Vittorio pigiò il tasto rosso terminando la chiamata,
dopodiché posò il telefono sul comodino. Si
sedette sul letto e attese, sospirando.
Come poteva ritrovarsi in
quella situazione?, si disse. Un attimo
prima era senza pensieri, un attimo dopo Valeryn gli diceva che era
incinta. Diamine, era successo troppo in fretta la sera prima, ancora
era scosso, gli sembrava quasi uno scherzo. Ma non lo era, la sua
ragazza non poteva prenderlo in giro su una cosa del genere. E poi
l’aveva vista: aveva notato come stava, che non riusciva a
dirglielo, che aveva paura... Pure lui ne aveva, tanta. In fin dei
conti a diciotto anni era ancora troppo presto. Avevano sbagliato.
Lui aveva sbagliato.
Sbuffò
pesantemente, sbattendo la testa. E adesso come lo avrebbero detto ai
loro genitori? Già immaginava sua madre strepitare contro di
lui, non gli avrebbe nemmeno dato il tempo di parlare che avrebbe avuto
una crisi isterica, per non parlare del padre di Valeryn...
Si portò una
mano sul viso, disperato, pensando che non ne sarebbero usciti vivi.
Era una brutta faccenda,
si disse, ma non poteva tirarsi indietro. Lui era innamorato davvero di
Valeryn. Non si sarebbe
allontanato da lei, non voleva, lo voleva tenere il bambino. Per questo
avevano deciso di dire tutto al più presto alle loro
famiglie nonostante le loro reazioni erano semplici da intuire, per
questo parlava al telefono con lei prima. Gliel’avrebbero
detto insieme perché era giusto assumersi le proprie
responsabilità.
Vittorio
sbuffò sentendosi inerme.
Credeva di essere stato
sempre attento. Non era un idiota, non rischiava su quelle cose...
Eppure lo aveva fatto. Era stato imprudente.
Aveva solo
diciott’anni...
Qualcuno bussò
alla porta semiaperta. Lui si accorse che era suo fratello. Gli fece
cenno d’entrare e il maggiore si sedette sul letto, vicino a
lui. Lo guardò come aspettandosi qualcosa.
«Allora
pivello, che diamine hai combinato?» Ross cercava di capire
il motivo di quella riunione familiare che ci sarebbe stata da
lì a poco.
Era talmente curioso che
aveva deciso di non tornare nemmeno a casa sua, sentiva che
c’era qualcosa di importante se avevano chiamato a raccolta i
loro vecchi.
Vittorio scosse la testa.
«Lo saprai tra
poco, è inutile che te lo dico» provò a
liquidarlo.
«Invece
sì, perché sono il tuo fratellone e mi
adori»
Quello gli
menò un piccolo pugno sulla spalla, poi sorrise. Vittorio
fece altrettanto, ancora pensieroso.
«Non so come la
prenderai» sospirò.
«Beh,
l’unico modo per scoprirlo è dirmelo, non credi
pivellino?»
Lui lo guardò
sorridere ancora e sospirò. Non c’era niente di
male se suo fratello veniva a saperlo prima degli altri. Con lui aveva
un rapporto speciale.
Poteva fidarsi, anche se
era un po’ indiscreto come persona lo aveva sempre aiutato,
poteva considerarlo un amico.
«Valeryn... lei...» si
bloccò. Adesso capiva la paura della sua ragazza a
dirglielo. Si sentiva in difficoltà. Ross, però,
lo incitava a continuare.
«Dai, Vitto, un
respiro» lo prese in giro «Non è che vi
volete fidanzare ufficialmente? No, perché sai, ancora, alla
vostra età...»
Lui scosse la testa con
un sorrisino debole. Magari fosse solo quello...
«No, Ross, non
è questo» fece «Riguarda
un’altra cosa che è troppo difficile da dire...
Non so proprio come dirtelo... E’... è un
casino!»
Ross osservò
il suo fratellino balbettare. Poi ricordò l’ultima
volta che lui stesso aveva balbettato.
Esattamente un anno fa.
In quella stessa stanza. La mattina del diciottesimo compleanno di
Vittorio.
Non seppe nemmeno
perché gli sfiorò in testa quel pensiero, seppe
solo che sentì una strana sensazione.
Fu come un lampo di genio
che gli fece subito collegare i puntini all’improvviso senza
il bisogno di sentire altro.
