Il
rituale mattutino di Lord Heisenberg era lo stesso da circa venti
anni.
Sveglia
al mattino presto – spesso verso le cinque e mezza
– pantofole di
Kermit la rana ai piedi e poi dritti nella sua sgangherata cucina a
prepararsi del caffè, con l'aggiunta di pane e burro, ed
infine via
ad evacuare in bagno qualunque cosa avesse mangiato la sera prima. Il
tutto condito con l'accensione di un sigaro e l'accompagnamento di
qualche quotidiano per tenersi informato sul resto del mondo. Queste
ultime cose non erano propriamente ammesse all'interno del villaggio
in cui viveva, ma sottobanco e con i giusti contatti si poteva
ottenere qualsiasi cosa... e nel caso dei suoi Lord, Madre Miranda
era disposta a chiudere un occhio se si trattava quantomeno del vizio
del fumo.
Se
poi allo specchio notava la necessità di doversi fare barba
o
capelli, e magari una doccia, si sarebbe concesso il lusso di darsi
una sistemata. Sforbiciando gli scompigliati capelli argentei quando
minacciavano di raggiungere le spalle e radendosi ben poco
perchè
trovava che la ricrescita incolta lo rendeva più affascinante.
Un modo come un altro per dire che non aveva voglia di perdere del
tempo a radersi per bene.
Era
chiaro che nella sua vita mancava una figura femminile di riferimento
che fosse in qualche modo decente – perchè
crescere con figure
come quella stronza dal culo grosso di Alcina e
l'innominabile
Miranda a cui doveva fingere di voler bene non era esattamente il
massimo – ma nonostante tutto gli andava bene vivere in
quella
sorta di degrado personale perchè era il suo
di degrado.
Quella
mattina sarebbe stata esattamente come tutte le altre, con un rituale
preciso iniziato alle cinque e mezza del mattino al suono di una
sveglia dalle lancette in ottone che vibrarono pericolosamente quando
raggiunsero il loro biettivo, prima di essere silenziate con una
manata poco piacevole dal loro proprietario che si svegliò
con una
sottile imprecazione.
Si
alzò da un letto che necessitava di essere cambiato il prima
possibile – ma le lavandaie sarebbero passate solo settimana
prossima – infilando i piedi nelle sue bizzarre pantofole e
indossando una vestaglia azzurra in flanella senza però
legarsela
alla vita. Indossava solo un paio di pantaloncini corti quella
mattina – o erano forse in suoi boxer? Era così
intontito che non
gli era chiaro – e già necessitava di due cose
importanti: caffè
e sigaro cubano. Altrimenti non avrebbe connesso le cellule cerebrali
come avrebbe voluto.
Sbadigliando
trascinò i piedi dalla camera da letto caotica per dirigersi
in una
cucina che avrebbe fatto piangere Gordon Ramsay in persona,
accendendosi il proprio sigaro stretto tra le labbra nel mentre che
aspettava che il caffè fosse pronto. Un paio di aspirate
intense e
di boccate verso l'alto poi e il caffè era già
bello che pronto
dentro la moka.
“Hmm...
devo andare in bagno”
con
una parte del rituale compiuto rimaneva da espletare il resto per
cominciare al meglio la giornata, rintanandosi successivamente nelle
viscere della sua acciaieria per completare progetti ben più
personali che nessuno doveva vedere, avviandosi quindi con sigaro e
tazza di caffè verso il proprio trono di porcellana che
chiedeva di
essere reclamato.
“Ehilà!”
Superando
la cucina e uscendo verso la sala comune giusto in tempo per salutare
Angie con un cenno del capo, strisciando i piedi fino a...
Un
momento.
Si
fermò giusto prima di varcare le porte di metallo che
conducevano al
bagno, mentre diverse espressioni facciali attraversavano il suo
volto sfregiato di cicatrici e barba incolta, da confuso a sconvolto
fino ad arrivare allo sguardo omicida più puro, riuscendo
magicamente a svegliarsi e a fare velocemente dietro front con sigaro
e tazza alla mano.
Angie,
la bambola parlante di Donna Beneviento. Il male personificato in un
metro scarso di altezza in abito da sposa e merletti malandati era
lì.
