Forse, un giorno, chissà

di NightshadeS
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14 maggio
 
Per almeno una decina di giorni Kijo fu costretta a rimanere a riposo. Per fortuna poté contare sull’affetto dei suoi compagni di classe che vennero in processione a trovarla per aggiornarla sui compiti, le lezioni e le novità in generale. Aveva proprio bisogno di sorrisi e distrazione, visto che a stare ferma a letto si sentiva inutile, tuttavia non poteva negare che le visite le procurassero un lieve stato d’ansia: non avrebbe mai voluto farsi vedere in quello stato, però fece buon viso a cattivo gioco e cercò di apprezzare la compagnia di tutti. Tranne che di Kotaro Ikeda, il quale non si fece vivo una sola volta.
Anche la famiglia Tendo prese a cuore la situazione di Kijo e furono molto presenti durante la degenza. Kasumi cercava di limitare le visite, consapevole che il dottore sarebbe potuto riuscire laddove le tre spasimanti di Ranma avevano fallito qualora avesse avuto la ragazza tra le mani in sua presenza, ma non mancava mai di mandarle qualche manicaretto o di preoccuparsi se avesse abbastanza biancheria pulita. Soun e Genma passavano dall’infermeria almeno a giorni alterni, per distrarla coi loro buffi racconti e informarsi sui suoi miglioramenti. Nabiki era la sua spacciatrice di gossip e allietava le sue visite con foto fresche di giornata su cui si divertiva a ricamare teorie di tresche e sotterfugi, che poi si rivelavano quasi sempre vere; avrebbe potuto essere un’ottima detective, se vi si fosse dedicata. Cercò addirittura di estorcerle informazioni in merito al suo rapporto con Ryoga, ma Kijo non cedette e amabilmente restò sul vago ad ogni domanda: non voleva che in qualche modo la signorina Tendo finisse per ostacolare la sua missione di accompagnare Ryoga all’aeroporto, quindi meno avesse saputo meglio sarebbe stato.
Perfino il panda inserviente dello studio si sforzava di tirarle su il morale, esibendosi nei ritagli di tempo in alcuni numeri con una palla o una ruota.
Ranma e Ryoga poi, erano stati due veri tesori: passavano a trovarla quotidianamente portando sempre un regalino, qualche golosità e tanta allegria, soprattutto quando capitavano assieme e si mettevano a bisticciare per i più futili motivi.
 
Quando Kijo riuscì a tornare a scuola, trovò una festosa accoglienza ad aspettarla. Sul suo banco era stata lasciata una coppa con una targa di metallo, che enunciava “Olimpiadi di Matematica 1991, 1° classificato, Rinekami Kijo”. Vederla le provocò un tuffo al cuore e l’affetto che tutti i suoi compagni (tranne Kotaro) e i professori le riservarono applaudendola per quel risultato la fece commuovere.
 
Il rientro di Kijo a scuola non fu l’unico evento della giornata: poco prima che la campanella decretasse l’inizio della pausa pranzo, la segretaria annunciò direttamente negli altoparlanti che era appena giunta notizia di un disastroso incidente ferroviario a Shigaraki, pertanto si invitavano gli studenti che avessero avuto parenti o conoscenti che abitualmente usufruivano di quella linea di sincerarsi dello stato di salute degli stessi. Tale notizia generò profondo shock nel corpo studentesco, tanto che molti iniziarono a uscire dalle aule per andare a telefonare ai propri cari potenzialmente coinvolti.
 
All’inizio della prima lezione pomeridiana, il preside Kuno si presentò con la consueta mise hawaiana nella seconda F per formalizzare un altro annuncio.
“Buon pomeriggio my dear students! È con vero piacere che vi presento un nuovo studente del liceo Furinkan, il quale from now on sarà vostro compagno di classe. Proviene dall’istituto Tomobiki, è uno studente modello e rampollo di una famiglia che si distingue per ricchez- ehm, rispettabilità. Ecco a voi Mendo Shutaro!”  

Dalla porta entrò un ragazzo moro, coi capelli tirati indietro dalla gelatina, di bell’aspetto. Indossava una divisa bianca nonostante la canonica maschile del Furinkan fosse blu scura e, dopo aver fatto un inchino appena accennato al resto della classe, schioccò le dita e un nugolo di servitori entrò rapidamente nell’aula distribuendo ad ogni alunno un cestino di vimini contenente dei prodotti alimentari inscatolati marchiati Mendo Industries. Il ragazzo sorrise confidando nel suo fascino e commentò
“Sviluppiamo anche armamenti per l’esercito, ma diventava più complicato omaggiarvi di un piccolo presente”

Uno stuolo di ragazze già lo guardava con gli occhi a cuoricino, tra cui Shinobu, cosa che indispettì fortemente Ataru Moroboshi. Dal canto suo Mendo fu subito colpito dalla bellezza sovrumana di Lamù e fece di tutto per sederle accanto.
 
Fu noto fin dal primo istante che Mendo teneva moltissimo a sottolineare la propria presunta supremazia sugli altri alunni: non lasciava passare un discorso senza menzionare la ricchezza della propria famiglia, la sua avvenenza, le conoscenze importanti che aveva, le proprietà di cui disponeva, la sua bravura negli studi e nello sport. Aveva poi la peculiarità di girare persino a scuola con una katana appartenuta a qualche suo avo, che non mancava di sfoderare quando qualcuno esprimeva una considerazione che secondo lui gli mancava di rispetto. Con le ragazze invece si comportava da Casanova gentiluomo, giocando col suo fascino e regalando a tutte complimenti e versi di poesie non appena se le trovava davanti. Se per la maggior parte delle signorine questo atteggiamento era vincente per fare colpo, Kijo ne rimase un po’ interdetta: innanzitutto mal sopportava le persone che si vantavano sempre, poi il fatto che con le donne facesse tutto il melenso le dava l’impressione che non le ritenesse degne di confrontarsi seriamente con lui, come teneva a fare con gli altri ragazzi; questo a suo avviso mascherava ma neppure tanto un maschilismo radicato. Naturalmente quando espresse questa opinione a Ranma le rispose che era la solita esagerata e rimuginava eccessivamente sulle parole delle persone, ma non si aspettava una risposta molto diversa da lui, quindi si limitò a ruotare gli occhi al cielo e lasciò cadere il discorso.
Anche Lamù, a dispetto dell’evidente intenzione di Mendo di impressionarla, rimase piuttosto insensibile alla sua ruota da pavone, soprattutto perché il suo tesoruccio vi era invece entrato in contrasto aperto ed ovviamente lei lo supportava.
 
