Il convento della paura

di Chiara PuroLuce
(/viewuser.php?uid=311134)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


«Buongiorno, mi chiamo Marta Brambilla e sono stata convocata dal commissario Riva per le 9.30» esordisco fermando un agente.

«Ah, sì, l’investigatrice privata. È in anticipo, si accomodi lì e aspetti» mi risponde quello in modo sbrigativo.

Mi dirigo al gruppetto di tre sedie a lato del bancone e mi guardo in giro. Questo posto è minimalista, ma ben organizzato e pulitissimo. Quasi quasi intercetto una donna delle pulizie e la assumo anche per casa mia e… e sì, anche per il mio ufficio. Non che sia casinista e sporco, ma non si avvicina neanche lontanamente a questo posto.
No, è vero, non sono un’amante della pulizia, ma neanche della sporcizia e quindi faccio giusto il minimo. A creare caos è il disordine cronico di cui soffro, anche se io trovo tutto in tempi rapidi.
Guardo l’enorme orologio proprio davanti alla mia testa e sorrido tra me. Ebbene sì, miracolo dei miracoli, sono in anticipo e di un bel po’.
Ero così irritata con la visita mattutina del Valsecchi – del tutto inaspettata e snervante – che ho finito per prepararmi a tempo di record e ora eccomi qua. E sono appena le 9.00!

 
«Signora Brambilla? Piacere, sono il Commissario Ludovico Riva, andiamo nel mio ufficio» mi dice stringendomi la mano.

Lo seguo senza dire una parola e lui – dopo avermi portata in un ufficio molto spazioso – mi fa accomodare davanti alla scrivania, scostandomi persino la sedia.  
Il mio sguardo corre alla stanza e alle pareti dove, a lato della bandiera italiana e quella europea, svetta la foto del nostro Presidente, un tipo strano dallo sguardo spento e assente che ogni tanto si fa vivo in televisione con quella sua flemma nel modo di fare e parlare che mi spinge a cambiare canale per non addormentarmi.
Un Tronchetto della felicità – che avrà visto giorni migliori – è a lato di un Ficus che non sta messo meglio e sembrano chiedermi aiuto. Sbagliato persona, mi dispiace.

 
«Ho voluto parlarle in merito alla vicenda del convento di Nostra Signora delle Lacrime. Mi riferisco a quello che sta accadendo in quella zona» esordisce con sguardo serio.

«Ho immaginato fosse per quello quando il suo agente mi ha chiamata stamattina presto. Svegliandomi» mento, ma tanto lui non può sapere che qualcun altro ci aveva già pensato.

«Mi scuso, ma qui non badiamo a certe cose quando si tratta di indagare» mi dice con un sorrisino tirato e fugace.

Dal suo sguardo, però, non mi sembra affatto pentito e decido di lasciare correre, per dargli contro c’è sempre tempo. Poi continua.
 
«Sono sollevato che lei sia già preparata. Perché vorrei proprio capire, signora…»

«Signorina» lo correggo. «Immagino anche che questa convocazione, sia dovuta a una certa suora, tale Madre Ernestina Culetto» e qui mi scappa una risatina «che le avrà detto peste e corna di me.»

«Mi ha riferito che le sta dando noie e che vorrebbe la tenessi alla larga da lei. È vero? La sta perseguitando?»

«Commissario, le dico solo una cosa. Stia attento a quella tipa, è pericolosa e molto, molto furba.»

«Quindi me lo conferma, signorina Brambilla, ha dell’astio nei suoi confronti.»

«Non mentirò, ce l’ho eccome e non ho paura a confessarglielo. Ma, a differenza di quella donnaccia, io non tramuto la mia rabbia in gesti insensati e letali. Non la sottovaluti, per favore.»

«Sta insinuando che quella donna…» inizia, ma io lo blocco subito.

«Ha molto da nascondere e farebbe di tutto per pararsi il… lato b.»

«Certo che lei è una che non usa mezzi termini, Brambilla. Le ricordo dove si trova e che certe sue dichiarazioni le si potrebbero ritorcere contro.»

