Home is where your blood is
Hinata Shouyou, il suo nuovo coinquilino, era un vampiro. Atsumu lo
scoprì porgendo la carta di credito alla cassiera, mentre
l’odore delle salsicce fresche gli gonfiava il
cuore di luce e di una gioia viscerale e...
‘’Ma che cazzo?’’
sbottò, e la cassiera trasalì a causa del tono
brusco e improvviso. ‘’E tu me lo dici adesso?’’
La risata di Oikawa riecheggiò in linea come una sirena
stonata. Atsumu avrebbe voluto spaccargli la faccia.
‘’Non dirmi che hai paura.’’
‘’Vai a infilarti un mestolo nel
culo.’’
‘’Oh, non ci avevo mai pensato. Grazie per
l’ide-’’
Atsumu chiuse la telefonata. Riprese la carta, afferrò la
busta con la sua gloriosa cena e fece un cenno di saluto alla cassiera,
che lo ricambiò inarcando le sopracciglia in
un’espressione di disgusto.
Atsumu non aveva paura. Atsumu non aveva paura di niente, tranne dei
gatti. Però sarebbe stato decisamente più
corretto se avesse ricevuto quell’informazione con qualche
giorno di anticipo, e non due ore prima del suo arrivo. Si sarebbe
preparato, avrebbe fatto una scorta di aglio, comprato un girocollo
imbottito, stilato una lista dei punti deboli dei vampiri. Soltanto per
precauzione, ovvio. Soltanto perché in quelle situazioni
incerte preferiva essere lungimirante, non perché avesse
paura. Dopotutto, Atsumu era un lupo mannaro.
Un esemplare maledettamente affascinante, per essere precisi, dagli
occhi chiari e le ciglia scure e il naso dritto e le spalle larghe e la
linea della mascella in grado di affettare l’acciaio come se
fosse prosciutto.
E se i vampiri erano mostri dotati di canini affilati, i lupi, si sa,
possedevano zanne e artigli altrettanto letali.
Atsumu era una feroce creatura mitologica scolpita nel marmo dalle
sirene, protetta dalla luce lattiginosa della luna, di conseguenza non
temeva la presenza di un vampiro sotto il suo stesso tetto, non aveva
paura di finire con un paio di denti piantati nella carotide, non lo
spaventava la prospettiva di essiccarsi come una prugna privato del
sangue e di ogni liquido vitale.
Quando dunque il campanello suonò, un paio d’ore
più tardi, Atsumu avanzò spavaldo verso la porta
con lo sguardo determinato, il mento alto e il petto in fuori: tanto
valeva mettere le cose in chiaro fin da subito. La prima impressione
era fondamentale, era in quell’istante che Atsumu avrebbe
dovuto far comprendere all’altro che non sarebbe stato lui
quello a temere la nuova convivenza, non sarebbe stato lui il
coniglietto spaurito e tremante, semmai il contrario.
Quando però aprì la porta di casa per accogliere
(e terrorizzare) il nuovo coinquilino, Hinata Shouyou gli sorrise nella
notte scoprendo i denti che luccicavano impavidi e maliziosi sotto la
luce fioca dei lampioni, i riccioli rossi come il sangue di cui si
nutriva che si curvano morbidi intorno al viso tondo, gli occhi grandi,
caldi, in cui sembrava si riflettesse l'intero firmamento. Atsumu si
domandò se i vampiri fossero sempre così extra.
Poi annaspò, biascicò qualche parola, o insulto,
o forse una proposta di matrimonio, e gli richiuse la porta in faccia.
Fottuta puttana,
sibilò, la schiena premuta contro la porta e il cuore che
batteva a tremila. Fottuta
puttana, Hinata Shouyou era una cazzo di meraviglia.
*
''Quante persone hai ucciso?'' gli domandò qualche minuto
più tardi, ficcandosi in bocca un soave e glorioso
pezzo di salsiccia cruda. Le tipiche cose di cui chiacchierare a cena.
Shouyou gli rivolse un’occhiata smarrita. ''Intendi
nell’ultima settimana?''
''No, intendo… Lasciamo perdere. Quanti anni hai?''
''Tecnicamente centoventisette,'' rispose Shouyou con un sorriso dolce
come il miele e letale come arsenico, sorseggiando un bicchiere di
sangue che emanava il medesimo odore metallico delle salsicce. ''Il mio
corpo però ne ha venticinque.''
''Figo,'' rispose Atsumu, chiedendosi come diamine sarebbe riuscito a
conquistare un vampiro con più di cento anni di esperienza
alle spalle senza lasciarsi ammazzare. ''Figo.''
''E tu? Quanti anni
hai?''
''Ventisei.''
''Figo,'' rispose Shouyou, il tono di voce improvvisamente
più basso di un’ottava. Poi cucì il suo
sguardo al proprio e inclinò la nuca. L’angolo
della bocca era macchiato di rosso, le lentiggini luccicavano come se
il suo intero viso fosse una mappa stellare. ''Adoro il sangue di
quelli della tua età.''
Shouyou si leccò le labbra, e la lucidità di
Atsumu fluttuò via come una bolla scivolosa di sapone.
D’improvviso, l’idea di lasciarsi perforare la gola
da un paio di canini non gli apparve più così
terrificante. Se fosse riuscito a raggiungere l’orgasmo prima
di morire dissanguato, forse ne sarebbe persino valsa la pena.
''Ma adesso sono diventato vegano!'' aggiunse Shouyou gesticolando, e
la tensione voluttuosa di cui si era saturata l’aria
svanì, soffiata via dalla sua espressione innocente.
''Perciò non preoccuparti, non uccido più. Rubo
direttamente le sacche di sangue dai centri di trasfusione. Non troppe,
comunque. Il minimo indispensabile.''
''E non c’è pericolo di ricaduta?''
''Beh, è improbabile. Sono super testardo, e se dico una
cosa poi di solito la faccio. Però ti consiglierei di stare
attento lo stesso, Atsumu-san.''
Un brivido gli attraversò la schiena, perché
sentirsi chiamare ‘Atsumu-san’ da un vampiro che
sorseggiava una coppa di sangue e gli gettava occhiate lascive nella
notte era decisamente troppo eccitante. Dunque ghignò, un
po’ terrorizzato, un po’ compiaciuto, e Shouyou
scoprì a sua volta i denti appuntiti in un sorriso che prese
a braccetto il suo.
''Ho sempre voluto assaggiare un lupo mannaro.''
Atsumu chiuse la porta della propria stanza con il cuore che pulsava
accelerato. Lasciò che il silenzio si prolungasse per
qualche minuto, infine strinse le dita attorno alla chiave e la
girò piano nella toppa, chiudendosi dentro. La prudenza non
era mai abbastanza.
Atsumu Non Ho Paura Di Niente Miya, si tolse la maglia sudata e si
infilò sotto le lenzuola. Il giorno seguente avrebbe dovuto
assolutamente acquistare tonnellate di aglio al combini dietro
l’angolo, da appendere ovunque, da infilare persino sotto il
cuscino come i denti che si strappava da bambino. Lo sguardo che gli
aveva lanciato Shouyou a fine serata non gli era piaciuto affatto. Non
l’aveva guardato come si guarda qualcuno da cui vuoi farti
scopare, l’aveva guardato come Atsumu guarda le bistecche
esposte sul bancone del macellaio.
*
''Atsumu-san!''
Atsumu aprì un occhio solo e poi lo richiuse, la nebbia
dell’oblio agganciata prepotentemente alla sua coscienza.
''Atsumu-san!''
Atsumu aprì nuovamente l’occhio, costringendo la
pupilla a mettere a fuoco il viso pallido di Shouyou che si trovava a
pochi centimetri dal suo, le guance piene, la bocca minuta e un
po’ screpolata, le iridi calde come il sole a mezzogiorno. Un
delicato odore di arancia aleggiava nell’aria.
Sì, avrebbe decisamente potuto abituarsi a quel genere di
risveglio. Avrebbe potuto abituarsi ad ascoltare la voce sussurrare il
suo nome. Avrebbe potuto abituarsi a fissargli le orecchie minute
incorniciate dai riccioli morbidi. Certo che gli era andata proprio
alla grande, con il nuovo coinquilino. A parte il fatto che fosse un
vampiro, ovvio.
Atsumu sgranò gli occhi, fulminato dalla realizzazione
improvvisa. Il coinquilino era un vampiro che adesso era vegano,
giusto, ma che aveva ucciso centinaia di persone per sfamarsi
nell’arco dei suoi centoventisette anni di vita in un corpo
di venticinque. Il coinquilino dotato di una bellezza mozzafiato era un
assassino a piede libero che era riuscito a entrare nella sua stanza
nonostante Atsumu l’avesse chiusa a chiave la sera prima.
''AAAAH!!'' gridò dunque, balzando all’indietro e
rotolando giù dal letto con un tonfo.
''Atsumu-san, non voglio farti niente! C’è Oikawa
al telefono!'' gli spiegò precipitosamente Shouyou,
porgendogli il cellulare.
Atsumu fissò disgustato il telefono come se fosse un piatto
di insalata, poi alzò lo sguardo e lo inchiodò
negli occhi di Shouyou, che sembrava sinceramente mortificato. La
risata di Oikawa riecheggiò nel silenzio della stanza, e
allora Atsumu rinsavì.
‘’Che cazzo vuoi?’’
‘’Ti ho provato a chiamare al cellulare, ma non
rispondevi. Volevo sapere com’era andata la prima
notte.’’
‘’Che carino, ti eri
preoccupato?’’
‘’Speravo solo che Shouyou-chan ti avesse sbranato.
Pazienza, aspetterò qualche altro
giorn-’’
Atsumu imprecò e chiuse la telefonata. Poi
restituì il telefono a Shouyou, che lo fissava affamato.