«Oh, cazzo,
Vitto, non dirmelo!» saltò all’impiedi stupito e nello stesso
tempo allarmato.
«Voi... Lei... Valeryn?
E’... incinta, per
caso?»
Vittorio non disse niente
per un paio di secondi interminabili. Poi annuì abbassando
lo sguardo. Ci aveva azzeccato, come sempre.
Ross era oltremodo
incredulo. Si batté una mano sulla testa
ancora incapace di crederci seriamente.
Lo aveva detto che era un
sensitivo, sua madre gli diceva di smetterla di raccontare fandonie, ma
la verità era che il suo intuito era come quello di un cane.
Scossa la testa con
un’espressione da ebete, appellandosi comunque alla vaga
speranza che non fosse vero.
«Oh, beh, dimmi
che non sei tu il padre, dimmi che ti ha messo le corna!»
Vittorio scosse la testa
e poi alzò gli occhi al cielo.
«Sono io, Ross,
chi cavolo dovrebbe essere sennò?»
Il fratello lo
guardò confuso con gli occhi sbarrati. Cominciò a
camminare nervoso per la stanza, cercando di capirci meglio.
Non era possibile, si
disse, insomma erano ancora dei ragazzini. Oddio, sapeva che scopavano
ogni tanto, ma c’erano un sacco di precauzioni!
Perché era successo?, si chiese scioccato. Un
conto erano lui e Nicole l’anno prima, prossimi al
matrimonio, un conto dei ragazzi di diciott’anni che
giocavano a fare gli adulti. Si voltò verso Vittorio,
scuotendo la testa.
Voleva fargli una bella
ramanzina, di quelle che si sarebbe ricordato per tutta la vita. Aveva
voglia di urlargli contro che era stato un idiota, un incosciente, che
avere un bambino non era come avere una macchina. Beh, forse lui non
era la persona più indicata a dirgli una cosa del genere,
insomma lui era quello che aveva lasciato la sua ragazza appena aveva
saputo che era incinta…
Lo assalì un
lampo di genio improvviso, si avvicinò al fratello, che lo
guardava interrogativo, e lo scosse per le spalle.
«Solo una cosa,
pivello» disse guardandolo gravemente, d’altronde
era il maggiore, e anche se quel coglioncello combinava guai gli
voleva bene lo stesso.
«Non la
lasciare, non scappare via a gambe levate»
Il castano si
passò una mano tra i capelli, nervoso, poi annuì.
«Non avevo
intenzione di farlo»
Ross sospirò
poi scosse la testa, passandosi una mano sul volto sconsolato.
Meno male che non era del
tutto rincitrullito, allora. Insomma, era già una cosa. Non
che gli facesse piacere constatare che quel ragazzino fosse
più maturo di lui che aveva quasi ventisette anni...
«Dio,
perché in questa famiglia combiniamo tutti danni a catena,
perché, perché?!»
La sua voce fu interrotta
dal suono del campanello di sotto, che fece aumentare i battiti del
cuore di Vittorio. Guardò il fratello quasi supplicandolo di
aiutarlo, quello, ancora sconvolto, alzò gli occhi al cielo,
poi lo afferrò dal braccio mettendolo in piedi.
«Non ci
sarà sempre Ross il maggiore che ti tirerà fuori
dai pasticci, pivello» gli disse guardandolo negli occhi
grigi, seriamente angosciati.
«Non so che
dire... Non so come fare» mormorava quello, completamente in
panico.
Il fratello
negò con la testa, posandogli una mano sulla spalla per
infondergli un po’ di coraggio.
«Ormai
è fatta, scendi di sotto e dillo a tutti» poi,
osservando Vittorio mordicchiarsi il labbro con la testa abbassata e
gli occhi lucidi, ironizzò:
«Sono sicuro
che a nonna Mena farà
piacere un altro nipotino»
Il ragazzo
alzò lo sguardo verso di lui non potendo trattenere un
sorrisino. Pensò a sua madre e alla sua reazione.
Sembrò quasi di sentire le sue urla rimbombare per tutto
l’appartamento. Ricacciò quel pensiero, mentre
Ross lo trascinava verso la porta della sua stanza.
«Coraggio,
minimo ti lancia dalla finestra o ti caccia di casa»
Vittorio a quelle parole
si voltò facendo per aprire bocca, ma Ross lo
incitò nuovamente a muoversi. Il castano sbuffò,
scendendo le scale con il cuore che martellava al petto.
