Non andavo a Roma da quando
ero piccola ma mentre quella
volta era una gita di piacere con i
miei genitori questa era
una specie di pellegrinaggio.
Come sempre del resto.
Cercavo di fare i miei viaggi nel weekend in modo tale che non intralciassero la mia vita e da
non destare sospetti a riguardo, poco prima di recarmi sulla
Nomentana avevo acquistato un
mazzo di fiori che appena
arrivata posai ai piedi dell’albero
che gli era stato dedicato.
“Per me? Grazie, vengono tante
persone a portarmeli” disse una
voce bassa e soave alle mie spalle
“Certo Maestro, spero le
piacciano” dissi avvicinandomi.
Il giovane uomo, poco piu’
grande di me alzo’ gli occhi che
fino ad allora aveva tenuto posati
sulla chitarra e poso’ su di me
uno sguardo stupito “Tu… puoi
sentirmi?”
“E vederla si” dissi sedendomi accanto a lui.
L’uomo strimpello’ due note
“vengono tante persone… anche
loro portano fiori, qualche volta
pregano…”
“E’ contento?”
“Beh si...anche se non mi
sembrava di fare niente di
speciale, in fondo mettevo solo
in musica i miei pensieri”
“Non dica cosi’ e’ stato fonte
d’ispirazione per molti musicisti
nel corso degli anni”
“Per favore, niente lei e niente
Maestro: io sono sempre stato
solo Rino”
“Non c’e’ problema”
“E’ successo proprio la’” disse
indicandomi un punto lontano
del guard rail.
“Davvero? Dev’essere stato
tremendo”
“Sono arrivato vivo in ospedale
ma non mi hanno ricoverato…”
“Come nella ballata di Renzo,
non e’ vero?” chiesi guardandolo.
“Puo’ darsi” mi rispose
strimpellando la chitarra con aria
malinconica. “Sai, dicevano che
la gente non capiva i miei testi”
“O forse qualcuno li capiva fin
troppo bene” aggiunsi in tono
serio.
Rino mi guardo’ smettendo di
suonare “dici?”
“Esiste questa teoria secondo la
quale tu fosti vittima dei servizi
segreti deviati perche’ nelle tue
canzoni dicevi cose che poi
sarebbero risultate vere e che
dovevano rimanere segrete, lo
disse lo scrittore Bruno Mautone
in un suo libro” spiegai.
“Tu non c’eri vero?”
“No, sono passati 40 anni, io
sono nata dopo.”
“40 anni...e la gente ancora
ascolta le mie canzoni?”
“Ma certo! E vede i video su
internet, le porta tanti fiori come
puo’ vedere”.
“Tu come ti chiami?”
Arrossii “Mi scusi non gliel’ho
detto, io sono Alessia”
“Bene Alessia, ora devo andare
e’ stato un piacere parlare con
te”
disse alzandosi e mettendosi la
chitarra in spalla.
Mi alzai anche io e feci per
congedarmi mentre lui si
avviava.
“Ah Alessia” disse fermandosi”
“Si?”
“E Berta filava...non parlava di
una che lavorava in un’industria
tessile.”
“Lo so”.
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