Sangue chiama Sangue

di Mister Mistero
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Capitolo 4: Uccidi il nuovo arrivato

I corpi delle due guardie vennero scoperti la mattina dopo. Nella prigione, insieme a Run, entrò anche una donna alta, bella e snella, con lunghi capelli azzurri e occhi dello stesso colore. Indossava un abito da generale a maniche lunghe, una sciarpa blu sul collo e lunghi stivali con i tacchi alti. Era Esdeath, la donna più forte dell’Impero, intenta a esaminare i cadaveri dei due uccisi la notte prima.

«Credi che sia stato lui?» chiese quindi a Run. Il biondo annuì.

«Non mi sorprenderebbe. Scappare e uccidere i secondini che ti hanno scoperto. Una cosa che farebbe chiunque.»

Esdeath sbuffò annoiata.

«Un vero peccato! Se è così forte come mi hai detto, mi sarebbe piaciuto conoscerlo. Hai scoperto altro?»

«Si. Nel locale, oltre alle vittime della bestia uccisa, ne abbiamo scoperto altre in un passaggio segreto. Dal modo in cui sono stati eliminati… sono certo che siano stati i Night Raid con le loro Armi Imperiali.»

Con decisione, Esdeath sbatté quindi il piede a terra. Con quel gesto le sue intenzioni erano ben chiare.

«Night Raid, huh. Noi Jeagers gli daremo la caccia, allo stesso modo in cui la diamo agli altri criminali. Questo è poco ma sicuro.»

La sera prima.

Joel rise alla proposta di Chelsea, avvicinandosi alle sbarre della cella e appoggiandovisi contro di peso. Il ragazzo fissò l’assassina dritta negli occhi.

«Volete farmi una proposta? Prima di tutto fatemi uscire di qui… poi potremo parlare.»

La rossa lasciò quindi il posto a Lubbock, che si avvicinò alla porta della cella non del tutto sicuro. E se quel tipo, una volta uscito, li avesse attaccati? Avrebbero risposto di conseguenza, ma per il momento era meglio mantener calme le acque. Si avvicinò quindi alla porta, estendendo nuovamente dai suoi guanti un lungo filo metallico che intrecciò più volte, fino a fargli prendere la forma di una chiave, con la quale riuscì a sbloccare la serratura. La porta si aprì, facendo uscire Joel che, visibilmente più alto degli altri due, torreggiava su di loro.

«Vi ascolto.»

Chelsea sorrise, estraendo da una tasca un lecca-lecca e rigirandoselo tra le labbra.

«Uccidendo quella cosa hai attirato l’attenzione di molte persone. E noi siamo tra queste. Hai mai sentito parlare dei Night Raid?»

Joel si portò una mano al mento, annuendo. Sua madre gliene aveva parlato una volta. I Night Raid, un gruppo di assassini facente parte dell’Esercito Rivoluzionario, considerati dall’Impero come una delle più gravi minacce alla sua supremazia. Una delle tante diatribe che avevano portato lui e sua madre a vivere isolati in mezzo alle foreste.

«La questione è semplice. Volevamo chiederti se eri disposto ad unirti a noi.»

Dopo quella frase, fu come tutto si fosse congelato. Nessuno fiatò, con Joel che osservava i due davanti a lui con un sopracciglio alzato. Ad un tratto, si portò una mano sul viso, cominciando a ridere fragorosamente. Lubbock si avvicinò quindi a Chelsea, sussurrandole qualcosa all’orecchio.

«L’avevo detto che non era una buona idea… sarà anche forte, ma non mi pare che abbia tutte le rotelle a posto.»

Appena smise di ridere, Joel ritornò improvvisamente serio, avvicinandosi minacciosamente ai due ragazzi.

«Audace da parte vostra chiedermi una cosa del genere. Ma ditemi… perché invece non dovrei aiutare l’Impero a darvi la caccia?»

A quelle parole, Lubbock si mise subito in guardia, venendo però bloccato dalla sua compagna, che invece sembrava piuttosto rilassata.

«Molto semplice. L’Impero di cui parli ti ha messo in gabbia, e di sicuro ti avrebbe fatto interrogare dal generale Esdeath. E credimi, meglio non finire nelle mani di quella. Quindi dimmi: dovresti ringraziare noi o loro?»

«Per logica, direi voi.» rispose lui, riflettendoci un attimo. «Non mi entusiasma unirmi ad un gruppo di ribelli, ma sono disposto ad ascoltarvi. Se volete veramente che vi segua, però, dovrò prima recuperare i miei effetti.»

