1. Rosso
Dolore…
Il mio primo ricordo di te è questo: dolore!
Quando ti ho conosciuta, quando mi hanno
presentato a te, eri una ragazzina. Nemmeno sedici anni.
Esile. Composta. Educata. Schiva. Diffidente
anche. Ma una ragazzina.
Quanto tuo padre ci ha fatto conoscere ho
provato pena per te: ti avrei rovinato la vita.
Lo sentivo, il Maestro che ti parlava di
me, che ti spiegava minuziosamente ogni cosa, che mi legava a te indissolubilmente.
Non hai emesso un sibilo. Non hai versato
una lacrima. Non hai avuto uno spasmo. Ho davvero ammirato la forza nascosta
che percorreva le tue membra.
Ma quando, qualche sera dopo, finalmente mi
hai visto, nei tuoi occhi l’odio e il rancore si sono annidati in
maniera troppo chiara per negarli.
Non hai pianto, ancora. Ma hai odiato me e
la mano di tuo padre, che ci aveva avvolti in una catena che non avrebbe mai
potuto spezzarsi.
Da quel giorno mi hai portato con te, ma
non mi hai più rivolto una singola occhiata. Una parte del dolore che ti avevo
causato si era chetata, ma l’altra ti avrebbe bruciata per sempre.
Ancora, non ho potuto provare che pena. Eri
una ragazzina, alla quale la mia presenza avrebbe impedito una vita normale.
Eri una ragazzina a cui non importava di
me, anche se comprendevi in una certa misura la mia importanza. A prescindere,
non era abbastanza per perdonare la mia presenza coercitiva.
La prima volta che ho sentito la sua voce,
attutita da strati di tessuto, gridava. Chiedeva aiuto. Per tuo padre.
Ma era troppo tardi.
Non sapevo chi fosse, ma dato che chiamava
il vecchio Berthold Maestro ho intuito fosse il suo allievo.
Il Signor Mustang. Roy.
Ti avevo sentita pronunciare il suo nome
qualche volta, nel buio sicuro della notte. Gli eri già allora affezionata in
una maniera che tuttavia ancora non riuscivi a comprendere. Come avresti potuto
dopotutto? La solitudine era la tua realtà.
“Posso affidarle
la mia schiena’”
Quando hai pronunciato quelle parole non
potevo crederci. Davvero?
Davvero eri arrivata a tanto?
Davvero ti fidavi di lui a tal punto?
La prima volta che ho visto lui i
suoi occhi erano sgranati, e nel suo sguardo ammirazione e orrore si
mescolavano in torbidi mulinelli.
Anche lui, al pari tuo, mi odiava. Odiava la
mia presenza lì.
Forse, addirittura, iniziava ad odiare anche chi lì mi ci aveva messo.
Però mi ha accarezzato – ha accarezzato
me o te quel giorno? – e tu hai rabbrividito.
Mi ha chiesto per sé, e tu hai
acconsentito. Se avessi avuto una voce, allora, avrei gridato. Ma non ho mai
avuto voce, e non avevo modo di mettervi in guardia.
Gli hai permesso di guardarmi, di
studiarmi, di avermi completamente. E vi siete salutati.
Dolore…
Il mio ultimo ricordo di te sarà questo:
dolore!
Sarà anche il mio ultimo ricordo di lui.
La sola differenza è che, stavolta, il tuo
dolore sarà voluto.
Dolore per prendere coscienza. Dolore per
espiare. Dolore per chiedere perdono.
Mi dispiace, bambina: non ci sarà alcun
perdono. Non oggi almeno.
Il dolore di lui, invece, è lo
stesso che hai provato tu anni fa. Il dolore di una scelta che non ne da altre.
Perché lo so, lo so, che sta soffrendo per ciò che gli hai chiesto, che
sta soffrendo perché sarai tu a patire, dopo.
Non vi capisco. Davvero. A voi due proprio
non vi capisco.
Perché non lasci che lui ti accarezzi
– che ci accarezzi entrambi – come vorrebbe fare? Perché non lasci che
stavolta lui abbia te, invece che me?
Ormai sono domande inutili. Hai preso la
tua decisione, e ho imparato presto che non sei una che si rimangia le parole o
recrimina. No, tu sopporti e ti assumi tutte le responsabilità.
Che sia per questo che il vecchio mi ha
affidato a te?
E va bene, ragazzina: facciamolo! Che sia
questa la fine.
E mentre il rosso delle fiamme ci
avviluppa entrambi – il rosso delle MIE fiamme – riesco a vedere che la
catena che tuo padre ci ha imposto non era poi così assoluta come credevo.
Non posso che sperare che quella che lega voi
sia più ignifuga almeno.
Angolino dell’Autrice (più o meno):
Allora, da dove partire? Diciamo che se non
lo so io dubito possiate saperlo voi.
Questa idea si arrovellava nella mia
testolina da tanto, tanto tempo. Trovare un modo per buttarla giù così da dargli
un qualche senso e una quale forma è stato tragico, lo ammetto.
Cosa ne sia venuto fuori, soprattutto in
questa prima one-shot, non saprei dirlo. Sono soddisfatta ma non lo sono, ma se
ci avessi messo mano avanti non penso che le cose sarebbero migliorate.
Nella mia testa il protagonista è chiaro, è
sempre stato chiaro, ma ho volutamente cercato di far sì che non si capisse
nemmeno alla fine. Se ci sono riuscita o meno lascio decidere a voi.
In questo caso vediamo in maniera un po’ contorta
quello che è uno spezzone del rapporto RoyAi dagli
occhi del TATUAGGIO che lei porta sulla schiena. Mi rendo conto che sembra una
follia, tranquilli.
In una certa misura è più uno scorcio di Riza che di entrambi, ma ho pensato che non
poteva che essere così dato che è stato prima di tutto un peso suo, poi
un peso anche di Roy e poi di entrambi.
Detto questo… Passo la mano a voi. Se mi
dovete lanciare uova e pomodori avvisatemi che almeno gli occhiali me li tolgo
eh xD
ByeBye
LadyBlueSky