La regina degli scacchi bianchi

di SMes00
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PROLOGO
L'orologio segnava le 16:15 . La persona che aspettavo sarebbe arrivata nel giro di venti minuti. Il ticchettio delle lancette era snervante quasi quanto l'attesa. 
Non avevo mai fatto nulla di cosi` folle. Sentivo la tasca interna del cappotto di un'innaturale pesantezza. Ci infilai la mano per assicurarmi che la pistola avesse ancora la sicura. Era carica di un colpo solo, ma non avevo alcuna intenzione di usarlo. Ero una madre,  non un’assassina. 
 Attendevo con ansia l'ora X mentre mi accarezzavo dolcemente la tenue rotondita` della pancia.
-Starai bene, figlio mio. Staremo tutti bene.- 

























CAPITOLO UNO
Circolavano strane voci sul suo conto e lei, che si aspettava una persona di irritante conformità, rimase esterrefatta quando tutte quelle assurde dicerie trovarono conferma nella scena che le si paró davanti.
Era un'umida giornata di novembre a San Leo, il sole faceva capolino tra gli alti rami dei cipressi del cimitero, l'aria profumava di pini e nessun rumore interrompeva il cinguettio degli uccelli. 
Tranne un cantilenare sommesso e piagnucoloso.
Un'altra persona avrebbe ignorato la preghiera e sarebbe andata avanti per la sua strada. Emilia Brentani era come suo solito in ritardo alla conferenza cittadina sul biorisanamento e avrebbe fatto meglio a non sostare oltre lungo lo stretto vialetto di ciottoli. Eppure  lo fece. Intraprese con passo svelto e sicuro la stradina solitaria al lato della piazza, gettando qua e là uno sguardo distratto alle case dagli intonachi crepati che le sfrecciavano ai lati.
Un corvo gracchió stridulo e un gufo bubulo` facendo sobbalzare la donna. La cittadina si stava lentamente svegliando e gli irrigatori entravano in funzione arricchendo la gamma di profumi mattutini dell'odore di erba bagnata. Il luogo dov'era posteggiata l'auto bianca della signorina Brentani si allontanava sempre di piú, fino a diventare un'indistinta macchia bianca mentre la cantilena aumentava a poco a poco di tono.
Da chi provenivano quei singhiozzi? Finalmente Emilia raggiunse il cancelletto del cimitero, dopo una camminata che le era parsa infinita. Provava una leggera eccitazione, mista a una strana inquietudine, come se qualcuno nella sua pancia le stesse aggrovigliando lo stomaco suggerendole di non proseguire oltre e qualcun altro nella sua testa, invece, la esortasse a gettarsi senza pensieri in quella strana situazione.
Emilia si accostò al cancello indecisa sul da farsi, ma la voce non cessava e la curiositá stava prendendo il sopravvento. Fin da piccola era sempre stata una bambina curiosa; non si asteneva mai dal porre domande, sezionava i giocattoli per capirne il funzionamento ed una volta addirittura si era intrufolata nella sezione chiusa al pubblico del museo cittadino sicura che ivi vi nascondessero parti di navicelle aliene. Entró varcando la soglia, accompagnata dallo stridere acuto del ferro che strisciava sui sassi. Incespicó tra i cespugli e con una punta di inquietudine nel cuore s'incamminó presso la sorgente del suono.
A pochi passi dalle sue Jimmy Chou laccate, un uomo in ginocchio stringeva tra i pugni i ciuffetti d'erba che ricoprivano la lapide marmorea.
Non v'era altra anima viva nei dintorni, solo un enorme cane nero che scavava buche nel terreno per poi rincorrersi la coda. 
L'uomo, assorto com'era nel suo dolore, non s'era accorto dell'intrusa presenza alle sue spalle che lo osservava incerta.
Sembrava una scena troppo intima affinché la signorina Brentani potesse irrompere con la sua presenza: lesse l'incisione ma non indugió sull'epitaffio e sulla data. La sua attenzione era tutta rivolta all'identità del pover uomo che straziato soffocava tra i singhiozzi.
Si domandó cosa fosse lecito fare in una simile occasione. Fece per accostarsi piano alla figura, decisa a posargli una mano sulla spalla e a tentare di consolarlo, ma poi si domandò se il gesto sarebbe stato apprezzato o se rischiava di passare  come un'invasione del suo intimo momento. Reputó, dunque, che fosse meglio lasciar stare e si incamminò verso l'uscita. Si voltó un'ultima volta e indugió qualche secondo sulla schiena dell'individuo che seguitava con la sua cantilena.
La  figura di spalle aveva un'aria familiare, ma non abbastanza da poter essere riconosciuta. Emilia si guardó intorno per cercare indizi sull'identitá dello sconosciuto, allora noto` una valigetta consumata sul prato che recava due lettere appuntate.
 L. S.
Una vaga intuizione sembrava voler cogliere la donna, ma una densa nebbia aleggiava nella sua mente e le impediva con forza di associare quelle iniziali a una persona a lei nota.
Passarono alcuni minuti e poi, finalmente una folgorante illuminazione colse di prepotenza Emilia, diradando di colpo la nebbia e aprendole una visuale del tutto nuova. Ella conobbe in quelle iniziali il nome di Luca Salzano, l'anonimo impiegato delle Risorse umane.


Luca Salzano era agli occhi di molti uno spietato omicida e a quelli di veramente pochi altri un pover'uomo trovatosi coinvolto in quelli che i piú scettici definivano "una serie di spiacevoli equivoci". 
Vedovo, senza figli e senza parenti alcuni tranne una lontana zia trasferitasi in America, Luca Salzano aveva sul capo dalla capigliatura folta una denuncia per delitto passionale.
La moglie, Eleonora Brisetti, era stata trovata brutalmente assassinata nella camera 104 dell’Hotel Donatello con due colpi di rivoltella da collezione . L'arma era stata ritrovata per terra, tra le mani  della donna, ancora vestita del cappotto . L'inserviente aveva raccontato,  sotto shock, di aver udito uno sparo e dopo pochi secondi un forte tonfo e di essere corsa subito al terzo piano. La porta della stanza era spalancata, ma quando  era entrata nessun altro si trovava al suo interno. Dapprima, la polizia suppose che si trattasse di un suicidio e i giornali locali il giorno stesso pubblicarono i propri articoli con il titolo "Scrittrice di successo si toglie la vita", ma poi, date alcune incongruenze tra scena del crimine e ipotesi, si avanzó l'idea che stesse aspettando l'amante e allora interrogarono il marito, il quale effettivamente ammise che la donna frequentava da tempo un altro uomo e che non aveva nulla in contrario dato che l'unico motivo per cui non divorziavano era la pecunia (dalla propria parte) di denaro. Allora nuovamente i giornali ripubblicarono l'articolo con i nuovi sviluppi, trasformando il titolo in "Eleonora Brisetti sparata dall'amante". Eppure, chiamato a testimoniare l'uomo in questione,  che altri non era se non l'amministratore delegato dell'azienda per cui lavorava il signor Salzano, venne fuori che egli non solo possedeva un alibi di ferro, ma anche che le impronte sulla rivoltella coincidevano con quelle di due persone tra cui l'uomo non figurava: l'inserviente e Luca Salzano.
La cameriera venne immediatamente esclusa dalla lista dei sospettati, siccome ella aveva fin da subito ammesso di aver toccato il corpo nel tentativo di rianimarlo e di aver sfiorato impulsivamente l'arma da fuoco.
Le testate dei periodici del giorno venturo recavano la scritta " Il giallo di Eleonora Brisetti: ora é delitto passionale" e il signor Salzano venne accusato di aver assassinato la moglie a sangue freddo per gelosia.
Furono necessari mesi di processi, tre testimonianze dell'amante, e il miglior avvocato della cittá affinché la sentenza fosse sospesa sino a nuovi sviluppi e il pover'uomo lasciato finalmente a metabolizzare il lutto.
E a preparare la vendetta.






La stanza dell' Hotel Donatello era ampia e lussuosa. La mobilia era nuova, in stile liberty con le curve sinuose degli intarsi nel legno e fiori ricamati sul pesante tendaggio. Era il luogo dove aveva avuto inizio la mia infedelta` a mio marito e in cui mio figlio era stato concepito. Mi sentivo padrona di me stessa e del mio futuro in quella camera. Una donna invincibile e incredibilmente potente. Presi posto sulla poltrona di fronte alla porta d'ingresso. Mi tolsi il cappello.
Meno un minuto.
Mi tenni forte ai braccioli in pelle rossa. I secondi scorrevano inesorabilmente come granelli di sabbia in una clessidra. La lancetta si fermo` a cinque minuti dal trenta.
Era ora.























CAPITOLO DUE

“Non giudicate, affinche` non siate giudicati; perche` con il giudizio con il quale giudicate sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate, sara` misurato a voi.” Matteo 7:1

Erano trascorsi esattamente quattro autunni dall'assassinio della moglie e Luca Salzano, grazie all'aiuto dell'ex amante di lei, aveva riottenuto il suo lavoro presso l'azienda Ecogreen nel settore delle Risorse umane e mantenuto nel corso degli anni un basso profilo.
Aveva poi, cambiato casa e quartiere e adottato un meticcio di strada al quale aveva dato il nome di Cerbero per via della sua stazza e del colore del pelo. Le vecchie signore del vicinato sostenevano che il cane gli servisse per scacciare con i suoi forti latrati il fantasma della moglie che lo perseguitava di notte, quando tutta la cittá si assopiva e i rimorsi prendevano la forma di allucinazioni.
Una megera, una volta, gli si era avvicinata in farmacia e vedendolo comprare una scatola di sonniferi, gli aveva raccontato con voce gracchiante un'antica leggenda persiana di un uomo malvagio che morí nel sonno soffocato dai sensi di colpa.
L'anziana donna aveva attirato  l'attenzione di tutti i presenti e cominciato a narrare la storia trasformandola a suo piacimento.
-C'era una volta un uomo di nome Hasim che odiava la notte. Al buio e nel silenzio totale , gli sembrava che una roccia pesante come una montagna gli si posasse sul petto e gli impedisse di respirare. Di giorno, invece, era tutto diverso.-Arricchí la narrazione di una risatina rauca e riprese a parlare "-Hasim era pieno di forze e, da delinquente qual era , passava il suo tempo rubando e imbrogliando al mercato, ma al crepuscolo il senso di angoscia e inquietudine saliva e saliva fino a rubargli il respiro per poi sparire del tutto alle prime luci dell'alba. Hasim imbroglió anche il Sole e gli impedí di ritirarsi nel suo castello di marmo dorato. Allora l'umanitá visse sempre nella luce e per molto non vide la notte, ma la gente era stanca perché non poteva piú riposare e allora chiesero al Sole perché continuasse la sua marcia perpetua. Quando seppero della truffa, si animarono di una furia cieca e decisero che ciascun essere della Terra avrebbe posato la sua stanchezza sul petto di Hasim mentre egli dormiva all'ombra di una vecchia quercia sulla collinetta. Giunse il primo uomo, quello piú infervorato e lasció cadere la sua spossatezza a poco a poco su Hasim. Fu necessaria nemmeno mezza libra di essa affinché il furfante morisse asfissiato nel sonno perché giá enorme era il peso dei suoi peccati.-La vecchia concluse, ma non contenta dell'indifferenza del diretto interessato aggiunse -Non é della notte che bisogna avere paura, ma di sè stessi e della propria coscienza…Nel silenzio e nell'oscuritá, l'anima vede tutte le cattive azioni commesse e fabbrica i rimorsi. E i rimorsi pesano sul cuore fino a farti credere di soffocare. Fino a farti morire.- Rise nuovamente con cattiveria e se ne andó salutando il suo piccolo pubblico senza trattenere un "povera bambina, ammazzata come un animale" lasciato lí, come un pensiero formulato distrattamente ad alta voce. 
 C’e` una tensione nella natura umana, penso` Luca, che la spinge a godere quando si ascoltano le cattive notizie e i misfatti altrui. Il pettegolezzo e` la piu` contagiosa fra le malattie, ma e` un contagio dilettevole per il perverso animo umano, penetra a fondo senza che esso gli opponga la benche` minima resistenza, annichilisce i pensieri e le emozioni piu` profonde.


