Il sonno della ragione genera mostri
-Ed
eccoci qui, amico mio. Questo museo contiene opere di un certo spessore
e nel mio piccolo spero di riuscire a far in modo che tu le veda come
le vedo io.- Disse l'uomo più alto all'uomo più
basso.
-Che intendi con "come le vedo io"? Non dovresti offrirmi una
visione oggettiva delle cose?- Replicò l'altro.
L'espressione di Sebastian cambiò da serena a divertita e un
accenno di risata conquistò delicatamente il silenzio della
mostra.
Alla fine si ritrovava sempre a dover spiegare tutto. Non sapeva se
fosse colpa sua, magari poiché troppo criptico nei
discorsi, oppure dei suoi interlocutori, non realmente interessati alle
parole. Si diede un tono e cercò di chiarire le sue intenzioni;
il suo amico non poteva di certo vedere la sua espressione, ma
Sebastian era sicuro che potesse avvertire il suo complesso di eterno
incompreso.
-Vedi, Michael, l'arte non può essere oggettiva. Per
quanto l'immagine possa essere una e una soltanto agli occhi di tutti,
ognuno le dà una propria interpretazione guardandola.-
Spiegò.
Passarono alcuni minuti prima che Michael replicasse e Sebastian si
convinse di aver detto qualcosa che potesse averlo turbato in qualche
modo. In effetti era così: l'uomo era non vedente dalla tenera
età, e sebbene avesse visto la forma di gran parte delle cose
materiali di cui la vita umana si compone, molte di esse le aveva
dimenticate non vedendole più; o semplicemente perché era
troppo piccolo per associarle a qualcosa che gli sarebbe servito da
adulto.
Sapeva come erano fatti gli animali, ma conservava ricordi visivi di soli cani, gatti e criceti.
Sapeva come erano fatti i volti delle persone, ma faticava a immaginare
quelli degli estranei che lo aiutavano ad attraversare la strada.
Fortuna che aveva con lui Sebastian, l'amico di una vita, e Jonny, il suo cane guida.
-E io che non posso guardarla, come faccio a dare la mia interpretazione?-
L'espressione serena sul volto di Sebastian sparì. C'erano cose
con cui doveva fare i conti, cose che costituivano la realtà
della vita. Di solito si limitava ad accantonare quelle consapevolezze
dure ed ingiuste, come il fatto che Michael fosse cieco e che lui fosse
il suo unico amico vero.
Effettivamente neanche Sebastian aveva molti amici.
-Non c'è bisogno di vederla con gli occhi per guardarla.
Tu stammi a sentire e non mi interrompere, d'accordo?- lo
ammonì scherzosamente, cercando di mascherare quel velo di
malinconia che un attimo prima aveva fatto ombra sulle sue emozioni.
Michael sorrise, cogliendo il tono giocoso, e annuì.
-Allora, il quadro che ti racconto oggi è di Francisco
Goya. Realizzato nel 1797 attraverso una particolare tecnica di
incisione su metallo, si esprime secondo me su un tema molto
attuale.-
-Come si chiama il quadro?-
Un gesto di stizza della mano di Sebastian fece ridere Michael,
consapevole di aver suscitato irritazione nell'amico. Irritazione che
fu subito smorzata da una mano sulla spalla.
-Ti avevo chiesto di ascoltarmi, se non sbaglio. In effetti, stavo proprio per dirti il titolo dell'opera.-
-E qual è il titolo?-
Entrambi un po' divertiti dalla situazione risero, da buoni amici. Era
questo il motivo per cui Michael aveva Sebastian come amico: lui non
aveva paura di dirgli le cose, di fargli notare quanto fosse irritante.
Non lo trattava come un disabile, anzi. Avrebbe dovuto ringraziarlo per
il fatto che fosse un amico così sincero, ma non sapeva come
farlo. Tuttavia sapeva che Sebastian avrebbe capito e che non ci
sarebbe stato bisogno di dire grazie. La gratitudine era un concetto
troppo implicito per essere espresso da una parola sola e fortunatamente erano entrambi d'accordo su questo.
-Il sonno della ragione genera mostri. Questo è il titolo.-
-Impressionante.- disse Michael sarcasticamente, per smorzare il tono serioso che l'amico aveva preso ad assumere.
-L'immagine si compone della figura di un uomo che dorme con la
testa appoggiata su un tavolo e attorno a lui una serie di animali
mostruosi pronti ad attaccarlo. Tra questi ci sono volatili di varie
fattezze e pipistrelli; appare anche una lince. E prima che tu me lo
chieda, la lince è un gatto di dimensioni maggiori con le
orecchie leggermente più a punta.- Spiegò
Sebastian.
Michael si mostrava interessato. Era sempre così quando
l'amico gli spiegava le cose nel modo più chiaro e riassuntivo
possibile, poiché sapeva che Michael non amava i discorsi troppo
lunghi ma troppo vuoti nel contenuto: non serviva dilungarsi nelle
descrizioni se poi non si riusciva a trasmettere un significato reale e
tangibile, significato che potesse essere compreso anche da un
cieco come lui.
-Il tale addormentato è una metafora dell'intelletto
umano che va a farsi benedire. E quando questo succede allora è
lì che l'uomo fa prevalere il suo lato bestiale, il suo
istinto.-
-Sono sicuro che è un'ottima scusa quella dell'istinto, per giustificare azioni orribili.-
-Ottima osservazione, Mike. Ma continuiamo. Nel momento in cui
la ragione si addormenta, le bestie vengono fuori e tentano di assalire
il pover uomo. Esse rappresentano le atrocità, le azioni figlie
dell'ignoranza, le perversioni incontrollate, i vizi che prendono il
sopravvento. Tutto diventa caos dominante.-
Sebastian fece una pausa preceduta da un sospiro prima di continuare.
Era un tema che lo toccava da vicino, poiché tante volte si era
interrogato sul significato della vita. -Vedi Michael,
c'è il rischio che l'uomo non si risvegli più. Quando il
caos prende il sopravvento non c'è più modo per dominarlo
e tornare sani di mente. In effetti, tra sanità mentale e
malattia il filo è sottilissimo.-
Michael annuì. Era realmente così. Lui stesso aveva avuto
modo di toccare con mano la follia umana, seppure non potendola vedere
con i propri occhi. E aveva deciso con se stesso che forse non vederla
era stata una benedizione.
-Come sempre riassuntivo, ma esaustivo. Grazie Sebastian.-
-Ma non è finita! Devi dirmi la tua interpretazione del quadro ora che lo hai visto.-
Michael sembrò pensarci su, ma in realtà non aveva nessun
dubbio. Quel quadro, seppur realizzato nel 1797, esprimeva un concetto
che non sarebbe mai cambiato nel corso dei secoli.
-I mostri che assalgono l'uomo sono creati da lui stesso. E'
egli stesso la causa dei suoi mali più grandi e può
incolpare solo se stesso della sofferenza che questi demoni possono
causare.- Sentenziò.
Sebastian annuì soddisfatto. Era felice con Michael,
perché l'amico riusciva a capirlo sempre, senza fraintendere o
cercare significati nascosti. Sapeva che con lui bastavano poche
parole.
L'amicizia tra loro era così: semplice, vera, genuina; fatta di
pregi come di difetti, non dispiaceva a nessuno dei due tenerla
ancorata al cuore.
Perché le emozioni, quelle vere, non si sentono, non si vedono e
non si toccano: si hanno dentro al cuore, cucite con dolore ma
apprezzate nella loro complicatezza.
-Al prossimo quadro, Mike.-
-Al prossimo riassunto, Seb.-