Forgotten Memories

di Degonia
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➹ Darkest Night

Fuggivamo! La caverna cedeva, stalattiti e grossi massi di roccia cadevano attorno a noi, ferendoci: in quel momento eravamo la sua preda!
Eravamo gli ultimi, io e l’elfo dai lunghi capelli, e correvamo come non l’avevamo mai fatto.
Fauci spalancate provavano ad afferrare qualsiasi cosa lungo il loro cammino, la carne, le rocce, la polvere; la discesa rendeva più facile la fuga ma la spossatezza prendeva il sopravvento, le ferite che ci aveva inferto erano profonde e il terrore scaturì in noi quando, durante l’attacco, capimmo che non c’è l’avremmo fatta. Una luce in fondo al tunnel, l’uscita, forse la salvezza; dovevo dargli un vantaggio che nessuno di noi avrebbe avuto, dovevo dargli tempo! Mi fermai, l’elfo mi urlò qualcosa che non capii, mi voltai su me stessa e misi lo scudo in posizione di difesa, ma il colpo non venne dall’alto: dritto sullo scudo una forza imponente, la mia protezione si sgretolò come carta sotto il suo colpo, ma c’era qualcos’altro... una figura avvolta da oscura magia penetrò attraverso le mie difese e afferrò il mio braccio sinistro, i suoi artigli avvolti attorno ad esso... sgranai gli occhi e sentii un dolore lancinante, ma non sul mio braccio, il dolore era nella mia testa! Urlai, ma la voce non uscì, poi mi lasciò andare. Rimasi immobile, credevo fosse giunta la mia fine, ma la creatura gargantuesca dietro di lui si era placata ed ora era ferma, i suoi occhi erano iniettati di sangue, ma non si mosse neanche di un passo. Abbandonai la mia posizione e corsi fuori, la luce dell’ultimo tramonto investì i miei stanchi occhi quasi abituati a quell’oscurità in cui vagavamo per giorni.

Ci allontanammo da quel luogo di terrore in cui eravamo caduti e ci fermammo un attimo a riprendere fiato, alcuni non si reggevano in piedi. Non eravamo messi in buono stato, ma almeno eravamo vivi e insieme. Avevo dolori ovunque e le mie ferite pulsavano, ma la scoperta del mio avambraccio sinistro annerito mi lasciò atterrita. Mi spaventai e indietreggiai, come ad allontanarmi da lui, dal mio braccio, come ad allontanarmi dai miei compagni che adesso guardavano nella mia direzione. Il nano mi si avvicinò inquieto, per poi indietreggiare quando un leggero miasma nero si sollevò da esso e nuovamente lo sentii, il dolore nella mia testa divenne insopportabile e svenni.

Quando riaprii gli occhi avevo addosso una coperta, attorno a me alcuni dormivano; l’uomo dall’abito scuro e i corti capelli albini era seduto in meditazione attorno ad un fuoco ormai spento. L’alba non tardò ad arrivare. I primi raggi attraversarono le fronde degli alberi ricadendo sugli stanchi avventurieri: nulla impedirà al sole di sorgere ancora, nemmeno la notte più buia.






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