Ne era valsa la pena
[Lammetera – Viaggio]
Robert lo spinse dentro la stanza che condividevano e sbatté
la porta alle proprie spalle.
Peter l’aveva provocato fin troppo mentre erano ancora nel
backstage, doveva fargliela pagare nel modo che più piaceva a entrambi.
Lo afferrò per le spalle e lo costrinse a camminare
all’indietro, finché il bassista non inciampò sul materasso e cadde
all’indietro, trascinandosi addosso il compagno.
Robert subito lo bloccò sotto di sé e cominciò a baciarlo,
mordendogli le labbra con ardore e insinuando le dita tra le sue ciocche
dorate.
Lo torturò finché non udì un gemito infrangerglisi sulla
bocca; a quel punto sorrise malizioso e si sollevò sui gomiti, fissando i
propri occhi azzurri su quelli verdi venati di grigio di Peter.
Si fissarono intensamente per alcuni istanti, poi il
bassista cominciò a spogliarlo, partendo proprio dalla maglietta bianca e
sudata.
Robert si lasciò privare di quell’indumento ingombrante e si
sbarazzò a sua volta della camicia in jeans dell’altro.
Subito si distese meglio su di lui e cominciò a strofinarsi
sul compagno, facendo frizionare dolcemente i loro petti villosi.
Udì Peter mugolare di piacere e lasciò che infilasse le dita
tra le sue ciocche castano scuro.
Tornarono a baciarsi con rinnovato desiderio, mentre le loro
eccitazioni si scontravano, ancora intrappolate al di sotto degli abiti.
«Mio piccolo Pete…» sussurrò Robert, scendendo a lambire la
pelle del suo collo pallido.
Il bassista gemette spudorato e allacciò le gambe alla sua vita,
in modo da averlo ancora più vicino e mantenere il contatto tra i loro membri
gonfi.
Si desideravano da impazzire, era sempre così: si
provocavano di fronte a tutti, ma dovevano per forza aspettare di essere soli
per consumare la loro passione clandestina.
Robert cercò nuovamente le sue labbra e riprese a divorarle
con baci furiosi, mentre percorreva i fianchi dell’amante con dita tremanti e
vogliose.
Raggiunse il bordo dei pantaloni e si fermò, scostandosi dal
viso di Peter per poterlo osservare meglio.
«Bobby…» esalò il biondo, rovesciando il capo all’indietro.
Il tastierista ne approfittò per avventarsi ancora sul suo
collo e marchiarlo di nuovi morsi e vigorose lappate; dopodiché scivolò verso
il basso, avvertendo le mani del compagno tra i capelli: premevano sulla sua
nuca, lo spingevano con urgenza, sapevano dove condurlo.
E Robert non aveva aspettato altro per ore interminabili:
aveva desiderato di farlo godere, di possederlo e sentire quei suoi gemiti
acuti e armoniosi riempirgli le orecchie.
Affondò con il viso tra le sue cosce ancor prima di
spogliarlo, e per un po’ rimase in quella posizione: le labbra premute contro
il rigonfiamento intrappolato nei jeans di Peter, il naso a ricercare
quell’aroma di cui tanto era dipendente, le mani strette sui fianchi nudi e
bollenti dell’uomo che amava con tutto se stesso.
Poi decise di distendersi nuovamente sul petto dell’amante e
di prendersi ancora un po’ di tempo per baciarlo e assaporarlo a fondo, mentre
con le mani cominciava a liberarlo dei pantaloni.
«Fammi sentire il rumore del mare…» mugolò Peter tra un
sospiro e l’altro.
E Robert sorrise: finalmente quel momento era arrivato.
Stava per intraprendere l’ennesimo viaggio tra le onde di
quelle emozioni che soltanto Peter sapeva trasmettergli.
Aveva dovuto aspettare, ma ne era valsa la pena.
[Lindanny – Scatola]
Linda era in piedi sulla soglia di casa e batteva
nervosamente il piede destro per terra.
Aspettava il rientro di suo marito, una mano sullo stipite
della porta e l’altra a tormentare nervosamente il bordo del prendisole che
indossava.
