Una gara per l'eterna giovinezza

di Chiccaxoxo
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Intro:

 

Ho scritto questa storia quando avevo appena sedici anni, nonostante io l'abbia riguardata e sistemata, la trama e i personaggi sono rimasti gli stessi, si tratta quindi di ragazzi poco più grandi dell'età che avevo io all'epoca. Ci sono comunque affezionata, allora internet non esisteva e, tra tutte le ricerche che ho dovuto fare per realizzarla, tramite libri, enciclopedie, film e riviste scientifiche, l'operazione mi richiese circa un anno. Spero sia gradevole comunque.

 

 

 

 

 

 

3007

 

 

“Argon, apri la porta” ordinò Ester.

“Mi dispiace, ma questo entra in contrasto con le disposizioni lasciatemi da tuo padre” la voce di Argon era identica a sempre, calma e suadente.

“Devo ammettere che l'intelligenza artificiale mi sta spaventato ogni giorno di più, il fatto che prenda delle iniziative in autonomia e che neghi qualcosa l'ho ritenuto sempre estremante pericoloso, te lo ripeto, apri la porta” Ester insisteva portandosi le mani sui fianchi.

“Non posso lasciarti passare”

Quella voce mai alterata, senza inflessioni, priva di emozioni, sebbene fosse stata studiata per infondere la più estrema calma, aveva ora il potere di innervosire Ester.

Che accidenti di paradosso, vuoi vedere che quella strana sono io?

“Se insisti a non voler farmi far entrare mi basta premere un pulsante per sostituirti con Valery.”

Il tono di Argon, naturalmente non si scalfì in seguito alla minaccia di Ester: “Valery è ancora in fase sperimentale, non puoi attivarla senza che sussista un caso di vera necessità, e poi comunque c'è qualcosa di malfunzionante in quella macchina.”

“Smettila con la storia che Valery è difettosa, è solo... più umana” lo ammonì la ragazza “Sono certa che le se le promettessi di non dire niente a papà e di non toccare nessun oggetto che si trovi qua dentro, mi comprenderebbe lasciandomi passare, Valery, a differenza tua, sa valutare le varie sfumature delle emozioni e dell'animo unano.”

“Agli ordini”.

In seguito al consenso di Argon, la porta metallica del seminterrato si aprì con un sommesso ronzio elettrico. Ester entrò nel laboratorio di suo padre dicendo : “Argon, accendi la luce”.

Cominciò a camminare guardandosi intorno cercando di non far rumore, un'idea sciocca dal momento che era sola. Il gigantesco seminterrato era nato come garage prima di essere trasformato dal padre di Ester in un laboratorio con la funzione di portarsi il lavoro a casa. In verità, il famoso scienziato Damiano Lanfranchi, godeva di così tanta stima da parte dei colleghi, da potersi permettere di lavorare anche solo da casa, a volte evitava di recarsi al Centro di Ricerca Koller per diverse giornate di fila. Le finestre erano talmente strette e poste in alto, a ridosso del soffitto, da costringere ad un uso costante dell'illuminazione artificiale. Le pareti erano costituite da semplici mattoni grossi, marroncini e grezzi, un materiale di cui Ester non conosceva il nome, il pavimento in parquet avevo un aspetto un po' graffiato e consumato. La ragazza non poté non notare la precisione maniacale con la quale il padre teneva le sue attrezzature di lavoro. Addossati alla parete di fondo si trovavano due armadi elettronici da cui partivano grovigli di fili colorati, Ester pensò che soltanto suo padre avrebbe potuto capirci qualcosa. Un poco più avanti, su un lungo bancone metallico dalla superficie liscia e verniciata di bianco, facevano la loro bella mostra quattro scatole bianche rettangolari piene di pulsanti, ognuna dotata di un piccolo monitor, due di queste erano collegate ad a alcuni dei fili che uscivano dagli armadi in fondo alla stanza. Ester sopirò scuotendo la testa, no, decisamente quella non era roba per lei. La parete di destra era quasi tutta occupata da un mobile con le ante di vetro, al cui interno si scorgevano una marea di strumenti di cui non era dato sapere la funzione. Ester decise che forse non era il caso di porsi tante domande, c'era da perderci la testa.

“Argon, perchè insisti col dire che Valery non funziona bene?” chiede la ragazza continuando il discorso con il supercomputer, con Argon si poteva parlare da qualsiasi punto della casa e non c'era un solo centimetro dell'abitazione che sfuggisse al suo controllo.

“Notai qualcosa di strano in lei quando il nostro costruttore ci sottopose al collaudo preliminare” Argon si era lanciato nella sua spiegazione con quella voce piatta, atona, ma come aveva pensato tante volte Ester, l'uomo dalla quale era stata presa doveva essere molto affascinate “Egli stesso ci confessò di avere inserito dentro di lei un programma particolare, una specie di personalità soltanto sua, questo le permette di pensare in maniera simile ad un essere umano, per questo credo che non sopporti più di tanto di essere trattata da macchina”

Pur avendo registrato le parole di Argon, Ester si era soffermata di nuovo ad immaginarsi il proprietario umano di quella voce, lo immaginava moro, occhi scuri e magnetici, su di lui, di sicuro si sentivano tutte quelle emozioni che nel computer erano andate inesorabilmente perse.