Il suo equipaggiamento infatti era stato confiscato dalle guardie e posto in una stanza adiacente che fungeva fa magazzino. Joel vi recuperò le sue armi, trovandovi vicino a loro anche il diario di sua madre. Nonostante le guardie imperiali lo avessero letteralmente buttato lì insieme a tutto il resto, sembrava ancora intatto. Joel lo strinse tra le mani, chiudendo brevemente gli occhi e ricordando ciò sua madre gli aveva detto prima che tutta quella storia iniziasse.

“Madre… sto veramente facendo la cosa giusta?” pensò.

La base dei Night Raid, ricostruita dopo l’attacco del Dottor Stylish, distava 15 chilometri dalla Capitale, costruita in una scogliera e nascosta nel bel mezzo della foresta. Appena arrivarono, Lubbock e Chelsea condussero Joel nella sala delle riunioni, dove ad attenderli, seduta su un trono sotto lo stendardo con il simbolo dei Night Raid, vi era una donna dai capelli argentati, con una benda sull’occhio destro e il rispettivo braccio sostituito da una protesi meccanica. Quella che Joel riconobbe come il capo, Najenda.

«Missione compiuta direi.» fece lei sorridendo, aspirando una profonda boccata dalla sigaretta nella sua bocca. Esalò una nuvola di fumo prima di rivolgersi proprio a Joel. «Immagino che saprai già chi siamo.»

Una domanda ovvia, visto che i loro manifesti di taglia erano appesi praticamente ovunque.

«Sai, se sei qui dovresti ringraziare Leone. È stata lei a mettere una buona parola per te.»

La bionda, anche lei nella stanza e che non gli aveva staccato gli occhi di dosso, esultò sonoramente.

«Credetemi! Ho visto tutto ed è stato davvero grandioso!» esclamò, avvicinandosi a Joel con gli occhi illuminati. «Il modo in cui hai combattuto quella bestia! Come l’hai affrontata e come sei riuscito ad ucciderla!»
Gli diede quindi una forte pacca sulla spalla.
«Datemi retta! Non troveremmo alleato migliore!»

Imbarazzato da quegli “apprezzamenti” così tanto espliciti, Joel indietreggiò di qualche passo, guardandosi intorno per capire se gli altri membri di quel gruppo fossero esuberanti come quella ragazza. A parte Chelsea, Lubbock e Najenda, vi erano anche: Susanoo, un uomo alto e vestito con abiti orientali, dai cui capelli blu spuntavano due vistose corna; Tatsumi, un ragazzo dagli occhi verdi e dai capelli castani e altre due ragazze per lui sconosciute.

«Sa combattere?» chiese Mine, ricambiando lo sguardo di Joel fissandolo a sua volta con aria altezzosa. «Sembra un po’ magrolino. Scommetto che non è più bravo di Tatsumi o Lubbock.»

«HEY!!» urlarono i due interessati, colti nel vivo.

«Mine ha ragione però.» aggiunse Akame, che al contrario era invece piuttosto curiosa. «Leone avrà visto tutto, ma noi non sappiamo cosa sa effettivamente fare.»

Di fronte a quelle affermazioni Joel rise, attirando l’attenzione di tutti.

«Se volete mettermi alla prova, siete i benvenuti. Come ho combattuto quel mostro, posso combattere anche voi.»

Udendo quella frase, Mine sbuffò, mentre Chelsea, Najenda e Leone ridacchiarono. La spavalderia e la sicurezza di quel tipo cominciavano a piacergli.

«Sei sicuro di quello che dici? Combattere un animale e scontrarsi contro un assassino sono due cose completamente diverse.» disse Chelsea, rimasta in disparte, dopo essersi tolta il lecca-lecca dalla bocca per parlare meglio.

«Però sembra divertente. Potremmo organizzare un veloce combattimento. Che dite?» propose Najenda, trovando l’assenso di tutti. Tutti annuirono, compreso Joel, che seguì i Night Raid nell’area di addestramento della base. Vi erano rastrelliere di tutti i tipi, con ogni tipo di arma bianca disponibile in circolazione.

«Puoi scegliere qualunque arma tu voglia.» gli disse Akame. Joel scosse la testa, estraendo sia la spada che la pistola

«Queste saranno più che sufficienti.»

