Qualcosa di grande
Questa
storia è dedicata a Marta/sasusakuxxx.
Una
splendida autrice -e non puoi dire il contrario ù_ù- e
un'ottima
amica.
A
lei che fra poco andrà in Francia e mi
mancherà
tantissimo ç_ç.
Almeno
cazzeggia anche da parte mia là, eh?XD
Scherzi
a parte...
Ti
voglio tanto bene =)
Kiki.
Sakura
si volta quando sente la lieve brezza del vento correre sulla sua
epidermide, provocandole la cosiddetta sensazione della “pelle
d'oca”. Posa la cartella di un paziente sopra la scrivania,
tanto non era nemmeno concentrata.
Perché
adesso lei è una dottoressa, e ne va fiera.
Perché
adesso ha tutto quello che vuole, e ne va fiera.
Perché
adesso è felice.
Stavolta
si interrompe, mordendosi il labbro inferiore.
Cos'è
successo, sei cambiata, non sei più la stessa cosa
o sei ancora quella
che... è cresciuta insieme a me.
Lei è cambiata. Non è più la timida ragazzina di
svariati anni fa -ha smesso di contarli, Sakura-, ora è
una donna impavida, indipendente, serena. Il suo cuore ha smesso di
immagazzinare i sentimenti di quella notte, perché quella
notte non è mai esistita, in fondo. Accenna un timido sorriso,
cerca di bruciare una lacrima che si è spinta -coraggiosa-
fino all'iride smeraldina.
Se ne è fatta una ragione: la vita continua. E ora, all'alba
degli ormai faticati e sudati trent'anni, si trova a scalare le
montagne invalicabili di un'esistenza giunta al limite della
felicità; si trova a mangiare solitaria un Ramen, affondando
le bacchette all'interno della tazza di coccio. Il vapore le entra
nelle narici, quasi a volerla drogare di quell'aroma sicuramente
delizioso.
“Sei talmente stanca che non riesci nemmeno a mangiare,
Sakura”, esordisce il proprietario, passando uno straccio umido
sul bancone. Lei gli sorride, nascondendo prepotentemente una smorfia
di rancore. “... dovresti prenderti una pausa. Sembri
abbattuta”, è il tono di un padre. Un padre affettuoso
che è quasi tentato nel toccarle con dolcezza il capo per
farle sentire che non è del tutto sola al mondo.
“Lo so”, dice, amaramente. Il giorno sta ormai calando,
un'altra giornata sta per finire.
La sorella Luna da il benvenuto al cielo divenendo la protagonista
indiscussa. Massaggia dolorante le tempie, pulsando con l'indice
laddove il dolore si fa più acuto; poi vede Teuchi, si
avvicina con una certa circospezione e si ferma davanti a lei,
studiando la sua espressione stanca, le occhiaie sotto le ciglia, i
capelli malamente spazzolati, i vestiti sgualciti. Anche se non
parla, sa quello che vuole dirle:- “Vai a casa”, glielo
legge negli occhi. Sospira, posando sul bancone pochi yen.
L'espressione si fa decisamente più corrugata, quando ad un
certo punto Teuchi la ferma, chissà, magari ha dimenticato
qualcosa... “Mi dispiace sapere che soffri”
Ed è un colpo al cuore.
Boom
Stringe le nocche, fatica a tenere il manico della borsetta di pelle
tra le dita, non riesce a gestire quel controllo e quella -finta-
indifferenza: tutti i suoi sentimenti implodono, di nuovo.
Boom
“Chiedimelo
di nuovo, Teuchi”
“Cosa?”
“Sono
troppo stanca per mangiare?”, getta uno sguardo alla scodella
di Ramen, ancora fumante. Ha lasciato il suo piatto così,
pagando per qualcuno che non c'è. L'uomo reagisce con un
religioso silenzio, vorrebbe avvicinarsi ma ha paura di urtare la sua
instabile sensibilità. “Sono troppo stanca per tutto”,
mormora, con un fil di voce. “Sono stanca perfino di vivere”
Si
sente un'emerita idiota. Realizza, solo pochi istanti dopo, che ha
appena confessato l'indicibile; scappa, correndo a perdifiato da un
incubo che la inseguirà in eterno. I tacchi sfrecciano come le
rotaie di un treno, attraversano pozzanghere d'acqua stagnata,
sassolini che s'infilano crudelmente all'interno delle scarpe a
décolleté.