Dove abiti che ti vengo a cercare?

Nonostante le sue fantasticherie, Ester aveva comunque elaborato le spiegazioni di Argon, guardò dentro la sua telecamera digitale che si spostava seguendola: i suoi occhi di cui la casa era disseminata : “E, naturalmente, questo sistema sperimentale sono finiti col darlo a papà.”

“Tuo padre è uno scienziato, uno dei migliori del pianeta, l'azienda che produce questo tipo di supercomputer li ha resi disponibili adesso per la sperimentazione, sono delle novità assolute pur non avendo ancora avuto il via libera per il commercio.”

“Non capisco per quale motivo, essendo stato incaricato di fare ciò, mio padre tenga Valery in standby in questo momento. Vorrei che si decidesse a provarla una volta tanto, sono curiosissima anche io di vedere la sua... personalità.”

Argon continuò con la sua voce atona e suadente, nonostante tutto non si udiva per niente la componente elettronica : “Il primo esame che dovrà affrontare Valery sarà quello di vedere se ha la capacità di entrare in funzione al momento giusto e con tempestività, uno di questi giorni tuo padre farà questa verifica mettendo fuori uso me per qualche minuto e senza avvertire.”

Ester sospirò, finchè era stata bambina aveva sognato anche lei di seguire le orme di suo padre, ma crescendo aveva compreso di essere più portata verso le materie umanistiche, ecco perchè si era iscritta alla facoltà di Filosofia che avrebbe iniziato tra pochi mesi essendosi appena diplomata, a pieno voti, al Liceo Classico.

“Argon, mostrami l'ultima invenzione di papà, credo che si chiami StoriaJou – 01, è qui di sicuro, so che quelli del Centro di Ricerca Koller non l'hanno ancora ritirata.”

“Eccola, è lì davanti a te” Argon accese una ulteriore luce per consentire ad Ester di vedere bene la macchina. Si trattava di una cabina di vetro cilindrica, leggermente sagomata, all'interno della quale si scorgeva un quadro di comando dotato di diversi pulsanti e un piccolo monitor.

“Argon, fammici entrare, apri la porta.”

“Va bene, non toccare niente.”

Non appena la ragazza fu all'interno della macchina, guardò con curiosità i sofisticati comandi chiedendo al computer : “Spiegami come funziona.”

“Questa macchina è in grado di trasportare le persone nel passato, nel futuro non sarebbe possibile; con quella piccola tastiera che vedi si programmano l'anno e il luogo che si vuole visitare, essi appariranno sul display in alto, la levetta argentata serve per decidere se la data dovrà essere avanti o dopo Cristo; tramite i pulsanti rossi si programmano, invece, il mese, il giorno e persino l'ora, i quali appariranno sull'altro display, in basso. Come puoi vedere si tratta di un sistema di estrema precisione. Quando avviene il viaggio nel tempo, si autotrasporta anche la macchina al fine di consentire al viaggiatore di tornare indietro, al punto di partenza.”

“Davvero molto interessante!” esclamò Ester “Va bene, fammi uscire.”

Continuando a vagare nello studio di suo padre, Ester si imbatté in uno strano oggetto che prima non aveva notato, posato sul grosso bancone di metallo. Aveva le sembianze di una grossa pistola di colore blu scuro, talmente bombata da risultare quasi sferica, la sua canna, in realtà, era un'antenna che terminava con una piccola pallina gialla, del medesimo colore era anche il piccolo pulsante che si trovava al posto del grilletto.

“Di cosa si tratta?” chiese Ester sfiorando lo strano strumento con le dita e rivolgendosi ancora ad Argon.

“Un dilatatore di materia. Se si punta il suo raggio laser su un oggetto, esso individua un solo atomo della materia di cui è costituito, ingrandendolo facendo diventare il suo nucleo fino ad un centimetro di diametro. Il problema è che portare un atomo a questi livelli di grandezza è molto pericoloso, dal momento che il primo elettrone verrà a trovarsi alla distanza di un chilometro, questa particella, insieme alle altre, finirebbe col distruggere ogni cosa incontrata sul suo cammino, insistendo a ruotare intorno al proprio nucleo. Finché tuo padre non troverà il sistema di rimediare a questo, il Centro di Ricerca Koller non gli darà il via libera per procedere alla sperimentazione dell'attrezzo.”

Continuando ad esplorare la ragazza notò una grossa macchina coperta da un telo sotto al quale si poteva apprezzarne la sagoma, simile a quella di un piccolo aero.

“Questo ha l'aria di essere estraetemene coinvolgente, Argon.”

“Si tratta di una macchina che riesce ad andare più veloce della luce” spiegò il computer “Tuo padre la sperimenterà tra non molto, quando al Centro di Ricerca Koller avranno finito di costruire la pista per farla decollare, essa dovrà compiere un viaggio di trecentocinquanta mila chilometri in un secondo, partirà da qui ed atterrerà su una base appositamente approntata che si troverà in mezzo all’Oceano.”