«Se lo dici tu.» borbottò invece Mine, avvicinandosi a Tatsumi. «Piuttosto… io come avversario proporrei questa mezzatacca.»

Tatsumi tentò di ribattere, venendo subito zittito da una gomitata nell’addome della ragazza.

«Zitto scemo! Anche con Incursio, ti ricordo che sei ancora un novellino! Non te lo sarai mica scordato eh?!»

Najenda sembrava concordare.

«Sono d’accordo. Consideralo un allenamento aggiuntivo.»

Tatsumi sbuffò; Mine dopotutto aveva ragione. Nonostante avesse ereditato l’Arma Imperiale di Bulat, rispetto a tutti gli altri era ancora abbastanza inesperto. Cambiò però subito espressione; pensò infatti che magari se fosse riuscito a battere il nuovo arrivato avrebbe fatto vedere a tutti di cosa era veramente capace. Joel, d’altro canto, era proprio curioso di ciò. Aveva sempre lottato contro Bestie Pericolose di ogni tipo, ma contro un essere umano… lo avrebbe di certo visto sul campo. Andarono quindi tutti sul campo, con Tatsumi e Joel che si misero proprio al centro, l’uno davanti all’altro, mentre gli altri si sarebbero limitati ad osservare il tutto da bordo ring.

«Ascoltatemi!» esclamò Najenda, che sarebbe stata l’arbitro di questa sfida. «Questo sarà un incontro amichevole! Potete usare qualunque strategia vogliate per mettere il vostro avversario al tappeto, ma non potete né menomarlo e né ucciderlo! Vogliamo un gioco pulito, d’accordo?!»

Joel sorrise, sguainando la spada, mentre Tatsumi fece lo stesso con Incursio, senza però attivarne l’abilità.

«Combattete!!»

Appena Najenda diede il segnale, Joel fu il primo ad attaccare, caricando in avanti per cercare di colpire Tatsumi con un fendente, che quest’ultimo parò con Incursio, venendo però spinto all’indietro dalla forza del colpo.

«Sei forte! Ma io non sono da meno!» esclamò Tatsumi, sorridendo e attaccando a sua volta. I due si scambiarono una serie di veloci colpi, tutti parati prontamente dall’altro, e quando quella sequela di attacchi fu terminata entrambi indietreggiarono, leggermente affaticati.

«Mi stai deludendo, lo sai?» le parole di Joel dopo quello scambio di colpi sorpresero praticamente tutti. Compreso Tatsumi, che non capiva cosa l’altro volesse dire.

«Mi avevate detto che questo era un test, ma a quanto sembra non mi state testando in modo adeguato. Allora ragazzo…» un brivido scosse Tatsumi appena Joel assottigliò lo sguardo, fissandolo minacciosamente. «Vuoi iniziare a fare sul serio o no?»

Per la prima volta dopo tanto tempo, Tatsumi poté sentire un senso di inquietudine pervadergli il corpo, mentre una goccia di sudore gli cadeva dalla fronte scorrendo lungo la guancia. Aveva provato quella sensazione solo un’altra volta nella sua vita. Quel tipo era veramente spietato come… lei? Non sapendo cosa fare, Tatsumi si volto verso i suoi compagni, cercando una risposta. Najenda, cui incrociò brevemente lo sguardo, annuì leggermente. A quanto pare, nonostante le regole di quel match avrebbe dovuto usarla.

«Se ti farò male, ricordati che me hai chiesto tu!» disse, rivolgendo la lama di Incursio davanti a sé e urlandone il nome. «INCURSIOOO!!»

Sul corpo di Tatsumi comparve come per magia un’armatura, con elmo e spallacci di metallo e sulla schiena un mantello bianco, mentre la sua arma era diventata una possente alabarda dalla punta scarlatta. Sentendo che finalmente poteva avere una sfida degna di questo nome, Joel decise che era arrivato anche il suo momento, incastrando la spada nel fodero sulla sua schiena e trasformandola nello spadone che afferrò con entrambe mani. Entrambi si lanciarono quindi uno scontro l’altro, facendo cozzare ferocemente le loro armi, senza che nessuno accennasse ad arretrare di un passo. I restanti membri dei Night Raid osservavano invece ogni mossa dei due ragazzi, increduli che uno come Joel riuscisse a contrastare un’Arma Imperiale come Incursio con tanta facilità.

«Non te la caverai con solo quale livido!» esclamò Tatsumi, parando l’ennesimo fendente di Joel.