Quando la campanella dell’ultima ora suonò la fine della lezione, Kijo si apprestò a uscire dall’aula tenendo orgogliosamente in mano la coppa delle Olimpiadi di Matematica e notò che Nabiki la stava aspettando subito fuori dalla porta con un foglio in mano
“Ehi, ciao Nabiki! Tutto bene?” la salutò allegramente

“Complimenti, piccola Kijo, sei proprio un geniaccio! Watanabe è in brodo di giuggiole da quando hanno annunciato i vincitori…” replicò la ragazza col caschetto con la consueta aria furba

“Ah, grazie…in realtà non ci speravo nemmeno più di tanto” ammise Kijo toccandosi i capelli dietro la nuca e sorridendo, sorriso che venne subito raggelato dallo sguardo di puro odio che le lanciò Kotaro uscendo, dopo aver sentito quelle parole

“No, decisamente non l’ha presa bene…nei giorni scorsi era anche peggio se questo ti può consolare” rivelò Nabiki, poi continuò “Comunque non è per questo che sono qui! Il prossimo fine settimana si tiene una gita scolastica a Nikko, una zona montuosa qua vicino. L’ha organizzata l’insegnante di ginnastica per fare trekking e immergerci nella natura e bla bla bla. Prima non te l’ho detto perché non sapevo in che condizioni di salute saresti stata, ma mi sembra che ti sia ripresa bene, quindi se ti va di partecipare questo è il modulo di adesione che scade oggi”

“Oh, grazie…tu ci sarai?” si informò Kijo

“Non credo, sgobbare e sfacchinare non mi è proprio congeniale” commentò la ragazza sbuffando anche solo all’idea

“Ok…allora vado a portare il modulo in segreteria, vieni con me?”

“Certo! Chi ti lascia da sola adesso dopo tutto quello che ti è successo?” le fece un occhiolino Nabiki, a cui Kijo rispose con una linguaccia.
 
In segreteria, davanti a loro, sostava Mendo Shutaro che chiedeva informazioni sulla gita. Nabiki lo adocchiò subito e chiese a Kijo, senza farsi sentire
“Ehi, ma quello chi è? Non l’ho mai visto! La divisa che indossa è cucita a mano con un tessuto pregiatissimo!”

“Quello è Mendo Shutaro, il nostro nuovo compagno di classe”
rispose Kijo senza troppo entusiasmo

“Che cosaaa? Avete in classe il rampollo delle Mendo Industries? Kijo, quel ragazzo vale miliardi!”
commentò a voce bassa Nabiki, senza poter frenare troppo la sua esaltazione

“Lo so, non fa che ripeterlo…è un disco rotto! Una persona davvero arrogante e…Nabiki, che diavolo stai facendo!”  Kijo si stupì vedendo Nabiki che si stava truccando e sistemando i capelli

“Dove ci sono i soldi ci sono io. Giuro che sposerò quel ragazzo e gestirò il suo impero economico, o non mi chiamerò più Nabiki Tendo!”  la ragazza col caschetto era salita sulla sedia per evidenziare la sua determinazione mentre Kijo la fissava dal basso perplessa, poi se ne uscì con una delle sue solite battute sceme

“Beh, alla faccia dell’amore a prima vista! Se non altro non ti cambierà molto il nome, da Nabiki Tendo a Nabiki Mendo…”

“Kijo, ho bisogno che tu me lo presenti”

“Certo, adesso andiamo…ti avverto che è già un boccone ambito tra le mie compagne di classe, ma se c’è una che può farcela quando si prefissa un obiettivo, quella sei tu! Intanto ti consiglierei di rivalutare la tua passione per le passeggiate in montagna, dato che si è appena iscritto alla gita…”
suggerì la ragazza con aria sorniona

“Uff, cosa non si fa per amore…” sbuffò Nabiki entrando in segreteria e andando casualmente a sbattere contro il ragazzo
“Ops, come sono sbadata…potrai mai perdonarmi?” si scusò Nabiki sbattendo le ciglia e rivolgendo a Shutaro un sorriso ammaliante.

Mendo dal canto suo le rivolse un piccolo inchino e replicò
“Non temere soave fanciulla, sei talmente leggiadra e graziosa che non avrei potuto distinguere il tuo lieve colpo da quello procurato da una farfalla”

“Ehm, ciao Nabiki, anche tu qui? Mendo, buonasera…” entrò in segreteria anche Kijo, fingendo nonchalance

“Rinekami Kijo, la ragazza la cui intelligenza è pari solamente alla gradevolezza del suo aspetto…che fardello coltivare entrambi, vero?” esclamò Mendo passandosi una mano nei capelli; il sangue di Kijo cominciò a ribollire ma cercò di trovare un contegno per Nabiki

“Eh eh eh…sono qui per iscrivermi alla gita a Nikko, sarai anche tu dei nostri?”