Come avrebbe detto? Non
ne aveva il coraggio.
Non aveva il fottuto
coraggio.
Voleva scappare via ma
ormai era troppo tardi.
Ross, rimasto in stanza,
unì le mani in preghiera volgendole verso il cielo,
chiedendosi perché Vittorio delle volte doveva perdersi in
un bicchiere d’acqua.
Scese le scale con
estrema lentezza, voleva rimandare quel momento il più tardi
possibile, ma arrivato nel salotto dovette fermarsi. Il cuore gli
batteva ancora forte, vide Rosa e Piero parlare con sua madre. Ebbe
male allo stomaco all’improvviso.
Poi scorse lei in disparte,
con lo sguardo triste, bella come sempre. Aveva voglia di baciarla e
dirle che era stato tutto un brutto sogno.
Valeryn alzò lo
sguardo e lo vide. Lui le si avvicinò guardandola negli
occhi verdi, senza sapere bene cosa fare. La ragazza scosse la testa
facendo cenno verso i genitori che parlavano tra di loro allegri, senza
interrogarli un minimo. Il castano le strinse la mano, mentre lei
guardava le loro dita intrecciarsi e per un attimo tutto quello le
sembrò così sbagliato.
Così talmente
sbagliato, distruttivo.
Finalmente Mena si
voltò verso di loro con in volto un sorriso a trenta denti.
Fece cenno a Piero e Rosa di accomodarsi sul divano, e volse lo sguardo
verso suo figlio. Valeryn cacciò la
mano da quella sua come se ne fosse scottata. Si sentiva impietrita e
spaventata, avrebbe voluto essere dovunque men che lì.
«Allora,
tesori, cosa volevate dirci di così bello?»
trillò la donna entusiasta, come se ciò che si
aspettasse fosse un buon voto a scuola.
Valeryn cominciò ad
agitarsi, guardando il suo ragazzo che osservava nervoso le scale.
Perché Ross non scendeva? Si sentiva male senza qualcuno che
poteva aiutarlo, senza qualcuno che sapesse la verità.
Spostò lo
sguardo verso la ragazza che si torturava le mani. Era più
difficile del previsto, si disse. Non credeva che assumersi le proprie
responsabilità sarebbe stato così complicato.
Forse non dovevano dirlo così presto, forse dovevano
aspettare ancora un po’... ma non potevano più
farlo, era passato quasi un mese da quando Valeryn aveva fatto il test, i
loro genitori dovevano venirne a conoscenza. Ci voleva un bel respiro,
si disse, un respiro di quelli che infondono coraggio. Ne fece uno, ma
constatò che era lo stesso.
Aveva paura, adesso lo
ammetteva...
In quel momento,
guardando la faccia di sua madre e dei genitori di Valeryn aveva solo voglia di
scomparire, chiudersi in camera sua e non pensare a tutto quello.
E in quel preciso istante
li raggiunse Ross con l’aria di uno che aveva riflettuto
molto. I due fratelli si guardarono, e il maggiore fece un cenno come
se l’incitasse a parlare. Vittorio annuì
leggermente, tirando un sospiro di sollievo.
Adesso con lui in quella
stanza si sentiva più sicuro.
Valeryn cominciò ad
attorcigliarsi i capelli, chiaro segno di nervosismo. Gli adulti
cominciarono a guardarsi tra loro. Rosa rimproverò sua
figlia con lo sguardo.
«Dunque, Valeryn, cosa aspetti a dirci la
ragione per cui ci avete fatto riunire qui?»
Sua madre cominciava a
trovare estremamente ridicola quella pensata. I due non avevano
intenzione di parlare, e lei aveva così tante cose da fare.
«Io devo andare
alle prove della chiesa» disse Piero guardando il cellulare.
«Perciò
facciamo in fretta» affermò.
Mena fece un segno come
per dire che non importava. D’altronde era così
contenta che Vittorio e Valeryn stessero insieme, si
sentiva pronta a tutto. E poi lei credeva di sapere di cosa si trattava
quella riunione familiare.
«Vogliono
proporci di lasciarli partire in vacanza insieme a gennaio, lo
so» bisbigliò nell’orecchio di suo
cugino «Ho visto dei volantini in camera di Vittorio
l’altro giorno, scommetto si tratti di una crociera»
Piero fece una faccia
strana, poi aggrottò le sopracciglia.