Trattiene
una bestemmia fra i denti, trovandosi in un attimo davanti l'oscura
porta di mogano che poi, scoprirà un secondo dopo, è la
sua abitazione. Cerca le chiavi, le formicolano le dita, sente un
brivido soggiogarle il corpo, un brivido di tremore, terrore, paura,
rancore, sentimenti repressi che credeva di aver estirpato alla
radice.
“Se cerchi queste, ti sono cadute un attimo fa”, e gliele
coglie da terra, facendole oscillare tra le proprie dita. Poi si
prende il permesso -come sempre- di aprire la serratura. E in un
attimo, grazie a un sonoro “click”, la porta è
aperta. Sakura è attonita, quello che vede davanti a lei non
può essere lui. Il profilo è ancora offuscato,
un po' per le lacrime, un po' per la corsa, un po' per il buio.
Si sente di escludere a priori la prima opzione.
“Cosa...?”,
non riesce a concludere la frase, non ora
che la mano di Sasuke giunge diretta ai suoi capelli, scuotendoli.
“Forse avevo voglia di fare un giro da queste parti”
“Proprio davanti casa mia?”
“...”
“...”
È silenzio. Religioso e casto silenzio, mentre la mano di
Sasuke si infila un po' più in profondità, mentre le
sue labbra mirano a quelle di Sakura, ancora troppo imbarazzate per
concedersi a lui. “Te lo puoi scordare, Uchiha”, lo
ferma, prima che lui faccia un passo falso.
“E tu?”
Alza un sopracciglio, arcigna. “Io cosa?”
Sasuke
ghigna, tossicchiando in modo teatrale e altisonante. Poi le rivolge
un'occhiata arguta, come se lui potesse averla sempre vinta, come se
lei fosse sempre a sua disposizione. Come se lei non avesse una vita.
È costretta a tagliarsi la lingua, per evitar di proferir
menzogne. Lei la sua vita gliel'aveva donata: lui l'aveva rifiutata.
E, rifiutandola, aveva smesso di avere un senso.
“Tu... puoi dimenticare veramente... tutto?”
Stavolta
è lei ad avere la meglio, puntandolo come uno scolaro poco
ligio alle regole. “Smettila di addossare la colpa agli altri.
Io non ti
amo,
Sasuke”
Vede la
bocca del ragazzo storcersi in un ghigno amaro, tentando di diventare
beffardo. Ciò che ne esce è un semplice sorrisetto di
rimando, mentre decide di sferrare un pugno alla porta, nella quale
mette poca forza, giusto per sfogarsi.
“Allora
me ne vado”
“Non
passerai più casualmente qua, scommetto”
Non
risponde. Sakura capisce e annuisce, trattenendo un'imprecazione
molto colorita; si affretta ad entrare in casa e lasciarselo alle
spalle. Se ritornerà sui suoi passi succederà come
l'altra volta: una notte insieme e poi...
Sarà
effimera quella notte, sarà qualcosa di ripetuto, monotono, il
momento che precede il peccato, la lussuria... Carne che si fonde
nella carne, insinuandosi con le unghie ancor più in
profondità; alle prime luci dell'alba lui si alzerà,
scenderà da quel letto e scomparirà dietro la fitta
foschia di prima mattina.
“Haruno?”,
si volta Sakura, stressata e frustrata dal lavoro. Gli rivolge un
debole cenno d'assenso, come per liberarsene. “... ti crederò
solo quando ti vedrò con un altro”
E lei
abbassa un momento il capo, lui crede di averla vinta. Rialza
fieramente il caschetto rosato, incendiandolo con lo sguardo.
“Probabilmente succederà”, lo lascia di soppiatto.
L'involucro di timidezza che prima la copriva è scomparso del
tutto... neh Sasuke?
Le
duole dirlo, ma è diventata una donna.
Già...
perché crescere è difficile.
Diventare
adulti è come ritrovarsi il mondo sopra le spalle.
Non
te ne libererai più.