“Certo, è un’ottima occasione per legare coi nuovi compagni e temprare lo spirito in un territorio impervio e ostile” si gasò Shutaro

“Oh, davvero? Io non so se sarò forte abbastanza da sopravvivere a questa prova di resistenza…Mendo, giusto?” gli si rivolse Nabiki facendo ancora gli occhi da cerbiatta

“Non temere mia piccola farfalla, Mendo Shutaro farà di tutto per aiutarti a superare le avversità! E poi posso contare su una flotta che in ogni momento può consegnarmi tutti i generi di conforto che desidero” si vantò il ragazzo. Nabiki a quelle parole lanciò letteralmente il foglio compilato alla segretaria e si avvinghiò al braccio di Mendo lodandolo ed elogiandolo con urletti e frasi di stupore, che gonfiavano il suo ego come una mongolfiera. Se ne uscirono quindi insieme, dimenticandosi totalmente di Kijo che rimase lì inebetita con la segretaria che la sollecitava a terminare il modulo per concludere la pratica.
 
Una volta arrivata al cancello del Furinkan per tornare a casa, da sola a dispetto della promessa di Nabiki, Kijo si rese conto che Ranma la stava aspettando appoggiato al muretto, con la cartella ciondolante dietro le spalle
“Ehi, ce ne hai messo di tempo! Eri a fare gli agguati a Mendo?” le si rivolse sarcastico

“Ero in segreteria, ma non certo per quel pallone gonfiato che, a quanto pare, piace un sacco a Nabiki…” buttò lì Kijo

“Seriamente? Non ha mai manifestato alcun interesse per un ragazzo prima d’ora!” sbarrò gli occhi Ranma

“Credo che sia interessata ad altro, ma chi sono io per giudicare?” rispose la ragazza mimando il gesto dei soldi e allargando le braccia in segno di impotenza. Ranma dal canto suo sembrò afferrare solo in quel momento il concetto e annuì finalmente pago di quella spiegazione convincente.
 
“Quindi verrai anche tu in gita a Nikko? Non è un po’ presto considerando…tutto?” chiese Ranma mentre camminavano verso casa

“Preferiresti avermi fuori dai piedi?” scherzò Kijo, ridendo

“No, no, non è questo…mi chiedevo solo se fossi in grado dopo il recupero e tutto il resto” si affrettò a precisare Ranma

“Ah, sei preoccupato per me, forse?” affondò la ragazza sospettando già la risposta, ma soprattutto quanta fatica sarebbe costata a Ranma ammetterla

“Cosa? Io? No, no, figurati…in fondo tu non hai bisogno che qualcuno si preoccupi per te, giusto donna emancipata?” replicò il ragazzo dissimulando l’imbarazzo mentre guardava altrove. Kijo ridacchiò infastidendolo ancora di più

“Mi è di grande conforto sapere che posso contare su di te…grazie!” si limitò a dirgli, mettendogli una mano sulla spalla, facendolo arrossire e bofonchiare qualcosa di incomprensibile



“Mi raccomando, non portarti dietro cose inutili come al solito…bisogna viaggiare leggeri” aggiunse lui poco dopo per rompere il silenzio

“Io? Quando mai mi porto roba inutile?”

“Beh, quando siamo andati a Kurama avevi un bauletto pieno solo di trucchi e di creme” rifletté il ragazzo

“Oh, certo, ma quello è necessario! C’erano anche le medicine là dentro e poi, credimi, non vuoi vedermi senza trucco!” si giustificò lei

“Adesso sei senza trucco…che male c’è?” ribatté Ranma non comprendendo dove fosse il problema

Sembra che sia senza trucco, in realtà ho un make-up naturale”

“E a cosa dovrebbe servire?” domandò dubbioso il ragazzo

“A migliorare un pochino il mio aspetto facendo credere agli ingenui come te di essere così normalmente” spiegò Kijo

“Bah, secondo me ti fai troppe paranoie…quanto potrai mai essere diversa con o senza trucco?”
Kijo tirò fuori una fotografia dalla cartella e la porse a Ranma, il quale rabbrividì

“Cosa? E quindi saresti c-così senza trucco?” le chiese sbigottito, indicando la foto che ritraeva una donna bionda sui settant’anni, coi pantaloni leopardati e una sigaretta in bocca

“Ah, no scusa! Mi sono sbagliata! Quella è mia zia Assunta…” la ragazza riprese rapidamente la foto e scartabellò per un po’ nella cartella, senza ottenere risultato “Niente, devo aver lasciato quella foto in cassaforte, oppure per sicurezza l’ho bruciata”

“Bah, esagerata…vedi di ricordarti di portare un pigiama piuttosto” le suggerì Ranma

“Mi sa che hai ragione…la sensazione del sacco a pelo sulla pelle non è granché”

“Ma…ma…scusa, non pensi a chi deve condividere la tenda con te? E se un orso ci attaccasse e tu fossi costretta a scappare di rincorsa dalla tenda?”

“Nel caso dell’orso credo che la mia ultima preoccupazione sarebbe quello che indosso, mentre per quanto riguarda la mia compagna di tenda immagino che tra ragazze non dovrebbero esserci grossi disagi, no?” spiegò Kijo

“Insomma, fai come credi, io ti ho solo dato un consiglio…”

“Infatti lo apprezzo…Ranma?”

“Eh?”

“Mi accompagneresti a scegliere un pigiama?” gli domandò Kijo in tono sdolcinato

“Cosa? Perché devo portartici io?” cercò di togliersi l’incombenza il codinato

“Perché in fondo è stata un’idea tua…e poi sei il più grande esperto di pigiami che conosca!” esagerò la ragazza

“Uffa! Va bene, ma facciamo presto…” cedette lui e Kijo gli regalò un sorriso.
 