Oh, lo so, lo so bene, ma quest’uomo deve capire con chi a che fare e non mi riferisco certo a me stessa. Anche se, lo ammetto, sono un osso duro quando voglio.
 
«Allora mettiamola così. Quella donna, che si spaccia per suora, è tutto fuorché quello. Ha molti scheletri nell’armadio e se fossi in lei non abbasserei la guardia e non la escluderei come sospettata solo perché indossa un abito nero e il velo. Per lei non hanno alcun valore, glielo assicuro.»

Queste mie parole devono averlo colpito molto, perché sgrana gli occhi e mi fissa come se fossi un’aliena.
 
«Come? Badi bene a non denigrare una persona senza prove, potrebbe ritrovarsi con una denuncia di diffamazione a carico e lì cadrebbe nel penale.»

«Se ha intenzione di spaventarmi, commissario, ci rinunci. È vero, ancora le prove non le ho, ma ho intenzione di riprendere a indagare come già stavo facendo anni orsono e né lei, né quella là, potrete fermarmi questa volta.»

«Vuole dire che stava già indagando? Quando e perché, risponda» mi intima con un tono che vuole essere autoritario.

«Ah, non lo sa? Allora l’aggiorno subito. Dieci anni fa, la mia migliore amica aveva intrapreso un pellegrinaggio nella zona e, in questo suo vagare religioso, aveva incluso anche quel maledetto convento nella sua lista. Si ricorda di Samanta Capello?»

«Capello… ah, sì, è una delle ragazze scomparse.»

«Esattamente. Ho iniziato subito le indagini, in collaborazione con il suo predecessore il commissario Sala che mi aveva assicurato sostegno e scambio di informazioni. È durata un mese e sa perché? No, ovviamente questo non è scritto negli atti. Perché quella dannata suor… quella superiora, mi ha fatta fuori. Non so come abbia fatto, ma all’improvviso finì tutto. Mi fu sequestrato tutto il materiale che avevo raccolto di mio e quello che il Sala mi aveva passato, mi fu negato ogni accesso alle indagini, mi fu negato persino di parlare con lui. Dalla sera alla mattina. Se non è sospetto questo.»

«E lei è convinta che dietro a questo atteggiamento ci sia la superiora?»

«Mi stia bene a sentire, ora, perché voglio che le sia chiaro in testa. Quella donna è pazza e quando qualcosa non gira come dice lei, se ne sbarazza. Io le davo fastidio, ha saputo che stavo indagando su di lei e ha deciso di fare la sua mossa. Non so cosa sia successo con il Sala, ma so per certo che il giorno prima ero nel suo ufficio a ragguagliarlo sulle ultime scoperte e quello dopo avevo una squadra di poliziotti nella mia agenzia, che mi sequestrava tutto il materiale raccolto, lasciandomi due fogli di diffida. Uno per il proseguo delle indagini – con conseguente minaccia di denuncia in caso avessi ignorato l’ordine – e il secondo per la persona della Culetto che non mi voleva a più di un chilometro da lei. In caso contrario avrei ottenuto una denuncia per stalking.»
 
 
                                                                                                                 &&&&&

 
Il suo predecessore aveva fatto questo? Impossibile. Conosceva Omar Sala, avevano fatto l’accademia insieme, i primi due anni avevano lavorato nello stesso commissariato e si era sempre distinto per la sua correttezza. Ludovico era basito. Come mai questo repentino cambio di atteggiamento? Aveva ragione la Brambilla, c’era qualcosa di sospetto sotto.

 
«Madre Ernestina mi ha riferito che si è introdotta nel convento con l’inganno e l’ha minacciata.»

«Ah, sì, quello» ridacchia lei «l’ho fatto, sì.»

Quella donna era strana, non aveva il ben che minimo timore di quello che stava rischiando con quelle sue affermazioni.
 
«È un’irresponsabile. Lo sa che ha rischiato grosso? Deve ringraziare che non l’hanno denunciata.»

«Oh, davvero? Vorrà dire che, se dovessi mai incontrala ancora – anche se per sbaglio – le stenderò un tappeto rosso e mi inchinerò al suo passaggio. Per ringraziarla intendo. Va meglio così?»

