Black stains

di InsaneMonkey
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Accartocciò il volto in un'espressione maligna, in bilico tra irritazione e perfidia, quando con un pennarello indelebile impresse decisi e violenti segni sulla fotografia che aveva davanti.
Accerchiato da un'aura di tenebra pura, disegnò una serie di scarabocchi e schizzi confusi che avrebbero suscitato la disapprovazione di qualsiasi critico d'arte; si preoccupò di marcare con incisività il tratto, per rovinare il più possibile quel semplice scatto, trovato per puro caso nella stanza di Natsumi - di inondarlo di un nero pesante e denso.
Mosso dall'insano desiderio di infangarne l'innocenza genuina, sporcò di sfumature tetre quella docile immagine, che ritraeva la ragazza dai capelli magenta tenuti a bada in una coppia di code; quella foto ne immortalava senza dubbio il connubio di grazia e determinazione che mesi prima aveva stregato il ranocchio del color del fuoco.
Si affrettò ad abbozzare dettagli ben lontani da qualunque canone di bellezza quali macchie, striscianti occhiaie e persino una smorfia traboccante di disgusto; al termine dell'opera, osservò con sinistro compiacimento il disastro estetico che aveva prodotto, convinto che rispecchiasse perfettamente la vera essenza della sorella di Fuyuki: aveva dipinto una sorta di acida strega, capace di fulminare chiunque incontrasse il suo cupo sguardo.
Era consapevole del fatto che il gesto che aveva compiuto - una piccola vendetta motivata dal torto subito - non costituisse nulla di eclatante e che non avrebbe pienamente calpestato la dignità della giovane, eppure sentiva che lo avesse aiutato a sfogare una porzione della rabbia che gli esplodeva a ridosso del cuore, il vortice di stizza e sdegno che scalpitava con energia nelle sue vene.
Era consapevole del fatto che il gesto che aveva compiuto - una ripicca penetrante, velenosa come il morso di un serpente - non rappresentasse alcun titanico ribellismo, né una forma di tirannica imposizione, e che non avrebbe più di tanto umiliato la rossa, eppure sentiva di aver liberato una parte della collera che lo aveva pervaso, la scarica di vivo astio che si era propagata rapidamente per le corde delle sue viscere.
Continuava a chiedersi come avesse osato privarlo della Kerosfera - sequestro che aveva infuso nel suo animo un misto di furore e disperazione e a cui, malgrado i vari tentativi di opposizione, si era dovuto rassegnare.
Continuava a chiedersi come avesse osato privarlo della Kerosfera, peculiarità del suo rango nonché emblema di prestigio.

























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