Il signor Luca uscí di gran carriera dalla farmacia, e corse presto verso la propria dimora, desideroso di quella tranquillitá domestica che solo le sue quattro mura potevano garantirgli. 
Seduto sulla sua poltrona rosso carminio, guardava pensieroso fuori la finestra massaggiandosi piano la tempia. Cerbero saltellava festoso qua e lá in giardino rincorrendo una lucertolina o forse una cavalletta.
Il cielo si incupiva e cosí faceva anche il suo umore. Consumó rapidamente la sua cena frugale e inghiottí un paio di fialette acquistate poco prima. Svolse le ultime faccende serali in casa, fumó l'ultima sigaretta del giorno e finalmente si rifugió sotto le coperte. Il sonno prima giunse piano e poi lo avvolse profondamente come non faceva da molto tempo. 
A vederlo da fuori, sereno nel suo letto con il suo fedele amico ronfante sul tappeto della camera da letto, un estraneo avrebbe potuto pensare che nulla di interessante vi fosse in quell'uomo, che egli vivesse una vita anonima in una casa anonima e svolgesse un altrettanto anonimo lavoro per pochi spiccioli che gli permettessero di pagare l'affitto e la toletta al cane.
Nella casa, il silenzio era interrotto solamente dal russare pesante di Cerbero e dal rintocco del grande orologio in cucina. Pareva quasi che i sogni del signor Salzano fossero piacevoli come quelli del suo cane, che sicuramente stava immaginando di acciuffare qualche coniglietto nel parco e per questo muoveva talvolta le zampe e mugolava soddisfatto. Sebbene l'uomo avesse assunto sonniferi in quantitá  maggiori del dovuto, il suo sonno seppur pesante non fu privo di atroci ricordi.
Camminava piano nella casa che condivideva con la moglie, era notte, un chiacchiericcio allegro e il pianto di un bambino avevano interrotto il suo riposo. Si accorse che questi provenivano da una stanza chiusa a chiave che egli mai aveva visto prima. Sbirció dalla serratura e vide una bianca figura cullare fra le braccia un fagotto urlante. La figura si giró appena e scostando i capelli aurei dal volto riveló una pelle candida e un paio di labbra rosee e pronunciate che cominciarono a sussurrare piano una ninnananna. 
"’Nora!" Urló forte il signor Salzano, ma come spesso accade quando si é coscienti nei sonni, egli sembrava incapace di produrre alcun suono o di agire.
"’Nora!" Provó di nuovo senza alcun successo. Il panico e il senso si impotenza crescevano, la gola gli sembrava stretta da corde spinate e i polmoni faticavano a riempirsi completamente d'aria. Improvvisamente si trovó all'interno della stanza, Eleonora parve accorgersi della sua presenza e lo invitó ad accostarsi al bambino.
La maternità giovava alla giá florea bellezza di Eleonora, pareva tranquilla e perfino felice nel suo nuovo ruolo di madre, come non lo era mai stata prima. Una serenitá e una gaiezza di spirito del tutto alieni al loro matrimonio. L'infante ora era tranquillo, quindi Luca si avvicinó e scoprí piano il visino della creatura. Aveva dei grandi occhi castani come quelli di 'Nora, ma i lineamenti erano di giá quelli del padre biologico. Sfiorandolo delicatamente con la punta della dita, Luca si ritrasse inorridito, non volle fidarsi dei suoi occhi convinto che essi lo stessero ingannando, ma neanche poté ignorare quello che al tatto era sembrato di una ruvidezza innaturale e viscido come coperto di una qualche sostanza viscosa. Il bambino irruppe nuovamente in un pianto innaturale e la madre lo lasció cadere con uno stridente rumore di bastoncini spezzati. L’essere toccó terra trasformandosi in una massa rossiccia informe. Anche Eleonora cambió fattezze, mostrandosi come un cadavere semidecomposto, puntó l'indice tremante contro il signor Salzano.
La sveglia del cellulare suonó con tono crescente, strappando l'uomo dormiente dal suo incubo.
Luca si sveglió di soprassalto, matido di sudore e faticó ad adattarsi alla realtà che lo circondava. Gli uccellini cantavano festosi nel cielo mattutino, e alcuni raggi di sole si infilavano tra le tende e illuminavano la stanza. Luca avrebbe tanto voluto che parte di quella luce e di quel calore gli invadessero l'anima.
Si avvicinó alla finestra lasciando che un raggio gli illuminasse il volto, e poi chinó il capo in una mistica attesa.
Nella mente gli si fece vivido il ricordo del viso di lei, prima bellissimo com'era in vita e poi… cosí come doveva apparire adesso nella sua fredda tomba. L'aveva amata molto. L'aveva amata anche quando ella non era nessuno e aveva creduto in lei anche quando ogni editore le rifiutava la pubblicazione dei suoi lavori.
L'aveva amata quando diventava irascibile perché non riusciva a scrivere, e lui le preparava la sua tisana preferita, quella con i semi di lino e la cannella, e la guardava mentre sorseggiava dalla tazza ancora imbronciata con le dita che battevano ansiose sulla gamba in attesa dell'illuminazione vincente. L'aveva amata molto, cosí tanto da averla lasciata andare. Avrebbe dato tutto per la felicitá di lei. Il suo sorriso era la giusta ricompensa alla sua rinuncia. Egli l'aveva perfino abbracciata commosso quando Eleonora aveva confessato di essere incinta. E Luca era davvero contento, voleva essere davvero contento per un figlio tanto atteso che un altro era finalmente riuscito a darle.
Il pensiero del possibile futuro di lei ricordó a Luca la triste realtá: non solo ella era morta, ma il vero assassino era ancora in libertá a godersi la vita. Era tutto cosí innaturale, tutto cosí anormale. Il signor Salzano si sentiva impotente come nel sogno e un'improvvisa stanchezza gli avvolse le membra.

-É morta.- ammise a se stesso con voce tremante.
-E io non ho potuto aiutarla.-
-Io non sto facendo niente per aiutarla- Inizió una cantilena  sempre piú rapida e disperata che finí per agitare Cerbero appena rinsavito dalla sua immaginosa caccia. La stanchezza lasció il posto alla furia.
-NON STO FACENDO NIENTE!- urló alla fine, accompagnando le parole al lancio del libro, che giaceva fisso sul comodino, contro il muro.
Cerbero, che aveva preso ad abbaiare forte, si zittí di colpo, e posta la coda fra le gambe corse presto fuori dalla camera.
L'impeto di rabbia iniziale si trasformó piano in angoscia, il signor Salzano indugió a lungo seduto ai piedi del letto con le mani che stringevano forte i capelli e i denti serrati per impedire ai singhiozzi di venir fuori. Sembrava fosse passato molto tempo dallo scatto d'ira, ma quando si ritenne tranquillo e si avvió a svolgere le mansioni quotidiane, lo stravagante orologio della cucina segnava con precisione le 6:05, valeva a dire soltanto cinque minuti da quando la sveglia aveva assolto la sua funzione.
Il libro giaceva ancora sulla purpurea moquette, rimasto inspiegabilmente chiuso dopo lo scontro con la parete, quasi a voler celare il contenuto della propria carta a occhi estranei reputati indegni di conoscerne gli enigmi. Sebbene quello fosse un giallo, il mistero piú grande non risiedeva affatto tra le sue pagine.








Qualcuno busso` insistentemente alla porta. Attesi solo per il gusto di farlo. Quando lo reputai opportuno, affermai con tono beffardo:- E` aperto.
La porta si spalanco` di colpo  e una furia cieca conquisto` la stanza affannando. Le urla si alternavano a momenti di pausa in cui riprendeva fiato, poi ripartiva. Guardai la persona che avevo davanti, mentre restavo seduta mantenendo un'aria di lieve indifferenza. Improvvisamente risi e questo sembro` irritarla molto.
-Questa me la paghi.- sibilo` piano fra i denti, tenendo in mano alcuni gambi di orchidea.


























CAPITOLO 3
“Il matrimonio sia tenuto in onore da tutti e il letto coniugale non sia macchiato da infedelta`; poiche` Dio giudichera` i fornicatori e gli adulteri.”(Ebrei 13:4)
Luca non aveva mai visitato la tomba della moglie prima di quel momento. Non per mancanza di rispetto o per una qualche credenza filosofica-religiosa , ma perché egli intimamente respingeva ancora l'idea che ella fosse morta per davvero. Era sicuro che non appena avrebbe visto il freddo marmo elegantemente inciso, Eleonora Brisetti avrebbe perso ogni barlume di vita. Lei era morta e sepolta. Non piú una persona ma un corpo decomposto in una delle tante fosse della zona Ovest del cimitero.
"La vita a volte scorre troppo veloce.” pensó Luca, chiudendo a chiave la porta della sua casa. "E si nega a chi piú la merita." Non era mai stato uno scettico, ma si chiese in che misura Dio disponesse degli uomini e delle loro anime. Era Lui a decidere quando chiamarli a sè? E in che modo giudicava quando fosse il momento? Speró fortemente che la Morte giocasse d'azzardo con la Vita, perché se cosí non fosse stato voleva dire che Dio aveva voluto che qualcuno odiasse a tal punto 'Nora da uccidere lei e la creatura che portava in grembo. Dio aveva voluto ed espressamente chiesto il suo omicidio.
 -Dio é un assassino.- Pronunció ad alta voce, e Cerbero gli rivolse il muso con curiositá. Si pentí subito di averlo anche solo pensato e un senso di peccato gli si annidó sulla bocca dello stomaco. "Forse é stato questo ad ucciderla. Il peccato." Ricordó i pettegolezzi di un gruppo di bigotte l'ultima volta che era stato nella chiesa del quartiere, parlavano del funerale di Eleonora, al quale egli non aveva presenziato perché  principale sospettato dell'omicidio. Dicevano che era inappropriato che l'amante assistesse alla cerimonia, per giunta accompagnato dalla moglie. "Una sconceria bella e buona" la definirono, "un crimine contro Dio e la sua Chiesa" aggiunsero per enfatizzare. "Non mi sorprende che una donnaccia del genere abbia fatto questa fine" fu la goccia che fece traboccare il giá pieno vaso di bile del signor Salzano. Caricó contro il gruppo di donne, che spaventate cominciarono a gridare, mentre l'uomo le dipingeva con i piú coloriti insulti. Poche ore dopo, l'intero paesino era a conoscenza dell'accaduto e il parroco stesso gli suggerí caldamente di non presentarsi per qualche tempo alle messe della comunitá, offrendosi in cambio di somministrargli personalmente la Comunione ogni settimana. Il signor Salzano rifiutó, guadagnandosi oltre all'appellativo di omicida, anche quello di "Satana" per le menti piú prosaiche e "apostata" per le piú fantasiose.