«Non c’è bisogno di essere così sarcastica.»

«Non l’avrebbero mai fatto» gli disse con sicurezza. «Hanno troppo da perdere per rischiare di attirare l’attenzione su di loro. Specie la superiora.»

«Lei sa qualcosa su quella donna, vero? Gradirei mi mettesse al corrente, per avere un quadro più completo della situazione e credo che sarebbe giusto ripristinare la nostra collaborazione. In fondo è una professionista anche lei, se pur nell’ambito del privato.»

«Non credo proprio» disse stupendolo «non sono così allocca da cascarci una seconda volta. Scopra da solo il segreto di quella donna e poi capirà perché la sto mettendo in guardia. Mi spiace, ma io lavoro da sola e spero di risolvere questa storia prima di voi, me lo merito.»

Quella Marta era dannatamente orgogliosa.
 
«Il mio predecessore l’ha profondamente delusa, vero? Il suo voltafaccia l’ha ferita.»

«Ferita? No, quell’uomo mi ha presa in giro e fatta arrabbiare e non commetterò lo stesso errore. Io sono qui esclusivamente per rispondere alle domande che voleva pormi sulla superiora, non per stabilire una nuova collaborazione tra noi. Se lo scordi» gli rispose alzandosi di scatto e puntando le mani sulla scrivania, lo sguardo serio.

«Certo, ha tutte le ragioni per reagire così alla mia proposta» convenne con lei «ma ci pensi seriamente, intesi? Non per giustificare le azioni di Sala, ma le posso assicurare che questo suo comportamento ha stupito anche me.»

«Lo conosceva?» s’informò lei, stupita, tornando a sedersi con cautela.

«Sì, e credo di essere nel giusto se affermo che deve essere accaduto qualcosa che l’ha spinto ad agire così. Qualcosa di serio. E ci ha rimesso lei e la sua indagine. Ma questo è il passato e non accadrà più, non con me al comando. Per questo posso dirle con certezza che può fidarsi a stringere una nuova alleanza.»

Ludovico vide la Brambilla pensarci, ma il suo sguardo era ancora diffidente e le sue parole successive, confermarono il sospetto.
 
«La ringrazio, ma io passo questa volta. Ho deciso e non cambio idea. Non mi fido più di voi e delle vostre parole. Ha ancora delle domande da farmi in merito a quella megera – oh, pardon, a Madre Ernestina – o voleva solo avvisarmi di starmene alla larga da lei e posso andarmene?»

«Se la mette così… l’avviso che il provvedimento è attivo fin da subito. Se dovesse mai avvicinarsi al convento a meno di un chilometro, sarà arrestata.»

«Un chilometro?» Ripeté lei scoppiando a ridere. «È ridicolo. Se volessi farmi una passeggiata in quel bosco, devo essere libera di poterlo fare e non devo portare certo un metro in tasca per misurare se sconfino» sbottò. «Il bosco non è loro. Solo il convento. Quindi questo mi fa pensare. Mi dica Commissario, ha messo i suoi artigli anche su di lei, vero?»

«Ma come si permette a insinuare una cosa del genere?» Sbottò.

«Allora ho ragione. Che peccato, la facevo più intransigente, invece è la copia del suo predecessore. Che delusione. Se qui abbiamo finito…» rispose lei alzandosi «io la saluto e torno al lavoro. Buona fortuna per le indagini, Commissario. Ah, stia tranquillo, starò lontana dalla sua preziosa superiora, ma non troppo. Devo scoprire la verità e ritrovare la mia amica e quello – l’avviso – ha la priorità su tutto, anche su una diffida. Mi sono spiegata?»