Era
in casa sua senza invito apparente.
Il
giocattolo malefico era entrato nella sua fabbrica, come ancora non
lo sapeva, e lui da bravo coglione l'aveva pure salutata! E
chissà
cosa aveva fatto nel mentre che lo stesso Heisenberg ancora russava
beato nel mondo dei sogni...
Colto
quindi da un'ira che a stento riusciva a contenere, serrando le
labbra e respirando rumorosamente dal naso – così
come era solito
fare quando era particolarmente incazzato –
spalancò le doppie
porte della sala comune con la sola forza dei propri poteri cinetici
per affrontare quella puttanella in abete e ottone.
“Ehilà
di nuov-”
“Un
cazzo!!” berciò lui,
notando l'innaturale creatura
ancora distesa languidamente sull'unico tavolo metallico presente in
quella che un tempo era una sala mensa “Punto
primo: come diavolo hai fatto ad entrare in casa mia! Punto secondo:
dove sei andata una volta qui dentro?! E punto terzo: dammi un buon
motivo per non distruggerti ora!”
berciò
quelle parole abbattendo la tazza di adorato caffè sulla
vecchia
superficie metallica del tavolo e cercando con l'altra mano di
agguantare un burattino alquanto agile e sghignazzante. Ritrovandosi
a faticare parecchio nel contenere ancor di più la rabbia e
la
voglia di sollevare ogni oggetto metallico li presente e fare il tiro
al bersaglio con lei. Se l'avesse distrutta, cosa che poteva fare
benissimo, poi ci sarebbero stati non pochi problemi come spiegare a
Madre Miranda dell'incidente e, peggio ancora, vedersi quell'arpia a
indagare a casa sua. Tuttavia, per sua fortuna, quel giocattolo
inquietante fu abbastanza lesto nel dare le sue spiegazioni.
“Se
devo partire per ordine posso dire che la porta della tua fabbrica
è
sigillata bene ma la cassetta per la posta non lo è
affatto!” si
riferiva all'ingresso per i pacchi che i mercanti sfruttavano ogni
due settimane, tra provviste e altri materiali, e questo
portò il
povero Karl a portarsi una mano sulla fronte “sul secondo
punto
cosa dovrei dire? La tua fabbrica puzza incredibilmente e non voglio
rischiare di bruciarmi il vestito in una delle tue fornaci o finire
in un nastro trasportatore!” appoggiò le proprie
manine di legno
sui fianchi sottili in segno di sdegno, incurante dei rottami
metallici che iniziavano a tremare sempre più forte nella
stanza “se
non mi credi puoi anche controllare i nastri di videosorveglianza!
Non credere che non abbia notato le telecamere di sicurezza...
davvero tante in effetti”
una
insinuazione che al macchinista non piacque affatto, ritrovandosi ad
assottigliare le palpebre fino a ridurre i propri occhi chiari a due
lame d'acciaio, decidendo che forse – prima di distruggere
quella
fottuta bambola – era il caso di togliersi la pulce
nell'orecchio e
controllare di persona le registrazioni di sorveglianza.
“Aspetta
qui...”
senza
neppure aspettare che Angie rispondesse sparì funereo oltre
le
grandi porte, assicurandosi di sigillare con i propri poteri
elettromagnetici ogni tipo di ingresso, sparendo nella sala di
controllo per rimanerci alcuni minuti visionando tutti gli schermi e
le registrazioni delle ultime ore.
Quando
ritornò in sala mensa la bambola non si era mossa da
lì, intenta a
giocare con la sua tazza di caffè ormai freddo facendo finta
di
pescarci dentro chissà cosa tramite una canna da pesca
ricavata da
una matita e un filo di spago consunto.
“Sembra
che tu abbia detto il vero... Sembra!” se
da un lato era
sollevato che quella bestiaccia non era andata troppo in giro, anche
perchè tecnicamente non poteva accedere ai livelli inferiori
senza
le giuste chiavi, da un lato continuava ad esserci un terzo fatto a
cui lei non aveva risposto “hai dieci secondi per chiarire il
mio
terzo punto prima che ti rispedisca a Donna in un bidone della
spazzatura!”