Giunto finalmente alla lapide, Luca lasció andare il guinzaglio. Rimase alcuni istanti in piedi, immobile davanti ad essa, incapace di muoversi e incerto sul da farsi.
Si guardó intorno per accertarsi di essere solo. Lo era. Nessun essere umano abitava il cimitero in quell'istante. L'aria era fresca e i timidi raggi mattutini filtravano appena tra i folti rami dei cipressi. Si inginocchió e inizió a recitare una preghiera dopo l'altra, a voce alta, come si usa fare durante le cerimonie religiose. Di colpo tacque e si sentí tremendamente stupido. Immaginó la pallida figura di Eleonora poggiata alla lapide che lo osservava e si faceva beffe di lui.
"Mi hai preso per la tua chiesa?" Gli avrebbe chiesto, fingendo disappunto.
"Non ti fai vedere da anni, e quell'unica volta in cui mi vieni a trovare parli con lui e non con me?" E poi sarebbe partita a spiegare le sue teorie teologiche secondo cui Dio, il mondo e le sue creature sono tutte un unico Essere e che quindi non ha senso tutto quello che dicono le vecchie signore attempate che gettano anni di emancipazione femminile nella spazzatura etc. etc. Quanto gli mancavano quelle discussioni! 'Nora era una mente brillante e lui l'aveva amata per questo. Non mancava mai di dirle che un giorno avrebbe cambiato il mondo, ma lei ribatteva sempre di non avere questo potere. Allora lui le cingeva dolcemente la vita, le baciava il punto sensibile della clavicola e le sussurrava all'orecchio :" almeno hai cambiato il mio." 'Nora l'aveva fatto davvero, aveva creato per Luca un mondo che viveva della luce dei suoi occhi, ma una volta che essi si spensero, non restó piú alcuna luce che impedisse all'oscuritá di divorarlo.

Luca si perse nei suoi pensieri e quando rinsaví si accorse di stare piangendo disperato mentre ancora recitava preghiere. Afferró forte i ciuffi d'erba che aveva ai lati e vi si aggrappó come un uomo che ha sotto di sè il piú profondo dei baratri.
L'unico pensiero che riusciva a garantirgli una scarna consolazione era che Eleonora riposasse in pace. Gli tornó alla mente l'incubo della notte prima. Era sicuro che anch'ella fosse tormentata come era lui, che anch'ella fosse bramosa di giustizia.
Lei aveva visto chi le aveva sparato, la scientifica lo aveva confermato: la vittima si trovava di fronte all'assassino quando aveva premuto il grilletto. Desideró tanto che Eleonora confermasse i suoi sospetti, ma desideró ancor di piú che riposasse in pace.
Era da tempo convinto di conoscere l'identitá dell'assassino, ma era anche convinto che se l'assassino si fosse sentito minacciato avrebbe colpito ancora.



















Lancio` i gambi verso di me, e solo allora persi le staffe. Mi scagliai contro di lei come una furia, fermandomi solo quando mi trovai a pochi centimetri dal suo viso. Sembro` confondersi per un istante, e io ne approfittai per baciarle le guance.
-Grazie per essere venuta.- Dissi. -Gradisci un té?-
Attonita, prese a balbettare.
-Le mie orchidee…erano bruciate…tutte.-
Mi mossi lentamente alla ricerca della teiera che avevo fatto preparare preventivamente. Mi accinsi a versarne il contenuto entro due tazze azzurre pregiate, mentre con assoluta calma le risposi:- Vedo che hai ricevuto il mio messaggio.-
























CAPITOLO 4
“La mente vede quello che sceglie di vedere.” Leigh Teabing.

Emilia osservava interdetta la scena che aveva dinanzi e intanto il tempo passava. Si era ormai fatto giorno e presto la gente sarebbe uscita per le vie di San Leo , scorrendo fra di esse come linfa vitale nelle radici degli alberi.
Reputo` opportuno allontanarsi dall'uomo e imboccare il vialetto fatto di ciottoli che conduceva verso l'uscita, ma dopo alcuni passi il tacco della sua scarpa destra resto` impigliato tra i sassolini e dopo alcuni tentativi di liberarlo si spezzo` sonoramente. Il signor Salzano si volto` di colpo, gli occhi sgranati parevano quelli di un cervo sulla carreggiata illuminato dai fari. Trapelava la stessa paura. L'adrenalina lo attraverso` come una scarica elettrica e ogni cellula del suo corpo urlava -Pericolo!-.
Le pupille nere come la pece si dilatarono quando avvisto` l'origine dell'interruzione e quello che fino a quel momento era stato avvertito come cacciatore, ora divenne la sua preda. La vide tentare la fuga, incespicando sulla stradina, e con un balzo a dir poco felino si getto`all'inseguimento. In quel momento, si sentiva piu`animale che uomo, piu` un predatore che vive un delirio di onnipotenza che un essere umano raziocinante. Si vedeva gia` tra le mani l'assassina e assaporava il dolce sapore della vendetta. L'avrebbe derisa per il suo puerile tentativo di metterlo a tacere per sempre - se quello era davvero un tentativo di uccidere anche lui- e poi chi sa cosa ne avrebbe fatto. Nel cimitero nessuna anima vivente avrebbe potuto far a testimone, tra i suoi cancelli solo tre presenze avrebbero visto l'accaduto. E una di esse era un cane. Sarebbe stato il delitto perfetto; nell'ala Ovest aveva anche visto una fossa a cielo aperto. Magari dopo avrebbe potuto seppellirla li`. I pensieri scorrevano veloci nella mente di Luca. "Se anche dovessero scoprirmi, confessero` che e` lei la donna, e` lei l'assassina che ha ucciso mia moglie. Finalmente riposera` in pace."
Raggiunse rapidamente la sua preda, l'agguanto` e la tenne ferma mentre entrambi caddero rovinosamente sull'erba bagnata dalla rugiada. Con una mano sulla nuca, la strattono` affinche` si voltasse e gliela porto` alla gola. Erano anni che desiderava di stringerle la presa al collo, di sentirla chiedere aiuto con tono supplice…Eppure, sciolse la ferrea presa in fretta. 
La donna ferma sotto il peso del suo corpo non era l'editrice che riteneva colpevole dell'omicidio. Rimase alcuni secondi intontito, incapace di muoversi e ancor di piu` di proferire parola. Emilia, terrorizzata, si divincolava sotto il peso del robusto corpo di Luca, anch'ella incapace di muoversi, seppure per un motivo totalmente diverso.
Ignorava il motivo dell'aggressione, ma capiva che scappando aveva confermato in lui quel moto emotivo che l'aveva spinto a inseguirla. Dunque lei scappava perche` lui la rincorreva e lui la rincorreva perche` lei scappava, entrambi all'oscuro dei motivi che spingevano l'altro a farlo. 
Temeva che fosse impazzito di colpo per il dolore, o che fosse infuriato per l'interruzione, o addirittura che lui fosse davvero un omicida e che ora volesse uccidere anche lei. Il respiro affannoso le gonfiava ritmicamente il petto  premendo contro la giacca di lui.

Fino ad allora non aveva mai osato guardarlo negli occhi, temendo di scorgere in essi la propria morte. Raccolse tutto il coraggio a disposizione e finalmente li apri` piano: il viso di lui non era poi cosi` vicino come aveva immaginato e non era neanche cosi` spaventoso. Luca aveva ancora gli occhi arrossati dal pianto e la mascella contratta. Emilia aveva creduto che egli avesse gli occhi di un banale marrone, ma ella ora guardava in un mare azzurro profondo, solcato da lievi sfumature rosee. Aveva sempre pensato che gli occhi azzurri avessero un che di impenetrabile, forse perfino inquietante e in effetti lo pensava anche in quel momento, ma le iridi erano l'unica caratteristica conturbante che riusciva a trovare in quello che in molti descrivevano come un aberrante demonio. Anzi, si poteva addirittura dire che fosse piacente, scavato dalla sofferenza, ma comunque un bell'uomo.
La mano di lui si sposto` lentamente dal collo , mentre la bocca si schiudeva nel tentativo di articolare qualche scusa. Emilia colse al volo l'occasione per chiedere aiuto e strillo` a pieni polmoni, allora prontamente la mano di lui le copri` la bocca.
La manager, che ancora temeva per la sua vita, comincio`a scalciare forte, ma sentendo la presa di lui farsi ancora piu` stretta gli morse il palmo della mano con forza e approfittando dell'attimo guadagnato , gli assesto` anche una ginocchiata sotto la cintura. Riusci` a liberarsi e prese a correre, scalza e dimentica della borsa, affamata di vita verso la sopravvivenza. Corse per molto e si fermo` solo quando raggiunse  la via trafficata . Allora si ritenne al sicuro e si concesse qualche respiro prima di tornare a casa. Decise che non si sarebbe presentata a lavoro quel giorno, al diavolo la conferenza! Era ansiosa di rinchiudersi in casa, serrare porte e finestre e attivare ogni sistema d'allarme possibile. Poi, quando si sarebbe ripresa dallo shock, avrebbe stabilito come comportarsi. Non capiva perche` il signor Salzano avesse agito in quella maniera. Se voleva ucciderla perche` aveva esitato? E se non voleva, allora perche` aggredirla? Emilia versava in uno stato di profonda confusione che le impediva di mettere mano al cellulare e denunciarlo alla polizia. C'era qualcosa in quell'uomo che la spingeva a non condannarlo sulla base di quell'unica strana situazione, a non giudicarlo un assassino e nemmeno un violento. Aveva percepito una leggera patina di dolore nei suoi occhi, ma era sicura che quella fosse solo la punta dell'iceberg.


Sorseggiava una tisana calmante, comodamente adagiata sul divano mentre armeggiava con il telecomando alla ricerca di qualche programma interessante quando improvvisamente senti` bussare il campanello.
Non aspettava visite ; le amiche erano alla Spa e ne avrebbero avuto ancora per molto, mentre i suoi colleghi erano tutti (o almeno tutti quelli che avrebbero avuto un motivo valido per andare da lei) al lavoro. Inoltre, i vicini erano partiti per una gita a Firenze e l'altra casa era disabitata da tempo. Il suo cuore accelero`. Alla finestra la sagoma di un uomo appariva minacciosa. La spessa cortina di stoffa impediva allo sguardo di spingersi oltre,  e quando la realta` si cela alla mente umana, l' immaginazione prende il suo posto partorendo mostri terrificanti.
La figura si mosse e poi scomparve. Emilia si convinse che fosse solo un gioco di luce, o se proprio doveva avere sembianze umane che allora fosse il postino. Un campanello suono` inaspettato facendo sobbalzare la sventurata. Poi suono` ancora, questa volta piu` a lungo. Emilia si accosto` silenziosa alla porta per sbirciare dallo spioncino.
Quel gorno sarebbe morta.
Quel giorno sarebbe finito presto, e dopo nessuna nuova alba avrebbe accarezzato con le sue rosee dita il viso di Emilia. Vide la sagoma distorta del signor Salzano sostare sul tappetino all'ingresso. Che fosse venuto a finire quello che aveva cominciato? E cos' era, esattamente, che aveva cominciato? Un omicidio? Un'aggressione? Uno stupro, forse? Magari solo una minaccia. Ma una minaccia per…averlo disturbato mentre pregava? Sembrava assurdo, ma era la sola spiegazione logica che riuscisse ad attribuire al suo comportamento. Eppure, una piccola parte irrazionale in fondo al suo cuore le urlava che quell'uomo era un pazzo e che l'avrebbe ammazzata come aveva fatto con la moglie.
Il panico s'impadroni` del suo spirito e le gambe le parevano essere diventate di pietra. Non riusciva a muoversi. Le sembrava di subire una delle frequenti paralisi del sonno; voleva urlare e scappare ma non ne era capace. La tremarella le fece cadere la tazza, la quale si infranse al suolo troppo rumorosamente. Il campanello prese nuovamente a suonare.
-Signorina, mi faccia entrare.- Tuono` imperativa la voce dall'esterno. Il terrore prese pieno possesso delle sue membra , risvegliandole un primordiale istinto di sopravvivenza. Corse col cuore in gola verso l'angolo piu` lontano dall'ingresso, dritta verso il ripostiglio del sottoscala. Da quando era apparsa quella losca figura, nella quale aveva riconosciuto la figura del signor Salzano, Emilia aveva infranto decine di regole sul comportamento da adottare in caso di furto in casa. E` sorprendente quanto le ore insonni passate sullo smartphone la notte possano tornare utili nelle situazioni piu` disparate. Il primo suggerimento trovato su WikiHow recitava:
1 Rimani dove sei. Se ti trovi in una stanza, chiudi a chiave la porta e nasconditi il meglio possibile senza far rumore.
2NON FARE RUMORE. Non urlare o segnalerai al ladro la tua posizione e ti trovera` facilmente.
3 Usa un telefono. Se hai un cellulare in tasca, usalo per chiamare il 113.
4 Agisci velocemente. Non perdere la calma, valuta la situazione per determinare la strategia migliore.
Emilia aveva ignorato ben quattro regole su quattro. Primo, era scappata. Secondo, aveva lasciato cadere la tazza. Terzo, il cellulare giaceva ignorato sul divano. Quarto, era nel bel mezzo di una crisi di panico e l'unica cosa a cui riuscisse a pensare era che sarebbe morta sicuramente.
Udi` il vetro della cucina infrangersi. Maledi` mille volte l'essersi trasferita a piano terra. Avrebbero ritrovato il suo cadavere dopo una settimana, o forse un mese. Si domando` perche` avesse scelto di lavorare al Nord, cosi` lontana dalla famiglia e perche` faticasse a trovare amicizie sincere. Tutte domande che ciascun individuo sano di mente non si porrebbe mentre un probabile assassino che ha gia` ucciso la moglie si introduce in casa.