“Accidenti, non ne sapevo assolutamente niente!” esclamò Ester sgranando leggermente gli occhi. Sentì il suo cuore traballare un poco, erano incredibili le capacità di suo padre, creazioni di quel tipo aveva creduto di poterle vedere soltanto in film o romanzi di fantascienza.

“Una volta verificato il suo funzionamento, sarà un'invenzione importantissima per quanto riguarda i viaggi nello spazio” il computer rispose con la sua solita voce inflessibile, non avrebbe mai potuto cogliere nessuna emozione umana, compreso lo stupore di Ester.

“Sarà meglio che io esca prima che Cris mi scopra e si lasci scappare detto qualcosa.”

Ester se ne andò dall'enorme seminterrato, era una giornata di inizio estate molto calda e soleggiata e dovette fermarsi un attimo abbagliata dopo essere emersa dalla penombra. Iniziò a camminare sul prato per recarsi in casa, la villa si trovava in periferia di quello che comunque era un piccolissimo paesino, sul limitare di un bosco. Disponeva di un ampio giardino all'estremità del quale cresceva una imponente quercia. Ester si era chiesta più volte quanti anni potesse avere quella pianta, nessuno di preciso lo sapeva, contava diversi secoli di sicuro. Il giardino non aveva nessuna forma di recinzione permettendo l'accesso libero al bosco vicino, spesso teatro delle scorribande del loro cane meticcio Eddy, lo lasciavano fare da momento che là in mezzo di sicuro non avrebbe infastidito nessuno. Il portone d'ingresso era di legno con incastonati diversi rettangoli di vetro che rimandavano un'immagine distorta dell'esterno, spingendolo, Ester si ritrovò catapultata nella frescura dell'aria condizionata. Sospirò di sollievo prima di storcere la bocca infastidita udendo il rombo del motore di un camion lanciato a folle velocità. Procedette sul pavimento di marmo bianco attraversato qua e là da qualche venatura scura, mantenuto lucente ma un piccolo robot che tutte le notti, mentre loro dormivano, provvedeva a passare minuziosamente la cera e a lucidare. Si arrestò dietro all'immenso divano ricoperto di stoffa grigia, molto austero come colore.

“Argon, ingrana la quinta” ordinava al computer suo fratello Cris di diciassette anni “A destra, a sinistra!”

Suo fratello minore non perdeva occasione di stare incollato al suo videogioco preferito utilizzando il proiettore 3d di Argon, il quale si poteva utilizzare anche per guardare film, televisione, filmanti amatoriali, e parlare con le persone in videochiamata. Lavorava per ologrammi a grandezza reale, per questo necessitava di un largo spazio. Gli ologrammi del proiettore sembravano prendere vita direttamente sul grande tappeto blu scuro che si trovava davanti al divano, erano talmente ben fatti da oscurare completamente la parete di legno e il piccolo bar che si trovavano dietro, e da non essere disturbati dalla luce del sole che entrava dalla grossa vetrata alla loro sinistra. Solo che in quel momento, sul tappeto blu, stava sfrecciando un grosso camion rosso fiammante lanciato su un circuito da gara, Ester lo aveva più volte visto prendere fuoco dopo aver fatto spettacolari incidenti, il fragore delle fiamme e delle esplosioni erano stati talmente intensi da far vibrare i vetri della grande finestra. Le imprecazioni di Cris che seguivano subito dopo erano ancora più degne di nota.

“Diamine, Cris, sempre davanti a quello stupido gioco, io e Andrea ci siamo trovati un lavoretto estivo e, per di più notturno, mentre tu non fai altro che oziare, nemmeno mi hai sentivo, vero Cris, Cristoforo!”

“Pausa, Argon” il ragazzo finalmente aveva reagito “Quante volte ti ho pregato di non usare il mio nome per esteso? Lo trovo obsoleto, pensa come mi faresti vergognare se per caso ti sentisse qualcuno, e poi, per risponderti sul discorso del lavoro, questi sono gli ultimi anni in cui posso godermi la mia giovinezza.”

“Io non sono d'accordo, lo trovo molto bello il tuo nome e rimane comunque l'unica maniera di attirare la tua attenzione; quanto al fatto di goderti le cose, beh, forse non lo stai facendo nel modo corretto. Io esco, vado da Andrea, stiamo organizzando la nostra festa del diploma che ci sarà sabato e poi stasera saremo di turno al locale, sarai invitato anche tu ai festeggiamenti, così una volta tanto ti renderai conto di quale sia il modo coretto di godersi la giovinezza”

“Ricevuto” Cris sbuffò ordinando ad Argon di riprendere il gioco.

La sorella maggiore gli schioccò un bacio sulla testa facendolo sbuffare di nuovo, prima di avviarsi in camera sua.

“Argon, tira su le tapparelle.”

La luce del sole inondò immediatamente la stanza facendole scorgere Eddy comodamente sdraiato su suo letto.

“Oh, accidenti, Eddy, scendi subito!” sbraitò Ester, aggrottando le sopracciglia di disapprovazione.

Il cane ubbidì ma ormai il disastro era fatto, sul letto Ester aveva lasciato i vestiti che avrebbe dovuto mettersi quella sera per lavorare come barista al disco pub Gigawatt, ma ora erano tutti sporchi e invasi dai peli.