“Sei
davvero cattivo sai?! Se sono qui è proprio
perchè quest'ultima ha
bisogno di aiuto il prima possibile!”
“E
io che c'entro?” fece dunque lui, inarcando un sopracciglio
abbastanza confuso “parlane con Madre Miranda!”
“Non
capisci... lei mi direbbe sicuramente di no! Quindi... uhhh”
la
piccola bambola in legno trasse una sorta di sospiro teso, per quanto
la sua faccia statica potesse offrirle abbastanza mimica facciale,
portandosi in principio le mani giunte in preghiera davanti al volto
prima di indirizzarle proprio di fronte ad Heisenberg “ho
bisogno
che tu metta un bambino dentro Donna”
Calò
un silenzio tombale dopo che Angie gracchiò quelle parole
con una
naturalezza da risultare a dir poco disturbante, il tutto condito da
un povero ingegnere che stava cercando di elaborare la richiesta
più
inquietante che gli fosse mai stata chiesta negli ultimi anni,
congelando la propria faccia in una espressione tanto confusa quanto
ebete. Non poteva averlo detto veramente... Sicuramente Karl aveva
capito male quello che il burattino animato dal cadou gli aveva
chiesto di fare.
“Io
non... non credo di capi-”
“Sono
stanca di giocare con delle bambole! Io voglio una sorellina vera...
di carne e sangue, non di porcellana! Hai una vaga idea di come
spende il suo tempo quella pollastra autistica? Confeziona tutine da
neonato!! è frustrante, sai?!”
“Fuori...”
“Se
non vuoi andare da lei puoi sempre mettere la tua poltiglia
riproduttiva in una tazza e poi ci penso io”
“Ho
detto fuori, cazzo!!”
l'urlo ancestrale di Heisenberg fece
rimbombare le
pareti metalliche della stanza portando addirittura alcuni oggetti a
sollevarsi pericolosamente da terra. Alcuni di essi vennero sparati
contro il vecchio burattino ad una velocità impressionante,
ma
quest'ultima fu abbastanza lesta a nascondersi dietro un mobile in
legno per evitare il tiro al bersaglio urlando terrorizzata.
“Perchè non mi vuoi
aiutare?! A te cosa toglie?!”
“Vai a chiedere a quel mollusco
di Mureau di darti una
mano!” continuò a berciare Karl, sempre
più furioso e
scandalizzato da una simile richiesta, continuando a cercare di
colpire quella maledetta “oppure va ad importunare uno dei
creduloni al villaggio! Io qui ho ancora una dignità, se lo
vuoi
sapere!!”
“Credi che non glielo abbia
chiesto? Si è messo a
piangere quando ho proposto la cosa!”
fantastico, Angie era
riuscita a traumatizzare pure Salvatore con le sue pretese disoneste
“E i bifolchi giù in paese? Scapperanno appena mi
vedono!”
per quanto i quattro signori di Madre
Miranda fossero
venerati alla stregua di divinità dagli abitanti locali a
causa dei
loro poteri era chiaro che, per ovvi motivi, una bambola parlante
imbruttita dal tempo poteva portare incubi nelle loro notti senza
sogni piuttosto che immagini beate... ma tutta quella situazione e le
acrobatiche scuse di Angie stessa stavano facendo perdere la poca
pazienza rimasta ad Heisenberg nei peggiori dei modi. Finendo con il
far scoppiare la sua bomba finale.
“Bè mi spiace per te
ma Donna ha bruciato le
sue possibilità di diventare madre già da molto
tempo! E l'ultima
volta che ci ha provato è andata male! Anzi, due metri
sottoterra
per l'esattezza!!”
l'ingegnere autodidatta si rese conto
troppo tardi della
cattiveria appena detta, mordendosi la lingua come in preda al panico
per aver sputato veleno sull'ultimo grave lutto di casa Beneviento
che aveva portato la povera Donna a perdere completamente il lume
della ragione. Tant'è che dentro l'ormai caotica sala mensa
cadde un
silenzio angosciante, carico di tensione, dove persino lo statico
volto di Angie – uscita di tutta fretta dalla propria
copertura –
mostrava uno sdegno del tutto condivisibile. Per quanto lo stesso
Heisenberg non sopportasse nessuno dei suoi
“fratelli”, se così
potevano essere chiamati, sputare su un bambino innocente era
comunque una cosa disgustosa anche per lui.