Quando quella strana investigatrice uscì dal suo ufficio, Ludovico sospirò pesantemente e chiuse gli occhi.
C’era arrivata vicina, molto vicina, alla verità. Quella sotto specie di ricatto… ancora lo teneva sveglio per gran parte della notte.
Madre Ernestina era una persona sgradevole, infida e malefica. Lui avrebbe fatto salti mortali per starci alla larga e quella Brambilla, invece, bramava per ritrovarsela vicina. Che cosa gli stava nascondendo?
Non era riuscito a farsi dire cosa avesse scoperto su di lei, ma qualunque cosa fosse, doveva essere interessante se era riuscita a sconvolgere una persona come Marta Brambilla, tanto da metterlo in guardia sulla pericolosità della monaca.
Che fosse una specie di Monaca di Monza? Che nascondesse un segreto scabroso? Che facesse parte di una famiglia malavitosa?
Di certo c’era solo una cosa, che quella suora sapeva come ricattare le persone. Il problema semmai ora, era solo uno. Come faceva – una semplice monaca rinchiusa in un convento – a possedere informazioni così private?
Sì, doveva indagare a fondo su di lei e scoprire se Marta Brambilla era solo ossessionata da quella suora o se, invece, aveva ragione.
Ma, nonostante la reticenza e l’avversione che provava nei confronti di Madre Ernestina, c’era qualcosa in lei che lo inquietava nel profondo e non sapeva se esserne terrorizzato o sollevato. Qualcosa nel suo sguardo, l’aveva fatto vacillare per un attimo. Un attimo che gli era valso un ricatto.
Cosa gli aveva detto la Brambilla?
 
«… Mi dica Commissario, ha messo i suoi artigli anche su di lei, vero?»

Anche? Aveva detto proprio quella parola… anche! Quindi sospettava che Omar Sala fosse stato ricattato a sua volta, anche se non ne era certa e non aveva prove.
Di concreto c’era solo che quella donna stava investigando in tandem con lui e che – senza spiegazioni – fosse stata esclusa dall’indagine, cosa che non aveva digerito nonostante tutti gli anni passati da allora.
Ma cosa poteva avere in mano, la superiora, per compromettere così le indagini? Improvvisamente ebbe un flash. Chiamò un’agente e si fece portare il fascicolo di Nostra Signora delle Lacrime. Caspita, era corposo. Non ci aveva fatto caso la volta precedente che l’aveva consultato. Aveva pensato di trovare delle risposte lì dentro, per risolvere velocemente il caso Motto, ma era stato un buco nell’acqua. Lo sfogliò avanti e indietro un paio di volte. No, non c’era proprio nulla di strano. Come al solito il Commissario Sala era stato un uomo meticoloso e tutto risultava schedato alla perfezione. Un momento… guardò meglio e…

 
«Le date! Come hanno fatto a sfuggirmi.»

Rilesse più volte le carte, incredulo.
 
«Non è possibile! 15 Aprile 2002, apertura indagini e 5 Agosto 2007 chiusura indagini.»

La prima data, giustamente, coincideva con la scomparsa di Olivia Invernizzi, appena quindicenne.
L’altra data… cosa? 5 Agosto? Marta Brambilla aveva ragione. Inspiegabilmente le indagini furono bloccate circa due mesi dopo la scomparsa della sua amica, poco dopo essersi liberati di lei. Senza dubbio era stato tutto calcolato per non destare sospetti o fare sorgere dubbi e collegamenti sui due eventi.
Meglio riprendere a leggere e, questa volta, dalla fine. Voleva capire bene le conclusioni e la motivazione che aveva spinto Omar Sala a dire basta. Lesse.

 
«Esito: Le scomparse di Olivia Invernizzi quindici anni, Rebecca Ferri ventidue anni, Franca Corsi venticinque anni, Amelia Frigerio diciotto anni, Nora Salemi ventuno anni, Ofelia Ferrari ventisei anni, Samanta Capello ventisette anni, Ivana Motto venticinque anni… non possono essere né imputabili, né collegabili al Convento Nostra Signora delle Lacrime. La mancanza di indizi e di cadaveri rinvenuti nei pressi o all’interno del sito sopra citato, non lasciano adito a dubbi che le suddette sparizioni siano state volontarie. Pertanto, si dichiara l’immediata chiusura delle indagini e il proscioglimento da ogni sospetto di partecipazione, a un eventuale crimine, delle monache risedenti in loco.»

Un contentino, più che un fatto. Un tentativo di giustificare un disservizio, a favore di terzi.