Caccia le mani dalle tasche Sasuke, prima le aveva gettate con tanta
abilità dentro i pantaloni, come se potesse essere il padrone
del mondo, come se quella sua arroganza fosse un pregio. “Io
voglio una famiglia, Sas'ke. Non voglio trovarmi ancora a
quarant'anni a venire a letto con te, unicamente per placare le tue
voglie”, schietta e sincera, senza alcuno scrupolo. Il suo
sguardo non molla quello di Sakura che, lo deve ammettere, si sente
in soggezione; lo vede fare un passo avventato, forse troppo. La
blocca alla porta, le serra i pugni, esige il suo silenzio. Solo
quando il moro posa le sue labbra su quelle di Sakura, più
morbide e carnose, allora capisce cosa voleva dire quel silenzio. E,
come una perfetta idiota, si lascia trasportare, come se dovesse
affogare a tutti i costi in quell'oceano e potesse farlo solo ed
unicamente con lui, suo nettare di vita. Vorrebbe sputare su quelle
labbra, bestemmiare sopra parole inconfessabili, maledirle ogni
qualvolta incontrano le proprie.
Ma non lo fa né lo farà mai: le desidera troppo per
tradirle, perché nessuna di quelle labbra che ha toccato in
vita sua ha il sapore di Sasuke.
Perché
le altre labbra non hanno il sapore dell'amore... Quelle di Sasuke,
sì.
Lo sente, striscia col corpo all'interno della camera, cercando di
trasportarla. Cerca d'ammorbidirla, toccandola laddove è più
volubile... lui sa. Sa che quando le tocca i fianchi sente una scossa
elettrica, quando le sfiora la colonna vertebrale si riduce in
poltiglia, quando sfiora la linea più nobile e visibile del
collo si sente venir meno. Allora lei mette da parte tutti i suoi
errori, ogni telefonata perduta, ogni istante in cui avrebbe potuto
dire la frase giusta invece ha detto quello sbagliata. Ma stavolta
no, non si lascerà abbindolare da qualche bacio -dannatamente
da Dio!-, o da quella colonia terribilmente afrodisiaca che mette
ogni volta che viene a trovarla.
“Basta”, lo ferma, scansando il suo petto dal proprio.
Sasuke, che prima fremeva mal celando i suoi istinti primordiali,
adesso la guarda sbigottito, risvegliando un'insospettabile timore.
“Che c'è?”, chiede, freddo. “Non hai la
pillola?”, e lei lo squadra, sempre più risoluta.
“Magari non ce l'avessi, a quest'ora sarei incinta”, gli
ringhia contro, perché è naturale, a una certa età,
desiderare qualcosa di più di una notte di sesso, come
i liceali.
Forse è giunto il momento di vivere una notte d'amore:
un'impresa che le sembra sempre più utopica. Lei vuole
svegliarsi con lui, dormire con lui, pranzare insieme... E, in un
futuro sempre più avvolto dalla nebbia, accompagnare i loro
figli a scuola, andare a riprenderli, sentirsi per un momento la
signora Uchiha: sarebbe troppo?.
Disegna i contorni di una vita che pare inesistente, ne segna i
limiti quando osserva l'espressione congelata del ragazzo, mentre un
sopracciglio, precisamente quello destro, lievemente arcuato le fa
intendere che non c'è scelta. O con lui o con lui.
“Questo era l'ultimo Sas'ke. Io voglio...”, le lacrime
agli occhi, mentre stringe le sue mani nel vano tentativo di
suscitargli un po' di commiserazione e chissà, forse,
estrapolare qualcosa da quel cuore coperto di rovi. “... una
famiglia. Voglio un figlio. Nostro figlio...”
Sottolinea
con enfasi quel plurale, mentre lo vede svoltare il capo a sinistra.
Ignora bellamente i suoi occhi ormai sciolti in due cascate,
rifiutando la sua proposta. “Allora vattene. E non tornare
più... e cercati un'altra con cui scopare. Però non
sono sicura che agganceresti”, lo stuzzica nell'orgoglio. Il
suo indomabile orgoglio. “... I saldi ormai sono finiti, da un
bel po'”
Proferisce,
esaltando i suoi nervi. “Non sarà un problema”,
ringhia. “Addio, allora”
Deglutisce
Sakura, si passa un dito sotto il naso, cercando di non tirar su come
una bambina frignante. Asciuga quei rivoli, adesso avverte solo una
consistenza molle, umida sulle ciglia scure, lunghe, ormai provate
dalla stanchezza.
“Addio”,
e sfiora la sua guancia, timbrandogli quel poco lucidalabbra rimasto
all'estremità. “Così non rimorchierai
sicuramente”, ci scherza su, strofinandogli la maglia sopra la
gota appena un po' pungente, per via della barba.
E
glielo ha detto.