Emilia tese l'orecchio per cogliere i rumori all'esterno, ma riusciva a sentire solo il battito del suo cuore che rimbombava prepotentemente nelle orecchie. Resto` in attesa di essere trovata.












Mi gustai a pieno l’espressione di incredulita` che aveva sul volto e mi domandai se non ci fosse anche una leggera sfumatura di paura nei suoi occhi.
Avevo chiesto a un amico di vecchia data, che mi doveva un favore, di recidere un paio di orchidee e di inviargliele in una busta sigillata. Quando sarebbe tornata a casa avrebbe visto con orrore tutti i suoi amati fiori bruciare fino a diventare cenere.
-Erano come figli per me!- piagnucolo` quasi la donna, trattenendo a stento lacrime di rabbia.
-IO ho un figlio! E intendo proteggerlo da vipere come te!- Urlai, mettendo chiaramente in evidenza la parola "vipere".
Tirai fuori dalla tasca interna della pelliccia la revolver da collezione di Luca. Gliela puntai contro. Lei impallidi`.


























CAPITOLO 5
“Il momento in cui con più probabilità può succederti qualcosa di veramente straordinario, è quello in cui sei certo che niente potrà accaderti.”
(Jane Pauley)
Luca sapeva che ogni singola azione compiuta da quando era stato a pregare nel cimitero fino a quel momento stava causando un enorme fraintendimento. Eppure, non trovava altro modo di agire.
Dapprima, quando aveva percepito una presenza alle sue spalle, aveva temuto che l'omicida fosse venuto per farlo tacere per sempre e dunque, preso dalla foga del momento, aveva cercato di difendersi attaccando per primo.
Poi, quando la signorina era fuggita, le era corso dietro per fermarla e darle una spiegazione logica e plausibile del perche` l'avesse aggredita in quel modo. Dopo alcuni minuti passati a rincorrerla invano, si arrese e torno` a casa.
Il silenzio delle sue quattro mura domestiche gli avevano dato modo di pensare; non poteva lasciare che  chiamasse la polizia e raccontasse dell'accaduto. Nella sua situazione avrebbe rischiato di andare al fresco.  Decise allora di raggiungerla a casa e  tranquillizzarla.
Tutto stava andando di male in peggio. Sentendo un rumore di vetro infranto, paranoico com'era, aveva creduto che la donna fosse in pericolo, ed era entrato in casa attraverso la cucina.
Ora la cercava, ma non conoscendo bene gli spazi, impiego` molto tempo. Cerco` in ogni stanza, ma non la trovo`. Ne dedusse che si era nascosta e che quindi doveva essersi spaventata. Prego` che non avesse chiamato le Forze dell'Ordine o sarebbe stato spacciato. Dopo una lunga riflessione su cosa fosse piu` opportuno fare, stabili` che il miglior modo per non peggiorare la situazione era non fare nulla. Torno` nel salotto, prese posto e attese che la preda uscisse da sola. Passo` mezz'ora, poi un'ora, poi due. Si domando` se non fosse successo qualcosa e comincio` nuovamente la ricerca. Questa volta diede uno sguardo piu` attento ai dettagli, guardo` tutti i quadri, i post-it sul frigo, com'era sistemata la camera da letto. Il suo occhio venne catturato da un libro sul comodino, era "Harry Potter e la pietra filosofale”. Lo prese e lo sfoglio’. Notò che vi erano segni di orecchiette anche nelle pagine successive a quella dove era stato sistemato il segnalibro. Ipotizzo` che fosse stato prestato, o forse letto piu` volte. Analizzo` la seconda ipotesi: bisogna essere molto appassionati alla saga per leggere un libro piu` di una volta. Come aveva fatto a non pensarci! Ricordo` di aver visto un sottoscala. "Non sara` mica…" penso`, ma non concluse il pensiero, preso com'era dalla smania di verificare la propria deduzione. Si precipito` al piano sottostante, si accosto` alla porticina e l'apri` piano. Dentro Emilia sonnecchiava. "Come deve essere stanca se si addormenta con un estraneo in casa!"penso`, si senti` molto in colpa per averla terrorizzata e stressata in quel modo. Restò a guardarla per qualche istante. Nella tranquillita` del sonno non sembrava la manager snob e narcisista che maltrattava gli stagisti. In quel momento si accorse che non sapeva cosa fare. L'avrebbe svegliata? E poi cosa le avrebbe detto? "Piacere, sono Luca e lavoro nella sua stessa azienda. Mi spiace per averla aggredita, inseguita e per essere entrato in casa come un ladro."? Patetico.
Per quel giorno, la povera ragazza ne aveva avuto abbastanza. La prese in braccio con dolcezza, facendo attenzione a non svegliarla e la porto` sul divano, dove la copri` con il plaid che aveva trovato a terra.
Cerco` carta e penna in cucina e scrisse una lunga lettera in cui raccontava ogni cosa: dell'assassinio, del processo, di come si fosse risolto troppo in fretta, dei suoi sospetti e del perche` l'avesse aggredita. Termino` rinnovando le sue scuse e poi usci` dalla casa utilizzando il varco che si era creato nella finestra della cucina.

Quando Emilia si sveglio` il giorno seguente non avrebbe mai creduto di essere viva e di terminare quella giornata in viaggio verso Rimini con colui che il pomeriggio prima aveva accettato mentalmente come suo assassino.
Era successo tutto molto in fretta. Si era svegliata, aveva letto la lettera e aveva creduto ad ogni singola parola che vi era scritta all’interno. E non solo aveva deciso di assolverlo, ma l’aveva anche fermato fuori l’azienda e proposto di incastrare l’editrice. Il tutto in una mattinata.
Emilia, in quanto manager di esperienza aveva lavorato negli anni precedenti in molto aziende di vario indirizzo, tra cui anche l’editoria della signora Lodovico, alias La Biscia. Si era per questo offerta di procurarsi un finto appuntamento per avvicinarla.
Quella settimana, La Biscia aveva in programma una presentazione del suo nuovo libro a Rimini. Libro che, a detta di Luca, era quello che stava scrivendo la moglie prima di morire.
L’ipotesi era che La Biscia avesse ucciso Eleonora affinche` nessuno sapesse del furto del romanzo.
Luca ne era venuto a conoscenza per caso. Un giorno vagava per il centro commerciale  alla ricerca di una cuccia per Cerbero, passo` davanti la vetrina della libreria e lo vide: un thriller dallo stesso titolo di quello che ‘ Nora aveva scritto. Preso dalla curiosita` entro` al suo interno e ne compro` una copia. Lo lesse tutto in una notte e ne riconobbe lo stile inconfondibile della scrittrice che aveva sposato. Non aveva dubbi; il romanzo era di Eleonora. Lesse la data di pubblicazione 1422016. Un paio di mesi dopo il suo omicidio. C’erano troppe coincidenze e troppe domande senza risposta. Si rivolse a malincuore all’unica altra persona che poteva saperne qualcosa a riguardo: Roberto Baracci, amministratore delegato della Ecogreen, amante di Eleonora e padre del bambino che portava in grembo.
Roberto aveva ascoltato pazientemente Luca, ma alla fine gli aveva rivelato di non sapere dell’appropriazione indebita del romanzo e nemmeno che Eleonora  ne avesse scritto uno. Un buco nell’acqua, a quanto pareva, ma Luca era convinto che dietro ci fosse qualcosa di piu`. 
-Devi lasciarla andare, Luca. Lei non vorrebbe che tu ti tormentassi in questo modo.- gli diceva Roberto ogni volta che si tirava fuori l’argomento, ma lui proprio non ci riusciva. La notte non chiudeva occhio e di giorno era sempre distratto. Sentiva di avere l’obbligo morale di trovare l’assassino di Eleonora e una vocina nella testa gli sussurrava che vi era molto vicino. La Biscia aveva ucciso sua moglie, ne era convinto.
Era stato un gran sollievo per lui, sentirsi dire che qualcuno gli credeva. Finalmente non era solo e in piu` aveva anche la chiave per arrivare all’omicida.
Era gia` passata un’ora da quando erano montati sulla Peugeot 206 di Emilia, e durante tutto quel tempo nessuno aveva proferito parola. Fu Luca a rompere il ghiaccio. Abbasso` il volume della radio e chiese:- Allora…qual e` il piano?-

-Non…non vorrai mica…per carita` di Dio, e` omicidio!- biascico` lei tremante.
-No, non voglio, ma e` quello che faro` se non mi dai la tua parola che la gravidanza restera` un segreto fin quando IO non decidero` altrimenti.-
La vidi combattere contro se stessa. Sperai ardentemente che decidesse di darmi ascolto; non volevo usare quella pistola. Non volevo.
-Accetto, ma voglio che tu mi ripaghi i danni delle mie povere orchidee.-
Stupide orchidee, pensai, ma se questo era il prezzo che avrei dovuto pagare per la serenita` della mia famiglia, allora l'avrei fatto. Mancava solo un'ultima cosa.
-E i diritti del mio romanzo? Posso riaverli?- le chiesi stringendo con forza la pistola.
-Ma certo che no! Me li avevi promessi!- si innervosi` La Biscia.
Tolsi la sicura all'arma e avanzai di un passo, lei di contro arretro`.


