Portrait
of Fryderyk in Shifting Light
What can you know about a person? They shift
in
the light. You can't light up all sides at once. Add
a
second light and you get a second darkness, it's only
fair.
He is looking at the wall and I am looking at his
looking.
Difficult thing, to be scrutinized so long.
[...]
Anyone
can paint a mask. It's boring.
And
everyone secretly wants
to
collaborate with the enemy, to construct a truer
version
of the self. How much can you change
and
get away with it, before you turn into someone
else,
before it's some kind of murder? Difficult,
to
be confronted with the fact of yourself. Opaque
in
the sense of finally solid, in the sense of
see
me, not through me.
[...]
I
made a shape of the shape he made, subtracted
what
he shared with anyone else. There wasn't
much
left but it felt like him, wild and scared.
It
was too much to bear.
« Raccontami una delle
tue storie. »
La
stanza circolare in cima alla torre non ha porte: l'unico accesso possibile è
una botola posta al centro del mosaico che funge da pavimento. Al posto delle
solide pareti archi in pietra, e leggere tende di seta ad adornarli – tanto
leggere che il colore neutro di cui sono intessute si somma a quello della luce
proveniente dall'esterno, più intensa, a quell'altezza. In quel momento hanno
il rosso forte ed alieno del tramonto; si sollevano da terra come braccia
stanche, ricadendo su loro stesse nel debole tentativo di raggiungerli,
sfiorare i due corpi nudi sdraiati tra tappeti spessi e cuscini gonfi di piume
e lenzuola intrecciate con ogni colore conosciuto. Sousuke ricorda di aver
trovato quegli intrecci di colori difficili da contemplare per più di qualche
istante, le prime volte che li ha visti – dolorosi allo sguardo. È un pensiero
che ha abbandonato molto tempo prima, come molti altri facenti parti della sua
infanzia. Le dita affondano nei capelli folti di Rin, scostano ciocche sudate
dalla sua fronte. Non può che provare un brivido, nel vederlo impassibile, gli
occhi grandi come quelli di un bambino mentre attende una sua risposta.
Quello
non è l'uomo che serve, deve ricordarsi; quello è l'uomo che ama.
«
Le conosci tutte. », sorride, il petto – una mano di Rin è posata all'altezza
del suo cuore – che si solleva appena per il singulto. « Quelle che non conosci
le ho dimenticate. »
Lo
sguardo di Rin non vacilla nemmeno per un istante. Una delle tende alle spalle
di Sousuke si alza un po' più del dovuto, illuminando la pelle abbronzata e gli
occhi rossi, innaturali. L'ombra di un capriccio esoterico li avvolge e Sousuke
ricorda, come la sentisse in quell'istante per la prima volta, la voce di sua
madre mentre gli indica il palazzo reale, l'indice puntato forse in direzione
di quella stessa torre. "I padri dei
padri dell'attuale sultano hanno venduto le loro anime a un Demone del deserto
in cambio di ricchezza e potere.", gli aveva detto. "Per questo i loro discendenti hanno occhi e capelli del colore del
sangue."
«
Inventane una, allora. »
Il
capriccio prende forma in quella frase, in quel comando. La tenda scende verso
terra, riconduce Rin nell'ombra – donandogli una forma più umana, meno
inquietante. In tutti quegli anni di servizio e compagnia Sousuke non ha mai
avuto il coraggio di domandargli se le storie sulla sua famiglia abbiano
qualche fondamento; teme che non sarebbe in grado di reggere la verità.
«
Non sono bravo ad inventare storie. », tenta di giustificarsi. Rin allora
scivola verso di lui, verso il suo corpo; bacia la linea dura della sua
mascella come si fosse improvvisamente reso conto che quello è l'unico lembo di
pelle di Sousuke che non ha mai sfiorato, e fosse venuto a reclamarlo.
«
Provaci. », sussurra. « Lascia che sia io a decidere se sei bravo o meno. »
Ed
il suo tono è basso ed è caldo, e Sousuke si domanda se quello sia un
suggerimento, come vorrebbe fargli intendere, o un ordine; a volte fatica a
distinguere una cosa dall'altra, a volte fatica a comprendere chi sia l'uomo
che gli si stringe addosso e dichiara di amarlo, se davvero sia lo stesso con
cui la sera discute freddamente il futuro del paese. Ha cercato quella
distinzione nella temperatura del suo corpo, ma a dispetto delle aspettative
Rin sa essere impetuoso nelle decisioni politiche e freddo tra le lenzuola, se
lo desidera; allora ha cercato le differenze sotto altri aspetti: nei gesti,
nella voce, negli sguardi.
Alla
fine, dopo anni di silenziosa e disperata ricerca, crede di averlo trovato
nella luce.