Ormai
non lo vede più... il profilo è ormai sbiadito grazie
alla Luna che gioca strani scherzi. Si lascia cadere in verticale
contro la porta, finendo per ritrovarsi seduta a terra, le spalle
contro la vernice immacolata, mentre nasconde dietro un falso sorriso
l'ombra indistinta di una lacrima lasciva che sfiora malinconicamente
il suo volto, distruggendo la barriera di apparente lucidità.
Glielo
ha detto: perché non è felice, allora?
Era
più felice quando si concedeva, senza pensare a nulla, al
corpo dell'Uchiha, perdendo ormai la sua inutile e ridicola
verginità?.
Anni e anni or sono quando Sasuke le aveva sfiorato con cautela il
viso di porcellana, chiedendole il permesso in modo quasi... tenero.
Forse quella fu l'unica volta che lo ammise.
Aveva solcato lo sterno del ragazzo, passando con un dito, quasi
incuriosita, lungo ogni linea. Aveva sentito la consistenza dei suoi
muscoli, il solco del collo contro il torace, la linea retta che
arrivava fino all'ombelico. E poi si era fiondata un po' più
giù, sentendo per la prima volta di esser diventata donna.
Donna,
insieme a lui.
Donna, per lui.
Aveva ammesso un certo imbarazzo, chiaramente. Ma fare l'amore -o
almeno l'aveva inteso così- era stata la più bella
esperienza della sua vita. Era stato potente ma anche cautelo, aveva
trattato con delicatezza il suo corpo da piccola bomboniera, ancora
tutta da scartare.
Perché noi donne, diventiamo tali in due occasioni. La prima
quando abbiamo la menarca; crediamo che sia qualcosa di orribile,
probabilmente siamo schizzinose e se pensiamo che dovremmo
sopportarlo per almeno trent'anni, beh, allora la voglia di essere
donna viene meno. Ma crescendo, ci accorgiamo che quella è
un'esperienza unica. Soffriamo, ci lamentiamo dei crampi alla pancia,
adduciamo scuse poco convincenti per non uscire, ci rinchiudiamo in
casa, diventiamo lunatiche e poco socievoli.
Ma
tutto questo perché siamo donne.
La seconda? Beh, è già stata menzionata. La prima
esperienza, quando un essere umano trova conforto in un altro,
finendo inevitabilmente per compromettere la propria natura, la
propria verginità, sentendo uno squarcio quando quel contatto
diventa fisico, un dolore lancinante. Mai quanto il
piacere.
E Sakura pensa, con rammarico, che ha gettato via tutto quello che le
era più caro, per lui. E adesso si trova all'ombra di una
quercia, mentre legge il suo libro preferito.
Cime
Tempestose.
Heathcliff, Catherine, Nelly, Wuthering Heights.
Non è la storiella per adolescenti, non è il solito
filmino da affibbiare a un popolo senza più cultura ormai.
Sfoglia la pagina, la frase è sottolineata.
“Sarebbe
una degradazione per me, ora sposare Heathcliff, e così lui
non saprà quanto lo amo; e lo amo non perché sia bello
Nelly, ma perché è me stessa più di quello che
lo sono io. Di qualunque cosa siano fatte le nostre anime, la sua e
la mia sono identiche”
Catherine, il suo mito.
Ha detto quella frase ad alta voce, immaginando per un attimo la
figura signorile ed elegante della ragazza avanzare verso Heathcliff
e confessargli, ostinata, il suo amore. E confessare a Nelly -la
governante- quanto sia profondo e irrazionale, folle, malato di una
malattia incurabile, come lo sono le storie che diventano leggende.
Vorrebbe
anche lei una favola del genere.
Ad
essere sinceri -sospira,
affranta- si accontenterebbe di una semplice storia.
Notte, ore 1:50.
Il campanello suona, insistente.
Sakura si alza, indossando una vestaglia e strabuzzando gli occhi. Si
era addormentata sul divano -o meglio: crollata-, lasciando la
televisione accesa su un canale satellitare. Osserva il display del
cellulare: l'1:50 di mattina.
Forse sono le solite combriccole di teppisti che si divertono a
suonare ai campanelli altrui. E, pensando a quello, sorride con
tenerezza, ricorda quando lo faceva anche lei.
Tempi immemori, ormai un passato molto remoto.
