A contatto col fango

di Fiore di Giada
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Guardo il criminale, disgustato.

Trema. Suda. Batte i denti.

Mi pare quasi di sentire l’acre odore della sua paura.

E mi da’ la nausea.

E’ il lato deteriore del mio lavoro di consulente per la polizia.

Si viene a contatto con gli aspetti più sordidi e marci della natura umana.

Uccidono. Stuprano. Torturano.

Usano i bambini come merce sessuale e schiavi di lavoro.

E osano criticare i demoni!

Scaricano sulle nostre spalle il peso dei loro errori e della loro stupidità.

Si credono forti e coraggiosi e non hanno il coraggio di prendersi le loro responsabilità.

Ma, almeno per questo stronzo, è giunto il momento della punizione.

Conoscerai la disperazione dei bambini che hai violentato.

Lento, inesorabile, il mio viso umano si tramuta nel mio volto diabolico.

Il criminale grida, spaventato.

Le mie narici avvertono un distinto tanfo mefitico.

E’ il solito odore dei vigliacchi.

Lui prova a scappare, ma io, calmo, mi avvicino.

Hai paura, bastardo?

Bene, questa è la sensazione provata da quei poveri bambini.

Sapevano di essere condannati a morte e i loro piccoli cuori sono collassati, dilaniati dall’angoscia.

Le loro menti erano tormentate da domande prive di risposta e da ingiusti sensi di colpa.

No, loro non avevano alcuna colpa.

Si sono fidati di una iena travestita da agnello e sono stati condotti nella sua trappola.

Il criminale urla, annientato dalla visione del mio volto diabolico.

E il piacere inonda il mio corpo.

Finalmente, hai trovato il tuo dio, stronzo.

Ti punirò per le tue colpe e darò la pace a quelle anime innocenti.

Non darai la colpa a me e ai miei amici demoni delle tue azioni e l’equilibrio sarà ristabilito.

Nessuno ti salverà dalla tua condanna.

Strabuzzi gli occhi. Cadi a terra, morto.

Una schiuma bianca sale alla sua sporca bocca e il suo corpo si irrigidisce.

Sospiro. E’ morto.

Un simile ratto non merita l’Inferno.

Forse, una lunga, estenuante prigionia sarebbe stata la punizione più adeguata.

La morte è la sofferenza di un attimo, la detenzione è un dolore lungo e lento.

Scuoto la testa. Ormai, non si può rimediare.

E, in fondo, anche all’Inferno conoscerà il dolore e la disperazione.

La sua esistenza sarà una infinita agonia.

Soddisfatto, giro la schiena e mi allontano.





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