Danny l’aveva combinata grossa e lei aveva architettato la
sua vendetta nei minimi dettagli; aveva avuto a disposizione un bel po’ di
tempo e aveva studiato ogni particolare con minuzia.
Udì il rombo di un motore in avvicinamento e allungò il
collo per sbirciare in strada, notando un furgoncino grigio che avanzava
lentamente. Il mezzo rallentò e ben presto si fermò qualche casa più in fondo –
a occhio e croce di fronte alla villetta di Terry.
Linda sospirò e, dopo essersi puntata le mani sui fianchi,
camminò sul vialetto fino a piazzarsi sul marciapiede.
Notò Greta correre fuori di casa e gettarsi tra le forti
braccia di suo marito, senza dargli neanche il tempo di uscire completamente
dal furgoncino.
A poco a poco, tutti i componenti della band emersero sotto
il sole del tardo pomeriggio, chiacchierando tra loro e scaricando i bagagli
dal mezzo.
Linda intercettò lo sguardo di suo marito e incrociò le
braccia sul petto, osservandolo mentre si faceva timidamente avanti nella sua
direzione: spalle basse, capo chino, aria colpevole.
Era proprio così che voleva farlo sentire.
«Questa è tua» lo apostrofò immediatamente, senza perdere
tempo in convenevoli.
Il batterista sbirciò intimorito e Linda indicò una grossa
scatola in cartone che aveva precedentemente posizionato all’ingresso del
vialetto.
Lo vide sobbalzare e portarsi le mani sulla pelata. «Lo
sapevo… vuoi il divorzio, vero?» esalò disperato, la voce flebile e quasi
inudibile.
Lei finse di pensarci un po’ su. «Tu che ne dici?» buttò lì.
«Io… amore, io non ho fatto niente!» esclamò Danny in tono
lamentoso.
Linda si godette la sua espressione smarrita, gli occhi
lucidi e le mani che tremavano appena. Si sentì un pochino in colpa, ma aveva
aspettato quel momento con ansia e non poteva cedere fin da subito.
«Hai baciato un’altra, cosa ti aspetti? Ringraziami: ho pure
perso tempo a mettere la tua roba dentro questo scatolone!» replicò glaciale
Linda.
«Io non l’ho… lei mi ha assalito, io…»
La donna notò che suo marito era quasi in lacrime e decise
che forse stava esagerando: in fondo non era arrabbiata con lui, non lo era
stata neanche quando aveva sentito il suo messaggio vocale.
Fece un passo avanti e lo scrutò meglio, tentando di
mantenere un’aria severa. «Chi me lo assicura?»
«Puoi chiedere a chi vuoi, ti giuro che…» Danny si
interruppe e chinò ancora il capo, sottraendosi al suo sguardo.
Linda sorrise e si disse che poteva bastare così.
Con un rapido movimento, raggiunse Danny e gli gettò le
braccia al collo. Lo strinse forte a sé e scoppiò a ridere, avvertendo pian
piano la tensione dell’uomo scemare.
«E la scatola?» piagnucolò Danny, aggrappandosi a lei con
tutte le sue forze.
«È vuota: ho dovuto ordinare una nuova lavatrice e mi è
rimasta la confezione!» Linda continuava a ridere. «Perfetta per farti uno
scherzo, eh?»
«Non sei arrabbiata? Non vuoi il divorzio?» chiese ancora
conferma il batterista.
In tutta risposta, lei gli lasciò un lungo bacio sul collo e
mormorò: «No».
Aveva dovuto aspettare, ma ne era valsa la pena.
[Parazankow – Lettere]
Walter osservò la porta richiudersi e Lee scomparire dal suo
campo visivo, così come dalla sua attenzione.
Il fulcro del suo interesse, nudo e bellissimo, se ne stava
tranquillamente in piedi al centro della stanza; James teneva le braccia lungo
i fianchi e non pareva affatto a disagio senza alcun vestito addosso.