Sbircia dall'occhiello e il suo cuore è in tumulto, di nuovo,
vorticosamente. È tentata, non vuole aprire... D'altronde
potrebbe mai fargli un simile torto?. Sgancia la catena di ferro,
aprendo con un certo timore la porta. “C-cosa ci fai? Nessuna
ti ha agganciato?”, l'arma migliore è l'ironia, meglio
scherzarci su.
“Non quanto te”
Impietrita. Lo lascia comunque fuori dalla porta, senza batter
ciglio.
Forse Sasuke è ubriaco, in effetti sembra un po' sbattuto, un
po' dimagrito... diversamente da svariate settimane prima, quando
aveva messo perfino quella colonia che tanto le piaceva. Ora il suo
collo è madido di sudore, il respiro mozzo, al limite delle
forze. “Mi sembrava di esser stata chiara”, rimane ferma
sulle sue posizioni, non si fa ingannare per una frase fatta e due
occhi sbattuti. Picchietta un piede a terra Sasuke, nervosamente.
E, scattando come una gazzella, si fa avanti, purgando le proprie
labbra su quelle di Sakura, cercando il Paradiso e trovandolo
solamente in lei, l'Eden, il giardino segreto, il luogo dove tutto
non ha più valore.
“Cosa diavolo stai facendo!”, lo scansa, pulendosi con
irruenza le labbra ormai umidicce.
Si appoggia al muro Sasuke, affannato. “Magari sei venuto a
chiedermi scusa”, azzarda lei. “Oh no, forse sei passato
di nuovo per caso!”, ironizza, aspettando un suo cenno.
“Grossomodo”
Che faccia tosta, pensa, mentre lo vede dirigersi in salotto. Nessuno
gli ha dato il permesso, come al solito si sente il padrone del
mondo. Sakura non molla, le sue braccia sono incrociate al petto, il
suo sguardo simile a quello di una maestrina acida.
“Allora...”, le blocca le spalle. “... quanti ne
vuoi?”
Un attimo di sbigottimento. Non capisce inizialmente, le sembra tutto
molto offuscato... Le sue mani, le sue labbra, le sue domande che in
fondo sono anche le sue risposte... reagisce ostentando una certa
timidezza, come non le succedeva da tempi, ormai, immemori.
“Cosa?”, si chiede paralizzata, ignara vittima del suo
tocco d'acciaio.
“Lo sai, non farmelo dire”
E stavolta è lui a ritrarsi, pudico. Sakura sorride
vittoriosa, e stavolta è lei a desiderare un bacio, a balzare
sopra le sue labbra, a rituffarsi in quel piacere. Stavolta è
lei ad aver bisogno di un contatto non solo visivo, ma anche
fisico... Giostra a suo piacimento la situazione, ribadendo una certa
voglia di amarlo.
“Poi però... non ti lamentare se dovrai cambiare
pannolini a vita”, Sasuke ghigna sommessamente, mentre alza le
punte di Sakura, fino a farla arrivare alla sua altezza.
Cos'è successo quella notte, vi chiederete.
Ebbene, quella notte,
Sakura ha fatto per la prima volta l'amore.
C'è qualcosa di grande tra di noi,
che non potrà cambiare mai,
nemmeno se lo vuoi.
(C'è qualcosa di grande- Lunapop)
The
end
Se siete arrivati fin qui, i miei complimenti.
È una storia semplice, lo so. Se Sasuke è troppo OOC lo
capisco, ç_ç. Ci ho lavorato giorno e notte, l'1:50 per
l'appunto (compare nella fan fiction quest'orario) è proprio
l'ora in cui stavo scrivendo parecchi giorni fa. Avrebbe dovuto
essere una shottina corta, ma la storia mi è sfuggita di mano
(O meglio: mi ha preso la mano XD), ed è diventata la bellezza
di 6 pagine.
Tutto è cominciato -un oscura notte d'Inverno?XD-, no, è
cominciato vedendo per il tubo u_ù un video “SasuSaku”
con la canzone “C'è qualcosa di grande” dei
Lunapop. Pur non seguendo questo genere, la canzone mi è parsa
cucita a pennello.
Vi lascio il link:
http://www.youtube.com/watch?v=N_sSoIEABfQ
Dedicata a Marta, che mi mancherà T_T.
Stammi bene in Francia e scrivi tante SasuSaku mi raccomando!. Un
piccolo regalino, almeno si ricorderà di quella scassaballe
adorabile di Kiki, colei che ha l'autostima alle stelle XD.
Spero sia piaciuta,
un bacio, Kiki.
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