Star Trek Keter Vol. IX: Senz'anima

di Parmandil
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-Epilogo:
Data Stellare 2592.322
Luogo: USS Keter, presso Nuovo Romulus
 
   Nella quiete del suo alloggio, il Capitano Hod riposava su una sedia reclinata, con gli occhi chiusi, ascoltando musica classica. Era un’abitudine che aveva preso dall’Ammiraglio Hortis, un tempo fiero nemico della Flotta Stellare, con cui tuttavia aveva collaborato durante la difficile missione nel Quadrante Delta. Hortis era morto nell’ultima battaglia, ma non prima di averle trasmesso il suo interesse musicale. Così eccola lì, ad ascoltare una famosa sinfonia dei Krenim.
   Il Capitano, tuttavia, non stava oziando. L’esperienza nella Sfera di Dyson l’aveva profondamente colpita; aver visto l’antica dimora dei Proto-Umanoidi la faceva meditare su quel popolo, che viveva tuttora nella galassia di Andromeda. I pensieri s’incastravano come tessere di un puzzle, formando poco alla volta un piano coerente. Forse esisteva un modo per risolvere la disputa sulla Terra... o persino l’intera Guerra Civile...
   Il cicalino dell’ingresso interruppe le sue riflessioni. L’Elaysiana si riscosse, strofinandosi gli occhi. Avrebbe tanto voluto ordinare al visitatore di rimandare all’indomani, ma la trattenne il pensiero che poteva trattarsi di una cosa importante.
   «Computer, pausa» ordinò con voce impastata. Si alzò dalla comoda sdraio e controllò di essere in ordine, per quanto possibile. Indossava la vestaglia... non il massimo, per un Capitano che riceve un subordinato. Ma non aveva il tempo di cambiarsi. Così drizzò la schiena e assunse l’aria più dignitosa che poteva. «Avanti» disse.
   Era Ladya. Il Capitano ne fu lieta: la dottoressa era sua amica e uno dei pochi confidenti che avesse a bordo. «Scusi se la disturbo a quest’ora, Capitano» esordì la Vidiiana.
   «Non c’è problema, venga avanti» l’accolse Hod. «Posso offrirle qualcosa?» chiese, invitandola a sedersi.
   «Grazie, ma preferirei di no» disse Ladya, mantenendo un tono formale. Non si sedette nemmeno. Restò dritta come un palo al centro della stanza, con un d-pad in mano.
   «Allora, che succede?» chiese l’Elaysiana, presagendo guai.
   «Capitano, come sa in questi giorni ho esaminato centinaia di rifugiati che vivevano nella Sfera, in maggioranza Umani...» disse la Vidiiana.
   «Sì, e mi aveva detto che non c’erano gravi problemi» ricordò Hod. «Devo dedurre che ora ne ha trovati?».
   «Ecco... è una faccenda molto particolare» disse Ladya, dondolando il peso da un piede all’altro. «C’è di mezzo la riservatezza tra medico e pazienti, quindi non ho potuto parlargliene prima d’accertarmi della situazione».
   «Ladya, ora comincia a spaventarmi. Cos’hanno che non va quelle persone?» chiese il Capitano.
   «Non sono malate» la rassicurò subito la dottoressa. «Non hanno disfunzioni genetiche. Tuttavia molte coppie hanno lamentato un problema. Loro... non riescono a procreare».
   «Oh». Il Capitano fu presa in contropiede. «Suppongo che abbia individuato la causa. Aspetti... c’entrano le radiazioni?» chiese, ricordando che solo gli statiti avevano protetto quei poveretti dalla gigante rossa. Forse erano insufficienti, a dispetto delle rassicurazioni di Arvid.
   «Così pensavo, ma dopo accurati esami ho scartato quest’ipotesi» disse Ladya.
   La dottoressa sembrava decisa a parlare per gradi, dandole ogni volta il tempo di assorbire la notizia. Anziché confortare il Capitano, questo atteggiamento la preoccupò ancor più. «E allora qual è il problema?» incalzò.
   «Le loro gonadi sono necrotiche, Capitano; non riescono a produrre i gameti. Questo sia negli uomini che nelle donne» rivelò la Vidiiana. «Ho passato giorni a cercarne la causa. Il mistero ha cominciato a dissiparsi quando ho notato una cosa: la sterilità colpisce i reduci dei Centri di Rieducazione».
   «Sta dicendo...» mormorò il Capitano, sentendo un brivido lungo la schiena.
   «Che è l’Unione, certo. Tutti gli Umani che passano dai Centri sono sterilizzati, a loro insaputa» confermò Ladya.
   «E i membri di altre specie?».
   «Loro no. Nemmeno quelli che sono internati per gravi reati» rispose la dottoressa. «Capisce? Mentre gli alieni non subiscono alcuna menomazione, gli Umani sono sterilizzati in massa».
   «Ma perché?!» gemette l’Elaysiana, pur intuendo l’orribile spiegazione.
   «Perché ci sono due modi di compiere un genocidio» rispose la Vidiiana. «Il primo consiste nello sterminare tutti i membri di un certo gruppo etnico. Quest’azione è la più eclatante e quindi genera resistenza. L’altro sistema consiste nell’impedire a quell’etnia di riprodursi. Ovviamente è molto più lento, ma proprio per questo più difficile da riconoscere; ed è ancora più arduo individuare i colpevoli. Per adesso non c’è una consapevolezza diffusa del problema, neanche tra gli Umani. Quando diventerà evidente, l’Unione potrà fornire spiegazioni alternative. Invocheranno derive genetiche, squilibri ormonali o chissà che altro. S’impegneranno a risolvere il problema, faranno analisi, organizzeranno convegni... e non caveranno un ragno dal buco». Ladya fece una risata cattiva, poi riprese in tono più basso e dolente.
   «Nel frattempo la specie umana invecchierà. Le morti non saranno più compensate dalle nascite e senza ricambio generazionale si spegneranno la creatività, l’inventiva, la fantasia. Gli adulti senza figli non si preoccuperanno più del futuro, di ciò che lasciano ai posteri. Conterà solo ciò che il singolo individuo può arraffare nel presente. E così sarà la fine. Posso dirglielo già da ora, Capitano. Se non troviamo il rimedio finché ci sono ancora giovani coppie in grado di procreare, la specie umana è condannata all’estinzione».
 
 
FINE
 
 
 




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