“Eddy, sei proprio un disastro” commentò Ester rivolta ancora al cane che la guardava attraverso il suo buffo ciuffo nero “Fila immediatamente di sotto!”

La ragazza raccolse i suoi vestiti, mentre si avviava in bagno, pensò distrattamente al fatto che quella sera sarebbe stato di turno anche il suo migliore amico Andrea al locale, lui suonava e cantava al pianobar, era bravissimo e averebbe allietato la serata di tutti, compresa la sua e degli altri dipendenti.

“Argon, chiudi la porta a chiave e apri l’acqua calda, falla a trentasette gradi.”

Già, Argon era anche in bagno, del resto nessuno si vergognava di un computer.

Quando ebbe finito, Ester portò i suoi panni nell’asciugatrice.

“Argon, asciuga questi vestiti entro venti minuti.”

Abitare in un paesino d'estate per dei ragazzi giovani era veramente noioso, ma d'altronde quello era posto dove sorgeva il Centro di Ricerca Koller, dove lavorava il padre di Ester. Per la famiglia forse andava meglio così, il clamore che avrebbe inevitabilmente il fatto di essere uno scienziato di fama mondiale, veniva enormemente smorzato dal fatto che le persone in un posto piccolo si conoscevano un po' tutte finendo per diventare facilmente amici o conoscenti. Ester e Andrea non si sarebbero annoiati di sicuro durante quell'estate, con tutto l'entusiasmo di diciannovenni appena diplomati intenti ad organizzare la loro festa.

“Argon, apri la porta del garage.”

Sebbene possedesse anche un piccolo motorino a batteria solare, quel giorno Ester preferì recarsi dal suo migliore amico e compagno di classe in bicicletta. Andrea abitava in una casetta al termine della via inondata dal sole rovente, circondata da un piccolo giardino in cui trovavano posto un prato mezzo rinsecchito dalla calura e qualche cespuglio di oleandro dai fiori rosa. In quella famiglia nessuno possedeva il pollice verde.

“Rex, sono Ester, apri il cancello.”

Ester era una delle poche persone a cui il supercomputer della famiglia di Andrea era autorizzato ad aprire la porta.

Andrea era seduto sul piccolo divano bianco del salotto di casa sua a guardare il proiettore 3d. Questa stanza e la cucina erano stati ricavati dividendo il medesimo locare tramite una parete incompleta, così facendo la cucina era risultata di dimensioni estremante striminzite, giusto lo spazio per un piccolissimo tavolo da quatto posti. Il tavolo da pranzo più grande, da utilizzare nel caso ci fossero stato degli ospiti, era addossato alla parete sulla destra del salotto, quella opposta al divano sul quale era seduto Andrea. Appesa sempre da quel lato, campeggiava una gigantesca fotografia ritraente i genitori di Andrea nel giorno delle nozze. Sulla sinistra la finestra era oscurata da tende spesse e a righe verticali bianche e grigie, il proiettore di ologrammi della famiglia di Andrea essendo un modello di quelli più economici, sarebbe stato disturbato dalla luce solare. Sulla parete di fondo una credenza classica in legno nero e lucido, non faceva trasparire niente di ciò che era custodito all'interno avendo le ante completamente prive di vetri.

“Ciao, Ester. Rex, spegni il proiettore.”

La ragazza si accomodò accanto al suo amico accavallando alle gambe.

“Meno male che sei arrivata, Jessica non mi lascia in pace un attimo, mi tempesta di videochimate ogni cinque minuti.”

Ester sospirò quella smorfiosa, ma si crede di essere?

Si trattava di una loro compagna di classe, una di quelle tipe estremamente sicure di se, certe di non sbagliare e di essere continuamente ammirate, piacendo proprio a tutti. Era effettivamente molto appariscente, aveva lunghi capelli lisci e biondi, grandi occhi azzurri, labbra rosse e carnose e la gambe lunghe e slanciate, tutti i canoni della bellezza classica riuniti in una sola persona. Il suo modo di vestirsi e truccarsi non era da meno, usava dei colori moto vistosi, come il blu elettrico, il fucsia, e il verde chiarissimo a cui il trucco e tutti gli accessori, compreso l'elastico per capelli o il fermaglio, erano abbinati in maniera maniacale. Ester a volte provava un punta d'invidia nei suoi confronti, essendo lei un tipo totalmente diverso. Non era molto alta, i suoi capelli erano neri e boccolosi, li portava con la divisa laterale e lunghi fino alle spalle, i suoi ricci le ricadevano sempre di traverso sull'occhio destro. Era il suo sguardo ad essere il punto di forza, iridi nocciola, molto magnetiche, ciglia nere come i capelli e molto folte, le labbra delicate, chiare, un poco piene, faceva uso di trucco molto semplice e naturale, dai toni pastello. Anche per quanto riguardava il suo modo di vestire, Ester rimaneva una ragazza molto semplice, quel giorno aveva una semplice canottiera arancione, fasciava il suo piccolo seno senza metterlo troppo in evidenza, le sue gambe magre sbucavano da dei pantaloncini corti di jeans che le vestivano decisamente troppo larghi. I sandali infradito rosa che aveva ai piedi, bassi e con la suola di gomma flessibile, si intuiva al volo che li aveva scelti unicamente per stare comoda.