CAPITOLO SEI
“La vendetta è un bisogno, il più intenso e profondo che esista, e ognuno deve soddisfarlo, non fosse che a parole. Se lo soffochiamo, ci esponiamo a turbe gravi. Più di uno squilibrio - forse addirittura tutti gli squilibri - scaturisce da una vendetta che abbiamo troppo a lungo differito. Osiamo esplodere! Qualunque malessere è più sano di quello provocato da una rabbia accumulata.”
(EMIL CIORAN)
Emilia non distolse gli occhi dalla guida, lascio` passare alcuni secondi che a Luca parvero anni e poi rispose- Andiamo alla sua presentazione , ho prenotato due posti, una volta finito aspetteremo che la gente tolga il disturbo e poi ci avvicineremo. Avrai dieci minuti, se non cinque per farla confessare prima che arrivi la sua segretaria. Una volta che saremo in tre, non parlera`.-
Alzo` nuovamente il volume della radio e cambio` frequenza, il che convinse Luca a lasciar perdere ogni tentativo di conversazione.
-Non fare sciocchezze.-  intimo` con sguardo serio. Luca tacque, non volle dire che in realta` aveva in mente molto piu` di una semplice sciocchezza. 
La osservo` a lungo durante il viaggio, non si capacitava che Emilia fosse disposta ad aiutarlo. In fondo, che sapeva di lui? Nulla. Eppure eccola la`, alla guida della sua auto, pronta ad aiutarlo nella sua missione pressoche` suicida di scovare un’assassina. Una donna cosi` bella avrebbe avuto di meglio da fare nel weekend che assistere un disperato. Si domando` se lo facesse per interesse nei suoi confronti. Rise quasi di se stesso. Trovava impossibile che una dea di quello stampo potesse essere anche minimamente attratta da un poveraccio come lui, ma fu contento che per la prima volta dopo anni gli venisse di pensare all’altro sesso in quel modo.
Finalmente giunsero all’hotel dove la Biscia avrebbe tenuto l’incontro con i fan. Il pubblico si era gia` raccolto nell’immenso giardino pensile sul tetto dell’hotel. Sedie bianche, orchidee e fiori colorati, molti giornalisti e un banco con un’intricata costruzione fatta dei volumi del romanzo.
-Prendi posto in fondo e non dare nell’occhio.- gli comando` Emilia. Luca obbedi` a malincuore, il sangue gli ribolliva nelle vene. Non gli sembrava giusto che la colpevole della morte di sua moglie fosse premiata della sua empietà` con tanto successo. Avrebbe voluto solo stringerle le mani al collo e ammazzarla li` davanti a tutti, ma non lo fece . Si tenne in disparte e ando` a occupare due posti all’ultima fila.
Vide Emilia avvicinarsi alla Biscia e stringerle la mano calorosamente. Si chiese come facesse a fingere tanto trasporto quando davanti aveva niente di meno di un’assassina senz’anima.
La segui` finche` non prese anche lei posto vicino a lui e insieme attesero che la Biscia desse il via alle domande.
La signora Lodovico fece cenno con la mano e la folla- perlopiu` donne di ogni eta`- si accalcarono per avere parola. 
La Biscia sorrise evidentemente compiaciuta del suo pubblico e indico` una donna bruna sulla trentina.
-Dove ha trovato l’ispirazione per scrivere un libro cosi` ben fatto?- le chiese con tono adorante.
-Fin da quando avevo venticinque anni ho sempre sognato di scrivere un libro, ma non ho mai osato provarci davvero. Vedevo tanti giovani scrittori nella casa editrice che ho fondato, cosi` pieni di talento e inventiva da far sfigurare qualunque bozza avessi provato a scrivere. Poi un giorno, ho detto basta. Mi sono detta che dovevo mettermi alla prova e che non importa se un libro ha successo o meno, se ci metti il cuore.-
Luca si senti` ribollire le viscere e fece per alzarsi, ma Emilia gli strinse con decisione la mano e gli lancio` uno sguardo comprensivo che allo stesso tempo non ammetteva repliche. Era sorprendente come un paio di occhi da cerbiatta potessero comunicare una tale determinazione. Emilia era la stratega di cui l’impulsività di Luca aveva bisogno. La ragione contrapposta al sentimento. Sentiva che insieme ce l’avrebbero fatta. Vedeva la luce alla fine del tunnel.
Furono poste molte altre domande dal pubblico e Luca riusci` a mostrarsi tranquillo durante la formulazione di ciascuna di esse. Mentre la Biscia si vantava del romanzo per cui aveva ucciso, Luca aveva solo un pensiero in mente: la vendetta.
Dopotutto, la vendetta e` immorale solo se la si applica per un tornaconto personale, e non era cio`  per cui agiva Luca. Il suo era un legittimo desiderio di infliggere un castigo a un essere abietto che aveva offeso la morale degli uomini e la legge di Dio, sottraendosi poi anche alle sanzioni della giustizia terrena.
Luca agiva per amore. Amore per Eleonora, si`, ma anche amore per la giustizia, e quella era la piu` giusta fra le vendette.
Era immerso nei suoi pensieri di morte quando Emilia lo scosse per invitarlo ad alzarsi. Tutti i presenti si erano dileguati. Si guardo` attorno. Vide la Biscia conversare con la sua segretaria e mandarla a posare i libri da qualche parte all’interno dell’albergo. 
-Resta qui.- Gli ordino` Emilia, poi s’incammino` con passo felino verso la signora Lodovico. La osservo` mentre parlava con l’assassina trattenendola per una spalla, improvvisamente la Biscia sgrano` gli occhi. Doveva aver visto qualcosa, o meglio qualcuno. Divenne pallida come un cencio e sembro` voler scappare, mala presa sicura di Emilia glielo impediva. “Dunque mi ha riconosciuto.” penso` Luca.
Si avvicino` con passo veloce, il prurito alle mani cresceva sempre di piu`. Avvicinandosi inizio` a distinguere alcuni parti del discorso.
-Non l’ho uccisa io! Lo giuro!- piagnucolo` la Biscia. Luca si avvento`contro di lei e le strinse forte le mani al collo, ma Emilia non permise quel contatto per piu` di un paio di secondi. Si interpose tra i due, infilandosi con difficolta` nell’esiguo spazio tra le mani di lui e il corpo di lei, premette il palmo contro il petto di Luca e gli sussurro`:-Calmo, strangolarla prima di sentire la sua versione non ti condurra` alla verita`.-
Luca sembro` agire sotto effetto di ipnosi e contro la sua volonta` le lascio` andare il collo. La Biscia prese a massaggiarsi il collo violaceo.
-Dovro` portare foulard per giorni! Settimane forse! E le telecamere poi! Ti avranno ripreso…scopriranno ogni cosa, tutto!- la donna farfugliava veloce.
Emilia si guardo` intorno alla ricerca di possibili telecamere che avessero ripreso la scena. Ne noto` un paio. Luca aveva creato davvero un bel casino.
-Possiamo parlare in qualche posto…piu` riservato?- le chiese parlando con tono mellifluo .
La donna acconsenti`,  e li condusse in quella che doveva essere la sua camera durante il soggiorno. Entrambi si aspettavano un attico o perlomeno una stanza sontuosa, ma la Biscia sembrava aver scelto per quella volta una camera economy.
Non appena si furono accomodati, Emilia incoraggio` la Biscia a parlare.
-Non ho ucciso io Eleonora, la polizia lo sa. Ci sono dei filmati delle telecamere che mi hanno ripresa mentre uscivo dalla sua stanza ben un’ora prima del suo decesso. Potete…
-Ferma!- Luca salto` in piedi. -Come sarebbe a dire che eri nella sua camera e la polizia lo sa? C’erano solo due nomi sulla lista dei sospettati e tu non eri fra questi.-
-Lo sai come funziona il mondo, ho pagato alcuni poliziotti per far sparire ogni traccia del mio coinvolgimento. Sarebbe stato un danno per il mio…be’ per il romanzo.-
Luca fremette. -Non hai risposto alla sua domanda.- intervenne Emilia con voce paziente- Cosa ci facevi nella sua stanza prima del decesso?-
-Eleonora mi aveva chiesto di andarci…in realta` non lo aveva chiesto, mi ha costretta. Mi ha fatto recapitare due fiori e le loro corolle. Sembravano decapitati.- singhiozzo`- Sulla busta non c’era il mittente, ma io avevo capito chi me li aveva mandati. Tra me e Eleonora non correva buon sangue, i soliti disguidi autore-editore, sapete.-
-LE HAI RUBATO IL ROMANZO!- Tuono` Luca, che per poco non le balzava di nuovo addosso. La Biscia si ritrasse sulla poltroncina come se volesse esserne inghiottita. Tremo` tutta. Emilia lo guardo`, ma questa volta non lo richiamo` all’ordine; le serviva qualcosa che spaventasse la donna al punto di farla confessare e la furia di un marito ferito faceva proprio al caso suo.
Le fece cenno di continuare e la Biscia cerco` di ricomporsi lisciandosi la gonna
-Non l’ho rubato, l’ho trattenuto. E’ diverso. Eleonora mi aveva promesso un romanzo e io le avevo fornito dei finanziamenti. Grandi somme, per intenderci, ma a romanzo finito, poco prima che lo mandassi in stampa, mi chiama e mi comunica di aver trovato un nuovo editore. “Assurdo!” le dico, “Non puoi cambiare editore come cambi compagno, tesoro”.-
-Sapevi di Roberto?- 
-Chi e` Roberto?- chiese Emilia, non si era mai dedicata al pettegolezzo in vita sua, quindi era rimasta al di fuori della rete di cattiverie e dicerie che si raccontavano sulla vittima.
Fu la Biscia a risponderle:- L’amante dici? Certo che lo sapevo. Ero a conoscenza anche del bambino.-
-Bambino?!- Emilia spalancó gli occhi. -Non sapevo stessi per avere un figlio… mi spiace.-
-Non era mio.- Le rispose seccato.
-Che bel romanzo che potrebbe venir fuori!- esultó insensibile la Biscia portandosi le mani al petto. Questa volta fu Luca a dover trattenere Emilia dal mollare un ceffone alla donna.
-Continua.- ordinó Luca.
-Allora, dov'ero rimasta? Ah sí, il nascituro.- fece un risolino compiaciuto.- Ahimè, usavo la notizia del bambino per costringere Eleonora a farmi pubblicare il romanzo. Non guardatemi cosí, non l'ho uccisa io. Anzi, é stata lei a puntarmi una pistola contro, ci credete? Una donna incinta che punta un'arma! Roba da pazzi. Quando ho detto al suo amante che non avrei accettato nemmeno i miliardi per tacere e restituirle i diritti…-
-Un attimo, Roberto sapeva?- 
-Sí, signor Salzano.  L'amante sapeva e voleva comprarmi. Come dicevo, quando ho detto all'amante…-
-Va bene cosí, puó bastare.- Luca sembrava pensieroso, fece per andarsene ma si bloccó sulla soglia della porta.
-Potrá anche non aver ucciso mia moglie,  ma faró comunque in modo che lei vada in carcere per aver pubblicato a suo nome il romanzo di ‘Nora.- 
-Ci provi quanto vuole, caro.- ammiccó salutando con una mano la coppia, mentre con l'altra componeva un numero al telefono dell'hotel.