«Non essere ridicolo!!» urlò lui a sua volta, sferrandogli un violento calcio allo stomaco, che mozzò il fiato di Tatsumi nonostante la protezione della sua armatura. «Se non hai il fegato di fare sul serio durante un allenamento, non riuscirai a farlo nemmeno nella vita reale!!»

Spinto all’indietro dal calcio di Joel, a Tatsumi rimase solo una cosa da fare. Capendo di non poter vincere facilmente contro quello spadone, Tatsumi fece sparire l’alabarda, scagliandosi su Joel e facendolo cadere a terra. Con Tatsumi sopra di lui e impossibilitato ad usare lo spadone con una mano sola, Joel non poté fare altro che vedere Tatsumi far ricomparire l’alabarda, puntandogliela sul collo.

«Ho vinto io! Arrenditi!»

«Convinto?»

L’attenzione di Tatsumi venne attirata da qualcosa che premeva contro il suo fianco. Joel aveva tirato fuori la pistola, puntandogliela contro il fianco e minacciando di premere il grilletto. Tatsumi scosse la testa.

«Un proiettile non potrà mai perforare la difesa di Incursio.»

Joel sorrise. Con un sonoro “click” abbassò il cane della pistola, premendo ancora di più la canna dell’arma sul fianco di Tatsumi.

«Facciamo una prova?»

Vennero però bloccati da Najenda, che, avvicinatasi, afferrò l’alabarda di Tatsumi con il suo braccio meccanico.

«Basta così.» disse, sancendo definitivamente la fine del combattimento. I due contendenti si allontanarono, alzandosi in piedi, mentre lo sguardo di tutti si concentrava solo su una persona.

«Contrastare un’Arma Imperiale come Incursio non è da tutti. Per me è promosso.» rispose Susanoo, dando la sua approvazione. Anche gli altri annuirono compiaciuti, tranne Mine, che borbottò uno stretto «Ne ha ancora di strada da fare...»

«Potresti fare la differenza nel nostro gruppo. Che ne dici?»

Quando Joel vide Najenda porgergli la mano, invitandolo a stringerla, non seppe cosa pensare. Poteva essere un’opportunità per lui, qualcosa di irripetibile che lo avrebbe aiutato nella sua missione. Però… per ora era una scelta fin troppo azzardata. Scosse quindi la testa, limitandosi semplicemente a mettere via le proprie armi.

«Io… non posso ancora accettare.» fece, per poi voltarsi e cominciare a camminare lontano da loro. I Night Raid lo fissarono attoniti, guardandolo allontanarsi, specialmente Najenda, che abbassò il braccio piuttosto intristita. Joel invece alzò il suo, in segno di saluto.

«Se avete bisogno, sapete dove trovarmi.»

La notte arrivò, e nel gruppo cominciò quindi ad imperversare un certo appetito. Come di consueto, ai fornelli si misero Tatsumi – ormai fisso in quel ruolo dalla sua entrata nei Night Raid – e Akame, i quali prepararono la cena per ogni membro. Si ritrovarono quindi intorno al tavolo, con un’abbondante cena a base di carne – di cui Akame andava matta – davanti a loro. Mentre mangiavano, Najenda tuttavia notò che, in un angolo isolato della cucina, era stata preparata una portata in più. La cosa era piuttosto strana; Susanoo infatti, essendo un’Arma Imperiale umanoide, non aveva alcun bisogno di alimentarsi, limitandosi ad osservarli compiaciuto mentre mangiavano. Tutti gli altri invece si servivano soddisfatti, ognuno con il proprio piatto.

«Akame… quel piatto è per chi penso io?»

Tra un boccone e l’altro, Akame annuì.

«Mi sarebbe dispiaciuto escluderlo. Anche se non è ancora uno di noi, io… vorrei aiutarlo a farlo sentire tale.»

«Piuttosto…!» mugugnò invece Leone, masticando con la bocca piena. «È ancora sul tetto o sbaglio?»

Najenda sospirò, e appena ebbe finito di mangiare si alzò da tavola, prendendo il piatto rimasto in disparte e dirigendosi verso l’uscita dalla cucina. Molti si chiesero dove stesse andando, suscitando una risata da parte della donna.

«Akame ha ragione. Se vogliamo veramente che si unisca a noi, dobbiamo fare il più possibile affinché si senta a casa. E Akame…» aggiunse, fissando l’interessata. «È stato davvero un bel pensiero.»