Il
corpo di Rin sovrasta il suo; gli sale a cavalcioni e si china a baciare il suo
collo, le dita che ricercano un contatto e trovano riscontro nella presa di
Sousuke, nell'intreccio saldo con cui le afferra. « Conoscete la storia del
sole e del deserto? », mormora; Rin, che non si aspettava di essere accontentato
tanto rapidamente, si ferma. Sousuke è assuefatto di lui, tanto da sentire
sulla pelle lo spettro delle sue labbra, come se si trovassero ancora lì.
«
Non la conosco. », ammette. « Va avanti. »
Sousuke
posa una mano sul suo volto: un gesto che lo coglie di sorpresa, affettuoso ed
intimo, più di qualsiasi rapporto che abbiano mai avuto. Anche lui non è mai lo
stesso, non è mai se stesso – quella
versione idealizzata e libera che ha di sé è morta assieme a sua madre e a suo
padre, è morta il giorno in cui è stato condotto per la prima volta a palazzo. Nell'osservare
la mano posata sulla guancia di Rin osserva il proprio passato, ed un futuro
che non sarebbe dovuto esistere. Aveva temuto ciò che tutti temevano, nelle sue
circostanze: che le sue dita fossero rotte al primo furto, che le sue mani
fossero mozzate se il crimine fosse stato perpetrato nel tempo – eppure gli era
stata concessa la grazia, gli era stata data un'altra possibilità. Nel ricevere
quel dono inestimabile non si era inchinato e non aveva baciato i piedi del
sultano: lo aveva fissato dritto negli occhi rossi, ricordando le parole di sua
madre e tremando nel constatare che quella che aveva sempre creduto una
leggenda aveva un fondo di verità. Ma sua madre e sua nonna gli avevano parlato
dei Demoni come di creature fredde, mentre la mano del sultano sulla sua spalla
gli era apparsa calda, confortevole.
Gli
aveva fatto promettere che non avrebbe mai più rubato; che avrebbe dedicato la
sua vita ed il suo coraggio a combattere le ingiustizie, affinché nessuno – nè
lui, nè gli altri che conosceva – fosse più costretto a patire la fame, a
rubare per sopravvivere. Qualche anno più tardi – a quel punto le spalle di
Sousuke si erano fatte più ampie, la sua lingua più sciolta – gli aveva fatto
promettere di servire Rin; di morire per lui, se necessario.
"Morirò per vostro figlio se si mostrerà un
uomo degno di un sacrificio simile.", aveva risposto. Il sultano aveva
riso: in un mondo più ingiusto, quell'affronto gli sarebbe costato la vita. In
quello strano mondo in cui era capitato per errore, tutto ciò che aveva
ricevuto era una pacca sulla spalla – e pochi ordini, semplici e sintetici: proteggilo.
Fa che viva a lungo. Credi in lui.
Non
aveva avuto bisogno di sforzarsi troppo per seguire quegli ordini, impartitogli
in un sussurro. Del figlio del sultano sapeva poco, o quasi nulla: l'aveva
visto camminare nei vestiboli e nelle sale del palazzo, un'ombra lontana e
indistinta difesa da uomini che all'epoca erano stati più grandi di lui, nemici
senza volto, e che in seguito gli avrebbero giurato fedeltà eterna. La prima
volta in cui lo sguardo di Rin si era incrociato col suo era stato qualche
giorno dopo la promessa fatta al sultano: era stato scortato nelle sue stanze,
e Rin non l'aveva fatto inginocchiare, non si era presentato seduto su uno
scranno dorato. Si erano affrontati da pari, l'unica differenza tra loro
dettata dalla rispettiva eredità genetica: Sousuke, figlio del deserto – e Rin,
figlio dei Demoni.
«
Tu credi che mio padre sia un uomo buono, e lo servi perché ti ha salvato la
vita. », aveva dichiarato Rin, dopo un'attenta, silenziosa analisi. « Ma come
ti comporteresti se ti dicessi che ti sbagli? »
La
risposta che Sousuke gli aveva dato l'aveva soddisfatto al punto da stirare gli
angoli della sua bocca in un sorriso sincero e folle.
Ha
riflettuto molto su quella domanda, sin da quando il sultano è morto, sin da
quando Rin è salito al potere. Nella sua opinione, Rin non è un uomo buono; nella
sua opinione, Rin è l'uomo più buono che conosca. Ambedue frasi possono essere
vere senza contraddirsi, perché lui gli ha fatto dono di quella duplice essenza
che lo contraddistingue e che Sousuke, delle volte, vorrebbe non conoscere
affatto.
«
Ogni cosa in questo mondo non creata dall'uomo possiede uno spirito. »,
comincia. Rin lo osserva con occhi grandi, curiosi, un sorriso furbo a
stirargli le labbra. Gioca con lui, con le sue idee; si diverte a costringerlo
in situazioni in cui Sousuke è costretto a reinventarsi, per scoprirlo di nuovo
e innamorarsi di lui ogni volta.