«Ma
è il colmo! Non lascerò partire mia figlia da
sola!» sbottò contrariato.
«Andiamo,
Piero, ci sarà Vittorio con lei!»
«E’
un maschio, per diamine, i maschi non tengono mai le mani a
posto!»
I due ragazzi sentirono
chiaramente l’ultima frase, si guardarono confusi. Mena si
rivolse a loro con un sorriso.
«Se
è per le vacanze potete dircelo, la mia risposta
è sì»
«La mia
è no!» esclamò Piero, arrabbiato.
Valeryn e Vittorio si guardarono
di nuovo sospirando. Magari fosse stata solo la vacanza... Ross scosse
la testa passandosi una mano sul viso. Forse doveva aiutarli.
Interruppe sua madre che incominciava a fare progetti senza capo
né coda.
«Forse stanno
provando a dirvi qualche altra cosa, vi pare?» chiese
retorico «E poi i volantini della crociera sono i
miei» aggiunse secco.
Mena lo guardò
stupita.
«Non ci credo,
che hai in testa?»
Ross la bloccò
con un cenno della mano. In realtà aveva intenzione di
sposarsi, ma non voleva dirlo quel giorno, non in quel modo, e non in
quel momento che suo fratello stava per prendersi le proprie
responsabilità.
«Adesso non
importa. Vitto deve dirti una cosa. Vero, pivello?» fece
cenno a suo fratello di parlare. Vittorio annuì, passandosi
una mano tra i capelli. Era arrivato il momento.
Prese un altro bel
respiro, e nervoso cominciò a parlare.
«Ecco...
Volevamo dirvi una cosa molto importante» disse a bassa voce.
Valeryn, nel frattempo, lo
guardava attentamente.
«Noi... insomma
abbiamo fatto una cosa che...»
Ross scosse la testa
sconsolato, visto che Vittorio si era fermato e non sapeva come
continuare. Sua madre lo guardava scettica ed interrogativa.
«Non riguarda
nessuna vacanza allora?» chiese stupita.
«No, niente
vacanza»
Mena cominciò
a spazientirsi, sbuffò accigliata portandosi una ciocca di
capelli castani dietro l’orecchio. Sentiva puzza di guai. Che
cosa aveva combinato suo figlio, adesso? Aveva quello sguardo
così strano, come se avesse paura di qualcosa, lo conosceva
molto bene.
«E allora, si
può sapere cosa avete combinato?» chiese
indagatrice «E’ chiaro che avete fatto
qualcosa»
Valeryn scosse la testa,
Vittorio la guardò ed annuì.
«Sì,
mamma, è successa una cosa... Abbiamo sbagliato
tutto» mormorò.
Piero fece una faccia
pensierosa. Cosa aveva a che fare la sua bambina in quel discorso?
Incominciava a preoccuparsi.
«Avanti,
tesoro, cosa...?»
Vittorio si fece forza a
continuare. Non riusciva ad andare al punto, gli sembrava troppo
difficile dire la verità. Non sapeva con quale tono dirlo,
quali parole usare.
Era come se avesse perso
l’uso, la proprietà di linguaggio. Sentiva la
bocca asciutta e l’agitazione lo stava letteralmente
mangiando vivo.
Improvvisamente, Valeryn lo fermò
poggiando una mano sul suo braccio. Si rivolse verso sua madre che la
guardava annoiata.
Doveva farlo.
Doveva.
Sentiva che doveva farlo
lei, ora.
«Io
sono incinta, mamma» poi
abbassò gli occhi smeraldini verso il basso, contemplando il
tappeto.
Rosa spalancò
gli occhi tirandosi su dal divano. Vicino a lei, Mena aprì
la bocca seriamente incredula, mentre Piero ridusse gli occhi in due
fessure.
Silenzio.
Poi un urlo.
«MA COSA CAZZO
DICI?!»
Si alzò dal
divano riluttante, il volto livido. Lo sapeva che la sua bambina era
stata coinvolta in qualcosa del genere!
Si rivolse a Vittorio
puntandogli il dito contro.
«Tu?! Dimmi una
cosa» era visibilmente arrabbiato. Valeryn chiuse gli occhi, mentre
il ragazzo deglutiva debolmente.
«È
vero? Dimmi, è vero che mia figlia è incinta?!»
Il ragazzo
annuì piano.
«Sì,
è vero» ammise.