-La prossima volta che intendi mettere le mani addosso a una persona cosi` influente assicurati che non ci siano telecamere o testimoni. –
Emilia si infilo` due dita nella scollatura e ne estrasse una corta penna con il cappuccio.
-Se non fosse stato per la tua bravata a quest’ora avrei gia` inviato la registrazione a un paio di giornalisti di mia conoscenza.-
-Hai registrato tutto?- le domandò` esterrefatto.
-Ogni cosa.- sorrise soddisfatta. – Di sicuro ne era consapevole, non avrebbe mai confessato di essersi appropriata del romanzo se tu non le avessi garantito una carta di scambio.-
-Maledizione! Sono proprio un incapace.- si mise le mani nei capelli e si rannichio` fra le proprie gambe.
Emilia gli accarezzo` la spalla e lo invito` coi gesti a rimettersi seduto sul sedile del passeggero.
-Non tutti i mali vengono per nuocere. Le hai dato un salvagente per dire tutta la verita`. Possiamo fidarci. Non ha ucciso tua moglie, o l’avrebbe detto. Se io consegno questa registrazione, lei usera` i filmati per denunciare sia te che me e la mia stessa registrazione per infamare Eleonora e il signor Baracci, che potrebbe nel caso peggiore arrivare a perdere l’azienda e finire dentro per estorsione.-

-Secondo te, possiamo fidarci di tutto quello che ha detto? Ogni cosa?-
-Senza alcun dubbio.-
-Allora Roberto mi ha mentito.- fece una lunga pausa. -Mi aveva detto di non sapere nulla della Biscia e di Eleonora, nemmeno che avesse scritto un romanzo. Perche` l’ha fatto?-
-Cosa ti ho appena detto?- Emilia sbuffo` sonoramente. -Allaccia la cintura, stiamo partendo.-
-Dove andiamo?-
-Ferrara.-

























Potevo assaporare la sua paura, era dolce come la vendetta.
-Sono tuoi, ma abbassa quella dannata pistola!- mi urlo` isterica. Cosi` feci, abbassai l'arma, la posai sullo scaffale vicino alla porta e poi le lasciai il passaggio libero.
-Vattene.- le intimai e La Biscia fu ben lieta di obbedirmi. La osservai mentre lasciava a passi svelti la camera.
Mi fiondai sul letto. La tensione si stava finalmente allentando. Mi sentivo esausta e in poco tempo mi assopii profondamente. Era tutto finito. Ogni mia preoccupazione mi stava lentamente scivolando dalla pelle. 
D'un tratto, il rumore della porta che si chiudeva mi strappo` dall'oasi mentale in cui mi ero rifugiata.
Per un attimo pensai che La Biscia fosse tornata indietro per rimangiarsi la parola, ma non poteva essere lei: se n'era andata sbattendo la porta e non avrebbe potuto aprirla nuovamente.
Qualcuno di estraneo era entrato.



































             CAPITOLO SETTE
“Quando tu giuri che sei sua, con brividi e sospiri, e lui giura che la sua passione è infinita, immortale segnatelo: uno di voi mente.”
(Dorothy Parker)

Si fermarono solo un paio di volte durante il tragitto Rimini-Ferrara. La prima per fare benzina, la seconda a Ravenna,  per bere un caffe` allo Chalet dei Giardini Pubblici.
Durante il viaggio, Luca aveva insistito svariate volte per sapere il motivo della destinazione, ma Emilia aveva ostinatamente taciuto.  “Devi capirlo da solo” continuava a ripetergli, ma Luca proprio non capiva.
-Okay, ho capito che stiamo andando da Roberto. Sono anche arrivato al perche` della menzogna…-
-Dillo.-
-Mi ha mentito sulla Biscia perche`non voleva che facessi pazzie.-
-E se ti avesse detto la verita`, tu l’avresti fatto di sicuro. Sei una mina vagante. Anzi, lo eri. Adesso sei una mina con una base di controllo decisamente astuta e affascinante.- Emilia rise senza distogliere gli occhi dalla strada.
Luca rimase sconcertato, cosa avrebbe dovuto dire in quel momento? Era chiaro che Emilia cercasse di ottenere un complimento, ma…era davvero cosi` chiaro?
Decise di far cadere l’attenzione da quello spiacevole dettaglio.
-Probabilmente e` vero. Sarei andato da quella serpe e le avrei fatto non so cosa senza neanche ascoltarla.-
-Non ti stai concentrando sulla domanda piu` importante.-
-Quale sarebbe? – chiese alzando un sopracciglio.
-Non sai leggere tra le righe.- Quell’aria da saccente stava iniziando a dare veramente sui nervi. D’un tratto Luca ricordo` perche` la signorina Brentani gli avesse suscitato tanta antipatia in passato.
-No, non so farlo. Illuminami.- rispose seccato.
-Elementare, Watson.- lo beffeggio` Emilia. 
-Puoi arrivare dritta al punto, per favore?- ormai Luca era al limite.
-Penso che il signor Baracci stia coprendo qualcuno. Era sicuro che non fosse stata la Biscia a compiere il delitto, altrimenti non avrebbe mai lasciato cadere la questione senza nemmeno una vendetta personale. Va bene non coinvolgere le autorita`, ma lasciargliela fare franca in questo modo? No, non mi sembra il modus operandi di un uomo come lui.-
-Probabilmente era preoccupato che uscisse fuori il ricatto.- ipotizzo` l’uomo.
-E` vero, ma se rifletti meglio, il colpevole non gli ha solo tolto l’amante, ma anche l’erede. Ammesso che l’assassino sia la Biscia che, oltre ad avergli tolto gli affetti, puo` anche fargli perdere il nome e l’azienda, la lasceresti mai a piede libero?  A un uomo potente come lui, nella sua posizione basterebbe schioccare le dita per eliminare l’inconveniente senza sporcarsi le mani.
-Non lo credo capace di tanto, ma hai ragione. Non penso che avrebbe permesso all’ assassino di farla franca.  -
-Credo che lui fosse sicuro della non colpevolezza della Biscia, eppure non te l’ha detto…Vuole distrarti, ma perche`? Tornando a te che non sai leggere tra le righe, la domanda era: cosa sa la Biscia che lui vuole nasconderti?-
-Te l’ho detto, il ricatto.-
-In che modo che tu sapessi del ricatto poteva nuocergli? Immagina la scena: tu hai dei sospetti, lui ti da` ragione allora vai dalla Biscia e le fai del male. Ora ci sono due diversi scenari: se la uccidi o se non la uccidi. Se la uccidi, tu vai in carcere e lui risolve il suo piccolo inconveniente senza neanche dover schioccare le dita. Se non la uccidi, lei ti manda in galera, si alza un polverone e la polizia scopre del ricatto e della faccenda illegale del romanzo. Non conviene soprattutto alla Biscia, che quindi non ti denuncerebbe mai. In ogni scenario il danno per il signor Baracci e` minimo se non nullo. Quindi cosa lo ha spinto a mentirti?
-Non lo so, ma di certo non e` la questione del ricatto, e` per questo che stiamo andando a Ferrara. Lo chiederemo direttamente a lui.-
-Ma come fai a sapere che si trova a Ferrara?-
Lo guardo` accigliata, tiro` fuori dalla tasca il cellulare e gli mostro`delle storie su Instagram.
-Benvenuto nel ventunesimo secolo, dinosauro.-


-Per me un caffe` ginseng schiumato senza zucchero, grazie.- Ordino` tutto d’un fiato Emilia al cameriere.
-Per me un...-
-Decaffeinato macchiato.- completo` lei.
Il cameriere prese le ordinazioni e si allontano`.
-Come fai a sapere che lo prendo decaffeinato?-
-La sai la differenza tra guardare e osservare?-
-Per una buona volta, puoi limitarti a rispondere in modo semplice e lineare?- sbotto`.
-Non sarebbe divertente, guarda che faccia che hai!- rise di una risata fanciullesca e poco raffinata.
Anche Luca, rendendosi conto di essere diventato paonazzo, sorrise e si propose di stare al gioco. Il suo proposito duro` poco, subito una nuvola temporalesca gli oscuro` la mente.
-Prima, in macchina, mi hai detto di credere che Roberto abbia voluto coprire qualcuno, ma non hai spiegato la tua “brillante deduzione” come fai di solito.- disse mimando delle virgolette con le dita.
Emilia parve rabbuiarsi, si drizzo` improvvisamente sulla sedia e fece per alzarsi.
-Devo andare in bagno.- spiego`, ma Luca la trattenne per il polso e la invito` a sedersi di nuovo.
-Ti prego, non mentirmi anche tu.-
-Credo di sapere chi stava coprendo…-
-Chi?- la incalzo` lui.
Emilia arrossi`violentemente.
-La Biscia.- Luca sembro` confuso. -Ma non nel modo che pensi tu!- si affretto` ad aggiungere. 
Luca tacque e attese.
-Credo che abbiano avuto una relazione…- confesso` infine, abbassando il capo come se fosse lei stessa a dover sopportare la vergogna di cio` che aveva appena proferito.
Luca scatto` dalla sedia e prese a camminare avanti e indietro, tutti i presenti lo fissavano , ma a lui non sembrava importare. L’amore della sua vita aveva preferito un traditore recidivo alla sua incondizionata fedelta`. 
-No. No. Nononono.- farneticava con le dita che torturavano i capelli un po` incolti.
-No.- sussurro` infine con restando con le dita intrecciate dietro la nuca. -Dimmi che Eleonora non lo sapeva.-
-Questo non te lo posso dire…non posso dirti se Eleonora sapesse o meno di Roberto e la signora Lodovico.- 
-Ha preferito la meta` di un uomo a tutto me stesso!- Luca sembrava in preda alle lacrime, ma non si scompose.
Emilia strinse forte i braccioli, indecisa sul da farsi, poi si alzo`. Fece la cosa piu` innaturale che le venisse e rimase enormemente stupita di come le risultasse confortante e naturale in quell’occasione. Abbraccio` forte Luca. L’uomo sembro` intontito per alcuni istanti. Era da tempo che non riceveva un gesto d’affetto cosi` genuino. Era passato molti mesi dall’ultima fredda e calcolatrice pacca sulla spalla dell’avvocato. Si sentiva d’un tratto piu` leggero. Ricambio` l’abbraccio e strinse forte in vita Emilia che dal canto suo prese ad accarezzargli i capelli.
-Scusa se te lo dico- gli sussurro` all’orecchio – ma Eleonora e` stata una sciocca.-
Aveva appena insultato la memoria della moglie, ma per Luca andava bene cosi`.

Mi misi subito a sedere sul letto e mi sporsi verso l'anticamera del mio alloggio alla ricerca della fonte del rumore. Niente. Restai in ascolto. Ancora niente. Alla fine mi convinsi che fosse stato solo frutto della mia mente dormiente e tornai a rilassarmi. Con la testa sul cuscino guardavo il soffitto dall'intonaco perfettamente omogeneo. Le palpebre cominciarono a cedermi nuovamente.
Passi.
Spalancai gli occhi. Ero sicurissima di aver sentito qualche passo. Posai una mano sulla cornetta del telefono sistemato sul comodino e mi tenni pronta a digitare il numero della hall al primo segnale di pericolo.
Altri passi.
Cominciai a premere tasti con le dita che per il tremore faticavano a digitare il numero giusto.
Apparve prima un'ombra, poi una sagoma.






































CAPITOLO OTTO
“Capitano a volte incontri con persone a noi assolutamente estranee, per le quali proviamo interesse fin dal primo sguardo, all’improvviso, in maniera inaspettata, prima che una sola parola venga pronunciata.”
(Fëdor Dostoevskij)