In quell’istante, si rese conto di essere in mutande. E le
iridi di Shouyou scivolarono bramose lungo la pelle come se la stessero
leccando, come se fosse fatta di crema e gelato.
Atsumu s’irrigidì, contrasse l’addome,
lasciò che un brivido gli attraversasse la schiena,
sensibile alla lascivia che impregnava l’aria, al desiderio,
alla voglia improvvisa di baciare e di sentire
l’altro gemergli dentro la gola.
Shouyou però inspirò profondamente, e
uscì dalla sua stanza.
''Mi dispiace!'' Gli disse Shouyou, non appena Atsumu lo raggiunse in
cucina. ''Scusami se sono entrato nella tua stanza senza permesso, ma
Oikawa-san pensava che ti avessi mangiato visto che non rispondevi!''
''Non preoccuparti,'' rispose Atsumu minimizzando con la mano.
‘’Ma come hai fatto ad entrare? Era chiusa a
chiave.’’
''Così!''
Shouyou si sgretolò come carta bruciata, sino a svanire del
tutto davanti ai suoi occhi.
‘’Bhu!’’ esclamò
improvvisamente una voce dietro il suo orecchio. Atsumu
starnazzò e fece un saltello, voltandosi con foga.
''Non farlo mai più,'' sibilò.
Shouyou, ridendo, promise e si disegnò una croce sul cuore.
Atsumu si domandò quanta attendibilità avesse il
giuramento di un vampiro.
''Atsumu-san, guarda che non ho intenzione di farti del male. E poi
sono quattro giorni che non uccido qualcuno!''
Poi però Shouyou si portò l'indice sulle labbra,
pensieroso. ‘’Beh, che non uccido qualcuno per
fame, almeno.’’
Atsumu si limitò a inarcare le sopracciglia, senza
però approfondire la tematica. Non era troppo sicuro che
scherzasse, e doveva ammettere di non essere poi così
ansioso di conoscere la verità.
‘’Va bene. Fai colazione?’’
‘’No, grazie. Ho bevuto del sangue ieri,
perciò per qualche giorno starò bene.
Però ti faccio compagnia, se non è un problema!
Atsumu annuì. Aprì il frigo, arricciò
il naso non appena vide le sacche di sangue nel ripiano superiore, poi
tirò fuori quattro salsicce rimaste, le sbattè su
un piatto senza troppi complimenti e senza cuocerle. Infine, prima di
sedersi al tavolo, si avvicinò alla finestra.
‘’No’’, esclamò
Shouyou. ‘’Aspetta un mom-’’
Atsumu la spalancò, come d’abitudine. Al mattino
detestava mangiare con l’illuminazione artificiale: lo faceva
sentire esausto e depresso ancor prima che la giornata vera e propria
iniziasse.
La luce delle dieci inondò la cucina come un fiume che
straripa. Atsumu sorrise, baciato di raggi dorati del sole.
E Shouyou prese fuoco.
*
''È stato decisamente
un risveglio bollente!''
''Fottuta puttana,'' sibilò Atsumu, le pupille dilatate dal
terrore. ''Fottuta, fottutissima puttana, dovevi dirmelo prima, porco
di quel…''
''Mi dispiace!'' lo interruppe Shouyou, cercando con tutte le forze di
reprimere un sorriso. È che Atsumu-san era così carino.
''Non ci stavo pensando, credevo che lo sapessi! Insomma, lo sanno
tutti che la luce del sole è letale per i vampiri.''
Atsumu sospirò pesantemente, prima di ricadere sulla sedia.
''C’è qualcos’altro che dovrei sapere
per evitare di ammazzarti involontariamente?''
''Uhm, non comprare l’aglio e non piantarmi un palo nel
cuore.''
''Grazie per la dritta, Shouyou-kun,'' rispose Atsumu, tornando ad
addentare le salsicce. Adesso la finestra era semi spalancata. Un
fascio di giorno illuminava benevolo il profilo di Atsumu e
metà della cucina, mentre Shouyou, seduto di fronte a lui al
riparo nella metà all’ombra, dondolava arzillo i
piedi sotto al tavolo.
''Vado a dormire,'' esclamò poi con un sorriso, dopo che
Atsumu ebbe ingoiato l’ultimo pezzo di salsiccia.
''Alle dieci passate?''
''I vampiri sono creature notturne. Di solito, almeno. Però
sto tentando di abituarmi all’orario umano, perciò
magari per pranzo mi sveglio!''
''Oh,'' rispose Atsumu. ''Figo. Allora, uhm, buonanotte?''
''Grazie, Atsumu-san.''
Non appena si chiuse nella propria stanza, Shouyou afferrò
la sua agenda e una penna, e si infilò nella bara di mogano.
Uscire con lui,
scrisse, sdraiato a pancia in giù. Pro e contro.
Poi voltò pagina.
Mangiarlo,
scrisse. Pro e contro.
Mordicchiò nervosamente il tappo della penna, aggrottando le
sopracciglia sottili.
Atsumu, di fatto, possedeva un sapore squisito. Shouyou
l’aveva percepito sin dal primo istante, grazie
all’odore della sua pelle. Gruppo sanguigno zero positivo, il
suo preferito, dissetante e dal retrogusto non esageratamente dolce.
Le sacche di sangue gli permettevano di nutrirsi senza essere costretto
a uccidere, certo, ma affondare i canini in un vena che pulsava di
vita, con il sangue caldo e denso che esplodeva sotto al palato, era
estasi pura, un piacere imparagonabile alla mera sopravvivenza. E
Atsumu non si limitava a essere carne fresca, Atsumu era un vero e
proprio banchetto nuziale.
Però, però,
se l’avesse divorato, Atsumu sarebbe morto. E Shouyou lo
reputava davvero troppo, troppo carino. Porre fine alla sua esistenza
sarebbe stato uno spreco. Però sarebbe stato uno spreco
anche non approfittare di quella prelibatezza, e dopo centoventisette
anni di esperienza, Shouyou di delizie se ne intendeva eccome.
Sospirò frustrato, tamburellando le dita sul legno. Infine
si rannicchiò su un fianco e chiuse gli occhi, il quaderno
stretto al petto. Magari il giorno gli avrebbe portato consiglio.
Shouyou si risvegliò alle nove di sera. Scoprendo i denti in
uno sbadiglio, spostò il coperchio della bara e
uscì dalla propria stanza. Trovò Atsumu
sprofondato nel piccolo divano del salone.
''Ciao,'' disse Shouyou, sedendosi accanto a lui.
''Ehi,'' rispose Atsumu, alzando gli occhi dal cellulare.
Shouyou lo osservò con maggiore attenzione. C’era
qualcosa di strano nel suo viso. Gli occhi apparivano più
definiti, quasi lampeggianti, e le guance erano luminose.
''Atsumu-san, perché brilli?''
Atsumu avvampò. ''Come?''
''Perché brilli?'' ripetè Shouyou, scandendo
meglio le parole. ''Ti luccica la faccia.''
''Forse è per il servizio fotografico di prima,'' rispose
Atsumu. ''Mi hanno truccato per dei primi piani.'' Poi si
strofinò lo zigomo, ma Shouyou lo bloccò.
''Non te lo togliere, stai bene. Che genere di foto?''
''Erano per un profumo, anche se di solito lavoro con le marche di
abbigliamento.''
''Ma quindi sei un modello?''
''Beh, sì. Non te l’avevo detto?''
''No!'' Esclamò Shouyou, sgranando gli occhi ammirato. Lui
non aveva mai assaggiato il sangue di un modello, per giunta lupo
mannaro! ''E hai mai fatto delle sfilate?''
''Qualcuna, sì.''
''Hai dei video?''
Atsumu, compiaciuto, si avvicinò a lui e gli
mostrò dal cellulare i video delle sfilate e alcuni scatti
particolarmente ben riusciti. Shouyou, tuttavia, venne stordito
dall’odore della sua pelle, come se gli avessero spruzzato
dell’afrodisiaco nel naso. Il suo collo alto e meraviglioso,
col pomo d’adamo in bellavista, era a pochi centimetri dalle
sue labbra. Sarebbe bastato inclinare appena la nuca per saggiare con
la lingua la pelle tenera, prima di scoprire i denti appuntiti e
affondarli nella carotide e bere tutto il suo sangue e…
''Shouyou-kun,'' lo chiamò Atsumu. ''Mi stai ascoltando?''
''No,'' rispose lui, perché era un vampiro sincero.
''È che hai un odore troppo buono. E vorrei…''
Assaggiarti. Morderti. Fare dei ghiaccioli con il tuo sangue. Sbranarti
senza lasciare neanche le ossa.
''...giocare a mario kart,'' disse infine, perché era un
vampiro sincero ma non del tutto. ''Ti va?''
''Oh.'' Atsumu sospirò sollevato. ''Certo. Ma guarda che ti
straccio. E Peach la prendo io.''
*
''Shouyou-kun,'' gli domandò Atsumu addentando una salsiccia
a colazione, ostentando una noncuranza che di fatto non provava. ''Ti
vedi con qualcuno?''
Shouyou, seduto nella metà della cucina all’ombra,
scosse la testa. ''No, non mi vedo con nessuno. Sai, non mi piacciono
troppo le relazioni.''
L’entusiasmo di Atsumu si afflosciò come un
palloncino sgonfio. Andare al cinema insieme, passeggiare di notte,
tenergli la mano, stringersi al suo corpo freddo durante
l’estate, scoparselo sul tavolo della cucina (e sul divano, e
sul piccolo balcone, e contro ogni parete), cantargli una serenata come
quelle che ululava alla luna, furono tutte speranze che sgusciarono via
come meduse.
''Perché?''
''Beh, perché la prima persona con cui sono stato mi ha
trasformato in un vampiro,'' rispose Shouyou. ''Perciò sono
ancora un po’... diffidente, ecco.''