Piero spostò
lo sguardo da sua figlia al ragazzo. Fece una smorfia di puro
ribrezzo. Non ci poteva credere, la
sua bambina a soli diciassette anni... non poteva essere vero...
stavano scherzando...
Tutti i momenti passati
con sua figlia gli riaffiorarono in testa, la sua nascita, la sua
infanzia, quando la spingeva nell’altalena, quando gli
chiedeva di raccontarle la stessa favola della sera prima che non
ricordava mai perché se le inventava al momento, quando era
cresciuta ed aveva avuto timore di perderla, aveva avuto una paura
immane che avrebbe potuto rimanere incastrata in qualcosa del genere.
Ed era successo, era
appena successo.
Lui lo sapeva dal primo
momento in cui aveva scoperto che si era messo insieme al figlio di sua
cugina, lo sapeva bene che quello lì l’avrebbe
rovinata...
Gli vennero in mente una
serie di pensieri non belli rivolti a Vittorio che si trovava di fronte
e strinse un pugno.
Guardò Rosa e
Mena, ancora sedute sul divano, che non facevano cenno di aprir bocca.
«No, ma dico,
li avete sentiti?!» urlò accusatorio
«Hanno appena detto che aspettano un bambino! E tu, Rosa, non
dici niente!? Scommetto che tu sapevi tutto, sapevi che tua figlia
andava a letto con un ragazzo, mentre io ero rimasto ad un casto
bacetto sulla bocca! Non ci posso credere!»
Aggiunse una serie di
imprecazioni poco chiare che si udirono anche dalla strada.
Infervorato come non mai,
lasciò la stanza a gran passi, mandando tutti al diavolo,
afferrando la borsa della moglie. Quello che ci voleva era solo una
sigaretta che nemmeno fumava di solito. Per quanto lo shock potesse
permetterglielo, doveva pensare, perché sentiva solo una
gran voglia di spaccare il salotto di Mena e di appendere suo figlio
dritto contro il muro.
Uscì fuori,
mentre sua moglie rivolgeva uno sguardo severo e deluso a sua figlia, e
raggiungeva il marito per calmarlo.
Valeryn cominciò a
sentire gli occhi lucidi, sentiva di voler scoppiare a piangere e non
finirla più. Vittorio se ne accorse subito e la
circondò con un abbraccio, baciandole teneramente la testa.
Ross si
avvicinò a sua madre che aveva coperto il volto con le mani
e sbatteva il capo sconsolata. Le diede una pacca di incoraggiamento.
«Non ci posso
credere... pure lui adesso... È presto, è ancora
troppo presto!»
Ross tentò di
rincuorare sua madre passandole una mano sulle spalle, mentre si
voltava verso i due ragazzi guardandoli rassegnato.
Si sentirono le urla di
Piero provenire dalla veranda, e Valeryn scoppiò a
piangere. Vittorio la strinse di più a sé. Forse
non dovevano dirlo, forse era vero che avevano sbagliato tutto. Si
sentiva così in colpa, così dannatamente
colpevole.
Era colpa sua.
Lui aveva sbagliato tutto.
Tutto.
«M’AVETE
ROTTO IL CAZZO TU E TUA FIGLIA!»
«Piero, non
urlare, non siamo in casa nostra, non...»
«UNA VITA
ROVINATA! ALLA SUA ETA’! ROVINATA!»
Mena, sentendo suo cugino
sbraitare in quel modo contro Rosa, si alzò dal divano
facendo per raggiungerli. Si fermò un attimo rivolgendosi a
suo figlio, che la guardava sconsolato.
«Con te faremo
i conti dopo guarda!» sibilò ed uscì
furiosa, mentre Ross si sbatteva una mano sulla fronte.
Valeryn gemette e si
divincolò da Vittorio correndo in bagno. Aveva gli occhi
arrossati e tirava su con il naso, le lacrime le sgorgavano sole senza
riuscire a fermarle. Il castano la chiamò debolmente, ma lei
non si fermò.
Ross si alzò
dal divano e si avvicinò a lui. Si guardarono negli occhi
sinceramente, poi il maggiore gli fece cenno di avvicinarsi e si
abbracciarono di slancio.
«Benvenuto nel
club» gli disse, sospirando.
Poi gli diede una pacca
sulla spalla per infondergli coraggio, quello stesso coraggio che
Vittorio pensò di avere completamente perso.
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