Lo aveva volontariamente provocato, complice anche la
presenza del trombettista fino a poco prima, il quale si era quasi
scandalizzato per l’audacia di James.
«Jimmy, fai schifo» aveva detto.
E Walter non era riuscito a trattenersi dal mostrare il suo
disaccordo.
Era stupendo, già pronto per essere amato come solo lui
sapeva fare.
«Jimmy?» lo richiamò.
Il trombonista si volse lentamente e gli sorrise con
malizia, compiendo con esasperante lentezza i passi che lo separavano dal letto
dell’amante.
Walter allargò le gambe e le braccia, pronto ad accoglierlo,
e quando finalmente se lo ritrovò disteso addosso subito lo abbracciò forte.
Affondò le dita nelle sue natiche sode e se lo premette
contro con fare possessivo, dispiaciuto di non essere a sua volta senza vestiti
per poter avere il giusto contatto con la pelle dell’altro.
Chiuse gli occhi e lasciò che James si accoccolasse contro
il suo petto, solleticandogli il collo con il respiro caldo e placido.
Walter lasciò andare i suoi glutei e risalì a percorrere la
schiena leggermente arcuata, beandosi di quel contatto che tanto lo faceva
sentire completo.
Mentre con le dita disegnava ghirigori immaginari sui
fianchi del trombonista, con l’altra mano prese ad accarezzargli i capelli soffici
– di quel castano chiaro che a volte pareva quasi biondo, se lo si osservava
sotto la brillante luce del sole.
Sentì James sospirare. «Wally?»
«Sai, potrei prenderti subito, visto come ti sei comportato
poco fa…»
James ridacchiò, il suo fiato caldo lo fece rabbrividire
quando gli carezzò il collo. «Ti è piaciuto quando mi sono messo a novanta e il
mio culo è finito quasi in faccia al povero Lee?»
«Mi è piaciuto tantissimo.» Walter lasciò andare le ciocche
dell’amante e tornò a sfiorare una delle sue natiche. «Ma adesso voglio fartela
pagare, farti aspettare prima di darti ciò che vuoi…» Riportò entrambe le mani
sulla schiena nuda di James e ghignò. «Indovina che lettere disegno» aggiunse.
«Lettere? Ma che…» farfugliò l’altro confuso.
«Concentrati, dai» lo incoraggiò il sassofonista,
cominciando a tracciare forme immaginarie.
«Questa è una i, è semplice!» esclamò James
entusiasta. «Continua, mi sto divertendo!»
Walter sghignazzò e proseguì a scrivergli sulla schiena in
punta di polpastrelli, finché non ebbe composto una frase.
James aggrottò la fronte e si sollevò per guardarlo negli
occhi.
Si fissarono per un po’, sorridendosi teneramente.
Walter sapeva che James aveva afferrato il messaggio.
«Vale anche per me, Wally» sussurrò il trombonista,
accostandosi alle sue labbra per baciarle con delicatezza.
Il sassofonista ricambiò e lo strinse più forte, continuando
a goderselo nudo e bellissimo tra le braccia.
Lui amava James e non aveva saputo resistere alla tentazione
di scriverglielo sulla pelle.
Aveva dovuto aspettare, ma ne era valsa la pena.
[Greterry – Lungomare]
Greta era sconcertata.
Quando aveva proposto a Terry di uscire dopo cena per fare
due passi sul lungomare di Santa Monica, non aveva certo tenuto in
considerazione la nuova e inquietante fissazione di suo marito.
Quel pomeriggio era rientrato con una paletta per le mosche
a forma di racchetta da tennis e da allora non l’aveva più lasciata andare.
Così aveva insistito per portarsela dietro anche durante la
loro passeggiata serale, asserendo che gli insetti potessero nascondersi dietro
ogni angolo.
Greta però si vergognava da morire a girare insieme a uno
che camminava con un oggetto come quello in mano, agitandolo ogni volta che gli
sembrava di intravedere una qualsiasi forma di vita volante.
La donna sentiva gli sguardi di tutti addosso e non
desiderava altro che ficcare la testa sotto la sabbia come gli struzzi.