Verso sera arrivarono a Ferrara. Piazza Trento-Trieste era a quell’ora poco popolata.
-Sembra un quadro di De Chirico.- disse Emilia rabbrividendo. Il rumore dei loro passi riecheggiava per la piazza rossa e la luce dei lampioni trasformava le loro ombre in lunghissimi fusi neri.
-A quale quadro stai pensando?-
-“L’enigma dell’ora”, se non fosse per il mio stomaco e per il sonno non saprei che sono le nove.-scherzo`.
-Dimmi un po’, non avrai mica intenzione di andare alla ricerca di uno sporco donnaiolo di notte?- le chiese.
-Null’affatto.- rispose lei.
-Allora credo che dovremmo cercare un posto per dormire. Chiediamo consiglio a qualche passante.-
- E l’uomo che veniva dal passato propose di chiedere a qualche passante informazioni sulla piu` vicina osteria, per rifocillarsi e riposarsi prima di salire nuovamente in carrozza.- lo scimmiotto` lei.
-Ho sempre desiderato una voce narrante. Ti prego, continua.- la sua voce trasudava sarcasmo.
-Okay, scusa. Dicevo solo che avremmo fatto molto prima a cercare qualcosa su booking.-
-Secondo me, facciamo prima a chiedere.-
-Tra cento metri, se giri a sinistra e poi vi dritto per altri duecento troverai la “Locanda Borgonuovo”.
-Ci sei mai stata?-
-No, ma ventiquattro persone hanno lasciato delle recensioni. E poi che nome! “La locanda”! Solo per questo motivo dovrebbe attrarre tutti i dinosauri come te.- rise di gusto. -Non perdere il passo.- mi disse. E poi aumento` l’andatura. Non avevo mai visto una donna correre cosi` tanto su un paio di tacchi a spillo.
Cercai di starle dietro. In pochi minuti giungemmo al B&B, entrammo nella reception. Era un luogo piacevole, c’era un caminetto all’angolo in cui la legna ardeva scoppiettante. Rischiarava e riscaldava anche sotto la pelle. Emilia chiese le camere e tiro` fuori i propri documenti, facendo cenno a Luca di fare altrettanto.
-Sono spiacente ma non ho due singole.- Disse quello che doveva essere il figlio del proprietario.
-Ma…ho appena controllato sul sito e mi da` due camere singole disponibili.-
-Non so dirle.- rispose il ragazzo. -Se potete aspettare pochi secondi, faro` venire mio padre.-
-Sisi, va bene.- si intromise Luca.
Emilia tamburellava le proprie dita sul bancone mentre guardava ossessivamente la porta che dava sul retro.
-Possiamo sempre cercarne un altro.- Propose l’uomo.
-No, non credo sia una buona idea. Non solo e` tardi ma gli altri hotel della zona sono troppo prestigiosi. Rischieremmo di farci vedere dal signor Baracci prima del tempo.
-Capisco.- disse Luca, ma in realta` non capiva.
Emilia lo guardo` e sembro` accorgersi dell’espressione confusa che doveva aver assunto in quell’istante. Roteo` gli occhi e sbuffo` sonoramente.
-Allora, come spiegartelo in modo semplice…ecco! Se il signor Brancacci e la Biscia hanno una relazione, lei gli avra` riferito del nostro incontro di oggi, pertanto lui cerchera` di evitarti, specialmente se e` in compagnia della moglie.-
-Capito.- 
-Sicuro?-
Luca la guardo` storto e fece per ribattere, ma un corpulento signore varco` la porta del retro e si schiari` la voce.
-Sono desolato, signori. Effettivamente non abbiamo le camere che ci avete chiesto. Sono rimaste, pero`, una doppia e una quadrupla.-
-Ribadisco- s’impose Emilia leggermente alterata – sulla piattaforma mi dava disponibilita`.-
-Perdoni il mio giovane rampollo, signorina. E` stato lui a commettere l’errore.- Accompagno` le parole a una sonora pacca dietro la testa del figlio che, dopo essere diventato dello stesso colore del fuoco nel camino, abbasso` lo sguardo e si raddrizzo` nervosamente gli occhiali sul naso.
-La prendiamo.- disse Luca.
-Tu dormi a terra.- aggiunse Emilia.
Il proprietario rise di una risata rauca  consegno` loro le chiavi. Fece l’occhiolino a Luca e gli sussurro`:- quando le sposi peggiorano anche.-
Luca non fece in tempo a rispondere che il signore si stava gia` avviando verso la stanza sul retro.
-Vi accompagno.- disse il ragazzo.
D’un tratto, all’uomo venne in mente quanto poco galante doveva sembrare in quel momento. La loro camera era situata al secondo piano e solo quando giunsero al primo, Luca si accorse del trolley non troppo maneggevole della donna. Salto` due scalini in una volta e prese dalla mano di lei il bagaglio offrendosi di potarlo, ma in tutta risposta ricevette un “maschilista”. Rimase stranito per qualche secondo.
-Come scusa?- allora chiese.
-Sei un maschilista. Pensi di essere piu` forte di me?-
Luca fece per annuire, ma Emilia lo blocco` con un gesto della mano. 
-Non osare rispondermi affermativamente.- gli disse, tenendo fermo davanti a se` il braccio col palmo della mano aperto. -La valigia me la porto da sola.- affermo` con convinzione trascinandola per le scale. Ormai erano quasi giunti. -E TU DORMI  A TERRA!- aggiunse con parecchia enfasi.
Lo stupore di Luca non fece che aumentare dopo quelle poche battute. Non capiva cosa avesse fatto di sbagliato e penso` che chiederglielo fosse una pessima idea. Decise di lasciar correre. 
-Avresti intenzione di urlarmi contro nella remota possibilita` che scendessi a prendere qualcosa da mangiare?-
Emilia indugio`, portandosi la mano nella tasca dei jeans.
-No, vai. Cosi` nel frattempo mi faccio una doccia e ti preparo il letto.-
-Vorrai dire il pavimento.-
-Ma non stavi scendendo?- Emilia non attese risposta. Il contenuto della sua valigia era gia` tutto sul letto.




Completamente terrorizzata, domandai all'ombra proiettata sul muro -Chi va la`?-
Che domanda stupida! Sembrava che stessi giocando a "Un due tre, stai la`."
Non ottenni nessuna risposta , solo il silenzio e il rumore assordante delle automobili. Mi vennero in mente moltissimi thriller, forse troppi, che iniziavano in quel modo. Ci mancava solo che fossi nuda sotto la doccia e che quell'ombra avesse un affilato e scintillante coltello. Era una situazione quasi irreale.
-C'e` qualcuno?- provai nuovamente.
Ancora nessuna risposta. Forse mi stavo solo condizionando. Il mio cuore rallento` fino a tornare a battere a una velocita` normale. Poi sobbalzo` ancora. Nessun dubbio: c'era una donna nella mia camera.













CAPITOLO NOVE
“Gli incontri più importanti sono già combinati dalle anime prim'ancora che i corpi si vedano. Generalmente, essi avvengono quando arriviamo a un limite, quando abbiamo bisogno di morire e rinascere emotivamente. Gli incontri ci aspettano, ma la maggior parte delle volte evitiamo che si verifichino. Se siamo disperati, invece, se non abbiamo più nulla da perdere oppure siamo entusiasti della vita, allora l'ignoto si manifesta e il nostro universo cambia rotta.” 
(Paulo Coelho)
Toc toc.
Emilia senti` bussare alla porta. Corse verso di essa e si fermo` a sbirciare dalla serratura. Era Luca. Ne era certa. 
Toc toc.
Bussavano di nuovo. Finalmente si decise ad aprire, e si`, era Luca.
Il profumo di Noodles invase piacevolmente la stanza.
-Ci hai messo un po’.- lo rimprovero` lei, senza lasciare che gli occhi perdessero di vista il cibo.
-Sei seria? Sono stato via neanche dieci minuti…- un’idea gli baleno` in mente. Sorrise. Quasi aveva dimenticato come si stuzzicasse una donna. Il sorriso gli si spense e lascio` il posto a un leggero retrogusto di frustrazione. Era stato il marito perfetto per Eleonora, ma lei lo aveva lasciato e nonostante cio` aveva continuato a esserlo. Ma a vedersi meglio dall’esterno, non aveva fatto altro che il burattino. Eleonora era stato per lui nient’altro che un parassita di sentimenti, lo prosciugava nell’anima, lo consumava nella gelosia e nell’autocommiserazione. Ma non era stata colpa sua. Era stato lui stesso a permettere che succedesse. Era lui l’unico carnefice del suo stesso sacrificio a una dea sorda e approfittatrice.
Luca aveva ucciso l’uomo che era e Luca l’avrebbe riportato in vita. 
Era ora di tornare a respirare.
L’attimo in cui aveva deciso di riemergere dall’abisso nel quale si era fatto sprofondare gli era sembrato eterno, ma era ancor in tempo per concludere la frase e giocare la sua partita.
-…mi stai dicendo che ti sono mancato?- aggiunse inclinando la testa di lato.
Emilia resto` di sasso di fronte al cambiamento repentino di lui. Capi` che qualcosa era cambiato. Voleva provocarla? Andava bene, lei avrebbe giocato. Ma con le sue regole.
Cambio` istantaneamente espressione, assumendone una civettuola. Sorrise come se fosse una tenera ragazza di campagna e gli si avvicino` piano con passo da pantera.
Luca fu incuriosito dall’atteggiamento di lei. L’uomo che era stato fino a un momento prima avrebbe fatto di tutto per sottrarsi da quella occasione. Ma non il nuovo Luca.
-Mi costa ammetterlo…ma si`, mi sei mancato…un pochino.- Emilia parlava come se stesse facendo le fusa.
Quando gli fu di fronte, alzo` il mento e lo guardo` fisso negli occhi, cercando di assumere l’aria piu` innocente che le riuscisse. Gli poso` la mano sul braccio, come aveva fatto anche in altre occasioni, ma stavolta voleva che Luca percepisse che ne suo gesto non c’era alcun intento consolatorio. Strinse con fermezza la presa. Luca era immobile e rigido come uno di quei soldatini di legno con cui giocava il fratello quando erano piccoli.
Lascio` scorrere le dita dai bicipiti all’avambraccio e dall’avambraccio al dorso della mano che manteneva la scatola.
Si alzo` leggermente sulle punte dei piedi per arrivare all’altezza del suo orecchio. Luca sentiva il suo respiro caldo sul collo. Lo faceva impazzire. Le appoggio` le punte delle dita sul  fianco destro, nel punto che la maglia lasciava scoperto. Emilia percepi` il tocco caldo di lui. Era il momento di agire.
-Adoro il cinese.- gli sussurro` affondando la presa sulla scatoletta che aveva in mano e allontanandosi. Soddisfatta del proprio operato, torno` sul letto furtiva come un gattino che ha appena rubato del pesce.
Luca, dal canto suo, era…confuso? Scioccato? Non sapeva come descriversi e neanche cosa pensare di cio` che era appena accaduto. Sapeva solo che quella donna lo teneva in pugno.
-Puoi mangiare sul letto, se vuoi.- gli disse facendogli spazio sull’ampio letto matrimoniale. -Ma dormi a terra.- si affretto` ad aggiungere.
Luca ancora non si era ripreso dalla truffa di poco prima. Rimase li` impalato a fissare il punto che lei aveva indicato.
-Luca?- lo chiamo` lei ridacchiando. -Se non ti muovi, mangero` anche la tua parte!-
Un brontolio allo stomaco lo ridesto` dal suo sogno. Si avvicino` al letto e timidamente prese posto a una ragguardevole distanza dalla donna.
Mangiarono in silenzio, guardando per tutto il tempo lo schermo di piccole dimensioni sistemato sotto il grande specchio.
Fu Emilia a rompere l’imbarazzante silenzio quando entrambi ebbero finito di mangiare .
-Facciamo un gioco?-propose.
-Oh, no.- fu la risposta di Luca.
-Okay, inizio io.- disse Emilia ignorandolo spudoratamente. -Da piccola sezionavo le barbie e le ricomponevo. Tocca a te.-
Luca la guardo` col fare di chi stava decidendo se buttarsi o meno giu` dal ponte.
-Ho un cane di nome Cerbero.- alla fine si era buttato.
-Questo lo so, o almeno so che hai un cane. Razza?-
-E` un meticcio, l’ho adottato affinche` mi facesse compagnia. Tocca a te.
-Hm…da piccola ho portato l’apparecchio e tutti gli altri bambini mi prendevano in giro. Cosi` , un giorno ho pestato uno di loro davanti a tutti gli altri.-
-Davvero?- Luca era sbalordito, a vederla ora non l’avrebbe mai giudicata un tipo impulsivo.
-Davvero davvero.- rispose lei.
-All’eta` di quattordici anni per una scommessa con gli amici ho chiesto a una ragazzina di uscire.-
-Ma sei un bastardo!- gli disse Emilia indignata.
-Mica tanto, lei ha rifiutato e io ho fatto la figura dello scemo.-
-Ben ti sta.- rispose Emilia incrociando le braccia al petto.
Risero entrambi e continuarono cosi` per tutta la serata.
Quando si fu fatta una certa ora, convennero che era tempo di andarsi a coricare. Spensero le luci e la televisione. Luca si sistemo` nel giaciglio improvvisato sul pavimento ed Emilia si tiro` le coperte fino al mento. 
Fuori la finestra i grilli componevano la loro sinfonia. Nessun altro rumore superava le persiane chiuse.
-Luca?- proruppe a bassa voce Emilia.
-Si?-
-Io non avrei scelto Roberto.-
Dopo, tutto tacque.
Emilia venne svegliata del cuore della notte da un lamento. Apri` di scatto gli occhi, le orecchie tese a carpire ogni minimo rumore e il cuore che le batteva forte nel petto. Non appena le fu possibile distinguere le forme dei mobili nell’oscurita` , si alzo` e cerco` di raggiungere Luca per avvertirlo del pericolo ce incombeva su di loro. Fece per scuoterlo dal sonno, ma prima che potesse anche solo sfiorarlo ecco che senti` un altro gemito. Capi` che la fonte dei lamenti era Luca stesso.
“Pover’uomo”, penso` Emilia.
-Luca?- lo chiamo`, ma non accennava a svegliarsi. Allora si stese al suo fianco e prese ad accarezzargli i capelli finche` non senti` piu` alcun lamento, poi il sonno avvolse anche lei.