“Questa è proprio una
cattiveria, lo sai?! Non me lo
aspettavo da te!”
E non se lo aspettava neppure lo stesso
Karl, in
effetti. Tanto da stemperare la tensione lasciando cadere a terra
ogni oggetto o mobilio usato fino a quel momento come arma impropria.
Arrivò a dare le spalle alla povera Angie, massaggiandosi la
testa
con entrambe le mani sapendo di aver fatto una cazzata immane.
Claudia Beneviento, figlia illegittima
della taciturna
Donna, era una bambina adorabile stando ai racconti che erano
arrivati fino a quei giorni moderni... ma aveva avuto la sfortuna di
incontrare Madre Miranda che, con la scusa di guarirla da una banale
malattia genetica, le aveva impiantato il parassita cadou a fini
sperimentali così come aveva fatto con il resto della
famiglia
fervente credente del Dio Nero e del suo messaggero vestito di ali
nere. Una tragedia che aveva spento una vita nel fiore dei suoi anni
più innocenti e rendendo definitivamente pazza una donna che
vedeva
ormai in ogni estraneo un possibile nemico qualora si fosse trovata
un povero viandante a bussare alla sua porta, preferendo parlare con
le bambole che mai si sarebbero permesse di farle del male.
“Senti... m-mi dispiace per
quello che ho detto, va
bene? Ma in questo mondo va così... il forte vince e il
debole
soccombe! Per cui...”
click-clack.
Il discorso motivazionale di Heisenberg
venne interrotto
dall'inconfondibile suono di un fucile a leva che veniva armato e che
lo portò, di conseguenza, a sgranare gli occhi e a fermare
per un
momento il respiro in un atto più di sorpresa che di paura
vero e
proprio. Voltandosi lentamente a guardare un burattino di legno che
ora lo stava fissando con in braccio quello che era effettivamente un
fucile, dagli intricati intarsi argentei, capì che le cose
stavano
precipitando in un abisso di follia pura.
“Togliti i pantaloni”
“Angie...”
“Togliti
i pantaloni e sborra nella tazza del caffè vuota! Non sto
scherzando!!”
Karl non seppe dire se rimanere
più sconvolto per il
fatto che Angie stesse usando un linguaggio scurrile oppure esserlo
per il fatto che quella puttanella ebbe il coraggio di sparargli
a pelo – mancandolo deliberatamente, in un gesto di
avvertimento –
non dandogli possibilità alcuna di fermare i proiettili in
arrivo.
“puttana disgraziata!!”
urlò lui, alzando di
istinto le mani “dove diavolo hai preso quella roba?!
Com'è
possibile che io non-”
“Magia della fibra in carbonio,
caro il mio lord!
Nemmeno tu riusciresti a spostare i proiettili o a portarmi via
l'arma!” rise in modo maniacale prima di continuare
“non hai la
minima idea di cosa può contenere questo burattino di legno
sotto la
propria gonna! Ma so perfettamente cosa nascondi tu sotto quei
pantaloncini” altro suono di ricarica veloce, quella bambola
sapeva
usare bene quella cazzo di arma “quindi vedi di tirare fuori
la
salsiccia dell'amore se non vuoi perderla!”
Sembrava dannatamente decisa a portare a
compimento il
proprio folle piano, ma il suo cervello parassitico non aveva
evidentemente elaborato un fattore importante. Un qualcosa che lo
stesso macchinista se ne rese conto molto velocemente una volta che
riuscì a mettere da parte lo shock iniziale per
quell'assurda
situazione e ad assumere uno sguardo duro come la roccia che non
presagiva nulla di buono.
E la stessa Angie se ne rese conto quando
si ricordò –
beata gioia – che aveva avuto il coraggio di entrare
illegalmente
nei domini di Karl Heisenberg. Un uomo il cui cadou gli aveva dato i
terribili poteri sui campi elettromagnetici che circondavano gli
oggetti metallici, potendo fare letteralmente ciò che voleva
di quel
maledetto burattino.