La ragazza con gli occhi rossi sorrise, arrossendo, mentre Najenda percorreva i corridoi della base, imboccando le scale che portavano sul tetto. Joel era stato là per tutto il tempo, seduto sul bordo ad osservare il panorama che si stagliava davanti a perdita d’occhio per chilometri. Per sua fortuna, quella notte la luna era piena, e permetteva quindi di godersi il bellissimo spettacolo che si poteva ammirare da lassù. Appena il ragazzo avvertì Najenda alle sue spalle, si voltò leggermente a guardarla, mentre la donna si sedeva con discrezione accanto a lui, appoggiando il piatto proprio lì vicino.

«Pensavo che almeno per la cena ti unissi a noi.» fece lei. Joel scosse la testa.

«Stare da solo mi aiuta a pensare e a concentrarmi. Anche se non mi aspettavo così tanta premura da parte vostra.» fece, osservando ciò che il capo dei Night Raid gli aveva portato. Timidamente, Joel prese uno dei pezzi di carne offertogli, addentandolo. Nonostante non disse niente, lo mangiò con gusto, sotto lo sguardo soddisfatto di Najenda.

«Sono felice che ti piaccia.» disse lei, prendendo poi un pacchetto di sigarette e mettendosene in bocca una, accendendola, facendo uscire una lieve nuvola di fumo. «Allora. Cos’hai deciso?»

Joel sospirò. «Se rifiutassi… mi ucciderete?»

Najenda sorrise, emanando una boccata di fumo. «Affatto. Semplicemente verresti mandato alla base e assegnato ad altri compiti. A loro farebbe comodo un combattente come te. Anche se… più di una persona tra noi spera che tu possa unirti alla squadra.»

«Ah si? Mettiamo il caso che ciò accada, e vi aiutassi a cambiare questo paese. Che vantaggio ne traggo?»

A quella domanda, Najenda si bloccò, pensierosa. Tutti i membri attuali dei Night Raid erano entrati nel gruppo solo per la volontà di cambiare quel paese in qualunque modo possibile, mettendo fine alla corruzione causata dal Primo Ministro e dai suoi accoliti. Ma mai nessuno aveva accettato di entrarvi chiedendo in cambio qualche tipo di ricompensa.

«Per quanto mi riguarda, puoi chiedere qualsiasi cosa. Per quanto possibile cercheremo di esaudire la tua richiesta.» Najenda rispose. Lentamente, di fronte a quella risposta, Joel portò una mano dentro il suo soprabito, estraendo il diario lasciatogli da sua madre. Lo porse quindi a Najenda, la quale, con una leggera riluttanza, lo prese, cominciando a sfogliarlo.

«Probabilmente l’Impero mi avrebbe aiutato se fosse arrivato per primo. Ma a quanto pare dovrò ripiegare su di voi.» ridacchiò Joel trovando una leggera ironia nella frase appena detta. «Ci capisci qualcosa?»

Najenda scosse il capo. «Sfortunatamente no. Tutte queste parole, questi simboli. Non so minimamente cosa siano.»

«Buffo, perché ho lo stesso problema. Mia madre mi ha lasciato quelle pagine dicendomi “scopri le nostre origini” e “trova le tue risposte”, ma la verità è che non so nemmeno da che parte iniziare.» rise amaramente, di fronte all’evidenza. «Normalmente non lo lascerei a nessuno. Ma per voi sono disposto a fare un’eccezione. Quello che vi chiedo è trovare qualcosa che possa aiutarmi. Un nome, un luogo, o anche solo un indizio. Qualunque cosa. Fatelo, e io sarò dei vostri.»

Najenda abbassò lo sguardo, chiudendo il diario. Una proposta allettante, che aveva però un grosso problema.

«E se non riuscissimo a trovare niente?»

«Se dovesse succedere, me ne farò una ragione. Se è questo ciò che il destino sceglierà per me… chi sono io per oppormi?»

La sigaretta di Najenda era praticamente finita. La donna gettò la cicca oltre il bordo sul quale si trovavano, riponendo il diario nel suo cappotto e alzandosi in piedi, porgendo nuovamente la mano meccanica a Joel, nello stesso modo di qualche ora fa.

«Se tu ci aiuterai, noi faremo il possibile per te.»

A differenza di prima, però, Joel la accettò, alzandosi anche lui. Ormai il dado era tratto, e non poteva più tornare indietro.

«Benvenuto nei Night Raid, dunque.»


 




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