''Oh,'' disse Atsumu. Ma
io sono un lupo mannaro.
''Questo comunque non significa che non possa provare con qualcuno che
mi piaccia davvero,'' aggiunse Shouyou. Poi sorrise complice e gli fece
l’occhiolino.
Atsumu abbaiò.
''Scusa,'' aggiunse subito, con le orecchie che arrossivano. ''Mi
è scappato.''
*
''Shouyou-kun!''
Shouyou farfugliò qualcosa di indistinto nella bara,
voltandosi dall’altra parte.
''Shouyou-kun!''
Shouyou non voleva svegliarsi. Stava facendo un sogno splendido, era
immerso in una vasca di sangue con i cadaveri che galleggiavano intorno
a lui come paperelle di gomma. Qualcuno si muoveva ancora, preda degli
ultimi spasmi della vita che lo abbandonava mentre il sangue sgorgava a
fiotti dai due fori sul collo.
''Shouyou-kun!''
Il sogno gli scivolò via dalle mani, e allora riconobbe la
voce di Atsumu che lo chiamava insistentemente dalla porta.
''Che c’è?'' biascicò allora, la lingua
impastata.
''Devo dirti una cosa importante. Stasera, beh, ci sarà la
luna piena. Perciò io…''
Saaangue. Urla
strazianti. Cibo.
''...uscire dalla tua stanza. Mi stai ascoltando?''
''Certo,'' rispose Shouyou, che in realtà non stava
ascoltando affatto.
''Okay. Mi raccomando. Non voglio svegliarmi con il tuo cadavere
accanto.''
''Guarda che io sono immortale,'' avrebbe voluto specificare. Ma il
sonno si appropriò della sua mente con prepotenza, e la
frase gli appassì in gola.
Quando si svegliò, erano le dieci di sera passate.
Sollevò le braccia per stiracchiarsi e uscì dalla
stanza. Il corridoio era buio pesto, non c’era neanche una
lampadina accesa.
''Atsumu-san?'' chiamò Shouyou, accigliato.
Nessuno rispose.
Forse è
uscito, pensò, scrollando le spalle. Si diresse
verso la cucina, deciso a gustarsi un bicchiere di sangue
perché si sentiva debole e fiacco.
All’improvviso, udì un ticchettio irregolare.
Shouyou accese la luce - perché sì, era un
vampiro immortale, ma il buio gli faceva paura comunque - ed
esclamò dalla sorpresa.
Acciambellato sul piccolo divano, c’era un husky che lo
fissava con gli occhioni sgranati. Scodinzolava, e la coda che sbatteva
contro il cuscino produceva il rumore di un orologio rotto.
Fu amore a prima vista.
‘’Ciaaaao’’
esclamò, accovacciandosi vicino a lui. Allungò
piano la mano, e il cane strofinò il naso umido contro il
palmo. Shouyou iniziò a grattarlo dietro le orecchie soffici
e sotto al mento e l’altro socchiuse lo sguardo in
un’espressione beata. Poi uggiolò e si
rotolò sul divano, mostrando la pancia.
''Ma sei il cane più bello del mondo,'' sussurrò
Shouyou massaggiandogli lo stomaco morbido. Il cane abbaiò,
come se fosse d’accordo. ''Sei il più dolce e
tenero e meraviglioso e…''
Ma perché
c’è un cane nell’appartamento?,
pensò all’improvviso, smettendo di parlare.
Continuando a coccolarlo, prese il cellulare e chiamò
Atsumu. Il rumore di una vibrazione riecheggiò nella stanza,
e Shouyou vide il suo telefono illuminarsi sul tavolo della cucina.
L’aveva dimenticato a casa.
Chissà dov’era andato.
Continuando ad accarezzare il cane, notò che i suoi occhi
espressivi erano dello stesso colore chiaro di quelli di
Atsumu. In quel momento, reminiscenze di ciò che credeva
fosse un sogno si affacciarono nella sua mente. Ricordò
Atsumu che bussava alla sua porta, ribadendo qualcosa che sembrava
importante, ma che Shouyou era troppo assonnato per ascoltare. Si
diresse quindi verso la finestra, e il cane balzò
giù dal divano con uno zampettio eccitato.
Nel cielo brillava la luna piena, che avvolgeva le strade in una luce
lattiginosa, quasi onirica. Il cane, guardandola, ululò
solennemente.
''Aspetta un momento,'' disse di nuovo Shouyou. ''Ma tu sei Atsumu-san.''
Atsumu abbaiò, scodinzolando contento per essere stato
riconosciuto.
Shouyou scoprì che Atsumu, o almeno il cane che aveva
dentro, era un coccolone professionista. Gli leccò le mani e
lo seguì ovunque, come una fedele guardia del corpo.
Shouyou, per ricompensa, gli sminuzzò in un piatto un paio
di salsicce crude, e mentre Atsumu leccava via le briciole, Shouyou
sorseggiò un calice di sangue godendosi la
tranquillità della notte. Dopo si sedette sul divano e
accese la televisione. Atsumu abbaiò, poi con un balzo si
acciambellò accanto a lui, poggiando il musetto sul suo
grembo.
Shouyou passò da un canale all’altro
finché non trovò un film horror. Stravedeva per
quel genere, soprattutto quando c’erano i vampiri di mezzo.
Rise forte quando al protagonista cavarono gli occhi con un uncino, e
quando infine lo sbrindellarono con una motosega.
Atsumu-cane, nel frattempo, continuò a scodinzolare e a
leccargli il palmo della mano di tanto in tanto, per manifestare
apprezzamento.
Tre film più tardi, Atsumu si ritrasformò in
umano. Il corpo tremolò, allungandosi ed emettendo schiocchi
sinistri, il pelo si ritrasse e le orecchie soffici svanirono. Shouyou
si ritrovò ad accarezzargli i capelli, altrettanto setosi.
Atsumu biascicò qualcosa senza svegliarsi, la guancia
premuta sulla sua coscia.
Shouyou inspirò. Inalò il suo odore, quello del
suo sangue non esageratamente dolce, cucì gli occhi lascivi
sulla pelle sottile del suo collo scoperto. Atsumu, in quel momento,
era estremamente vulnerabile. Shouyou avrebbe potuto perforargli la
carotide e succhiarlo via come un ghiacciolo senza che lui neanche se
ne rendesse conto. Poi però di Atsumu sarebbe rimasto solo
un involucro vuoto, un’esuvia di pelle secca, e Shouyou
sarebbe sicuramente stato triste, nonostante la pancia piena.
Dunque chiuse gli occhi, trattenne il fiato, e si alzò dal
divano. Lasciò Atsumu rannicchiato fra i cuscini, poi prese
una coperta e gliela poggiò addosso. Sorrise quando
lo udì biascicare una sottospecie di ululato, e in punta di
piedi tornò nella sua stanza.
*
Atsumu si svegliò a causa del cellulare che squillava.
''Samu,'' borbottó stordito, la lingua impastata a causa dei
postumi della luna piena.
''Oh,'' rispose l’altro, quasi deluso. ''Sei ancora vivo. E
io che speravo nel nuovo coinquilino.''
''Ma vai a cagare sangue, ‘Samu .''
''Forse fai così schifo che non ti vuole succhiare neanche
un vampiro.''
Atsumu riagganció.
Si osservó intorno, la mente così annebbiata che
gli sembrava di star fluttuando nello zucchero filato.
''Bhu!''
''AAAH!''
Atsumu saltò per lo spavento, poi si voltò di
scatto e si ritrovò davanti Shouyou, che rideva con i
riccioli che gli incorniciavano le orecchie.
''Vaffanculo pure a te!'' sbottó Atsumu.
''Scusa, scusa, è troppo divertente,'' rispose
l’altro, prima di rivolgergli un'occhiata luccicante come
quella di una gazza ladra. ''Lo sai, ieri non la finivi di
scodinzolare,'' aggiunse infine.
Atsumu boccheggió. ''Ti avevo detto di restare in camera!
Avrei potuto farti male!''
''Male?
Atsumu-san, come cane sei adorabile.''
''Sono sempre adorabile.
E poi aspetta, cane?! Io sono un lupo. Un lupo ferocissimo.''
''Sembravi più un Husky.''
''Un Husky?!''
''Sì, un Husky. E ho scoperto pure che sei un gran
coccolone. E che ti piacciono le carezze sulla pancia.''
Atsumu continuò ad arrossire.
''Vuoi sapere cos’altro ho scoperto?'' aggiunse
l’altro, ammiccando malizioso.
Shouyou si avvicinò. Atsumu sentì il suo odore,
vide le ciglia che sfarfallavano a pochi millimetri dalle proprie, e si
domandò se per caso non stesse ancora sognando.
Poi sollevò una mano e la aprì. Poggiata sul
palmo, c’era una pallina di gomma.
''Prendila!'' esclamò, e lanciò la pallina nel
corridoio.
Atsumu abbaiò e corse come un pazzo
all’inseguimento della pallina, mentre Shouyou dietro di lui
era piegato in due dalle risate.
*
''Sei una disgrazia,'' sussurrò Atsumu con il viso premuto
contro il vetro della finestra. ''Sei la cosa più brutta che
esista sulla faccia della terra. Vorrei cavarti gli occhi e poi
giocarci a flipper. Spezzarti le gambe una alla volta. Lanciarti come
un frisbee in mezzo al mare e guardarti affogare. Ti odio. Ti odio
così tanto.''
''Atsumu-san, ma con chi stai parlando?''
''Con Becky,'' rispose lui.
''Becky?''
''Becky.''
Shouyou, incuriosito, si avvicinò alla finestra dato che il
sole era già tramontato. ''Chi è Becky?''