[…]
Dall'esterno della fabbrica si poteva dire
che la vita
scorresse serena. L'erbaccia dentro la recinzione della struttura
cresceva rigogliosa, lasciando ai grilli la possibilità di
saltare
da uno stelo all'altro e alle serpi di nascondersi nel buio fornito
dai cumuli di rottami metallici che sorgevano come funghi in quel
giardino incolto. Ma dentro la struttura industriale un baccano
attutito disturbava quell'insolita quiete, diventando sempre
più
chiassoso quando due voci piuttosto concitate non si stavano
avvicinando sempre di più al portone di ingresso.
Principalmente una
voce femminile piuttosto acuta e una maschile il cui solo grido
sembrava quello di un gigante delle montagne.
L'inquietante concerto si concluse solo
quando le doppie
porte arrugginite si spalancarono con una tale violenza da venire
quasi scardinate dalla telecinesi di lord Heisenberg che, senza
troppe cerimonie, scaraventò con una certa violenza la
povera Angie
sul polveroso stradello in terra battuta. Il burattino
rotolò per
diversi metri prima di atterrare sul sedere, venendo in seguito
colpita dal suo diabolico fucile proprio in testa. Facendola gridare
di dolore.
“E non farti mai più
rivedere da queste parti o giuro
su Dio che finisci in un forno! Puttana del cazzo!!”
Senza neppure sentire la sua risposta
stridula il
signore di quel luogo degradato chiuse i battenti con un tonfo sordo,
ritornandosene nella semi oscurità decisamente
più confortevole
della luce del sole. Sospirando per cercare di darsi una calmata da
un nervosismo che gli stava facendo tremare le mani andò a
frugare
nelle tasche della malandata vestaglia per cercare accendino e sigaro
di riserva. Trovò il primo mentre per il secondo nulla da
fare,
trovando solo un pacchetto di sigarette sgualcite che comunque
potevano andare benissimo per la situazione.
Se ne accese una, aspirando frettolosamente
dal filtro,
inalando quella nicotina al mentolo fin dentro i polmoni e
rilasciandola con un lento sospiro. Un senso di beatitudine lo colse,
come di salvezza dopo una estenuante lotta, trovando piacevole
appoggiarsi di spalle al portone metallico e sbollire in tal modo un
nervosismo che rischiava di rovinargli davvero la giornata.
Per un attimo il timore che quell'arpia di
Miranda
venisse a sapere di quell'assurda litigata gli attraversò le
membra,
ma poi si ricordò che la stessa sacerdotessa oscura si
divertiva a
lasciare che i suoi “figli” si scannassero in quel
modo – con
bisticci al limite del ridicolo condendo il tutto da inutili prediche
sull'importanza della famiglia – per cui si
rilassò ulteriormente
rigirandosi il filtro della sigaretta tra le dita callose fino a
farsele diventare gialle.
“Io a quella bambola maledetta ci
ficco il cazzo in
bocca uno di questi giorni, lo giuro!”
“Eh?
Lo faresti sul serio?!”
la speranzosa vocina di Angie si
materializzò
nuovamente nella testa dell'ingegnere portandolo per questo a
spalancare nuovamente gli occhi, e se in un primo momento non
capì
da dove potesse venire – in quanto la porta principale
l'aveva ben
sigillata – si rese ben presto conto che lo sportello della
posta
situato accanto al portone di ingresso non era stato chiuso a dovere.
Pertanto la testa velata della bambola maledetta fece capolino da
quello sportello dalla vernice scrostata, portando per questo Karl a
ruggire esasperato e a chiudere con un pugno quel maledetto
sportello.
Portando nuovamente la povera Angie
all'esterno del
complesso con un urlo risentito.
A questo giro Heisenberg si
assicurò per bene di
sigillare anche quell'ingresso – imprecando non poco mentre
trascinava fin lì una cassa avvolta nella stoffa –
decretando che
per quel giorno non aveva proprio voglia di vedere la luce solare,
assicurandosi di andare il prima possibile in bagno per cambiarsi e
cominciare a lavorare quanto prima. Ed i suoi progetti erano molto
più seri ed efficaci rispetto le assurde pretese di una
bambola
psicopatica quanto la sua padrona.
“Presto non troverete
più così divertente la mia
compagnia, cara famiglia...”