«Terry, ti prego, mettila via!» sibilò a un certo punto,
afferrandolo per il braccio massiccio.
Lui scoppiò a ridere e le lanciò un’occhiata colma
d’entusiasmo. «Niente affatto, mi sto divertendo da matti! E poi, dove vuoi che
la metta? Non ho una borsa e nella tua non ci sta!»
«Ma ci guardano tutti, per carità! Sembriamo due cretini!»
lo apostrofò ancora, sempre più sommersa dall’imbarazzo.
Terry si esibì all’improvviso in uno sguardo spiritato e
aprì la bocca, emettendo un suono acuto e fastidioso. «Ora ti prendo,
maledetta!» esclamò, spingendo via la moglie per poi tuffarsi in avanti e
brandire la racchetta a batterie.
Greta barcollò appena e si batté una mano sulla fronte.
«Gesù, perché tutte a me le disgrazie?»
Osservò basita il marito che, giunto nei pressi di una
coppia intenta a spingere un passeggino, muoveva convulsamente il suo ultimo
giocattolino e sbraitava contro insetti che solo lui poteva vedere.
Rischiò di sbattere contro i malcapitati, i quali lo
fulminarono con occhiate furenti e presero a lamentarsi di quanto fosse
inopportuno e maleducato.
«Terry!» tentò di richiamarlo, ma lui ormai era partito
all’inseguimento di chissà quale moscerino invisibile e faceva faticosamente lo
slalom tra i passanti.
Greta stava per scoppiare in lacrime dalla disperazione e
dalla vergogna che stava provando, quando vide Terry schiantarsi letteralmente
contro un cestino dell’immondizia.
Lo raggiunse in fretta e notò che sollevava la mano destra,
osservando la racchetta con le sopracciglia aggrottate.
«No, cazzo, non è possibile! L’avevo comprata oggi, non è
giusto!» protestò il marito.
Greta tirò un sospiro di sollievo quando si rese conto che
nell’impatto la racchetta in plastica si era quasi spezzata in due ed era
divenuta inservibile. «Signore, ti ringrazio!» esalò.
«Non sei di aiuto, Greta! E adesso come facciamo?»
La donna si strinse nelle spalle e indicò il cestino di
fronte a loro. «Sei già nel posto giusto, ora sì che puoi metterla via!»
esclamò.
L’omone la guardò imbronciato, poi rivolse un’ultima
occhiata alla racchetta rotta e infine si arrese a gettarla nella spazzatura.
Greta sorrise soddisfatta e lo prese sottobraccio. «Ora
possiamo finalmente fare la nostra passeggiata!»
Era estremamente felice che la sorte l’avesse aiutata a
liberarsi di quell’aggeggio infernale.
Aveva dovuto aspettare, ma ne era valsa la pena.
♥ ♥
♥ ♥
Ed eccomi qui con il secondo e ultimo capitoletto di questa
raccolta a metà tra il demenziale, l’erotico, il romantico e il fluff ^^
Non so veramente come ringraziare, anche stavolta, Soul e
mia madre per i prompt che mi hanno suggerito ^^
Forse quello del viaggio è molto marginale, ma pazienza,
così mi ha guidato l’ispirazione!
Una piccola nota sul rumore del mare: è un piccolo
tributo alla Lammetera ideata proprio da Evelyn, ed è il suono che i due amanti
amano udire quando fanno sfregare i loro petti villosi l’uno contro l’altro :3
Mi auguro che vi sia piaciuta la struttura che ho ideato per
questo progetto, e anche il fatto che io abbia voluto giocare sui filoni
narrativi di ogni coppia e trattarli da entrambi i punti di vista!
Grazie a chiunque abbia anche soltanto letto, davvero, io mi
sono divertita a creare questo roba ;)
Evelyn, ci ho messo tutto il mio impegno e ho scritto con il
cuore, spero di aver fatto un buon lavoro e che questo regalino di compleanno
ti abbia soddisfatto :3
E ancora tantissimi auguri, sorella mia ♥
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