''L’incarnazione del male nell’universo,''
ringhiò Atsumu, prima di premere l’indice sulla
superficie di vetro.
Shouyou strinse gli occhi, e vide un persiano acciambellato su se
stesso, che muoveva pigramente la coda.
''Lei è Becky. La gatta dei vicini.''
*
Lo schermo del cellulare s’illuminò, e Atsumu
schioccò la lingua infastidito quando vide che si trattava
di un messaggio di Osamu.
Mandami una sua foto,
diceva.
Atsumu, poiché quel giorno si sentiva così
magnanimo da accontentarlo, aprì la fotocamera e la
puntò verso Shouyou, seduto a gambe incrociate sul divano a
giocare alla playstation. Quando scattò, però,
sullo schermo comparve solo il divano e la coperta sgualcita, senza
Shouyou sopra.
''Ma cosa cazzo,'' sibilò Atsumu, riprovando di nuovo.
Nulla, non funzionava. Era come se Shouyou fosse invisibile, come se
non esistesse. La fotocamera non era in grado di ritrarlo.
''Shouyou-kun,'' lo chiamò dunque Atsumu, sprofondando sul
divano accanto a lui. ''Perché non riesco a farti una foto?''
''I vampiri non compaiono nelle foto,'' rispose l’altro
prontamente, senza mettere in pausa. ''I vampiri non possono neanche
vedere il proprio riflesso allo specchio, sai? Infatti non so come sono
fatto.''
''Non sai come sei?''
''No,'' disse Shouyou, annuendo. ''Cioè, mi hanno fatto dei
ritratti, perciò a grandi linee un’idea ce
l’ho. Però non mi sono mai visto.''
''Ma prima non eri umano?''
''Sì, ma non ricordo nulla di quel tempo.''
''Oh.''
Atsumu gli cucì gli occhi sulle guance, sulle labbra sottili
serrate per la concentrazione, sul naso appuntito e sulle orecchie
minute, seminascoste dalle ciocche rosse.
''Sei bellissimo,'' gli disse dunque, senza riflettere.
Shouyou distese le labbra in un sorriso morbido come un girasole, mise
in pausa il gioco e si voltò a guardarlo.
''Grazie, Atsumu-san. Anche tu sei bellissimo.''
Poi poggiò il joystick sul pavimento e si
avvicinò. E Atsumu vide i suoi denti scintillare maliziosi
sotto la luce dell'abat jour, le ciglia ramate tanto vicine da poterle
leccare. Gli venne voglia di mettersi a ululare per cantare a Shouyou
una serenata esattamente come faceva con la luna. E quando
percepì il suo respiro amalgamarsi al proprio, quando le sue
labbra furono a pochi millimetri dalle sue, il cellulare si mise a
squillare.
''Tsumu.''
''Samu,'' sibilò Atsumu, tentando di non mettersi a
piangere. ''Samu, porca puttana ladra, giuro che ti stacco le dita a
morsi e poi le infilo negli onigiri come candeline prima di servirli ai
tuoi clienti del cazzo.''
''Ho interrotto qualcosa?''
''Sparati in bocca. Che vuoi?''
''Mi mandi una foto?''
''Non posso, è un vampiro. Diciamo che non sono
particolarmente fotogenici.''
''Allora vengo a cena.''
''Quando?''
''Adesso, oggi è il mio giorno libero.''
''No.''
''A tra poco.''
''No. Non esiste. No. Samu? SAMU!''
''Fottutissimo stronzo,'' ringhiò Atsumu, fissando con odio
il cellulare.
Shouyou, di nuovo troppo lontano per i suoi gusti, inarcò le
sopracciglia. ''Che succede?''
''Viene mio fratello a cena. Ti dispiace?''
''Scherzi? Voglio conoscerlo! È un lupo mannaro anche lui?''
''No, lui è un cuoco.''
Shouyou sospirò estasiato. ''Woah! Posso mangiarlo?''
''Shouyou-kun,'' gli disse Atsumu, il cuore imbevuto di adorazione.
''Tu puoi fare tutto quello che vuoi.''
Atsumu non avrebbe mai creduto che una sera si sarebbe ritrovato a
cenare con suo fratello e un vampiro. E non avrebbe neanche mai creduto
che una sera sarebbe stato geloso di lui, perché era palese
che Shouyou stravedesse per Osamu e viceversa.
Osamu gli raccontò di come avesse aperto il ristorante, di
cosa avesse imparato durante il corso di cucina, gli parlò
di Kita che gli procurava il riso e dei giorni trascorsi a sperimentare
varie ricette sino a trovare quella perfetta.
E Shouyou era tutto un cinguettio di esclamazioni meravigliate, e a
Osamu brillavano gli occhi e aveva stampato in faccia un ghigno
compiaciuto che Atsumu avrebbe tanto voluto soffiare via con un dritto
ben piazzato.
Osamu mostrò a Shouyou le foto della cerimonia di
inaugurazione, della cucina, del set professionale di coltelli che
utilizzava per affettare il pesce, della fattoria e dei campi di riso.
Atsumu si limitò a ingoiare le salsicce senza neanche
prendersi il disturbo di masticarle, fulminando la vicinanza fra i due
che diveniva sempre più impalpabile.
''Puoi smetterla di ringhiare?'' domandò a un certo punto
suo fratello, lanciandogli un’occhiata torva da sopra lo
schermo del telefono.
''Non sto ringhiando,'' rispose Atsumu, ringhiando.
Shouyou si aggrappò alla sua manica. ''Posso venirti a
trovare una sera? Anche se non mangerò nulla?''
''Quando vuoi, Shouyou-kun,'' rispose Osamu sorridendo.
Atsumu uggiolò, sconfitto.
Prima di andare via, Osamu riuscì a strappare a Shouyou il
numero di telefono sulla porta di ingresso. A quel punto, Atsumu si
chiuse nella propria stanza con la coda fra le gambe e si
buttò sul letto, depresso.
*
Lo sconforto svanì il giorno seguente, soffiato via come se
non fosse mai esistito. Atsumu non si sarebbe mai lasciato sconfiggere
da suo fratello, perciò si lavò i denti, si
rifece la tinta, indossò la sua camicia preferita porta
fortuna, e attese che Shouyou si svegliasse. Quella sera, Atsumu
avrebbe fatto le cose per bene. Sarebbe stato sincero e diretto, lo
avrebbe baciato e gli avrebbe fatto urlare il suo nome così
tante volte da costringerlo a dimenticare il proprio. Gli avrebbe
regalato la scopata più fenomenale dei suoi centoventisette
anni di vita. Poi si sarebbero acciambellati sul divano, e Atsumu gli
avrebbe baciato i capelli e le guance mentre vedevano un film horror in
cui le persone venivano crocifisse vive e i vampiri conquistavano il
mondo.
Dopotutto, anche se erano un lupo mannaro e un vampiro, anche se uno
viveva di giorno e l’altro di notte, anche se le bollette
dell’elettricità lo stavano logorando e non aveva
quasi più un centesimo, Atsumu era più che certo
che avrebbero trovato un punto di incontro. Che avrebbe funzionato, fra
loro.
Perciò attese che le ore scivolassero giocando alla
playstation, sbocconcellando polpette di ragù tritato,
insultando Becky.
Quando finalmente udì il rumore della porta di Shouyou che
si schiudeva, Atsumu balzò in piedi e corse verso il
corridoio.
''Shouyou-kun,'' gli disse, il coraggio che gli gonfiava il petto e il
cuore che palpitava agitato. ''Io…''
''Atsumu-san!'' Shouyou lo interruppe con gli occhi sgranati, il tono
di voce apprensivo, e un’espressione che trasudava panico.
Atsumu non lo aveva mai visto così agitato. ''Ti prego ti
prego ti prego, mi sistemi i capelli?''
Il piano dichiarazione era destinato al fallimento dal principio,
almeno per quella sera. Atsumu scoprì che quel lurido
bastardo di suo fratello non si era appropriato del numero di Shouyou
solamente per fargli un dispetto, ma per offrirgli un posto di lavoro
al ristorante come cameriere.
''Sai, per me è molto difficile trovare lavoro,'' gli
spiegò Shouyou, con gli occhi luccicanti di gratitudine.
''Perché non posso assolutamente entrare in contatto con la
luce. E beh, questo è un po’ difficile da spiegare
alle persone durante un colloquio. Invece Osamu-san sa già
tutto, perciò sa che posso lavorare solo di sera, quando il
sole è tramontato. E gli sarò davvero per sempre
grato, detesto rubare i soldi, e fare il parassita senza aiutarti in
nessun modo era deprimente, soprattutto dopo aver visto le bollette
della luce e...''
''Shouyou-kun,'' lo interruppe Atsumu, mentre gli pettinava i capelli
all’indietro. ''Tu non sei un parassita. E non devi farlo per
forza, se non ti va di farlo.''
Shouyou gli rivolse un sorriso che gli sciolse tutte le ossa, e scosse
la testa. ''A me piace lavorare! E Osamu-san è una
bravissima persona!''
Atsumu schioccò la lingua indispettito, poi gli
sistemò dietro l’orecchio l’ultimo
ricciolo ribelle con il gel.
''Ho finito.''
''Grazie mille, Atsumu-san! Come sto?''
Con la fronte scoperta, la forma grande e tondeggiante dei suoi occhi
risaltava ancora di più.
''Sei più bello della luna,'' rispose Atsumu, senza pensare.
Shouyou schiuse le labbra dalla sorpresa e arrossì, e Atsumu
avvampò con lui. Poi Shouyou andò verso la porta
e Atsumu lo seguì come il cane che era.
''Allora a dopo!'' disse, infilandosi la giacca.
''Buon lavoro, Shouyou-kun. Cerca di non vampirizzare nessun cliente.''
