Una giornata tipica

di IndianaJones25
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    UNA GIORNATA TIPICA

    Sud America, 1936

      E dire che tutto era filato liscio fino a quel momento.
   Aveva superato valli impervie, attraversato foreste impenetrabili. Si era fatto largo tra traditori assetati di sangue e innumerevoli altri pericoli. Era persino riuscito a penetrare nel Tempio dei Guerrieri stando ben attento a non fare scattare alcuna trappola: lui, al contrario di Forrestal, si era ben guardato dall’attraversare la luce!
   Tutto era cambiato quando la sua abilità si era scontrata con la sua scarsa conoscenza della matematica. Indiana Jones non era mai stato un campione, con i calcoli, doveva riconoscerlo. Se così non fosse stato, non avrebbe certo sbagliato a calcolare il peso specifico dell’oro, e avrebbe messo al posto dell’idolo un sacchetto di sabbia delle giuste proporzioni.
   Da quel momento in avanti, le cose erano precipitate. Letteralmente. Il tempio gli era franato addosso, e le trappole che aveva fatto scattare fuggendo lo avevano quasi ucciso. Si era messo di mezzo persino quell’imbecille di Satipo, che aveva cercato di fregargli l’idolo. Mannaggia a lui!
   Mannaggia soprattutto a quella pietra rotolante che lo aveva inseguito fin quasi a raggiungerlo. Le era sfuggito per un soffio… e solo per finire dalla padella nella brace. Ci mancava soltanto Belloq, in tutta questa bella faccenda. E quel dannatissimo francese si era persino premunito di conoscere la lingua degli Hovitos: chissà che razza di fanfaluche aveva raccontato loro, per scagliarglieli addosso a quel modo.
   «Accendi il motore, Jock!»
   Le frecce e le lance piovevano da tutte le parti. Eppure, mentre correva come una saetta verso il fiume, Indiana Jones già ragionava su dove Belloq avrebbe potuto vendere l’idolo. C’era un solo posto, dove avrebbe potuto farlo: Marrakech. Doveva soltanto convincere Brody a comprargli un biglietto aereo per andare a stanarlo laggiù. Niente di più facile. Sempre, beninteso, di venir fuori vivo da questa foresta.
   Il rombo del motore gli comunicò che l’idrovolante contrassegnato OB-3PO era in moto. Fin troppo in moto. Lo vide filare lungo il fiume. Ci voleva soltanto che Jock tagliasse la corda senza di lui, per coronare il tutto!
   Indy afferrò un rampicante e si gettò nel fiume. Cominciò a nuotare con tutte le sue forze, mentre le frecce e i dardi gli fischiavano contro le orecchie. Finalmente, poté afferrarsi all’aereo e cominciare ad arrampicarsi lungo la carlinga, proprio mentre quello si staccava dal fiume per alzarsi verso il cielo.
   Ma le sorprese non erano finite lì.
   Indy si era appena seduto al suo posto, quando un grosso pitone cercò di arrampicarsi sulle sue gambe.
   «C’è un serpente enorme su questo aereo, Jock!» sbraitò, togliendosi il cappello.
   «Oh, quello è Bob, il mio portafortuna!» gridò di rimando il pilota. «Andiamo, non avrai mica paura di quel serpentello!»
   «Io li odio i serpenti, Jock! Non li sopporto!»
   L’aeroplano filò verso il tramonto, lontano dalla foresta e dai guai.
   Indiana Jones sospirò, cercando di non pensare al mostro che minacciava di strangolarlo tra le sue spire. Forse quella era stata persino una giornata migliore di molte altre.

 
[scritta: giugno 2021]




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