesse visto sotto quella fiebile luna. Le curve dolci e forti di quel volto straziato dagli acuti ed insopportabili dolori d'una perdita sembravano scolpite da una prode mano, illuminate da quel pigro chiarore, era innegabile. Ma, in quegli occhi chiari e addolorati si poteva affogare assaggiando anche solo un bicchiere del suo lutto, e chiunque oltrepassasse quel giovane dalla divina bellezza non s'azzardava ad alzare lo sguardo, nel timore di affondare. Inutile dire che solo un amore può straziare a tal punto un giovane che dalla vita sembrava aver avuto in dono le migliori doti. Il suo amato, la sera del trenta agosto, cioè due giorni prima di quella notte di lutto, era morto ammazzato. Una morte atroce, pover uomo, la sua vita era tranquilla e regolata. Mai un errore, mai un torto a nessuno, procedeva tranquillo le giornate con il suo futuro marito e passava i pomeriggi a strimpellare con il suo mandolino. Ma quella sera silenziosa, senza nemmeno il tempo d'un fiato di terrore, la bestia gli aveva azzannato il collo ed aveva stroncato quel giovane uomo in pochi secondi. Lasciato a terra, si era portata via il suo cuore tutto intero, con una precisione chirurgica, aveva lasciato delle calle rosse come il sangue che le macchiava al suo posto. Tutti quei cuori che "la bestia" strappava alle sue vittime non venivano mai ritrovati, ma in pegno, quasi come per "ricambiare il favore", venivano lasciati dei bellissimi fiori. Il resto del corpo non veniva toccato, continuava a giacere lì sul cemento macchiato di cremisi, indisturbato, il terrore ancora impresso negli occhi come ciliegia sulla torta in un macabra composizione artistica, rifinita con cura. Anche di questo avevano paura i pochi curiosi cittadini che passavano di lì. Negli occhi del bel sofferente c'era ancora impressa quell'opera macabra, celata ed insistente tanto quanto lo erano tutte quelle lacrime che non aveva il coraggio di piangere lì fermo come una statua sui cinque metri di terra che lo separano dalla sua metà mancante.




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