Quelle ragazze scomparse meritavano giustizia e, se il convento ne era il responsabile, le loro abitanti l’avrebbero pagata cara.
 
 
                                                                                                                &&&&&

 
«E così credi che anche il Commissario Riva sia stato ricattato dalla suora.»

Ruggero era arrivato da meno di dieci minuti a casa di Marta e già lei gli aveva spiattellato – con fare molto nervoso e arrabbiato – il suo colloquio con quell’uomo, oltre al suo sospetto.
 
«Ne ho quasi la certezza. Come sono sicura che abbia combinato qualcosa di simile anche con quello di prima.»

«Ma non hai prove.»

«Le avrò» rispose lei con sicurezza «e poi me la pagheranno anche a nome di Samanta e di tutte le altre ragazze scomparse come lei nel nulla.»

«Mi vuoi dire cos’è questa storia dei ricatti? Come potrebbe mai metterli in atto se non esce mai dal convento?»

«Ti ho già detto che, un giorno, mi sono infiltrata lì dentro?» gli chiese con sguardo divertito in risposta.

Ecco, quello l’aveva omesso, guarda caso.
 
«Sai benissimo che non l’hai fatto. Come mai?»

«Per indagare dall’interno. Ho avuto diverse ore per esplorare l’ambiente – sai mi sono finta parte di una squadra di giardinieri e ho passato tutto il giorno al convento. Purtroppo, Madre Silvia – il braccio destro della megera – mi ha scoperta e buttata fuori. Quella tizia ha una forza incredibile. Prima di andarmene, però, le ho lasciato un ricordino. Credo che abbia zoppicato per qualche giorno, che dispiacere.»

A dire il vero a lui non sembrava tanto dispiaciuta. Quella Marta era tremenda.
 
«Credo di averla conosciuta. È un tipo alto e ben piazzato?» e quando la vide annuire, continuò. «Sì, confermo. La suora bugiarda che doveva andare farmi parlare con la superiora e poi è sparita.»

«Tipico di lei, è la sua guardia del corpo.»

«Ok, appurato che Madre Ernestina non è l’unica suora inquietante lì dentro… ora devi dirmi cosa hai scoperto su di lei.»

«D’accordo. La cara superiora è un’impicciona. Durante quella giornata passata lì dentro, mi sono offerta per occuparmi dei fiori e dei vasi della cappella – poveri loro – e così ne ho… approfittato, per guardarmi in giro. Be’, per fartela breve, non ti immagini cosa ho scoperto nei confessionali.»

Eh, non se lo immaginava no, ma aveva l’impressione che lei glielo avrebbe detto lo stesso. E infatti…
 
«Microfoni, Ruggero. Microfoni ovunque.»

«Che… che cooosaaa? Microfoni nei confessionali? Stai scherzando, spero» urlò basito.

Passò del tempo prima che Marta gli rispondesse, occupata com’era a togliere le lasagne dal forno. Poi fece due belle fette e le distribuì nei piatti. Ecco, con quel semplice gesto si era riscattata dalla penosa colazione che le aveva visto fare quella mattina.
 
«Affatto. Inquietante, vero? Insomma… uno va lì per confessarsi, per scaricare la coscienza e – come diceva sempre Samanta nella sua incrollabile fede – “per fare pace con Dio” e poi… eh, guarda un po’ cosa gli capita.»

«Non ci credo. E perché mai farebbe una cosa del genere.»

«Pensaci, Ruggero, eppure mi sembri intelligente. Fai funzionare quelle tue celluline grigie che ti ritrovi. Perché una suora dovrebbe ascoltare le confessioni – noiose dico io – di qualche peccatore che capita lì per caso?»

Appunto, perché?, pensò lui. Perché è fuori di testa? Perché si annoia? Perché è cattiva? Perché… perché… oh, cazzo, non sarà perché…
 
«Perché così poi può ricattare la persona in questione e ottenere qualcosa in cambio del silenzio. Ma… ma così facendo rischia grosso.»