Il centro di Nerima era piuttosto trafficato quel pomeriggio e nell’aria si respirava ancora la tensione che la notizia dell’incidente ferroviario aveva sparso sulla popolazione. Gli strilloni facevano a gara per accaparrarsi clienti che acquistassero le ultime copie dei giornali, con gli aggiornamenti: pareva che almeno una quarantina di persone avessero perso la vita, mentre i feriti risultavano più di seicento.
“Povera Sayuri…pare che un cugino di suo padre sia stato coinvolto nell’incidente” disse Kijo in tono triste

“Che brutta esperienza, non oso immaginare” rispose Ranma, con aria grave.
La ragazza fu tentata di chiedergli se lui si fosse assicurato del benessere delle persone a lui care ma si morse la lingua: non amava parlare di quegli argomenti e non aveva mai menzionato alcun parente a parte il padre o nessun amico a parte i compagni di scuola e i Tendo. Sospettava che prima di trasferirsi a Nerima fosse stato molto solo e che non avesse legato davvero con nessuno, ma temeva che si sarebbe infastidito se avesse indagato, per cui non lo fece.

“Ehi, che aria pensierosa! Cosa stai architettando?” le diede un buffetto sul naso il codinato, riportandola alla realtà

“Oh, niente…stavo solo pensando a che colore mi piacerebbe per il pigiama” buttò lì

“Uhm, davvero? Non vorrai prendere nero anche quello spero!”

“Beh, perché no?” si strinse nelle spalle la giovane. Ranma si passò una mano stancamente sul viso e alzò gli occhi al cielo

“I pigiami devono essere colorati e allegri. Verdi, blu, rosa, gialli…ma non neri!”

“Ok, ok…l’esperto sei tu! Adesso entriamo in questo negozio e sentiamo cosa mi propongono” spalancò una porta Kijo, ma Ranma la bloccò trattenendola per il braccio ed esclamò

“Kami del cielo, questo è un negozio di abbigliamento, a te ne serve uno di biancheria e intimo! Ce n’è uno poco più avanti”

“Ah, ecco…forse cercare nel posto giusto renderà il compito più facile” sorrise nervosamente Kijo con una mano dietro la nuca, seguendo il ragazzo.
 
Non appena entrarono nel negozio di biancheria i due addetti alle vendite rivolsero loro un inchino gentile. La bottega non era molto ampia, ma era ordinata, luminosa e accogliente
“Come posso aiutarvi?” chiese la signora

“Ehm, ecco…io sto cercando qualcosa da indossare la notte, per dormire…” domandò Kijo. I due commessi si lanciarono l’un l’altro uno sguardo di complicità e poi la donna si rivolse nuovamente a loro

“Prego, potete accomodarvi vicino ai camerini. A te porto qualcosa da provare, mentre tu puoi sederti su quel divanetto, se vuoi”

I due ragazzi si collocarono dove aveva indicato la commessa, in un angolo reso appartato da pesanti tende blu, ma Ranma restò in piedi, sperando di sbrigare presto la commissione. La dipendente del negozio arrivò rapida con un paio di scatole in mano, che consegnò a Kijo, e poi le aprì la tendina del camerino sorridendo
“Se hai bisogno di aiuto con i laccetti chiedi pure. La misura dovrebbe essere giusta per te, fammi sapere se ti piace come stile”

Kijo prese le scatole con deferenza e le appoggiò su di un piccolo sgabello sito nel camerino. Aprì la prima e spalancò gli occhi per la quantità di pizzo che quel pigiama conteneva; tirando su l’indumento si rese conto che la commessa le aveva portato un bustino nero con inserti di pizzo abbinato a delle brasiliane svolazzanti. Si infilò alla bell’e meglio dentro quel completino, dubbiosa che Ranma avrebbe approvato tale scelta…dopotutto era nero!
“Posso aiutarti a sistemarti cara?” le chiese la commessa da fuori la tendina

“Sì, grazie…” rispose lei in tono quasi supplichevole

“Mi sembra che ti stia molto bene, no? Guarda, giusto una tiratina qui e puoi farti vedere dal tuo ragazzo. Ne sarà entusiasta” sorrise la lavorante mentre accorciava leggermente i laccetti che le passavano sulle spalle

“È molto carino” commentò Kijo guardandosi allo specchio e soprassedendo sull’enorme cantonata che aveva preso quella donna

“Oh, sì. Te lo sei scelto proprio bene!” le fece un occhiolino la signora, uscendo dal camerino e tirando la tendina, per far vedere il risultato al ragazzo che aspettava. Quando il suo sguardo, in un primo momento ballerino tra gli scaffali del negozio, si posò su Kijo, rimase totalmente impietrito e il tempo sembrò decelerare fino a scorrere a rallentatore. Improvvisamente la gola gli fu secca e trovò volentieri a tentoni il divanetto dietro di sé per sedersi.
Lo sguardo della giovane si rabbuiò leggermente, quando si rese conto che non aveva intenzione di proferire alcun giudizio: probabilmente le stava malissimo e non sapeva come dirglielo per non offenderla.

“K-kijo…n-non credo che sia questo il genere che d-dovresti cercare…” si espresse finalmente Ranma guardando verso il soffitto

“Non ti piace perché è nero, giusto?” domandò lei, sperando che fosse solo un problema di colore

“No, è che…è p-proprio s-sbagliato!” commentò il ragazzo allargandosi un po’ il colletto della casacca che portava, sempre evitando di guardarla direttamente. Notando però che le due donne lo stavano fissando in attesa di una spiegazione, si decise a continuare, rivolto alla commessa
“Per l’amor del cielo, signora, non avete qualcosa di più coprente da darle?”

Dopo quella richiesta la donna si dileguò verso uno scaffale lontano, ma si rese conto benissimo dell’espressione ferita che la ragazza cercava disperatamente di dissimulare. Quando tornò al camerino, con altre due scatole in mano, notò che lei si stava ancora guardando nello specchio, come per capire cosa ci fosse di così sbagliato in quel riflesso. Le lasciò quindi le nuove scelte e sussurrò, prima di tirare la tendina per permetterle di cambiarsi
“Per quanto mi riguarda ti sta molto bene. Se lui non lo apprezza è proprio uno stupido”.
 