Urlai a squarciagola. La donna sembro` allarmarsi e corse vero di me per tapparmi la bocca.
-Non urli!-- mi disse. Quando mi fui calmata, potei vedere che era solo una delle cameriere dell'hotel. Mi tolse la mano dalla bocca e io parlai - Non puo` pulire adesso la stanza, pero` tra poco andro` via e lei potra` fare il suo dovere.- 
Notai che la donna mi guardava pensierosa. Poi mi rispose -Non sono qui per pulire.- e si mise in piedi. Cammino` con passo affrettato verso la porta.
-E allora cosa ci fa qui? Perche` e` entrata in camera mia?- Ma era gia` sparita dietro il muro che divideva la zona letto dall'anticamera dell'alloggio.
Non rispose, ma la vidi tornare indietro. L'oggetto che aveva tra le mani catturo` un raggio luminoso e scintillo` appena.
Era la pistola di Luca.






















CAPITOLO DIECI
Le colonne del cielo sono scosse,
tremano alla sua minaccia.
(Giobbe 26:11)
Luca fu il primo tra i due a svegliarsi. Erano appena le otto e il sole stava timidamente sorgendo su Ferrara. Che scenario spettacolare doveva esserci li`, fuori da quella finestra dalle imposte chiuse! Attraversato da un’irrefrenabile voglia di vivere e di vedere vivere, Luca si vesti` in fretta e scese veloce le scale del B&B. Si sentiva perfettamente riposato. Varco` l’uscita e l’aria prese a sferzargli il viso. Si sentiva vivo. L’alba dipingeva la piazza rossiccia di una tenue sfumatura rosea. Non si era mai accorto di come la luce rendesse pregiate anche le piu` misere pietre, e su una citta` bella come quella, l’effetto non poteva che essere magnifico.
Avvisto` un bar in lontananza e penso` bene di comprare la colazione per Emilia. Dopotutto il merito della rinascita era tutto suo. 
Aveva passati tanti anni, troppi forse, nella piu` assoluta solitudine che tornare a ridere e scherzare con una donna come lei era stato per lui come un respiro dopo una lunga apnea. L’aria era dolcissima.
L’imbarazzo freno` appena quel suo appetito di vita. Se Emilia alla fine aveva deciso di dormire al suo fianco era perche` doveva aver udito i suoi lamenti nel sonno. Spero` di non aver anche parlato o urlato. Un lieve rossore gli comparve sotto la corta barba. Avrebbe fatto di tutto per evitare l’argomento con lei, convenne.
Compro` due croissants ripieni al cioccolato e due cappuccini, di cui uno di latte di soia per se`.
Entro` nella camera cercando di non fare alcun rumore. Emilia stava ancora dormendo placidamente sul pavimento. Facendo attenzione a non rovesciare il contenuto nel sacchetto, prese posto al suo fianco, estrasse un cornetto dalla busta e glielo avvicino` al naso. La donna apri` gli occhi, poi li richiuse, scacciandolo con un gesto della mano. Accompagno` il tutto con un sommesso brontolio.
-Emilia?- la chiamo` lui scuotendola appena,- Ci sono i cornetti.-
Emilia spalanco` gli occhi e, presa coscienza della veridicita` di quell’affermazione, si sollevo` facendo leva sul gomito.
-Davvero?- pareva una bambina cui viene detto che Babbo Natale ha mangiato tutti i biscotti.
-Eccoli qua.- disse luca, sventolandoglieli davanti. Emilia ne afferro` uno e lo divoro` voracemente. Vedendosi osservata, provo a giustificarsi-e` il giorno di shock calorico…-
Luca non rispose, si limito` a ridere.
-Allora qual e` il piano?- domando`, invece.
Emilia divenne seria, si puli` l’angolo della bocca, sebbene non fosse sporco, e parlo`- L’ultima storia su Instagram del signor Baracci porta come localizzazione Ferrara e risale a sette ore fa. Pertanto, dovrebbe essere ancora in citta`. Avra` dormito in qualche albergo che, conoscendo il soggetto, sara` estremamente facoltoso, ma non sappiamo quale.-
-Gia`. Bel problema. Quindi come facciamo?-
-Fortunatamente il signor Baracci e`molto pigro, dubito che avra` cercato da se` l’hotel in cui soggiornare.-
-La segretaria! Avra` chiesto a lei di prenotare da qualche parte.-
-Esattamente. Si dia il caso che io abbia un vantaggio sulla suddetta segretaria.-
-Sarebbe?-chiese Luca incuriosito.
La donna sembrava vagamente a disagio, ma rispose lo stesso. -Una volta mi ha fatto una confidenza, ma non chiedermi quale, non voglio dirtela.-
-Intendi ricattarla, dunque?-chiese Luca quasi scandalizzato. -Non e` etico!-
-Se non lo faccio, non sapremo mai dove alloggia.- il cui disagio cresceva notevolmente.
-Posso sempre parlargli in azienda…-
-E cosa cambierebbe da tutte quelle volte in cui lo hai bloccato nei corridoi e gli hai detto dei tuoi sospetti?-sputo` quella domanda come se fosse veleno.
Luca parve destabilizzato. -Come…come..sai…- balbetto`.
-Credi che il signor Baracci non ti abbia deriso in davanti ai colleghi o alla sua segretaria? Perfino davanti agli stagisti!- poi si calmo` e uso` un tono piu` dolce – alla luce dei nuovi sviluppi, credo che volesse farti perdere di credibilita`.-
-E ci e` riuscito.-
-Niente autocommiserazione! Lasciami telefonare e saprai la verita`.- Emilia si chiuse in bagno affinche` il contenuto della telefonata non fosse udibile da Luca.
Cinque squilli furono necessari prima che la segretaria rispondesse al cellulare.
-Pronto?-
-Ciao Noemi, sono Emilia.-
-Oh, ciao Emilia! Come stai? Dove sei finita?- domando` festosa.
-Bene, bene. Sono in giro…avevo intenzione di andare da Roberto, sono a Ferrara, mi puoi dire in quale hotel si trova?-
-Ah…- Noemi era chiaramente seccata. -Sono spiacente ma se lui non te l’ha detto non credo di poterlo fare io…-
-E` urgente, Noemi. Ti prego.-
-Non posso, Emilia. Mi spiace.-
-Spiace a me dover fare questo, Noemi.- prese una lunga pausa mentre dall’altro lato della cornetta si avvertiva l’attesa. -Se non mi dici dove si trova Roberto in questo momento…saro` costretta a rendere pubblico il tuo incontro con lui.-
Terrore. Noemi biascicò incerta qualche parola. Poi Emilia la senti` deglutire. Un respiro profondo precedette le sue parole:- Non puoi farlo, anche tu hai lo stesso segreto. Se cado io, cadi tu.-
-Ma io non ho un marito e un bambino piccolo.- rispose prontamente la donna.
Di nuovo il silenzio.
-Cosa vuoi da me?- si arrese, infine.  
-Nulla che tu non possa fare. Mi devi dire dove ha dormito Roberto, se si trova ancora li` e se e` solo.- pausa- e io in cambio, ti garantiro` il mio silenzio.-
-Va bene, chiamo direttamente il signor Baracci e ti faccio sapere.- poi attacco`.
Emilia si guardo` allo specchio, fissando a lungo la sua immagine. Si butto` in fretta e furia sotto la doccia. Voleva che ogni singolo centimetro della sua pelle che fosse stato toccato da Roberto fosse lavato. Ma non poteva lavare via il suo tocco, allora immagino` di sciogliere con l’acqua calda la vecchia se`. Quella donna mercificata che era stata. Sciocca! Come aveva potuto cedere a delle cosi` scontate lusinghe? Stupida!
L’acqua era bollente, il bagno sembrava una sauna e il vetro era totalmente offuscato. Sembrava che in quella stanza fosse sola con i suoi pensieri.
E` assurdo come, a volte, donne indipendenti e intelligentissime possano sentirsi attratte come falene dalla fiamma di uomini prosaici ed egocentrici come il signor Baracci. Emilia non lo accettava, non accettava che una come lei avesse potuto cedere alle sue moine di un collezionista di bambole.
Si obbligo` a smettere di pensarci. “Non importa se sbagli, ma se impari dai tuoi errori” si disse, usci` dal bagno con la miglior faccia neutra che riuscisse a indossare.
Luca l’aspettava seduto sul letto. La sua valigia era gia` pronta, mancavano solo le ultime cose.
-Allora?- le chiese. – Abbiamo le informazioni che volevamo?-
Emilia gli mostro` l’SMS arrivatole pochi secondi prima.
Hotel Marechiaro, sta per scendere a fare colazione, e` solo.
Luca annui`. -Facciamo in fretta.- esorto`.
Salirono nella bianca Peugeot di Emilia e si diressero verso l’Hotel Marechiaro.
-E` di vitale importanza che tu ti astenga dal mettergli le mani addosso, qualunque cosa accada.- gli intimo` la donna al volante.
-Sisi, ho imparato la lezione sulle videocamere etc. etc.- le rispose Luca decisamente annoiato. -Parli tu o parlo io?-
-In realta` non so se sia il caso che io entri con te.-
-E` fuori dicussione, ho bisogno di te li` dentro. Ho bisogno che tu colga le sfumature che la mia impulsivita` non mi permette di cogliere.-
-Va bene.- cedette Emilia, sospirando. -Quando saremo li`, tieni sempre in mente il motivo della nostra presenza.
-Sapere perche` mi ha mentito sul romanzo e se ha una relazione con quella donna.-
-Perfetto, siamo quasi arrivati. Sei pronto?-
-Cambierebbe qualcosa se dicessi di no?-
-Hm…per niente. Dai, scendi.- 
L’uomo e la donna scesero dall’auto e si avviarono insieme verso il sontuoso ingresso dell’Hotel Marechiaro. La verita` si faceva sempre piu` vicina.




L'inserviente la reggeva tra le mani come se fosse stata bollente. Volevo darle una spiegazione plausibile del perche` ci fosse una pistola nella mia stanza, ma non riuscivo a pensare a nulla che le avrebbe impedito di denunciarmi.
Tutto cio` che riusci` a dire fu -Attenzione! E` carica.- che decisament non mi era d'aiuto.
La donna la soppeso` senza togliermi gli occhi di dosso.
-Posso spiegare…- cominciai io, ma quello che fece lei mi costrinse ad arrestare le mie spiegazioni.
Mi stava puntando la pistola contro.
-La prego non parli, e` gia` abbastanza difficile cosi`.- mi supplico`.



























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