Shouyou sorrise, poi gli cinse il viso fra le mani, si alzò
in punta di piedi e gli stampò un bacio all’angolo
della bocca.
Atsumu rimase imbambolato con gli occhi sbarrati, lo sguardo puntato
sulla porta che si era appena richiusa, la camicia bianca che portava
fortuna e la dichiarazione ancora incastrata in gola.
Quando Shouyou imboccò la via di casa era esausto, ma
soddisfatto. Osamu era placido e disponibile, lavorare con lui si era
rivelato praticamente un toccasana. In più, quando non
doveva succhiar loro via la vita, Shouyou adorava la compagnia degli
esseri umani.
Infilò la chiave nella toppa e la girò
dolcemente, per evitare di svegliare Atsumu dato che erano le tre
passate.
Non appena mise un piede nell’appartamento, però,
Shouyou venne letteralmente travolto.
''Shouyou kun!'' esclamò Atsumu al suo orecchio,
sollevandolo da terra e facendogli fare un mezzo giro.
''Atsumu-san!'' rispose Shouyou ricambiando d’istinto
l’abbraccio, sebbene fosse perplesso
dall’inaspettato entusiasmo manifestato dall’altro.
Con il viso premuto contro il suo petto (ma era legale, un petto
così largo?!), non poté che ispirare
l’odore della sua pelle. Ponderò per qualche
istante l’eventualità di conficcargli i denti nel
collo e tracannare il suo sangue alla calata, ma poi
l’immagine di Atsumu morto e rinsecchito gli
provocò l'ennesima ondata di tristezza indicibile.
''Perché sei così contento?'' gli
domandò dunque ridacchiando, mentre Atsumu continuava a
strofinargli il viso contro i capelli. Sebbene fosse privo di coda,
Shouyou poteva quasi vederlo scodinzolare al buio ebbro di gioia.
''Perché sei tornato a casa,'' rispose l’altro,
praticamente in estasi.
Poi, come se avesse realizzato le proprie parole, Atsumu lo
lasciò immediatamente andare e indietreggiò.
Shouyou ne approfittò per richiudere la porta
dell’ingresso, che era rimasta aperta, e accendere la luce.
''Cioè,'' balbettò, con gli occhi zuppi di
imbarazzo. ''Sono felice che tu stia bene, ecco. Cioè, che
tu sia tornato dal lavoro vivo e…''
Poi si portò una mano sul viso e sospirò
affranto. ''Ma che cazzo sto dicendo?''
''Oh mio dio,'' esclamò Shouyou, colpito da una
consapevolezza improvvisa. ''Atsumu-san, mi hai appena fatto le feste
come fanno i cani?''
''Io… merda,'' sibilò. ''È
più forte di me. Praticamente è istinto. Mi
dispiace.''
''Non scusarti.'' Shouyou si sfilò la giacca, poi tese la
mano e gli sfiorò lo zigomo. ''È una cosa molto
dolce. Mi piace. Potrei abituarmi.''
Atsumu chiuse gli occhi e strofinò la guancia contro il suo
palmo. L’aria divenne elettrica, satura di eccitazione e di
aspettativa, perché erano le tre del mattino e nessuno,
nessuno, avrebbe potuto interromperli a quell'ora. Shouyou
pregustò la sua bocca, il sapore dolcesalato del sudore e
della sua pelle. Immaginò di sbottonargli la camicia che lo
fasciava alla perfezione, di leccargli le orecchie e le braccia
nerborute e poi l’addome e…
Atsumu schiuse le labbra, e si infilò in bocca il suo
pollice.
Non appena percepì la lingua calda sul proprio polpastrello
gelido, Shouyou perse completamente il controllo. Si avventò
su di lui, gli strofinò il naso contro la clavicola,
inspirò profondamente l’odore impetuoso del mare e
dolce come le ciliegie e finalmente, finalmente, gli affondò
i denti nella curva del collo.
''Mi dispiace!'' disse Shouyou, premendo le garze sulla sua pelle, da
cui continuava a sgorgare sangue. ''Dobbiamo… dobbiamo
andare in ospedale.''
''No,'' biascicò Atsumu. ''Sono un lupo mannaro. Guarisco
più in fretta dei normali esseri umani. Altrimenti, senza
offesa, sarei già morto.''
''Mi dispiace,'' continuava a ripetere Shouyou. ''Mi dispiace, mi
dispiace, mi dispiace, mi dispiace…''
''Shouyou-kun,'' lo interruppe Atsumu, con tono fermo. ''Non fa niente.
E poi l’importante è che ti sia fermato.
Cioè, se avessi continuato a succhiare allora sì
che sarebbe stato un problema, però tu… cazzo, prendi
un’altra garza.''
''Sono finite.''
''Allora prendi gli asciugamani! O le tovaglie, o-''
Shouyou corse in bagno, e Atsumu sospirò. Gli sembrava di
fluttuare in una bolla fatta di nebbia, che saliva e saliva e saliva
sempre più in alto, sempre più irraggiungibile,
sempre più evanescente. Forse si trattava della sua anima.
Forse stava per morire. Forse aveva davvero bisogno di andare in
ospedale.
''Mi dispiace,'' gli disse di nuovo Shouyou, premendo un asciugamano
morbido contro il suo collo.
''Se dici un’altra volta che ti dispiace, giuro che ti porto
fuori al balcone e aspettiamo insieme che sorga il sole. Ma
che… No, Shouyou-kun, ti prego, non piangere.''
Shouyou era un fiume in piena: singhiozzava con le labbra tremanti e il
naso umido.
''No, smettila,'' ribadì Atsumu. ''Ti prego, sei…
sei brutto quando piangi.''
E lo era davvero. Più che brutto, era terrificante. Invece
delle lacrime trasparenti e acquose, una sostanza viscosa, rossa e
densa gli rigava le guance, e la screzia dell’occhio era
divenuta scura. Adesso sì che assomigliava a un vampiro
uscito fuori direttamente da un film horror.
''Shouyou-kun, smettila. Se continui così moriremo
dissanguati entrambi.''
Shouyou, testardo come al solito, continuò a piangere
copiosamente finché il sangue della ferita di Atsumu
non coagulò, per poi smettere di scorrere del
tutto.
''Finalmente,'' mormorò, alzandosi dalla sedia.
Lanciò uno sguardo al pavimento chiazzato di rosso,
sospirò amareggiato e barcollando sprofondò sul
divano. ''Puliamo domani.''
Shouyou lo guardò con gli occhioni sgranati di dolore. Era
così... dolce.
Perché era così dolce? Perché voleva
fargli il solletico sebbene Shouyou avesse tentato di farlo fuori?
''Non fare quella faccia. Come hai fatto fino ad adesso a uccidere la
gente, se poi stai così male?''
''Ma tu sei diverso dagli altri!''
Atsumu aveva perso troppo sangue, altrimenti sarebbe arrossito.
''È stato un incidente. Cioè, un mezzo incidente,
okay? Sono ancora vivo.''
Per adesso, almeno.
''Perciò non farti venire in mente idee strane,
tipo… tipo fare le valigie e andare via.''
Quindi si rannicchiò su un fianco, intenzionato a dormire
per almeno due giorni.
''Non voglio svegliarmi con te che non ci sei più,''
aggiunse biascicando, prima di svenire.
Quando si svegliò, Atsumu non sapeva né che ore
fossero, né quante fossero trascorse dal momento in cui era
crollato. Aveva solo la sensazione di possedere degli aghi conficcati
negli occhi, e un palo piantato nel cranio. Inveendo mentalmente contro
il dolore atroce, pensò a Shouyou e sperò che non
fosse fuggito nel cuore della notte agendo di testa propria.
A dispetto delle ciglia appiccicate fra loro che opposero resistenza,
Atsumu riuscì ad aprire prima un occhio e poi
l’altro. Era buio pesto, e non vedeva un accidente.
''Cazzo,'' sibilò.
''Atsumu-san?''
Shouyou-kun, sussurrò sollevato. ''Dove sei?''
''Qui,'' rispose l’altro, e Atsumu si sentì
accarezzare il viso. Poi gli prese la mano e sprofondò
nuovamente nel sonno.
''Ti ho fatto dei regali,'' gli disse Shouyou piazzandosi davanti a lui
con due pacchetti infiocchettati. ''Per farmi perdonare.''
Atsumu, che stava giocando a Genshin Impact, abbaiò
eccitato.
''Questo è il primo,'' gli disse, porgendogli un pacco
sottile.
''Woah!'' esclamò Atsumu, scartandolo e tirando fuori una
camicia nera.
''Sì, beh, volevo rimediare visto che l’altra
l’hai dovuta buttare per colpa mia. E poi stai veramente bene
con le camicie.''
Atsumu ghignò compiaciuto, poi Shouyou gli porse il secondo
pacco, più compatto del primo e più pesante.
''Questo invece è per la tua versione can-lupo,'' si corresse
immediatamente.
Atsumu scartò il pacco incuriosito. ''Ma sono giocattoli!''
esclamò più forte, balzando in piedi per la gioia
incontenibile.
''Sì, la pallina dell’altra volta l’hai
distrutta, perciò ne ho prese due nuove più
grandi, poi ho preso una corda, un pollo di gomma…''
''Un pollo di gomma!'' ululó Atsumu ancora più
forte, afferrando il collo del povero pollo con i denti e iniziando a
scuotere violentemente la testa a destra e a sinistra. Shouyou rise.
''Quindi mi perdoni?''
Atsumu sputó il pollo sul pavimento. ''E per cosa? Te
l’avevo detto da subito che non ero arrabbiato.''
''Sì, però…''
''Shouyou-kun,'' lo interruppe Atsumu, con gli occhi sgranati.
''Giochiamo?''
Shouyou annuì, prese il pollo e glielo lanciò in
aria. Atsumu saltò, afferrandolo al volo, e ubbidiente
glielo riconsegnó tutto sbavato.