La sfida fu vinta da un pigiama di cotone viola con stampati la luna, il sole e le stelle ma a dispetto dei consigli di Ranma, Kijo decise di acquistare anche il primo completino che si era provata. A fronte della spesa sostenuta, la ragazza ebbe in omaggio una canottiera maschile per il suo “fidanzato” che recitava Sopravvissuto ad una giornata di shopping con lei. Molto divertente. Soprattutto quando Ranma cercò di negare in tutti i modi la loro presunta relazione. Ma che problemi aveva? Cosa gli importava se un paio di sconosciuti che lavoravano in un negozio li scambiavano per fidanzati e così ci rimediava pure una canottiera gratis? Era così repellente l’idea di averla come ragazza? Era così repellente lei, come quando indossava il completino? Su quello si era impuntata, che gli piacesse o no, che fosse adatto o no, a lei piaceva e lo avrebbe preso.
 
Dopo un po’ che camminavano in silenzio, Ranma si decise a commentare con noncuranza
“Bene, mi serviva giusto una nuova canottiera per dormire…”

“Ah, davvero? E perché non l’hai comprata allora?” replicò lei, ruotando il busto nella sua direzione per fissarlo dritto negli occhi

“Dato che me l’hanno regalata, non vedo perché avrei dovuto prenderne un’altra” rispose lui, come se fosse la cosa più ovvia del mondo

“Non l’hanno regalata a te, ma a me” precisò Kijo

“Sì, ma è una canottiera maschile. Si capiva che era per me che ti avevo accompagnato, anche dalla frase stampata sopra” continuò lui

“La canottiera è stata regalata al mio fidanzato, cosa che tu hai ampiamente dichiarato di non essere, quindi me la tengo” tenne il punto lei

“Ma infatti non lo sono!” si risentì lui

“Esatto, quindi niente canotta” terminò lei. Almeno per il momento. Di nuovo silenzio.
 
“Non ho ancora capito perché hai voluto acquistare anche il primo completo che ti ha proposto la commessa” ammise Ranma poco dopo, avvicinandosi nuovamente a Kijo

“Perché mi piaceva, anche se secondo te non mi stava bene” rispose lei, stupita che tirasse ancora fuori quel discorso

“Non ho detto questo, ho detto che non era adatto” esclamò lui, incrociando le braccia

“Ho capito, non era adatto a me, ergo mi stava male” sospirò lei

“Non intendevo quello…non era adatto alla situazione, al campeggio in tenda!” si scaldò il codinato, poi continuò “In più non capisco cosa ci faccia tu, visto che non usi certi indumenti per dormire”

“Ok, ma ogni tanto mi può piacere indossare delle belle cose” si giustificò lei, anche se in fondo non immaginava ancora dove volesse andare a parare

“Ogni tanto tipo quando viene a trovarti il tizio dei boxer?” buttò lì con noncuranza Ranma

“Il tizio dei box- oddio, ancora con quella storia?” cambiò espressione Kijo, diventando palesemente nervosa

“Magari vuoi regalarla a lui la canottiera che sarebbe spettata a me…” proseguì il ragazzo allusivo

“Uffa, che lagna che sei! Tieniti questa dannata maglietta!” Kijo aprì la borsa di carta, estrasse la canottiera, ne fece una palla e la lanciò a Ranma con veemenza

“Ehi, ma che modi! Non ti basterà quel completo per essere femminile se ti comporti così” sogghignò lui

“Caro, per essere inappropriato, pensi un po’ troppo a quel completo per i miei gusti…non preoccuparti, non dovrai vederlo più” gli sorrise maliziosamente Kijo, mettendolo a tacere.
 
Poco prima del loro arrivo allo studio del dottor Tofu, la loro attenzione venne catturata da un ragazzo dai lunghi capelli neri con una tunica bianca di foggia cinese che stava inveendo contro una vecchietta. L’anziana signora dapprima aveva tentato di ignorarlo e andarsene ma successivamente si era spazientita al protrarsi delle esclamazioni di lui
“Ranma Saotome, non fingere di ignorarmi! Esigo una spiegazione!” si dimenava il ragazzo, mentre la vecchietta, persa completamente la calma, aveva tirato fuori dalla borsetta uno spray al peperoncino e si era messa a spruzzarlo, costringendo lo strano tipo a correre in tondo cercando dell’acqua per pulirsi gli occhi.

“Credo che cerchi te, deve averti confuso con quella anziana signora” commentò Kijo piuttosto basita dalla singolare scena 

“Idiota di un Mousse! Sono quaggiù! Cosa vuoi da me?” urlò Ranma facendo cenno con la mano al tipo. Sentendo la voce familiare, quello tirò fuori da un’ampia manica del vestito uno spesso paio di occhiali, ma nonostante tutto non poteva metter bene a fuoco dato che gli occhi gli stavano andando a fuoco.

