Marcio

di CatherineC94
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Primavera / Estate 

 
La trova rannicchiata, tremante vicino ad un cespuglio fatato.
Sulla pelle piccole gocce d’acqua grigie, negli occhi una sfumatura dolente.
 Aberforth vorrebbe lasciarla sotto quella pioggia incessante ma qualcosa lo turba, un senso di inquieta colpa, che ha provato una volta sola nella sua esistenza. Decide di fermarsi, incerto sul da farsi.
Quella mattina piove da ore.
Lui non potrebbe essere più felice di quel cupo cielo, quasi come se fosse una proiezione della sua ignobile volontà.
La sente gemere, sola.
Vorrebbe dirle che al mondo si nasce soli, che gli altri ti lasciano solo, per l’immane egoismo che li contraddistingue.
Ma lei, con quella sofferenza, quel gemito terribilmente strozzato nella bocca chiede aiuto.
Borbotta malamente, la stringe tra le braccia e l’avvolge nel logoro grembiule che indossa.
«Milly è un nome adatto per una tipa come te» gracchia.
 Non riconosce la sua voce mentre si dirige verso casa, e da una parte vorrebbe mettere a tacere quella strana brezza di speranza che riaffiora traditrice.
 La piccola capra bela, chiude gli occhetti beandosi del calore.
Nel locale, la vede guardarsi intorno impaurita mentre lui con fare rozzo le posiziona una brocca di latte.
«Ti hanno abbandonata, eh?» le chiede interrogativo.
La piccola capra beve avida.
«Lo fanno con tutti sai? Le mele marce non piacciono a nessuno» dice asciutto.
Si accomoda al suo lato, stappa una bottiglia e l’osserva tranquillo.
«Il tuo odore sa di marcio, quasi quanto il mio».
Il sorriso di Aberforth è sporco, Milly beve ancora appagata.
 
 
 
«Sento puzza di gatto bagnato» esclama sarcastico.
Si gratta malamente la pancia, mentre la cerca con gli occhi.
La trova seduta, diritta ed impassibile. Le labbra sono tirate, forse a causa della sua pessima battuta, forse a causa del forte odore di capra che impregna la stanza, chissà.
«Le condizioni di questo posto sono pessime» sentenzia Minerva.
Aberforth si alza, un’ondata di sarcasmo lo invade ed una sorta di ira celata da tempo chiede di essere sguinzagliata.
«Tu e quell’immenso stupido di mio fratello siete uguali, peccato che sia interessato ad altro!» sputa maligno.
«Siamo preoccupati per te» sussurra lei.
«Voi?» la rimbrotta ironico.
«Dovresti essere grato» contrattacca secca.
«Di cosa?  Tu saresti preoccupata per me? Però ricordo quando per strada ti allontanavi, oppure nella mia mente c’è uno knarl ubriaco?» esclama con finta gioia, intenzionato a ferirla.
Per un attimo forse ci riesce pure, quella maschera felina che di solito è così priva di emozioni quasi si inarca sotto il peso della verità.
« Vivi come un’eremita, recluso in questo posto squallido!» dice alzandosi di scatto.
«Io sono squallido, marcio, corrotto. Dovreste dimenticare che esisto» ribatte irato.
Minerva si para davanti, dal suo corpo una forte ondata di rabbia lo raggiunge; Aberforth non fa un passo indietro, rimanendo immobile.
«Sei tu che ti sei dimenticato di esistere».
La sua voce è rotta, mai come prima e l’osserva implorante per un secondo.
Aberforth scuote la testa cinico, quei buonismi sono inutili cerimonie.
A lui rimangono una capra ed il silenzio.
 
 


 Note.
Ebbene sono ritornata! In questo primo capitolo evviva l'angst. Spero vi piaccia!




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