*
''Che stai facendo?''
Shouyou sorrise e aprì un occhio. ''Medito. Vuoi farlo anche
tu?''
Atsumu scrolló le spalle, poi si sedette accanto a lui sul
pavimento a gambe incrociate.
''Tieni la schiena dritta e respira regolarmente. Pensa a qualcosa di
bello,'' gli sussurrò Shouyou. ''A un posto che ti rilassa,
o a qualcosa che ti permetta di tenere lontano lo stress.''
''Tipo la luna?''
''Sì, la luna è perfetta.''
Atsumu si quietó, e Shouyou tornó nella sua
dimensione di idillio assoluto, balsamica per lo spirito e per il suo
benessere psicofisico, una dimensione in cui aleggiava il dolciastro e
metallico odore del sangue, in cui la gente urlava straziata vittima
delle torture più disparate, in cui permanevano
costantemente dolore fisico e agonia, mentre brandelli di carne
schizzavano ovunque. Shouyou finalmente respirava placido al riparo da
ogni pensiero negativo, galleggiando in quella sinfonia terrificante
fatta di brividi e viscere e morte e...
''Shouyou-kun,'' gli domandò Atsumu, in un sussurro. ''Tu a
cosa stai pensando?''
''Ai fiori, alle api e alla pace nel mondo,'' rispose con un sorriso
beato.
*
Kenma apparteneva a quell’esiguo gruppo di esseri umani che
aveva il privilegio di conoscere la sua vera natura senza correre il
rischio di morire.
''Kenma,'' gli aveva detto un giorno Hinata, mentre lo osservava
pescare un pesce balena ad Animal Crossing. ''Che ne pensi dei
vampiri?''
''Centodiciassette punti attacco. Centonovantuno punti magia. Punti
vita praticamente infiniti, ma troppo vulnerabili ai danni fisici.
Sicuramente preferibili ai lupi mannari, comunque.''
''Bene. Perché io sono un vampiro.''
Kenma non si era disturbato a sollevare gli occhi dallo schermo.
''Figo. Se vuoi cenare, Kuroo arriva fra dieci minuti con le pizze.
Io prendo le pizze.''
Shouyou adorava Kenma. Non aveva bisogno di indossare alcuna maschera
quando erano insieme, e guardarlo giocare lo faceva sentire normale, lo
faceva sentire parte di quella corrente dentro cui gli umani
brulicavano come formiche, totalmente ignari dell’esistenza
di creature sovrannaturali come lui, o come Atsumu.
A proposito di Atsumu...
''Atsumu-san!'' lo chiamò Shouyou, bussando alla sua porta.
''Stasera viene Kenma!''
Udì un ringhio basso seguito da qualche imprecazione, e
infine con un tonfo sordo Atsumu spalancò la porta.
''Il tizio dei videogame?''
''Sì, Kenma. Sii gentile con lui, è il mio
migliore amico.''
''Lo so, ma non mi piace. Per niente.''
''Perché?''
''Perché mi ricorda un gatto. Mi ricorda Becky. E io non mi
fido di Becky.''
''Sai, Becky è una gatta davvero adorabile. E suuuper
soffice.''
Atsumu strabuzzò gli occhi. ''Tu… tu hai
accarezzato Becky? Quando?''
''Quando sono andato a buttare la spazzatura ieri sera, l’ho
trovata che dormiva sul muretto.''
''Shouyou-kun, se mi avessi ucciso l’altra volta avrei
sofferto di meno.''
Shouyou sorrise, scoprendo i canini. ''Possiamo rimediare adesso,
Atsumu-san.''
Poi distese il braccio e gli accarezzò lo zigomo con il
pollice. Atsumu, che alle coccole era vulnerabile esattamente quanto lo
era Shouyou all’aglio, smise di ringhiare e socchiuse gli
occhi, beato.
''Hai paura di lui?''
''Non ho paura!'' ribatté Atsumu, punto sul vivo.
''È solo che... lo sai. I gatti. Li odio.''
Shouyou imbastì il sorriso più lascivo che
possedeva, e iniziò a massaggiargli la guancia vellutata
tracciando dei cerchietti con il polpastrello. ''Forse vuoi solo
proteggere il tuo padrone.''
Le orecchie di Atsumu avvamparono. Shouyou avrebbe voluto
sgranocchiarle come patatine per la tenerezza. Intingerle in un
bicchiere di sangue come i biscotti inzuppati in una tazza di latte.
''Fammi ricaricare un po’,'' aggiunse avvicinandosi e
premendo la testa contro il suo petto tiepido. Rimase in silenzio ad
ascoltare il ritmo regolare del suo cuore che batteva, che pompava
sangue e ossigeno e vita, mentre Atsumu gli accarezzava la testa.
''Non ti fa senso il fatto che io non abbia un cuore?''
''Certo che hai un cuore.''
''No,'' rispose Shouyou. ''No, non ce l’ho. Perché
sono morto.''
Una delle prime cose che Shouyou aveva notato di Atsumu, oltre al
gruppo sanguigno, era la temperatura. Il suo corpo era perennemente
caldo, anche quando fioccava la neve che spolverava i marciapiedi come
zucchero a velo. Atsumu era bollente, sudava spesso, e ogni volta in
cui Shouyou si avvicinava a lui percepiva la differenza abissale fra
quello che erano. Non un vampiro e un lupo mannaro, quanto piuttosto un
morto e un vivo. E delle volte, quando
l’oggettività aveva la meglio
sull’egoismo, si domandava se fosse giusto.
''A me sembri decisamente pieno di vita,'' osservò Atsumu,
indicandosi i due fori sul collo. ''Pure troppo.''
Shouyou incurvò le labbra, sollevato. Pensò che
forse, quello fosse un ottimo momento per baciarlo senza tentare di
ammazzarlo. Ma non appena gli allacciò le braccia attorno
alla schiena, bussarono alla porta e Atsumu lanciò
un’occhiata omicida verso l’ingresso.
''Se fai il bravo dopo ti do una ricompensa,'' sussurrò
quindi Shouyou, tentando di rincuorarlo.
''Che genere di ricompensa?''
Ma Shouyou si limitò a sorridere enigmatico e ad affrettarsi
verso l’ingresso, custodendo per se stesso i dettagli del
piccolo regalo che gli aveva preparato.
''Kenma!'' esclamò aprendo la porta, mentre una
felicità spumeggiante si diffuse sotto pelle.
''Ciao Shouyou,'' rispose l’altro pacato, lasciandosi
abbracciare. Poi notò Atsumu e lo squadrò
beffardo.
''Oh,'' disse, inarcando le sopracciglia. ''C’è
anche il chihuahua.''
Atsumu ringhiò.
Dopo quattro ore e trentasette minuti, Atsumu acquisì
l’assoluta certezza che Kenma non era un essere umano. Kenma
era un gatto mefistofelico che aveva trovato il modo per intromettersi
nella sua vita e fargliela pagare. Kenma incarnava il vero male
assoluto, Becky in confronto assomigliava a un cucciolo di yorkshire
terrier. Gli fece lo sgambetto quattro volte, gli rovesciò
l’acqua addosso, lanciò il pollo di gomma dalla
finestra mentre Shouyou era in bagno, lo stracciò a Mario
Kart dodici volte su dodici, tenne il braccio intorno alle spalle di
Shouyou per tutta la durata del film che videro - Atsumu fu costretto a
sedersi per terra, perché sul divano non c’era
abbastanza spazio per tutti e tre.
Quando finalmente andò via, gli dolevano le palpebre per
tutte le occhiate torve e inviperite che aveva lanciato.
''Mi ha buttato il pollo di gomma dalla finestra!'' si
lamentò Atsumu, con gli occhi lucidi. Shouyou rise.
''Impossibile, non lo farebbe mai. Hai visto sotto al diva-''
''Shouyou-kun, l’ha lanciato dalla finestra! Lo giuro!
È perfido!''
''Ne dubito fortemente, Atsumu-san. Ma non ti preoccupare, te ne
comprerò un altro! Grosso il doppio.''
Atsumu uggiolò, depresso.
''E poi adesso è l’ora della ricompensa. Te
n’eri dimenticato?''
Atsumu abbaiò, nuovamente entusiasta.
''Chiudi gli occhi.''
Da bravo lupo ubbidiente, Atsumu serrò le palpebre. Adesso mi bacia,
pensò elettrizzato.
Ma Shouyou non lo fece. Anzi, Atsumu udì il rumore dei suoi
passi che si allontanavano per prendere qualcosa, prima di tornare
davanti a lui.
''Okay, ora puoi aprirli.''
Quando Atsumu comprese cosa conteneva la scatola che Shouyou stringeva
fra le mani, iniziò a ululare per l’entusiasmo
incontenibile che iniziò a sprizzare da ogni millimetro di
pelle.
''I biscotti per cani aromatizzati alla vaniglia!'' esclamò,
fuori di sé dalla gioia. Atsumu adorava i biscotti
aromatizzati alla vaniglia, soprattutto quelli a forma di osso. Erano
gustosi quanto il gelato al cioccolato, ma almeno non gli distruggevano
lo stomaco.
Dilaniò la scatola facendo volare striscioline di cartone
ovunque, come una nuvola di coriandoli, e vorace se ne ficcò
uno in bocca.
''Cazzo,'' biascicò estasiato, quando il sapore gli esplose
sotto al palato. ''Caaazzo.''
Che mix di sapori deliziosi, un vortice di gusto sopraffino, aveva i
fuochi d’artificio che luccicavano dietro le palpebre.
Poi avvampò, incrociando lo sguardo divertito di Shouyou.
''Scusa,'' gli disse. ''Ti fa schifo?''
''Perché dovrebbe?''