«No, perché di certo non andrà a ricattare chi dice le parolacce o salta la Messa o sparla delle persone, anche amiche. Lo farà con chi confessa qualcosa di scabroso ed estremamente imbarazzante che preferisce tenere segreto e, capirai da te, che così la denuncia è esclusa a priori.»

«Furba la monaca! Ma non vedo questo come si incastra con le sparizioni» disse mentre affrontava il primo boccone di lasagna. «Dio, è buonissima signorina Brambilla. Non sapevo che sapessi cucinare così bene.»

«Ma secondo te, con tutto quello che ho avuto da fare oggi, ho trovato anche il tempo per cucinare? No. Le ha fatte il prestinaio del paese, io le ho solo comprate e scaldate. E anche il dolce proviene da lì. Se volevi un pasto casalingo dovevi darmi qualche giorno di tempo e mi organizzavo. Certo, sono un po’ un disastro ai fornelli – non come mio padre che è un mago – ma so cavarmela.»

«Evviva la sincerità» rispose lui prima di scoppiare a ridere di gusto.

Ecco un nuovo tratto di quella donna, se ne fregava del giudizio del prossimo e parlava chiaro. Era meglio non divagare.
 
«Allora, dimmi un po’ come questa tua scoperta ha a che fare con le scomparse di Olivia, Samanta e tutte le altre.»

«Direttamente non credo, ma sto iniziando a pensare che una di queste confessioni, sia servita per fare insabbiare il caso.»

«Come? Hai forse la registrazione?»

«Cosa? No!»

«E allora come fai a dirlo. Ci vogliono prove solide, Marta.»

«E credi che non lo sappia?»

«Che ne hai fatto dei microfoni. Non li hai mai recuperati in tutti questi anni?»

«Li ho lasciati lì, Ruggero, non volevo attirare l’attenzione su di me, ma avevo intenzione di posare una cimice sotto gli inginocchiatoi. Sarei tornata come visitatrice e avrei finto di volermi confessare. Poi il caso è stato chiuso. All’epoca non avevo pensato a un possibile collegamento, ma ora sì. Un commissario che, improvvisamente, cambia idea e blocca tutto è sospetto… ma due, no. Non che quello attuale sia di quell’idea, ma il fatto stesso che mi abbia convocata…»

«È sospetto, te ne do atto. Madre Ernestina deve averlo intortato per bene.»

«Sinceramente non lo so, non mi è sembrato un suo fan… ma ha messo bene in chiaro che finirò nei guai se starò a meno di un chilometro da lei.»

Addirittura? Non era un tantino esagerato?
 
«Inoltre, credo che abbia ricattato Sala e che stia facendo la stessa cosa con Riva e quindi… cosa pensi che debba fare io adesso?»

«Em… stare lontano dalla suora e non finire nei guai o addio indagini?» azzardò.

«Fifone. No, portare a termine il mio piano originario e, magari, cercare di recuperare le registrazioni e poi incontrare il commissario Sala per fare quattro chiacchiere. Oh… ma che dico, questo è un compito per un bravo giornalista. Cavoli, al momento non saprei proprio a chi chiedere. Ne conosci uno, tu, per caso? Un tipo tenace, che non molla la presa fino a che non ha ricavato anche il più piccolo dettaglio insignificante ai più. Un… un rompicoglioni, per dirla tutta.»

Come? Ma stava parlando di lui? Bella considerazione che aveva, davvero.
 
«Sei incredibile. Non capisco se mi hai appena insultato o elogiato» le disse scuotendo la testa sconsolato. «Guarda che ci avevo già parlato con lui, ma senza ricavarci nulla. Due parole in croce dette fuori casa sua – letteralmente fuori visto che io ero in strada e lui nel suo giardino – e mi ha congedato senza troppe cerimonie. Era furibondo, con me.»

«Be’, Ruggero, dovrai darti da fare di più questa volta» gli rispose lei dopo un attimo di riflessione «e poi ci aggiorneremo. Meglio velocizzare i tempi finché il clamore per la scomparsa della Motto non è ancora scemato. Quindi prima ci vai, meglio è per te. Io andrò al convento.»