“Se è un tuo amico posso portarlo allo studio e aiutarlo. Però se è un maniaco o un altro potenziale assassino preferirei evitare” sussurrò Kijo a Ranma

“Ranma Saotome…ahio, dannazione! Tu mi devi delle spiegazioni!” gridava al vento Mousse, le mani premute sugli occhi

“Va bene. Sembra piuttosto innocuo al momento, proviamo a curarlo e sentiamo cosa vuole” rispose il codinato. Kijo annuì e si avvicinò allo strano soggetto

“Ciao Mousse…ti chiami così giusto? Ho assistito alla tua disavventura con lo spray al peperoncino e posso aiutarti. Seguimi e ti porterò allo studio medico per curarti” gli si rivolse la ragazza cercando di prenderlo sotto braccio

“Tranquillo, talpa, sei in buone mani. Lascia che ti sistemi e poi risponderò alla tua domanda” aggiunse Ranma

“Ehi, tu devi essere la ragazza che ha sfidato Shampoo! Quella che si lamentava che il volantino non rendeva giustizia alle sue…” Mousse si fermò rendendosi conto che nell’appoggiarsi stava toccando il seno di Kijo e per questo si era sentito arrivare un forte pattone sulla nuca

“Tieni le mani a posto, razza di marpione!” lo redarguì Ranma infastidito

“Ah, quindi è vero? Tu hai lasciato Shampoo per stare con lei?” gracchiò Mousse, sempre alla cieca

“Mi sa che il tuo amico è un po’ confuso…perché non gli spieghi tutto per bene come hai fatto col commesso?” scherzò con una punta di sarcasmo Kijo, rivolta al ragazzo col codino

“Quanto me la menerai con questa storia?” sbuffò Ranma, mentre apriva la porta d’ingresso dello studio di Tofu

“Per di qua, vieni a sederti sul lettino” Kijo trascinò Mousse in infermeria, lo fece sedere e poi sparì in cucina

“Siamo sicuri che può aiutarmi?” domandò preoccupato il ragazzo cinese

“Oh, sì…adesso tornerà con qualche intruglio e vedrai subito meglio” lo rassicurò Ranma

“Ranma, parlami! Io devo sapere! Hai rotto definitivamente con Shampoo?” Mousse allungò la mano fino a intercettare il petto del ragazzo, quindi si aggrappò alla camicia e lo tirò a sé

“Ma cosa vai farneticando, idiota! Io non sono mai stato con Shampoo, non c’era niente da rompere!” così dicendo si liberò della stretta del cinese accecato con un colpo secco dato con gli avambracci

“Lo so che hai sempre sostenuto questo, ma non puoi negare che tu non ti sia mai opposto a lei con fermezza. Vi siete baciati, che diamine, e lei ti chiamava futuro marito! Hai accettato ogni suo abbraccio, ogni suo gesto di affetto, ogni pietanza che ha cucinato per te. L’hai perfino invitata ad uscire un paio di settimane fa! Tutto lascia pensare che non ti dispiacesse poi così tanto…” s’infervorò Mousse, accanendosi verbalmente a occhi chiusi contro il suo avversario storico

“Mi dispiace, Mousse, dovrai attendere qualche minuto per la replica di Ranma. Adesso ho bisogno che ti sdrai sul letto e ti lasci medicare”
A queste parole Ranma sussultò e poi si girò lentamente: alle sue spalle sostava Kijo, giunta con passo felpatissimo, che recava in mano un vassoio con due tazze e delle garze. Aveva sentito tutto, ovviamente, e in quel momento il suo cervello stava sicuramente elaborando le informazioni ricevute nel peggiore dei modi. La sua espressione, apparentemente calma, tradiva una punta di delusione, che si affrettò a nascondere dietro a un sorriso.

“Kijo, senti…” cominciò il ragazzo col codino, ma lei lo zittì subito invitandolo a farsi da parte

“Non ora, Ranma. Prima lasciami sistemare il tuo amico” commentò appoggiando il vassoio sul comodino accanto al letto su cui Mousse, obbediente, si era disteso. Ranma le fece spazio e si mise ad osservarla in silenzio. Dapprima strappò l’involucro di carta che conteneva una garza sterile e la tuffò nella tazza contenente un liquido bianco. Riprese poi la garza e, dopo averla strizzata leggermente, la passò con delicatezza sugli occhi di Mousse, che a quel tocco rabbrividì

“Bello freschetto, questo impacco!” commentò il paziente

“Ho pensato che ti avrebbe dato più sollievo” rispose Kijo ripetendo l’operazione più e più volte. Quando reputò di aver pulito abbastanza, imbibì due piccole garze nel latte e le pose sopra agli occhi del ragazzo cinese
“Adesso riposa per cinque minuti, mentre vado a filtrare il decotto” gli disse, ma non ottenne alcuna risposta. Il suo petto sia alzava e abbassava regolarmente ed il respiro si era fatto più profondo; un lieve ronfare tolse ai due ancora svegli ogni dubbio: si era addormentato.
 
Kijo si diresse verso la cucina e Ranma le fu subito dietro; mentre prendeva il colino per filtrare l’infuso che aveva preparato in precedenza, il ragazzo provò nuovamente a riprendere il discorso
“Mousse è sempre stato innamorato perso di Shampoo e non ha mai accettato la sua fissazione per me. Qualunque cosa tu abbia sentito, sappi che sono le impressioni di un ragazzo con una fortissima delusione d’amore, che mi reputa la causa di ogni suo male”

Kijo filtrò il liquido dorato in silenzio; era ancora un po’ troppo caldo, come indicavano le volute di vapore che si sollevavano dalla tazza
“Immaginavo una cosa del genere, ma fino a che punto tu sia interessato a lei mi sfugge. In fondo se quello che dice il tuo amico è vero e non è sintomo di un’allucinazione, ci sono stati baci, appuntamenti ecc” rispose Kijo, sempre concentrata sul suo estratto

“Tutto ciò che ha fatto è partito da lei, io non sono riuscito a bloccarla perché è molto furba e testarda e imprevedibile. Le avrò detto milioni di volte che non mi interessava, ma lei è convinta che dobbiamo sposarci perché l’ho battuta in un combattimento: è una stupida legge del suo stupido villaggio di Joketsuzoku” iniziò ad accalorarsi Ranma. In quel momento le proprie parole sembravano incredibili persino a lui, eppure non aveva detto altro che la verità!

Kijo annuì con poca convinzione, poi domandò
“Quindi non le hai chiesto di uscire un paio di settimane fa?”