''Beh, perchè sono letteralmente biscotti per cani? E
soprattutto perché sto sbavando?''
''Atsumu-san, tu mi guardi bere il sangue rubato dai centri di
trasfusione! A me non fa schifo niente di quello che sei.''
E d’improvviso, Atsumu fu stordito dalla consapevolezza della
fortuna di quello che aveva, della straordinarietà del
rapporto che c’era fra loro. Quanti lupi mannari potevano
permettersi di essere loro stessi? Quanti come lui avevano la
libertà, il privilegio, di esprimersi nella più
totale tranquillità, comprensione e rispetto, senza il
timore del giudizio e della malignità insiti nella natura
della maggior parte delle persone?
''Figo,'' rispose dunque, temendo di scoppiare a piangere. ''Figo.
Ne… ne vuoi uno?''
''No, grazie. Ci vediamo un film?''
Atsumu annuì.
''Shouyou-kun,'' gli disse più tardi, sfiorandogli il dorso
della mano mentre erano rannicchiati sul divano e il protagonista del
film veniva scuoiato vivo. ''Neanche a me fa schifo qualcosa di te.
Perciò non dirlo mai più, che non hai un cuore.''
*
''Atsumu-san, vogliamo andare a fare un gir-''
Shouyou non riuscì a terminare la frase, ché
Atsumu si catapultò all’ingresso e
iniziò a grattare la porta saltellando e guaendo. Shouyou
rise, si infilò le chiavi in tasca, e uscirono.
Mentre camminavano, Shouyou provò il desiderio bruciante di
prendergli la mano e di nasconderla nella tasca della giacca. E
probabilmente l’avrebbe anche fatto, se Atsumu non si fosse
fermato nel bel mezzo del marciapiede con gli occhi sgranati di
terrore.
''Che succede?'' domandò Shouyou, intimorito.
Seguì la direzione del suo sguardo, e non appena vide a cosa
stava puntando, esalò un sospiro costernato.
''Atsumu-san,'' gli disse con tono fermo, piazzandosi di fronte a lui.
''Guardami.''
Atsumu, riluttante, si costrinse a spostare l’attenzione sul
suo viso. Le ciglia sfarfallavano agitate, le pupille erano dilatate.
Shouyou gli afferrò le mani calde, nonostante il freddo
dell’inverno.
''Puoi farcela,'' lo incoraggiò, e ci credeva per davvero.
''Non cedere. Tu sei più forte di questo.''
Atsumu serrò le labbra e gli tremò il mento,
straziato dal dissidio interiore. Shouyou vide nei suoi occhi la
razionalità combattere contro l’istinto,
finché l’arrendevolezza non gli sbocciò
nelle iridi spazzando via le briciole residue di perseveranza e
disciplina.
''Mi dispiace,'' sussurrò dunque con un ultimo sguardo
colpevole, come se stesse per pugnalarlo.
Infine sfuggì dalla sua presa e corse come un pazzo verso il
gatto persiano dal pelo folto che stava beatamente acciambellato sopra
un muretto.
Povera Becky,
pensò Shouyou.
*
Shouyou aveva un debole per i fiori. Atsumu lo scoprì la
sera precedente, quando gli mostrò l’ultimo
servizio fotografico in cui i fiori erano l’elemento
caratterizzante di ogni scatto.
''Sarebbe bello avere la casa pieeena di piante!'' gli disse Shouyou,
entusiasta.
E siccome Atsumu era un inguaribile romantico, e per Shouyou avrebbe
mangiato spinaci per una settimana, quel giorno, dopo lavoro, si
recò dal fioraio e comprò due piantine di
ciclamini, vermigli come il sangue.
Quando tornò a casa, gongolante per la brillante idea che
aveva avuto, trovò Shouyou già sveglio seduto in
cucina, intento a sorseggiare due dita di sangue.
''Atsumu-san!'' esclamò non appena lo vide, e nella foga
fece una bolla di sangue e saliva che scoppiò macchiandogli
il naso. Shouyou se lo pulì strofinandolo con la manica del
pigiama, e Atsumu provò il desiderio viscerale di saltargli
addosso e di leccargli la faccia mentre scodinzolava.
''Ma hai comprato dei fiori!'' aggiunse poi, notando i due vasi nelle
buste. ''E li hai presi rossi!''
Poi schiuse le labbra, le sopracciglia ramate si curvarono in due
cupole perfette, e Atsumu ebbe voglia di strappargli le guance
lentigginose a morsi.
''Li hai presi per me?''
''No, per il tizio del piano di sopra,'' rispose ironico, rigirando gli
occhi.
Fu come se un proiettile l’avesse improvvisamente trapassato.
Atsumu sentì un dolore fra le costole che gli
mozzò il respiro, un dolore vivo e bruciante tanto quanto le
iridi di Shouyou, in cui luccicavano zampilli di lava e furia liquida.
Non ebbe neanche il tempo di aprire la bocca, che i ciclamini vellutati
gli appassirono fra le braccia.
''Dovevi dirmelo che stavi scherzando!'' esclamò Shouyou,
versando un bicchiere d’acqua nei due vasi.
''Non ho avuto tempo!'' ribatté Atsumu, scoppiando a ridere.
''E poi certo che erano per te, per chi altro avrei mai potuto
comprarli?! Non so neanche se ci sia davvero qualcuno sopra di noi!''
Shouyou si morse le labbra frustrato, poi deglutì. ''Mi
dispiace. Ho ucciso i ciclamini. Sono un assassino di fiori. Dici che
si riprenderanno?''
Atsumu osservo gli steli secchi come la carta crespa. Sfiorò
un petalo, e quello si sbriciolò sotto il suo tocco. No,
decisamente non si sarebbero mai più ripresi.
''Proviamo a metterli al sole,'' propose dunque, per non abbattere
definitivamente le speranze di Shouyou che sembrava estremamente
amareggiato. ''Tirati indietro.''
Shouyou si rannicchiò contro il muro, e Atsumu
aprì la persiana di uno spiraglio, sistemando i due vasi sul
balcone.
''Mi dispiace,'' soffiò Shouyou, non appena la cucina
piombò nuovamente nell’ombra. Si
avvicinò e gli allacciò le braccia intorno al
collo. ''Ma forse posso farmi perdonare.''
''Ah sì?'' disse Atsumu, la voce improvvisamente
più alta di un’ottava. ''E come?''
Shouyou sorrise malizioso e si alzò in punta di piedi,
soffiandogli sul naso. Atsumu scoprì di non aver mai visto
niente di più tenero e adorabile di un vampiro con
centoventisette anni di omicidi alle spalle in punta di piedi e con un
pigiama celeste. E avrebbe voluto baciargli gli occhi, tracciare con le
labbra il contorno violaceo delle occhiaie, mordergli le orecchie
minute come se fossero fatte di gomma, affondargli le unghie nella
pelle fredda delle braccia e poi strapparla e poi ricucirla al suo
posto.
Shouyou affondò il viso nella curva del suo collo. Atsumu
percepì il suo respiro che somigliava più un
gemito disperato, e la sua schiena divenne tremolante come la
superficie dell’acqua, dilaniata dalle scariche feroci del
desiderio, dal bisogno impellente di sentire le sue dita addosso, in
bocca, in gola, dalla voglia conturbante di predominare e di scoparlo e
di farsi scopare a sua volta inerme come una bambola di pezza.
Quando Shouyou gli baciò lascivo la clavicola, e la sua
lingua percorse il contorno dell’osso come se stesse
disegnando sul suo corpo col carboncino, qualcosa dentro Atsumu esplose
senza che le loro labbra si fossero ancora incontrate. Il carico di
eccitazione che saturava l’aria divenne incontenibile,
straripante. Stelle filanti gli sbocciarono dietro le palpebre, quindi
ringhiò e infilò le mani sotto la sua maglia,
aggrappandosi alle sue scapole pensando solo a quanto volesse
spogliarlo, sentirlo nudo e morderlo e leccarlo ovunque, iniziando dal
petto e scendendo lungo l’addome e...
Atsumu balzò all’indietro con gli occhi sgranati.
Shouyou lo fissava famelico, i canini scoperti e appuntiti, pronti a
perforarlo.
''Niente morsi!'' sbottò, con il cuore che palpitava.
‘’Non ci tengo a fare la fine dell’altra
volta, grazie!’’
''Solo un pochino!'' lo supplicò Shouyou, avvicinandosi.
Atsumu iniziò a correre intorno al tavolo e Shouyou lo
inseguì.
''Solo un pochino il cazzo! Non ti sai controllare!''
''Per favore! Per favore, sto morendo di fame…''
''Hai appena mangiato!''
''Ma tu sei più buono!'' esclamò frustrato. ''Il
tuo sangue è la cosa più buona che abbia mai
provato! Ti prego ti prego ti prego, solo un assaggio!''
''No,'' ribatté Atsumu ferreo, ma Shouyou era testardo. E
oltre a essere testardo, era evidente che fosse nel bel mezzo di una
crisi di astinenza, perché spalancò le fauci e
gli tagliò la strada balzando sul tavolo. Atsumu
indietreggiò e tentò di immobilizzarlo
afferrandogli i polsi, mentre l’altro allungava il collo e
mordeva alla cieca.
Atsumu, essendo un lupo mannaro, era forte. Ma anche Shouyou possedeva
potenza nelle braccia, nonostante apparisse svantaggiato a causa della
differenza di altezza.
E mentre combattevano, mentre Shouyou mirava alla sua carotide e lui
tentava di salvarsi la vita come poteva, pensò che non
esistesse niente di più eccitante di quello che stava
vivendo in quel momento. Infine, riuscì a bloccarlo
stringendogli forte il viso fra le mani. Pregando la luna che Shouyou
non gli staccasse via le labbra, si chinò in avanti e
finalmente, finalmente, lo baciò.