“Allora, il grande giorno si avvicina” affermò Ester riferendosi alla loro festa del diploma. Avevamo deciso di darlo in una saletta del Gigawatt, il loro capo, Orazio, gliela aveva concessa volentieri e con un gran sorriso. Orazio era un uomo sulla quarantina molto simpatico e disponibile tanto da aver fatto delle lunghe chiacchierate con loro raccontando più o meno tutta la sua vita; nonostante fosse gradevole di aspetto, altro e slanciato, fisico allenato con capelli neri e occhi scurissimi, non era mai stato molto fortunato in amore. Era bravissimo a fare foto, usava una macchina fotografica compatta e mezza rotta ma riusciva a farla funzionare a meraviglia, per questo, tra le persone che frequentava era finito per avere una certa fama. Gli amici e i conoscenti spesso gli affidavano il compito di fare foto durante le serate di svago le quali, poi, venivano condivise tra tutti come ricordo. Questa sua passione, puramente amatoriale, attirava spesso l'attenzione delle donne che facevano parte del gruppo con cui usciva, Orazio aveva avuto anche delle storie durature che aveva creduto serie salvo poi rimanere scottato all'improvviso. Tante volte aveva chiesto ai due ragazzi, sconsolato e scuotendo la testa, cosa, secondo loro non andasse in lui. Ester gli aveva risposto che, molto semplicemente era troppo buono e disponibile tanto da finire per perdere di vista se stesso e i suoi reali desideri. Era vero, unito al fatto che forse, non ci sapeva molto fare al momento di approcciarsi con le donne, ma questo faceva parte del suo carattere semplice e naturalmente i due ragazzi non lo dissero mai in sua presenza.

“Sabato, tra due giorni, è tutto pronto, tieni presente che ci sarà la nostra classe al completo, compresa Jessica, Orazio è stato talmente gentile da tenerci la serata libera quando avremmo dovuto ,invece, lavorare” il viso di Andrea si era illuminato parlando della serata tanto attesa, dentro di se serpeggiava impercettibile il desiderio di riuscire a rimanere un po' da solo con Ester. La ragazza, dal canto suo, era dal momento in cui si era seduta su quel divano che sentiva le mani come se avessero una loro propria volontà e, da un momento all'altro, si sarebbero mosse in autonomia per posarsi sulle gambe di Andrea, stava disperatamente ordinando loro di rimanete ferme.

“Sai, Andrea” disse Ester cercando di pensare ad altro “Oggi sono entrata nel laboratorio di mio padre, vedessi che meraviglia!”

“Già, tuo padre è un grande scienziato, al Centro di Ricerca Koller non fanno altro che parlare di lui, lo si vede sempre anche al proiettore 3d.”

“In questo periodo hanno un sacco di lavoro, pensa che papà è riuscito a creare una macchina che riuscirà a superare la velocità della luce, al Centro di Ricerca Koller stanno costruendo la pista per farla decollare.”

“Sì” rispose Andrea “l’ho sentito questa mattina al notiziario, voglio esserci anch’io quando la proveranno.”

“Tra non molto sperimenteranno StoriaJou – 01” affermò Ester “Stanno facendo gli ultimi accertamenti.”

“Si sono decisi finalmente!” esclamò Andrea.

“La prossima volta che vieni a casa mia ti farò vedere il laboratorio di mio padre” propose Ester al suo migliore amico.

“Parla piano, sta arrivando Giovanni! Se ti sente…lo conosci, no?” fece Andrea sentendo suo fratello maggiore che rientrava.

Giovanni aveva venticinque anni e a volte riusciva ad essere veramente insopportabile, aveva un carattere impetuoso e invadente, faceva spesso battutacce ad Andrea e ai suoi amici. Quando erano stati bambini Andrea aveva dovuto fare sempre quello che lui aveva desiderato per evitare di prenderci qualche ceffone o qualche pugno, anche adesso che entrambi erano ormai cresciuti, Andrea continuava a sentirsi in soggezione dal momento che Giovanni lo sovrastava ancora fisicamente essendo molto alto. Se non fosse stato per il caratteraccio, il fratello di Andrea sarebbe stato un bravo ragazzo perché era molto intelligente e sapeva parlare bene, lavorava come impiegato un un'azienda di riparazioni per supercomputer in una vicina città. Era anche un bel ragazzo, alto, con gli occhi grandi e chiarissimi, i suoi capelli erano neri, lucidi e perfettamente lisci, egli li portava con uno strano taglio, corti dietro e lunghi davanti, con la divisa da un lato che gli faceva andare il ciuffo di traverso sull’occhio sinistro. Andrea era tutto il contrario sia di aspetto che di carattere, non sembravano nemmeno fratelli, tranquillissimo e buono, aveva i capelli biondi e molto mossi, quasi ricci, li portava lunghissimi, fino a metà schiena, sempre sciolti, a volte se li tirava, da un lato, sopra la spalla sinistra, ma nessuno si era mai sognato di scambiarlo per una ragazza, da dietro, bastava guardare come camminava, gli occhi celesti, molto chiari, erano simili a quelli del fratello. I suoi capelli piacevano molto a Ester, spesso aveva avuto la tentazione di infilarci in mezzo le mani pur non avendoglielo mai confessato.