Ranma si sentì in trappola in quel momento: non avrebbe avuto senso negarlo, ma se non avesse specificato il motivo per cui le aveva chiesto di uscire avrebbe avvalorato l’ipotesi di un suo interesse; d’altro canto, se avesse rivelato a Kijo che c’era uscito per vendicarla, lei stessa avrebbe potuto farsi un’idea…sbagliata? Era il termine giusto?

“E va bene, mantieni pure i tuoi segreti…del resto non è sempre così facile comprendere i propri sentimenti, no? Però credo che almeno a quel poveraccio del tuo amico tu debba una spiegazione, quindi non appena avrò finito di flirta- ehm, filtrare, torneremo in infermeria e chiarirete la questione…ok?” propose la ragazza tenendo la tazza in mano. Dimostrava un’espressione serena, ma Ranma non era del tutto convinto che fosse al cento percento autentica.

In quel momento il Dottor Tofu entrò nella cucina
“Oh, ciao Kijo, ciao Ranma! È per caso un vostro amico quello che sta russando sonoramente in infermeria?” chiese con una mano dietro la nuca

“Buonasera dottore! Sì, è un amico di Ranma che necessitava di cure mediche. Per questo ho pensato di farlo accomodare”

“Soffre di narcolessia?” ipotizzò Ono

“No, ma ha avuto un incontro ravvicinato con dello spray al peperoncino. Ho attuato la detersione con latte intero e poi ne ho applicato un impacco. Adesso ho qui pronto un decotto di amamelide, camomilla e eufrasia, per un successivo bagno oculare. Sto aspettando che si freddi” spiegò Kijo, con Ranma che annuiva fingendo di capire

“Bene, direi che sei sulla strada giusta. Finisci pure il trattamento e poi dimettilo. Io vado ad allenarmi un po’” Tofu li salutò con la mano, sorridendo compiaciuto, ed uscì dalla stanza.
 
Dopo che Mousse fu sistemato, Kijo si congedò per lasciare ai due ragazzi un po’ di intimità per parlare. Stavolta fu Ranma a prendere le redini del discorso
“Ascoltami Mousse, a me Shampoo non è mai interessata. Se le ho chiesto di uscire due settimane fa è stato per darle una strigliata: si è comportata molto male e non sono riuscito a perdonarglielo. C’era bisogno che qualcuno la mettesse al proprio posto, dato che per prima non si fa scrupoli a giocare con le vite degli altri”

Il ragazzo cinese apparve piuttosto colpito da quella spiegazione, si spostò col dito indice gli occhiali più vicino al volto e replicò
“Ha preso molto seriamente le tue parole sai? È tornata in Cina, a Joketsuzoku, e ha affrontato tutte le punizioni che il consiglio del villaggio ha ritenuto opportuno infliggerle per aver contravvenuto alle nostre leggi. Ha persino giurato che non si sarebbe mai più legata a nessun altro uomo! Io c’ero Ranma, ho visto lo sguardo vacuo dei suoi begli occhi porpora ormai spenti di rassegnazione. Solo l’influenza di Cologne è riuscita a risparmiarle la pena capitale, ma ormai lei è l’ombra di se stessa. Le hanno sequestrato tutte le armi e d’ora innanzi non potrà far altro che coltivare la terra o pascolare bestiame. Rin-Rin e Ran-Ran adesso sputano sul sentiero da cui passa e ha perso la stima di tutti” raccontò Mousse con aria seria, la voce che tremava leggermente al ricordo della fanciulla a cui aveva dedicato la vita 

“Ma-ma…scusa e tu come hai fatto a vedere tutto questo? E se lei sapeva che il suo destino sarebbe stato quello, perché è tornata nel suo villaggio?” domandò perplesso il ragazzo col codino

“Il giorno che tu sei venuto ad invitare Shampoo ad uscire sono stato come al solito deriso e schernito sia da lei che da Obaba. Per amore di Shampoo mi sono fatto trattare peggio di una pezza da piedi per anni, ma quel giorno in me è scattato qualcosa. Ho lanciato il mio grembiule da sguattero su pavimento del Neko Hanten e ho giurato che non sarebbe successo mai più, che non sarei più stato lo schiavo di nessuno. Sono quindi partito per la Cina, tornando al mio villaggio per cominciare una nuova vita, ma mai avrei immaginato di veder ricomparire Shampoo e la sua bisnonna solo qualche giorno dopo. Naturalmente si sono isolate da tutti ed è stato impossibile parlarci, per questo sono venuto fin qua a cercare spiegazioni” dopo questo lungo resoconto il ragazzo afferrò avidamente un bicchiere e lo riempì con la brocca d’acqua che Kijo aveva lasciato sul comodino
“Beh, mi dispiace per lei ma non posso perdonarla per quello che ha fatto. Kijo ci ha quasi rimesso la pelle, è andata troppo oltre” incrociò le braccia Ranma, con tono sprezzante

“Ah, ecco…quindi c’entra quella ragazza! E come mai non ce l’ha fatta a tirarsene fuori da sola? Dopotutto era già riuscita a sconfiggere Shampoo una volta, giusto?”

