Si può capire molto su una persona anche solo sapendo in che parte
del corpo è presente il suo marchio dell’anima gemella. Esso è una
figura astratta – a volte simile a un kanji, altre a una macchia di
Rorschach –, ma le uniche cose che contano sono che ognuno lo porta con
sé fin dalla nascita e che ne esiste una sola copia in tutto il mondo.
La maggior parte delle persone lo ha sul tronco o sugli arti, ma i
più indipendenti lo possiedono in punti normalmente non in vista (la
pianta del piede, le parti intime o addirittura coperto dai capelli),
mentre quelli etichettati come “disperati” lo hanno in punti ben
visibili (le mani o il viso).
Junpei Yoshino fa parte di quest’ultima categoria. Il suo tatuaggio
del soulmate spiccava sul lato destro della sua fronte e, per evitare
di farsi prendere in giro, porta fin dalle elementari la frangia o un
ciuffo di capelli un po’ più lungo da quel lato, in modo da coprirlo.
Credeva di non avere bisogno del soulmate, che lui non era un
“disperato”, eppure, quando alle superiori i bulli avevano spento nove
sigarette sul suo tatuaggio fino a renderlo irriconoscibile, Junpei si
trovò davanti a un baratro buio al retrogusto di solitudine.
Persa l’unica possibilità che la propria anima gemella lo fermi per
strada, può solo sperare che il proprio soulmate sia un “disperato”
come lui, in modo da essere lui stesso quello che lo può trovare.
Tuttavia, in cuor suo, sa che le possibilità sono molto basse,
soprattutto da quando ha smesso di andare a scuola ed esce solo per
recarsi ogni tanto al cinema, suo unico svago.
Poi l’incontro con Mahito, e con esso quello con Itadori che lo
invita a unirsi alla scuola per stregoni che frequenta.
Junpei, però, non è ancora pronto per affrontare nuovi compagni e
chissà quali altri problemi. Per il momento, vuole badare alla madre
che si sta pian piano riprendendo dopo essere stata aggredita da
Mahito. Itadori si sente responsabile della condizione di Nagi – se
solo fosse arrivato prima, se solo avesse capito subito l'astuzia del
nemico – e ha un appuntamento quotidiano a casa Yoshino, anche solo per
vedere come stanno i due.
Anche quel giorno Itadori si presenta da Junpei, ma rispetto al
solito appuntamento è quasi ora di cena. Appena il padrone di casa apre
la porta, le narici dello stregone si dilatano come quelle di un
ippopotamo. «Ah, che buon profumino… Curry? Riso al curry?».
«Itadori». Le guance di Junpei si imporporano appena. «Non ti
aspettavo più ormai, avrei cucinato anche per te...».
«Ah, so che hai ereditato il tocco magico ai fornelli della signora
Nagi, ma ho già mangiato, purtroppo». Itadori si passa una mano contro
la nuca. «La prossima volta ti avviso del ritardo».
«Problemi da stregone?».
I due si spostano nell'open space soggiorno-cucina, ma Itadori non
si accomoda sul divano come suo solito, preferisce appoggiarsi contro
una credenza.
«Possiamo dire così…».
Il ragazzo più grande, che sta trafficando un po’ in cucina, si
morde il labbro inferiore. «Non sei ferito, vero?».
«No, no. Tutto bene, ma sarebbe piú comodo con un partner che mi
possa…».
Junpei sbatte il piatto con il riso al curry sul vassoio color legno
e qualche chicco rimbalza nella metà riservata al curry, tra i
tocchetti di verdure. «Porto questo da mia madre».
Capita l'antifona, Itadori alza le mani in segno di resa. «Ok, ti
aspetto qui».
«Se vuoi provare a convincermi di nuovo, ti avviso che io non…».
«No, pensavo di guardare un film insieme se sei libero».
Junpei non è libero. Deve pulire la cucina, lavare pile e pile di
piatti accumulati in quei giorni, e scartabellare internet alla ricerca
di un lavoro full time per coprire le spese della madre, ma il sorriso
di Itadori è tutto ciò di cui ha bisogno per cedere. «D'accordo».
Prende il vassoio e si reca al piano di sopra. Scende dopo nemmeno un
minuto, con le mani sprofondate nelle tasche. «Itadori? Mia madre ha
chiesto se sali un attimo a salutarla». La sua testa fa capolino in
cucina e lo stregone, incapace di stare fermo per più di mezzo secondo,
ha in mano il portafoto che di solito è sul mobile accanto alla pianta
ornamentale.
«Che carino! Quanti anni avevi in questa foto?».
A Junpei viene voglia di strappargli la cornice dalle mani. «È di
sette anche fa…».
«Hai un bel sorriso, sarebbe bello vedertelo più spesso». Itadori
rimette a posto la foto e abbaglia Junpei con il proprio sorriso
radioso. «Andiamo, ho davvero voglia di abbracciare la signora Nagi!».