«Ma allora sei di coccio!» Sbottò lui, ripulendo il piatto dall’ultimo pezzo di lasagna. «E sì che hai una diffida in mano. Vuoi farti arrestare?»

Per tutta risposta, Marta si alzò per sparecchiare e poi portò il dolce, mentre lui versava a entrambi da bere del vino bianco che aveva portato con sé. Lei lo bloccò.
 
«Grazie, ma sono astemia. Tu bevi pure, però, non mi dà fastidio» gli disse distribuendo il dolce. «Torta al limone, una bontà.»

«Decisamente» le rispose assaggiandone subito un pezzo ed emanando un sospiro estasiato «giuro che, se mi darai il nome, diventerò cliente di questo prestinaio quanto prima. Sarà la mia salvezza e mi eviterà di comprare cibi surgelati pieni di conservanti. Io ai fornelli sto messo peggio di te» le confessò.

Nonostante il poco preavviso dovuto alla sua sfacciataggine di auto invitarsi a cena, Ruggero era felice di averlo fatto, perché avevano già compiuto un passo avanti nelle indagini e…
 
«Mi spieghi come hai intenzione di aggirare quel grosso ostacolo? Per portare a termine la tua parte del piano devi entrare nel convento e tu, attualmente, non puoi neanche farti trovare nelle vicinanze» le chiese.

«E questo chi lo dice? Un foglio stampato dal Commissario Riva e col timbro della Polizia di Stato?»

«Sì, Marta, proprio quello» le rispose lui ormai esasperato, alzando gli occhi al cielo.

«Ok, allora vorrà dire che dovrò trovare un modo. Niente di più semplice e divertente. Tu lascia fare a me. Ci aggiorniamo tra una settimana in cioccolateria?» 

Ruggero era appena stato congedato, si rese conto. Decisamente particolare quella Marta. Era la prima volta che veniva messo alla porta senza troppi complimenti.
 
«Ma come, sono appena le 22.30 e già ti liberi di me? Guarda che una strategia seria, richiede un piano di azione ben studiato. Cavoli, sei tu l’investigatrice privata, non io, dovresti saperle da te queste cose.»

«Infatti, le so, ma per stasera abbiamo concluso. Tu ti occupi della parte parlata, io di quella d’azione. Non preoccuparti, so quello che faccio e nessuno mi scoprirà. Madre Ernestina avrà finalmente un po’ di grattacapi. E questo sarà solo l’inizio della fine, per lei.»

«Se lo dici tu. Io resto dubbioso, ma spero che tu ne esca senza problemi giudiziari da lì. Va bene volere ritrovare un’amica e sbrogliare un po’ di matasse, ma da lì a rischiare guai con la legge… anche no.»

«Mi hai presa per una pivellina?» Sbottò lei con foga. «Ho la sensazione che ci sia sotto qualcosa di grosso e non solo riguardo alle sparizioni, ma proprio inerente a lei, alla cara Madre Ernestina intendo. Ah, giusto, dimenticavo… ho un’altra notizia bomba da darti e forse, potresti iniziare a metterle un po’ di paura addosso con un bell’articolo. Sicuramente l’attenzione tornerà prepotente sul convento e su di lei. Ma dovrà essere un pezzo con gli attributi.»

E adesso cos’altro aveva in mente quella donna? Gli sembrava di avere a che fare con un martello pneumatico in versione umana.
 
«Dai, spara, dimmi tutto.»

«Ho le prove di quello che sto per dirti, anzi, aspetta qualche minuto, vado e torno» disse uscendo di corsa dalla cucina e aprendo una porta.

Ruggero intravide quello che doveva essere l’ufficio dove Marta sparì per poi ricomparire cinque minuti dopo.
 
«Ecco qua» disse mettendogli davanti un plico di fogli, mentre lui si stava servendo una seconda fetta di torta.

«Che cosa sareb… no, ma scherzi?» Esclamò basito, mentre li sfogliava distrattamente. «Guarda che io, però, scrivo di nera, non di… questo.»

«Lo so, ma farai un’eccezione, vero? Te l’ho detto che era una bomba.»