“Ehi” esclamò Giovanni con le mani in tasca in una posa canzonatrice “Abbiamo ospiti, va bene, ti lascio solo con la tua donna…buon lavoro!”

“Smettila, Giovanni! Non è il momento...” reagì il fratello imbarazzatissimo.

“Che fai mi prendi in giro adesso?” sbraitò Giovanni “Ma ti capisco, ora devi sfoderare un coraggio da leone per conquistare la tua ragazza, faremo i conti dopo.” detto questo, Giovanni si ravviò il ciuffo sulla fronte con una mano e, lanciò un’occhiata furbetta ad Ester.

Ester, sgranò gli occhi prendendo fiato per rispondergli, ma il suo amico le tirò una gomitata, Giovanni sparì in camera sua sogghignando.

“Cosa facciamo?” chiese Ester,

“Sicuramente non voglio restare qui con quella piattola di mio fratello” fece il ragazzo.

“Vieni a casa mia” propose Ester “Se Cris è ancora incollato ai videogiochi ti porto nel laboratorio di mio padre.”

L’idea entusiasmò molto Andrea così i due ragazzi partirono in bicicletta. Giunti nel grande giardino che circondava la villa di Ester non appena, e dopo aver appoggiato le biciclette al muro, Non fecero in tempo a muovere un solo passo che notarono una ragazza bionda seduta sul marciapiede che circondava la casa, appena ella li vide li salutò. Indossava una maglietta fucsia dalla profonda scollatura che lasciava decisamente poco spazio all'immaginazione per quello che riguardava il suo seno formoso, lo aveva scoperto fino quasi ai capezzoli mantenuto alto da un potente push up, il look era completato da pantaloni attillatissimi di pelle a fasciarle le gambe perfette e ben tornite, scarpe décolleté con il tacco a spillo dello stesso colore della maglietta. Rossetto, ombretto e i vistosi orecchini a cerchio arano in tinta con tutto il resto.

“Jessica” disse Andrea “Perché sei qui?”

“Ti ho cercato a casa dopo secoli di videochiamate andate a vuoto” affermò lei avvicinandosi “Ma Giovanni mi ha detto che eravate qui.”

“Giovanni? Come faceva a saperlo?” chiese sorpreso Andrea.

Jessica alzò le spalle.

“Ehi, nano!” fece una voce alle loro spalle “Ho avuto l’impressione di non essere troppo gradito a te e alla tua amica.”

Andrea per poco non svenne quando vide suo fratello che si avvicinava guardandolo fisso.

“No, Giovanni, ti sbagli” mormorò il ragazzo imbarazzato, il fratello maggiore sembrava studiare di continuo metodi per fargli fare tremende figuracce.

“Non dire altro, tappo, non ti conviene” fece Giovanni “Comunque ho deciso di perdonarti se la tua amica mi farà vedere il laboratorio di suo padre.”

“E va bene” sbuffò Ester “Seguitemi.”

“Argon, apri la porta.”

“Non posso fare entrare tutta queste persone, entra totalmente in contrasto con le disposizioni lasciatemi.” la solita voce atona e piatta del computer.

“Io non capisco, a cosa dovrebbe servire un sofisticatissimo supercomputer come questo se poi non ubbidisce?” Giovanni non poté esimersi dall'esternare il suo fastidio.

“Giovanni, calmati, per favore” lo supplicò Andrea consapevole di fare una brutta figura a causa del comportamento di suo fratello.

Per tutta risposta, il maggiore gli rifilò uno spintone così forte da farlo cadere a terra.

“Accidenti!” esclamò Jessica correndo da Andrea preoccupata “Giovanni, hai esagerato.”

“Ragazzi, per favore smettetela, volete che quel ficcanaso di mio fratello ci senta?” intervenne Ester “Forza, Argon, non toccheremo niente.”

La porta si aprì ronzando e i ragazzi scesero nel buio seminterrato.

“Questo posto mette i brividi” commentò Jessica.

Ester la guardò di sottecchi seccata. La solita smorfiosa!

“Argon, accendi la luce.”

“Ragazzi, quella lì è StoriaJou – 01” iniziò a spiegare Ester “Verrà sperimentata tra non molto al Centro di Ricerca Koller, mio padre deva ancora fare degli accertamenti, grazie a questa macchina le persone potranno essere trasportate in qualsiasi epoca passata e servirà a capire fatti ancora incerti della nostra storia.”

“Chi sarà il primo ad entrare là dentro? Cioè, quando la proveranno ci dovrà essere per forza qualcuno che la guida” volle sapere Andrea.

“Sarà mio padre, ovviamente” disse Ester.

“Io non vorrei essere la prima a provare una macchina nuova” affermò Jessica “Può presentarsi sempre il rischio che qualcosa non funzioni.”

Tutta invidia, cara mia!

“Certamente” rispose Ester “Ma le possibilità che questo succeda sono ridotte al minimo, quando decidono di sperimentare una nuova macchina già sanno che tutti i rischi sono stati eliminati.”