Junpei scuote le mani a palmo aperto davanti a sé e arretra d'un
passo. «Io… vi raggiungo».
Itadori solleva un sopracciglio, in attesa di una spiegazione.
«Devo… andare un attimo in bagno». L’imbarazzo gli rende le parole
tremolanti.
L’altro sorride. «Ormai so qual è la camera della signora Nagi, non
preoccuparti».
Junpei trattiene il respiro finché lo stregone non è al piano di
sopra. Le sue parole gentili sanno sempre far centro nel cuore. Il
ragazzo va in cucina e si lava il viso, con l’intenzione di ripigliarsi
un po’ – non serve a molto, ma seda le guance in fiamme. Si asciuga con
un canovaccio e rimane per qualche ulteriore secondo a fissare il
lavello colmo di stoviglie. Chiude gli occhi, negandone l’esistenza, e
sale al piano superiore. Mancano ancora alcuni scalini, ma già sente
Itadori vociare e la madre che ride – un suono che gli scalda il cuore.
Si affaccia alla porta della camera e trasale: il vassoio con la
cena ancora fumante è dimenticato sul comodino e Itadori è seduto a
bordo del letto, accanto a dove è distesa Nagi, con un vecchio album di
foto sulle ginocchia in modo che entrambi potessero vederlo.
«Mamma!».
«Oh, Junpei… Vieni a vedere le tue vecchie foto con noi?».
Junpei non vuole vedere le foto di quando era piccolo, vuole solo
seguire gli istinti piromani che fino a quel momento non sapeva di
possedere e purificare con le fiamme quell’album imbarazzante. «Mamma!
A Itadori non interessano le vecchie foto di quando la facevo ancora
nel pannolone!».
«Ma è stato lui a chiedermelo».
Junpei si gira verso Itadori, pronto a pregare perché nessun’altra
pagina venisse girata, ma lo stregone è zitto e fermo, con lo sguardo
castano che trafigge una foto. Si alza in piedi, l’album gli scivola
dal grembo e finisce in terra con un tonfo.
Junpei fa appena in tempo ad entrare nella stanza che si ritrova
stretto tra le forti braccia di Itadori. «Cosa…?».
«Sei… sei tu… Sei sempre stato tu!».
Junpei stringe la presa alla giacca della divisa scolastica
dell’altro. «Non capisco...».
Itadori scosta la frangia dal lato destro della fronte di Junpei e
passa il pollice sull’orrendo segno bitorzoluto che gli rovina quasi
del tutto il marchio del soulmate.
Il ragazzo più grande ha un brivido, travolto da quella speranza che
credeva di aver perso da tempo. «Tu…?». Vuole chiedere, ma qualunque
altra parola si rifiuta di lasciare la sua gola.
Itadori lo fa allontanare di un passo e si apre la giacca della
divisa, poi si solleva la felpa rossa sotto di essa.
Per un attimo, Junpei è distratto dai muscoli cesellati dell’altro,
finché quest’ultimo non si porta il dito al centro del petto,
all’altezza del cuore. «Il mio tatuaggio era qui… io… l’ho perso quando
Sukuna mi ha strappato il cuore dal petto e poi lo ha rigenerato…».
Non ci sono segni di sutura, né cicatrici. A prima vista la pelle
pare intonsa, ma Junpei sa di cosa sono capaci le maledizioni. Anche se
non può vedere il marchio, crede alle parole dello stregone.
Itadori si abbassa la felpa – il livello di attenzione dell’altro
torna ad un livello accettabile – e prende il proprio iPhone senza dire
una parola. Scorre su una pagina di Instagram, di qualcuno che Junpei
riconosce come un vecchio compagno di scuola di Itadori, fino ad
arrivare a delle foto al mare e ne mostra una a Junpei: c’è Itadori in
costume, sorriso smagliante, occhi vivaci, capelli arruffati nonostante
siano bagnati e il tatuaggio del soulmate sul petto: delle ravvicinate
macchie dalle forme frastagliate come petali di ortensia, ma
inequivocabilmente uguali a quelle che Junpei aveva sulla fronte. È lui
ad abbracciarlo, questa volta. Lo cinge per la vita, poggia la fronte
sulla sua spalla e inspira il suo buon profumo come non ha mai potuto
fare prima.
Un applauso li fa sussultare. «Ragazzi, questo è il momento in cui
ci si bacia». Nagi ammicca verso di loro e sorride. «Figlio mio, mi
deludi: eppure hai visto un sacco di film!».
«Mamm—».
Itadori interrompe qualsiasi lamentela voglia iniziare il proprio
soulmate, posando le labbra sulle sue. Non esiste più niente se non
loro due, stretti tra le braccia della propria anima gemella anche dopo
che il destino li aveva privati del loro marchio.