Lui lesse e rise forte, seguito a ruota da Marta. Poi mise il plico nella sua tracolla lavorativa e le diede il cinque. Oh, sì, un bell’articolo ci stava tutto. Certo, non era il suo genere, ma… ci stava tutto e il capo avrebbe capito. Ormai era tardi per farlo uscire sull’edizione del giorno dopo, ma aveva tutta l’intenzione di dargli risalto su quella seguente e questo voleva dire, lavorarci per tutta la mattina di buona lena.
Recuperò il giaccone e la tracolla che fece passare attorno al collo e si girò ad affrontarla l’ultima volta.

 
«Grazie per la cena, la chiacchierata e… questo» le disse picchiettandosi il fianco. «Un’ultima cosa e poi ti lascio a… a qualunque cosa tu debba fare. Come hai fatto a sapere una notizia del genere e… e come mai non l’hai utilizzata prima?»

«Perché distruggere una donna per il solo piacere di farlo? Io voglio che lei sia punita, sì, ma voglio anche che lo sia per i suoi crimini e non solo per quello che ti ho appena dato. Se l’ho fatto è per fare in modo che l’attenzione sul convento resti alta e che lei – detta papale, papale – se la faccia sotto. Dunque, appena abbiamo concluso le nostre mini missioni, ci sentiamo via WhatsApp e facciamo il punto della situazione, ok?»

«Come vuole lei, capo» la prese in giro lui.

Poi, dopo averla salutata, si diresse di corsa a casa. Aveva del lavoro da fare e una quantità industriale di caffè da preparare, se voleva passare la notte a scrivere quello che si preannunciava essere uno dei suoi migliori articoli mai scritti.


                                                                                                               &&&&&


Angolo Autrice:

Ciao a tutti. Ed eccomi di nuovo a voi con un nuovo ed emozionante capitolo del mio delirio giallo. Mi spiace che il precedente non sia stato molto letto, ma ci sta... era un cap di transizione dopotutto e non molto giallo. Agli amanti del genere sarà sembrato strano. Però sono contenta di averlo scritto, perchè ha portato a dei nuovi sviluppi.
Marta, come vedete, non si ferma davanti a niente e a nessuno e non ha paura a dire la sua... ne fanno le spese sia il Commissario Ludovico Riva che Ruggero.
Lei ci tiene molto a specificare come la pensa sulla superiora e a insinuare il dubbio anche nella polizia e... ce la fa. Tant'è che, appena esce, a qualcuno viene in mente di rivedere il fascicolo e di fare una scoperta che lo lascia interdetto. Certo, non ha avuto fortuna nel proporre la collaborazione a Marta, ma chi lo sa... siamo appena all'inizio, quindi non date nulla per scontato.
E passiamo al Ruggero. Sempre molto perpiscace lui e si diverte a stuzzicare Marta. Bè dai, la cena è andata bene e ha dato i suoi frutti, no? E che frutti. Marta è una sorpresa continua anche per me, non solo per il nostro giornalista di nera. Chissà cosa gli avrà dato la nostra investigtrice per galvanizzarlo così. 
E ora... ora non vi resta che attendere il seguito per vedere se tutto procederà come deciso da lei. Il mistero si infittisce.
Noterete i segni grafici nel mezzo, li preferisco alla riga, quindi li modificherò anche negli altri capitoli.
Ah, ho fatto un cambiamento. L'età di Olivia, la sorellastra di Ruggero, è cambiata... aveva 15 anni e non 20, all'epoca della scomparsa. Questo perchè - rileggendo i cap precedenti e scrivendo il pezzo di Ludovico che legge il rapporto - mi sono accorta che l'arco temporale non collimava con la sua età odierna (30), se paragonata a quella del fratello (45). Spero di essermi spiegata e di non avervi confuso ancora di più.
Ultimissa cosa e poi vi lascio: leggete benissimo questo cap e iniziate - come dice Marta a Ruggero, ma prima di lei Poirot - a fare funzionare le celluline grigie, a pensare. Se sono riuscita a nascondere il piccolo indizio... sono felice.
Buona lettura e alla prox. Ciaoo, Chiara.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3980088