“E se tuo padre dovesse rimanere intrappolato per sempre nella storia?” chiese Giovanni con aria furbetta.

“Non sarai così fortunato, nessuno conosce quella macchina meglio di lui che l'ha costruita.”

“Cos’è quella specie di pistola?” domandò Andrea notando il dilatatore di materia.

“Serve per ingrandire gli atomi fino a far diventare il loro nucleo di un centimetro di diametro, ciò dovrebbe consentire di studiarli meglio, ma esiste un problema: non si possono ingrandire gli atomi così tanto perché i loro elettroni risulterebbero lontanissimi e distruggerebbero ogni cosa al loro passaggio, mio padre sta ancora perfezionando quel dispositivo.”

“Davvero ci sarebbe così tanta distanza tra gli elettroni e il nucleo?” chiese Jessica.

Ester continuò con le sue spiegazioni: “Certo, un atomo è quasi tutto vuoto, portando il nucleo a quella grandezza gli elettroni della prima orbita verrebbero a trovarsi a circa un chilometro di distanza, e gli altri ancora più lontano.”

La ragazza, guardando gli occhi sgranati dei suoi amici, si domandò se avessero capito le sue delucidazioni.

“Quello ha l'aria di essere interessante, di cosa si tratta?” chiese improvvisamente Giovanni accorgendosi della macchina dalla forma di un piccolo aereo.

“È un’invenzione che riesce a superare la velocità della luce” affermò Ester.

“Hai idea di quanto sia la velocità della luce?” ribatté Giovanni con aria da saputello “Non credo che quel trabiccolo riesca a farcela.”

“Al Centro di Ricerca Koller stanno costruendo la pista per farla decollare” replicò Ester sforzandosi di mantenere la calma.

“Io invece sono ottimista” disse Jessica che non si faceva sfuggire occasione per risultare simpatica e apprezzata a tutti i costi “L’esperimento riuscirà alla perfezione.”

“Per la prossima settimana il Centro di Ricerca organizzerà una visita all’interno dei laboratori per chiunque voglia parteciparvi” dichiarò Ester “Chi di voi vuole venire? “

“Io ci sarò sicuramente” disse Andrea.

“Conta anche su di me” affermò Giovanni il quale non voleva mai restate indietro a suo fratello.

“Tu non vieni, Jessica?” le chiese Ester, il suo comportamento a volte la infastidiva, ma era pur sempre una loro amica.

“Non so, devo prima vedere quali impegni ho” rispose arrotolandosi i capelli biondi intorno ad un dito, comunque Ester già sapeva che sarebbe venuta, dove andava Andrea doveva andare anche lei, poi non avrebbe certo voluto perdersi quell’occasione, nonostante la ricerca scientifica non fosse esattamente la sua passione.

“Ragazzi” disse ad un tratto Ester “Tra non molto torna mio padre e non vorrei che ci trovasse qui, è meglio che tornate a casa, vedrete molte più macchine al Centro di Ricerca Koller, vi farò sapere io il giorno esatto in cui ci sarà la visita, ora usciamo senza farci sentire da Cris, Argon, apri la porta e spegni la luce.”

Ester salutò i suoi amici, stava scendendo la sera e, dopo cena, lei e Andrea avrebbero dovuto iniziare il turno al Gigawatt. La ragazza trovò sua madre in cucina che stava preparando la cena, anche lei lavorava al Centro di ricerca Koller, era una delle migliori programmatrici di informatica. Ester si infilò in bocca un pomodoro ciliegino sgraffignato dal tavolo attendendo l'arrivo di suo padre. Arrivò poco dopo, si tolse velocemente la giacca e posò la sua ventiquattr'ore vicino all'ingresso, un piccolo robot aiutante arrivò immediatamente a ritirare gli oggetti, non era altro che un piccolo cilindro arancione con le ruote e due pinze al posto delle mani, ma il programma che aveva all'interno gli permetteva di sapere sempre tutto senza ricorrere all'intervento di Argon. Riusciva ad essere silenzioso e velocissimo grazie alle sue piccole ruote foderate di gomma morbida, evitava di urtare oggetti e persone grazie a una piccola telecamera il cui obiettivo gli sporgeva davanti facendolo sembrare un piccolo ciclope, sul davanti disponeva anche di un vano portaoggetti; era talmente stabile e preciso da riuscire a trasportare anche vassoi di bevande senza versarne nemmeno una goccia. Damiano salutò la moglie Enrichetta con un bacio e la figlia Ester scompigliandole i capelli. La ragazza si stupiva sempre di come i suoi genitori fossero sempre così' tanto innamorati dopo anni di matrimonio, fece un piccolo sorriso domandandosi se anche per lei ci sarebbe strato qualcuno capace di volerle bene così, anche quando le rughe si sarebbero impadronite del suo viso.

“Damiano, cosa avete concluso a proposito del dilatatore?” chiese Enrichetta.

“Hanno detto che devo trovare assolutamente il sistema do ridurre l’ingrandimento del nucleo” rispose Damiano “Non posso portarlo fino ad un centimetro di diametro, devo fare in modo di non dilatare troppo la nube elettronica, deve rimanere controllabile, ma, in questo modo, il nucleo resterebbe ancora troppo piccolo e sarebbe molto difficoltoso studiare approfonditamene le parti che lo compongono.”