«
Certo, so che è così. », commenta, sardonico. Le dita nude dei gioielli si
posano sul suo petto; non dice altro, ma il solo gesto implica più di quanto
potrebbe narrare. Anche tu possiedi uno spirito, sembra dirgli, e io
lo conosco bene, poichè lo posseggo.
«
Un uomo intelligente come voi saprà di certo, allora, che anche il sole e il
deserto posseggono uno spirito. », lo prende in giro. Non sa se sia davvero
così, ma gli piace crederlo. Si solleva sui gomiti e Rin lo stringe a sé, gioca
coi suoi capelli. Sousuke sente le sue unghie sulla pelle tesa della nuca e
trema, chiude gli occhi. « Ma forse non sapete quanto il sole ami il deserto. »
Rin
si china su di lui, cattura le sue labbra in un bacio dolce e lento. « Continua.
», lo incita in un sospiro, straordinariamente privo di malizia. La sua
curiosità è quella di un ragazzo, basta poco a stimolarla. Sousuke ride, un
verso fresco che si infrange contro la sua pelle.
«
Non mi date modo di parlare. »
«
E tu trovalo. Come fai sempre. »
Quante
volte lo ha contraddetto, da quando lo conosce? Quante volte ha osato alzare la
voce contro di lui, fargli notare un errore di valutazione laddove riteneva che
ve ne fosse uno? Rin non lo ha mai rimproverato per quell'atteggiamento, e
quando lo ha ringraziato lo ha fatto coi gesti, anziché con le parole. Ogni suo
bacio segreto è un appiglio al perdono, una richiesta silente: abbi
pazienza, con me. Sousuke accoglie ogni suo bacio come un pozzo avido
d'acqua accoglie la pioggia: senza pretese, mai conscio di quando arriverà, ma
infinitamente grato.
Si
solleva tra i cuscini morbidi e le sue mani si posano sui suoi fianchi, come se
volesse contenere la sua impazienza. Inclina il capo e lo posa sul suo collo,
anziché sul suo viso; Rin accetta quel cambiamento con un sospiro leggero, un
fiato che si condensa contro il suo orecchio.
«
Il sole ama il deserto. », mormora. « Che altro? »
«
Lo ama, ma non può averlo. », decide. Le sue dita affondano nella carne
morbida, sudata. Con un indice incide il proprio percorso nella curva della sua
spina dorsale, dall'alto verso il basso. Rin sospira di nuovo. « Lo ama da
quando il deserto era una terra fiorente e verde. Ha provato molte volte a
carezzare il suo corpo, ma ha lasciato dietro di sé solo terra bruciata e
dolore. Lo ha trasformato in maniera indelebile. »
«
Quindi è un amore impossibile. », commenta Rin, quasi infantile, imbronciato
all'idea. Poggia la fronte contro la sua. « Ma è reciproco? »
Sousuke
annuisce piano. « Certo. Anche il deserto ama il sole... nonostante
quest'ultimo soffra le conseguenze della loro vicinanza e non sopporti di
vedere il suo corpo arido e ustionato, il deserto ha accettato da tempo di
assumere una nuova forma e rinascere ad ogni loro abbraccio. Ma non è tutto...
»
La
sua vita è stata costellata di coincidenze e avvenimenti su cui non ha esercitato
la minima volontà; incidenti, in altre parole. Non ha chiesto lui di diventare
orfano, non poteva prevedere che il sultano lo risparmiasse, né di scoprirsi
tanto adatto alla vita militare. Non poteva prevedere di innamorarsi di Rin.
Ricorda
il loro primo bacio con accecante chiarezza. Anche in quel caso aveva creduto
che si trattasse di un incidente: si erano ritirati a parlare nelle sue stanze,
scambiandosi parole vuote e silenzi per minuti, seduti accanto a un arco che
dava sul vuoto. Rin aveva poggiato il mento sulla mano, il gomito piantato nel
ginocchio.
«
Cosa accadrebbe se mi gettassi di sotto, ora? »
«
Moriresti. », aveva risposto, serio. La risata di Rin gli aveva riempito le
orecchie. « Cosa potrei fare? »
«
Potresti cercare di salvarmi, per esempio. Morire con me. »
Aveva
spalancato le braccia, minacciandolo con quel gesto estremo, un sorriso sulle
labbra.
«
Allora vado. », aveva sussurrato; poi era accaduto tutto molto in fretta: il
suo corpo si era inclinato aldilà dell'arco bianco e, a dispetto di qualsiasi
risposta piccata, a dispetto di qualsiasi provocazione o buonsenso, Sousuke si
era gettato addosso a lui. L'aveva afferrato per le spalle, trascinato contro
di sé; avevano rovinato a terra sul pavimento, scomposti e ansimanti. Sousuke
aveva sentito il battito folle del suo cuore contro l'orecchio, chiaro sotto
gli strati di vestiti, sotto la pelle.