''Shouyou-kun,'' sussurrò Atsumu, facendo scorrere
l’indice lungo la sua spina dorsale - nuda, fresca, perfetta.
''Secondo i tuoi, uh, cento anni di esperienza, sono andato bene?''
''Sei andato decisamente alla grande,'' rispose Shouyou beato, con la
fronte premuta contro il suo petto. Atsumu rabbrividì. Era
così bello poterlo finalmente abbracciare nel suo letto. E
anche un po' spaventoso.
''Alla grande nel senso che mi metti al primo posto?''
''Beh, primo posto forse no…''
''Fra i primi cinque?''
''Uhm...''
''Okay, okay. Lo capisco, è normale, hai più di
cento anni. Primi dieci?''
''…''
''Shouyou-kun, ma con quante persone hai scopato?''
''Sicuramente l’ho fatto con tutti quelli che mi sono
mangiato,'' rispose l'altro.
''Non è molto rassicurante.''
Shouyou rise e lo baciò sul mento. ''Vedila così,
sarai la prima persona con cui lo farò una seconda volta.''
''Figo,'' rispose Atsumu. ''Senti, mi metti al primo posto se lo
facciamo nella bara?''
*
Mentre tornavano a casa, Atsumu fu fermato da una ragazza che
passeggiava con un labrador.
''Scusami, ma tu sei Atsumu Miya?''
Atsumu annuì, e sorrise al suo cinguettio estasiato.
''Possiamo farci una foto insieme?'' domandò, tirando fuori
il telefono dalla tasca. Atsumu si avvicinò, sorrise
sghembo, e la ragazza scattò la foto. Poi chinò
il capo ringraziandolo, salutó Shouyou e proseguì
la passeggiata con il labrador che scodinzolava allegro, condividendo
l'entusiasmo della padrona.
''Odio i guinzagli,'' borbottó Atsumu quando ripresero a
camminare.
''Senza guinzaglio i cani finirebbero tutti sotto le macchine. E poi
non sapevo che fossi così famoso!'' osservò
Shouyou, divertito.
Atsumu aprì la bocca per rispondergli, poi
aggrottò le sopracciglia e da tracotante la sua espressione
divenne perplessa. ''Shouyou-kun, tutto bene?''
''Certo, perché?''
''Hai… hai fatto appassire tutta la siepe.''
Shouyou si voltò sorpreso quanto lui e vide che il tratto di
siepe che aveva appena superato si era rinsecchito completamente.
''Merda,'' soffiò. ''Non l'ho fatto di proposito. Povera
siepe.''
''Sei geloso?''
''No,'' rispose Shouyou. Perché avrebbe dovuto?
''Sì,'' aggiunse poi, perché mentire non gli
piaceva proprio.
''Ma non è come pensi. È solo che noi una foto
insieme non possiamo farcela, giusto? E tu sei bellissimo.
Cioè, lo vedo che sei bellissimo. E io invece non so come
sono, perché non ho mai visto il mio riflesso,
perciò… non lo so, sono bello abbastanza?''
Atsumu lo fissò allibito e schiuse la bocca più
volte come un pesce rosso.
''Ma certo che sei bello abbastanza. Porco cazzo, tu sei perfetto.''
Shouyou arrossì, e sorrise grato. Poi però si
rabbuió di nuovo. ''È solo che,'' aggiunse
boccheggiando, prima di afferrargli la manica del cappotto come se
fosse un bambino sperduto, ''è solo che io posso uscire solo
quando non c’è il sole. E se continuassimo a stare
insieme, non potrai più aprire le finestre quando
è primavera. E di giorno non potremo andare nè al
mare nè in montagna, non potremo visitare un museo o fare
colazione al bar o-''
''Shouyou-kun, non mi importa un accidente di queste cose.
Cioè, sono un lupo. La luna c'è di notte, mica di
giorno.''
''Molto poetico,'' osservó Shouyou, ammirato.
''Però ho tentato di ucciderti due volte, non ho un cuore, e
sono letteralmente un cadavere ambulante freddo come l'obitorio. Tu
invece sei caldo. Sei
reale.''
Atsumu si fermò e poi si osservó intorno
circospetto, prima di continuare. ''Shouyou-kun, ascolta. Io corro
dietro ai piccioni quando usciamo. Una volta al mese mi trasformo e
devi portarmi a spasso e raccogliere la merda che faccio altrimenti ti
multano. Litigo con i gatti e la mattina abbaio al postino nascosto
sotto la finestra perché mi fa paura, sbavo tutte le palline
e ti strappo i vestiti quando mi arrabbio. Ti ho accidentalmente dato
fuoco quattro volte, e probabilmente lo farò ancora.''
''Cinque volte.''
''No, la quinta non era per sbaglio.''
Poi Atsumu si avvicinò, gli strinse le guance fra le dita
affusolate lo baciò con tutta la dolcezza, l'amore di cui
era fatto.
E Shouyou percepì il tepore delle sue labbra. E si
sentì felice.
''E poi, a me questo è sembrato abbastanza reale,''
osservò Atsumu. ''Molto reale.'' Poi sorrise, e Shouyou
sorrise con lui.
''Se avessi bevuto del sangue arrossirei."
"Forse posso darti una ricompensa appena arriviamo a casa. Giusto un
assaggio," gli disse Atsumu ammiccando, prima di prenderlo per mano.
Continuando a camminare, Shouyou pensò che Atsumu, oltre a
essere bellissimo e caldo, riusciva sempre (sempre, sempre, sempre) a
metterlo di buon umore.
Atsumu assomigliava tanto al sole che fino a quel momento non aveva mai
avuto il privilegio di percepire. Un tepore brillante che gli inzuppava
il cuore e la pelle, senza bruciarlo.
*
Quando Shouyou uscì per andare a lavorare al ristorante di
Osamu, Atsumu inspirò profondamente racimolando tutto il suo
coraggio, pronto a dare una svolta decisiva al proprio stile di vita.
Quindi afferrò la scopa e la paletta e inizió a
pulire casa. Dopo aver riempito tre sacchi di polvere, dopo aver
nascosto tutte le palline rotte per evitare che Shouyou le buttasse, si
recò nella camera di quest'ultimo. Spolveró con
cura il coperchio della bara in mogano, cambiò le lenzuola e
la federa del cuscino, infine si alzò in piedi e
iniziò a spazzare il pavimento. Fu proprio mentre toglieva
la polvere dalla scrivania, che vide una piccola agenda.
Ora, è necessario specificare che Atsumu, sebbene
occasionalmente fosse geloso, non era un ficcanaso. Ci teneva a
rispettare la privacy di Shouyou, perché sapeva che
l’altro avrebbe fatto lo stesso nei suoi confronti. Il
rispetto e la reciproca fiducia erano due pilastri portanti della loro
relazione - oltre al perdonarsi quando rischiavano di uccidersi per
sbaglio. Perciò, a sua discolpa, il narratore deve
momentaneamente intervenire nella storia e puntualizzare che
l’agenda era già aperta. A meno che Atsumu non
avesse chiuso gli occhi, sarebbe stato impossibile non leggere
ciò che c’era scritto. E Atsumu, ovviamente, gli
occhi non li chiuse.
Mangiarlo, pro e contro,
c’era scritto su una pagina, con una calligrafia disordinata.
Uscire con lui, pro e
contro, recitava quella seguente.
''Cazzo,''
sibilò Atsumu.
''Mangiarlo o uscire con lui?'' domandò Atsumu sbigottito,
sventolandogli davanti il quaderno con gli appunti. ''Fai sul serio?''
Shouyou scoppiò a ridere. ''E quello come l’hai
trovato?''
''Pulendo! Stavo togliendo la polvere dalla tua stanza e l'ho visto!
Shouyou-kun, non è divertente!''
''Credimi, la tua faccia lo è eccome… beh,
comunque non è importante! Alla fine mica ti ho mangiato,
no?''
''Non è importante? Per me è parecchio
importante, grazie! Soprattutto perché i pro di mangiarmi
sono il doppio di quelli di uscire insieme!''
''Senti,'' lo interruppe Shouyou, afferrandolo per i polsi e
spingendolo sul divano. ''Se avessi voluto sbranarti,'' e qui lo
baciò, ''l’avrei già
fatto!,'' e qui lo baciò di nuovo. ''Dormiamo insieme, hai
idea di quante occasioni abbia avuto per strapparti via la carotide dal
collo? E non solo quella?''
Atsumu esalò un sospiro frustrato. ''Spero che almeno tu non
abbia più dubbi su quale sia la cosa giusta da fare.''
''Ogni tanto ho qualche ripensamento,'' rispose Shouyou, beffardo.
''Devo preoccuparmi? Sto per morire sbranato da un vampiro?''
''Non stai per morire, non potrei mai ucciderti! Mi piaci troppo per
ammazzarti.''
''Ti piaccio soltanto?''
Shouyou arrossì. ''Mi piaci moltiiiissimo.''
Atsumu ghignò. ''Ti piaccio moltiiissimo oppure
mi am-''
Shouyou lo zittì con un morso e poi glielo
sussurrò all’orecchio.
Con il viso nascosto nella curva del suo collo, si sentì a
casa.
Note d'autore
Boh mi dispiace. Però a mia discolpa posso dire che
nell'ultima storia ho fatto morire Atsumu, perciò ho
controbilanciato il dramma con questa stronzata apocalittica. E poi
girano troppe fanart in cui Atsumu scodinzola, e il mio cervello doveva fare
qualcosa a riguardo, era proprio un'impellenza. Poi, IMPORTANTISSIMO: questa storia è ispirata alla graphic novel Fangs, di Sarah Andersen. Grazie per
aver letto, spero che vi abbia fatto trascorrere qualche minuto in
pace!!! See ya! ♥
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