“Secondo me è inutile ridurre l’ingrandimento del nucleo” disse Enrichetta “Dovresti invece cercare di catturare gli elettroni.”

Damiano sospirò affermando: “E come? Non c’è modo di controllare quelle particelle.”

“Vedrai, riuscirai a trovare una soluzione” disse Enrichetta sempre molto ottimista “Argon, fa venire Cris a tavola, la cena è pronta.”

Il ragazzo arrivò dopo pochi secondi, avvertito dal fedele computer e si sedette accanto a suo padre, avevo gli occhi arrossati e lucidi a causa del lungo pomeriggio trascorso davanti al proiettore 3d a giocare, la sorella si rese conto che non frequentava quasi nessuno della sua età nemmeno per invitarli a casa a giocare, suo fratello era stato sempre un tipo piuttosto solitario fin da quando era molto piccolo, alla scuola materna l'insegnante lo doveva sempre spronare per farlo giocare con gli altri bambini, altrimenti sarebbe rimasto tutto il tempo per conto suo a disegnare, pensò di avere avuto un'ottima idea ad invitarlo alla festa del diploma della sua classe per farlo socializzare un po'. Ester si mise a guardarlo fisso, spostava gli occhi da lui al padre, la genetica le era sempre interessata molto sia pur in maniera amatoriale, studiava attentamente le somiglianze tra le persone, non solo all’interno della sua famiglia ma anche sui visi dei suoi amici. Cris assomigliava a suo padre, avevano entrambi i capelli biondi e lisci, lo stesso naso piccolo e affilato, solo una cosa non combaciava: il colore degli occhi, Damiano li aveva azzurri mentre il figlio marroni, un poco più chiari di quelli di sua madre e della sorella. Ester, invece, era simile a sua madre, medesimi capelli neri e ricci, stessi occhi nocciola e stesso viso magro, la cosa che le distingueva erano le labbra, Enrichetta le aveva molto carnose e a forma di cuore, in netto contrasto con quelle più sottili, anche se piene, di Ester. La ragazza interruppe i suoi ragionamenti solo quando le servì la zuppa di verdure, uno dei suoi cibi preferiti.

“Allora, ragazzi” annunciò Damiano fregandosi felice le mani “Lunedì apriamo il Centro di Ricerca Koller ai visitatori, questa volta è sicuro.”

“Papà, possono venire anche i miei amici, non è vero?” chiese Ester.

“Ma certo, può venirci a trovare chiunque lo voglia” affermò Damiano “Io e la mamma siamo incaricati di fare da guida ai visitatori.”

“Quando proverete StoriaJou – 01 devi promettermi che potrò esserci anch’io” Ester cominciava a lasciarsi andare alla curiosità per il lavoro di suo padre.

“Come fai a sapere che tra non molto proveremo quella macchina?” Damiano non aveva detto niente di tutto ciò alla figlia.

“L’ho chiesto ad Argon” disse Ester temendo che il padre si fosse accorto della sua passeggiata nel seminterrato “Non ti assiste lui mentre lavori?”

“Certo, hai ragione” fu costretto ad ammettere Damiano sorridendo compiaciuto per la perspicacia della figlia “Tu e Cris potete venire quando volete a Centro di Ricerca Koller.”

“Quando proveremo Valery?” domandò Cris parlando sgraziatamente con la bocca piena e facendo storcere la bocca alla sorella maggiore.

“Uno di questi giorni” rispose Enrichetta “Ci vorrà molto tempo disponibile per poterla esaminare come si deve, la recensione che sarà richiesta a papà dovrà essere minuziosa, ne va della sicurezza delle persone.”

“Sono proprio curioso di vedere come funziona, ora vado, Argon mi aspetta!” Cris si alzò da tavola senza neanche aver finito di mangiare.

“Alla fine ti friggerai il cervello a furia di videogiochi” gli gridò Ester, ma il fratello nemmeno la sentì, nel giro di un secondo era già sparito in salotto, la madre sospirò scuotendo la testa.

Ester aveva deciso di rilassarsi un poco prima di iniziare il turno come barista al Gigawatt, si alzò e aprì il frigo per versarsi un bicchiere di latte ma, accorgendosi che questo era finito disse: “Argon, ordina il latte, è finito.”

Prese allora del succo d’arancia e, sedendosi sul divano in salotto : “Argon accendi il proiettore tridimensionale, voglio i canali uno, venti e trentanove.”

Il proiettore tridimensionale poteva mostrare cinque canali contemporaneamente, questi potevano essere scelti da una lista di cento possibilità; ma Ester, quella sera, non aveva né occhi e né orecchie per le immagini a tre dimensioni che le passavano davanti, era tutta eccitata per quello che avrebbe visto lunedì al Centro di Ricerca Koller, c’era già stata una volta da piccola, ma si ricordava ben poco e poi, all’epoca, non era permesso visitare tutti i locali. Oltre a questo tra due giorni ci sarebbe stata la festa del diploma, aveva sempre pensato che le estati in quel paesino fossero terribilmente noiose, ma forse era giunto il momento di ricredersi.





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