«
Ma che razza di idee ti vengono in mente?! », aveva urlato. In quel momento non
c'erano stati né titoli né posizioni; si era sollevato sui gomiti e lo aveva
guardato in volto. Rin aveva ricambiato, sconvolto, spaventato. « Non puoi
farmi una cosa simile! Non puoi... »
Aveva
ceduto alle lacrime. Non gli era mai accaduto, prima di allora; aveva creduto
di essere forte, e di dover uccidere la propria umanità in cambio di quella
forza. Tutto si era infranto in un singolo istante, cristallizzato in quello
stupido gioco, nel momento in cui aveva compreso la verità su di sé, su Rin –
che si era alzato, aveva posato una mano sul suo viso, e gli aveva domandato
scusa. Scusa, perdonami, ancora e ancora, parole vergini sulle sue
labbra, lacrime di vergogna nei suoi occhi. Lo aveva baciato e non c'era stata
alcuna necessità di spiegare il perché. Sapevano entrambi. Nella bocca di Rin
Sousuke aveva scoperto il conforto della certezza.
«
Sei di nuovo con la mente da un'altra parte. »
Sbatte
le palpebre e torna al presente. Rin è seduto sulle sue gambe, i fianchi che
cingono dolcemente le sue cosce, le braccia che gli circondano le spalle. È suo,
in ogni aspetto. Il suo corpo gli appartiene e ora reclama anche i suoi
pensieri.
«
No. », mormora Sousuke. « Sono sempre qui con te. »
«
Che altro c'è? Come finisce la storia? », gli domanda, soddisfatto dalla sua
risposta. Le sue mani scivolano giù dalle sue spalle, carezzano il suo petto
nudo. Sono nude, prive di gioielli, chiare e leggere. Sousuke chiude gli occhi.
Lascerebbe che gli strappasse il cuore dal petto, se potesse. Solleva una mano
e la poggia sul suo volto, traccia la curva delle sue guance con l'indice,
scende. Riapre gli occhi e lo ritrova. Anche Rin è sempre lì, con lui.
«
Ci sono voluti anni e anni di prove, ma alla fine il sole ha compreso come
donare il proprio amore al deserto senza fargli del male. », mormora,
perdendosi nei suoi occhi. « Noi lo chiamiamo tramonto, ma è un matrimonio. Ogni
giorno il sole disegna le ombre e le luci che danno forma al deserto. Ogni giorno
rinnova la promessa di rimanere per sempre accanto a lui. »
Sa
che a palazzo qualcuno lo ha definito l'ombra del sultano, ma ritiene sia una
definizione sbagliata: Rin possiede abbastanza luce ed abbastanza ombre senza
di lui. Le osserva scivolare sul suo volto in quell'istante, trasportate dal
vento, dalle tende, dai suoi pensieri, dalle dita che scivolano sulla sua
pelle. Le trova nel suo sorriso.
«
Hai mai considerato una carriera come cantastorie? », scherza. Sousuke ricambia
il suo sorriso.
«
Vorrei, ma il mio padrone non mi ha mai dato l'opportunità di scegliere. »
Rin
sbuffa. Scoppia a ridere, una risata fresca come l'aria a quell'altezza, calda
come il sole che non scotta i loro corpi. Ride quando Sousuke lo spinge in
avanti, tra i cuscini, quando cerca le sue mani e le stringe, quando carezza il
suo petto nudo. Smette solo quando Sousuke si china per posare le labbra sulla
sua pelle, lasciando una traccia di baci che dal collo scende verso il basso. Le
sue cosce stringono le spalle di Sousuke, pretendono di sentirlo, di intrappolarlo.
Fa scivolare una mano nei suoi capelli scuri e lo spinge dove lo vuole,
impaziente, un sorriso sornione sulle labbra.
«
Non possiedi un briciolo di pazienza. », sospira Sousuke, le labbra che
sfiorano la sua intimità, affamate. « Di questo passo farai arrivare il
tramonto prima del tempo. »
Rin
apre gli occhi. Lo guarda, steso tra i cuscini, stretto nelle spalle nude –
stupendo, immortale, etereo. Tutto ciò che Sousuke potrebbe desiderare; tutto
ciò per cui sa di poter morire.
«
È il mio regno, questo. Lo sai. », mormora. « Decido io quando il sole sorge o
tramonta. »
E
Sousuke sa che ha ragione.
Questa storia è stata scritta su commissione. I più sentiti ringraziamenti al committente, Kam!
Long time no sourin, ahah (fingo di non star
piangendo madonna mi manC A N O)
Ho le commissioni aperte, se siete interessati: https://twitter.com/aggretsujo/status/1403073899605151748
Alla prossima!
-Joice