Stars

di Wickedsis
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Dopo l'episodio dello svenimento, il killer/pazzo/stalker (?), non si fece più vivo, o almeno, così credevano le ragazze.
O almeno, fino alla notte del nove giugno.
I fatti si svolsero più o meno così.
Erano circa le 23:30 e Zoe, provata da una lunga giornata, stava per coricarsi, perfettamente tranquilla, perché sapeva che nessun incubo la sarebbe venuta a trovare quella sera.
Circa cinque minuti dopo, si poteva ammirare una Zoe tutt'altro che assonnata.
Ad un certo punto, la sua attenzione si focalizzó sull'arrivo inatteso di una notifica.
A tentoni, si alzò dal letto, e con calma si diresse verso il davanzale della finestra, dove il cellulare era stato lasciato pochissimi minuti prima.
Lo sbloccó, ma venne assalita da una certa ansia nel vedere il mittente del messaggio inviatole.
Contatto sconosciuto. 
E ti pareva.
Chi altri poteva mai essere, se non lui, l'essere immondo che la tormentava?
Stranamente senza timore, aprì la notifica, ma, una volta fatto, se ne pentì infinitamente: il contenuto era raccapricciante.
Una foto e un video.
Tanto bastava per farle raggelare il sangue nelle vene.
La prima immagine raffigurava una brutta, sporca, trascurata ragazza, probabilmente povera.
Forse la conosceva, forse no, ma sentiva una grande compassione di lei, con le ossa così evidenti, le occhiaie marcate, la pelle chiarissima, che sembrava quasi trasparente, i capelli cortissimi... Sembrava quasi un fantasma.
Prese un respiro profondo, e, animata da chissà quale forza esterna, fece partire il video.
Non l'avesse mai fatto: si alzò una musichetta lugubre, e la telecamera del cellulare non accennava allo spostarsi, o muoversi di mezzo centimetro, ma presto capì per quale motivo.
La ghiaia, in quello che sembrava un vialetto, era coperta di una melma giallo fluorescente, che sembrava brillare vividamente nel buio.
Dopo molto, la telecamera finalmente si spostò, e la ragazza, nel momento in cui lo fece, dovette chiudere il video.
L'inquadratura si spostò dapprima su una casa, e poi si focalizzó su una finestrella. 
Anche se era buio e in penombra, era da pazzi non riconoscere la propria casa.
Tutto ad un tratto, a mezzanotte meno dieci, ricevette un altro messaggio.
"Dove sono?" lesse, con la voce ridotta ad un fruscio.
Non perse tempo: fece la cosa migliore al momento (secondo lei).
Bloccò il contatto, affacciandosi in seguito alla finestra.
Non vide nessuno, e questo la spaventò, e non poco.
Ma la ciliegina sulla torta venne aggiunta solo quando, dopo cinque minuti abbondanti, decise di infilarsi di nuovo sotto le coperte.
Accese l'abat-jour e si finisce a pancia in giù, con lo sguardo rivolto verso il corridoio.
Un'ombra fece capolino.
Zoe venne paralizzata dalla paura, ma solo per pochi secondi.
"Sarà stata la mamma, indubbiamente..." pensava, con crescente terrore.
Così...
"Mamma?!" chiamò.
Per una manciata di secondi, nessuno rispose, ma poi, una voce fredda e metallica la sorprese:
"Non sono la tua mamma, principessina... vieni con me, così mi porti anche dalla tua amichetta e giochiamo tutti insieme. Non sarebbe bello?".
La voce cantilenante concluse il suo discorso con una fredda risata, priva di ogni traccia di divertimento, o di gioia.
Forse solo un briciolo di pervertito piacere.
Cercando di fare meno rumore possibile, per non farsi sentire, sgusciò dal letto e aprì la finestra.
Erano solo un paio di metri, con un salto sarebbe riuscita ad andarsene.
Sotto pressione, ideò un piano che avrebbe salvato anche sua madre, e, convita che avrebbe funzionato, saltò.
Incolume, gridò:
"Vieni, vieni, forza! Così giochiamo io e te!".
E via a correre.
Stupidamente, quello le corse dietro, lasciando così casa sua.
"Ecco, così... Mangia la mia polvere, stronzo!"
Ora, come già detto in precedenza, Zoe era velocissima a correre, quindi lo portò tanto lontano dall'abitazione, poi, quando fu abbastanza vicino, gli diede un pugno a tradimento.
Non si può dire certo che Zoe fosse così forte da stendere qualcuno, ma per fortuna, per un fortuito caso, questa volta lo picchiò per bene.
Era ancora mezzanotte e mezza, ma di lì a poco Catia Castelli, sua madre, si sarebbe svegliata.
Doveva andare a lavoro presto, lei, come le rinfacciava molte volte.
Quella notte, la ragazza non fu mai più così tanto contenta di quella mania.
Trascinando il tipo per un piede, percorse la strada fino al posto più vicino che le venne in mente: la casa di Camilla.
 
 




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