“Sì, peccato che si sia alleata con Ukyo e Kodachi e le abbiano teso un’imboscata. Contro quelle tre insieme avresti avuto difficoltà anche tu” spiegò Ranma

“Cavolo, doveva odiarla proprio tanto per abbassarsi a chiedere aiuto alle sue rivali storiche” si stupì Mousse

“Fatto sta che l’hanno ridotta in fin di vita e credo non si sarebbero fermate se non fossero state interrotte da Ryoga. Questo non mi va proprio giù!” si scaldò Ranma

“Ma quindi a te interessa quella ragazza?” Mousse avvicinò il proprio viso a quello di Ranma, come a squadrarlo meglio

“Che razza di domanda idiota fai, uomo-papera? Ti ha dato di volta il cervello? Già devo sopportare quella stupida fidanzata che mi è stata imposta, figurati se vado a cercarmi altre seccature!” si adirò Ranma

“Sai, uomo-donna, non è che dimostrare affetto o attaccamento per una persona ti renda automaticamente meno forte eh…rischi di allontanare le persone che ti vogliono bene con questo atteggiamento” gli rispose per le rime il ragazzo cinese

“Che si allontanino allora, chi se ne importa! Non mi metterò certo a piagnucolare per questo” sbuffò Ranma, con aria supponente. Mousse fece un sonoro sospiro, roteando gli occhi al cielo, poi continuò

“Bene, meglio così, perché ho appena visto un ragazzo calarsi giù dalla stanza di…com’è che si chiama?”

“Kijo, imbecille! Dov’è che l’avresti visto?” Ranma si precipitò alla finestra ed effettivamente scorse una figura maschile che correva in fondo alla strada, poi svoltò a destra

“Si è calato dal primo piano…immagino avesse qualcosa da nascondere se non ha usato l’uscita principale, ti pare? Comunque ci sta che abbia visto male, no? Dopotutto anche tu dici sempre che sono cieco come una talpa” asserì sarcasticamente il ragazzo cinese

“Posso sempre andare a chiederlo direttamente a Kijo” esclamò il codinato e fece per uscire dalla stanza, ma il commento di Mousse lo raggelò sul colpo

“E perché mai? In fondo che te ne importa? Inoltre credo che la ragazza potrebbe aver bisogno di…privacy in questo momento, ti pare?” sogghignò allusivo

“Umpf, sì, ok…sono affaracci suoi! Ma tu piuttosto, hai intenzione di tornartene in Cina?” cambiò discorso Ranma, ritornando a sedere sul letto di fronte a quello di Mousse

“In realtà non ho tutta questa fretta. Credo che mi farebbe bene un periodo lontano da Shampoo, per dimenticarla definitivamente. O per provarci, almeno. Sai se qualcuno offre lavoro, in zona?”

“Non saprei, però sospetto che a Ukyo Kuonji potrebbe far comodo un aiuto cuoco: per quanto Tsubasa le sia devoto, in cucina è una totale frana. Se dovesse andar male lì, fossi in te proverei in una coltelleria, dopotutto sei un esperto nel campo” sorrise ironicamente il ragazzo col codino

“O altrimenti posso trovarmi una fidanzata e vivere a scrocco della sua famiglia, giusto?” buttò lì il cinese; Ranma non gliela lasciò passare e cominciò un ennesimo combattimento tra i due che durò ben poco, in quanto Tofu accorse rapidamente a separarli

“Che diamine succede adesso? Fuori tutti e due se dovete distruggermi l’ambulatorio!”

“Avete ragione Dottore, scusatemi tanto. Grazie di aver permesso alla ragazza dal seno prosperoso di curar-ouch! Ranma, dannazione! Ok, me ne vado!” con un inchino Mousse si congedò, accarezzandosi la zona della nuca appena colpita da Ranma con un pugno, sulla quale, era sicuro, avrebbe presto sviluppato un bernoccolo.

“Che tipo strano, il tuo amico” commentò Tofu mentre prendeva Betty, lo scheletro su cui aveva imparato l’anatomia, e la faceva volteggiare in aria

“Sentite, Dottor Tofu, vi è mai capitato di far caso ai movimenti di estranei in giardino? Tipo da e per le stanze al piano superiore…”

“Oh, Ranma, sono così sollevato che tu abbia tirato fuori l’argomento! Non voglio sembrare pettegolo né all’antica, ma sarei estremamente più tranquillo se tu mi dessi qualche informazione sul ragazzo che frequenta Kijo! Abita in zona? È di buona famiglia? Ha la vostra età? Perché effettivamente visto di spalle sembra un po’ più grande…” iniziò a fare domande a raffica il medico

“Ehm…in realtà io non sapevo nemmeno che esistesse…cioè, lo sospettavo ma non ho idea di chi sia. L’ho solo visto uscire dal vostro giardino una ventina di minuti fa” ammise Ranma, con la testa che gli girava per tutte quelle informazioni

“Ah, davvero? Peccato, speravo di scoprire qualcosa di più…quello che so è che viene a trovarla almeno due o tre volte a settimana, che me ne accorga io per lo meno; mi sembra che sia biondo, a volte escono ma poi lei ritorna sempre da sola, altre volte svolgono la loro…frequentazione in camera sua e poi lui sparisce come un ladro nella notte. Non so Ranma, il fatto che sia tutto così misterioso e segreto da una parte mi fa preoccupare, ma d’altro canto so che Kijo è una ragazza assennata e non voglio entrare nella sua sfera privata se lei non desidera condividerla” Tofu era palesemente in pieno dilemma morale, aveva portato le mani sui fianchi mentre camminava su e giù per la stanza.

Ranma dal canto suo era incredulo, avere conferma di quei sospetti reconditi lo aveva destabilizzato: un conto era avere un’ipotesi che viveva solo nella sua mente, un conto era vederla concretizzata in carne ed ossa! A che gioco stava giocando Kijo? Perché una tipa smaliziata come lei avrebbe dovuto celare così alacremente ciò che stava accadendo? E perché a lui importava tanto?
“Magari provo a sentire a scuola se qualcuno sa qualcosa…Voi potreste invece domandare a Kasumi: è possibile che si sia confidata con un’altra femmina per parlare di certe faccende” concluse il ragazzo col codino prima di congedarsi

“Ah, Ka-ka-ka-kasumi! Certo! Come ho fatto a non pensarci prima?” esclamò Tofu rivolto a Betty.


 
 




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