Dangerous

di _Misaki_
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 DANGEROUS
 
- Cap. 31 -
 
 
 
 
 
 
   Il pomeriggio seguente, come pianificato, gli agenti si divisero a coppie e si recarono dai proprietari dei vari bar della zona per fare loro qualche domanda. In particolare la testimonianza che più li interessava era quella del barista che aveva visto il serial killer in compagnia di una delle vittime.
   «E quindi lei ha visto questo uomo seduto al bancone in compagnia della ragazza il giorno dell’omicidio.» ricapitolò May, che si era recata al locale insieme a Dawon.
   «Esattamente.» rispose l’uomo.
   «Non saprebbe dirci qualcosa di più specifico sul suo aspetto?»
   «Non proprio… solo quello che ho già detto alla polizia.»
   «E se le facessi vedere una foto? Saprebbe riconoscerlo?» la comparsa di Devon non aveva convinto nessuno. Le agenti avevano deciso di farsi inviare una sua foto dall’associazione per verificare che non si trattasse di lui. Lo speravano perlomeno, visti i precedenti nessuno voleva averci nulla a che fare.
   «Posso provare…»
   May sottopose la foto al barista. L’uomo la prese in mano e la avvicinò al volto per carpirne meglio i dettagli. La osservò attentamente per svariati secondi e sembrò agitarsi sempre più man mano che la consapevolezza si faceva strada dentro la sua mente.
   «È lui!»
   May e Dawon si scambiarono uno sguardo d’intesa. Avevano fatto centro. Lasciato il bar, i due si diressero in altri dei locali segnalati ed ebbero modo di scoprire che anche lì Devon non era passato inosservato. Mettendo insieme le testimonianze raccolte dalle altre due squadre si era venuto a delineare un quadro piuttosto chiaro della situazione: da ormai una settimana il serial killer stava girando ogni sera tre bar della zona, tra cui anche quello con l’insegna blu in cui l’avevano visto il giorno precedente. Non c’era dubbio che stesse accuratamente scegliendo la sua prossima vittima.
   «Non ci voleva, tra tutti proprio lui doveva essere il colpevole?» esclamò May, un po’ sconsolata.
   «Beh, che ti aspettavi? Ho capito che c’entrava qualcosa appena ho sentito il suo nome! Non ce ne sono molti di psicopatici del suo calibro in giro!» sentenziò Wendy.
   «Per fortuna...»
   «A quanto pare il tempo in carcere non gli è servito a molto. Ma comunque, è il caso di pensare a un piano.» puntualizzò Wendy.
   «Siamo tutti orecchie.» disse Dawon.
   «May…» le lasciò la parola.
   «Tanto per cominciare, sembra che i locali presi di mira al momento siano tre.» continuò May «Certo non possiamo escludere che stasera cambi giro, ma è assolutamente necessario dividerci almeno uno per bar. Noi ragazze abbiamo il doppio vantaggio di poter far anche da esca, ma comunque non è necessario farsi notare, l’importante è tenerlo d’occhio e seguirlo. Se restiamo tutti in contatto sarà facile bloccarlo prima che compia un altro omicidio.»
   «Sì, ha senso.» disse Taeoh.
   «Ma quindi come ci dividiamo?» chiese Daeju.
   «Allora» continuò May, prendendo la lista dei locali «Io, Iris e Krishna ci divideremo nei tre locali più a rischio. Te la senti, Iris?»
   «Nessun problema. Non ho intenzione di tirarmi indietro davanti a una feccia del genere.» rispose determinata l’agente. Il solo pensiero di ritrovarsi faccia a faccia con Devon le dava ancora il voltastomaco. In circostanze normali lo avrebbe evitato come la peste, ma si trattava di una persona che dopo essere uscita dal carcere stava commettendo indisturbato un omicidio dopo l’altro, non c’era modo di restare impassibili davanti a un’atrocità del genere. Ce l’avrebbe messa tutta per lasciare da parte i propri problemi personali e consegnarlo alla giustizia una volta per tutte.
   «Ottimo. Ovviamente ci terremo tutti in contatto, quindi al minimo problema non esitare a contattarci. Oltre a questi tre ci sono altri cinque locali nelle vicinanze. I ragazzi si occuperanno di tenerli d’occhio. Wendy invece orchestrerà il tutto dall’alto ascoltando a distanza le vostre conversazioni. Quindi se trovate l’obiettivo segnalatelo prima di tutto a Wendy, si occuperà lei di dirigere gli altri sul posto.» May fece una breve pausa «Bene, tutto chiaro?» la squadra di agenti al completo annuì «Perfetto, stasera alle nove avrà inizio il nostro piano.»
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   L’orario stabilito arrivò in fretta. Gli agenti avevano indossato di nuovo i vestiti della sera precedente e si erano distribuiti nei vari locali, ordinando qualcosa da bere e sedendosi ognuno per conto proprio in punti da cui potevano avere una visuale abbastanza ampia delle sale.
   «Qui ancora nulla. Cambio.» comunicò Dawon dopo quasi due ore di attesa. Dovendo tenere d’occhio cinque locali in tre avevano deciso che a metà serata lui e Taeoh avrebbero cambiato locale se non avessero notato nulla di sospetto.
   «Ricevuto.» gli fece sapere Wendy dall’altro lato del trasmettitore. «Taeoh ancora non è uscito. Dalle altre parti tutto regolare.»
   Proprio in quel momento Iris notò un uomo molto alto, biondo e vestito di un bianco sgargiante sostare vicino all’ingresso del locale che stava sorvegliando. Era girato di spalle e si confondeva dietro a un gruppo di giovani fermi proprio davanti a lui. Cercò di seguirlo con lo sguardo, ma dopo poco lo perse di vista. «Maledizione!» pensò tra sé e sé. Non poteva essere certa al cento per cento che si trattasse di Devon, ma c’erano ben poche altre persone dall’aspetto così singolare da quelle parti, perciò le possibilità che si trattasse proprio di lui erano molto elevate. Insieme alla frustrazione per averlo perso d’occhio, Iris sentì crescere dentro di sé anche un fastidioso senso di ansia. Avevano incominciato a sudarle le mani, il battito cardiaco era leggermente accelerato e si sentiva estremamente tesa. Non le era mai successo di sentirsi così durante una missione. Di solito un po’ di tensione non era negativa, aumentava l’adrenalina, migliorava i riflessi e la velocità di reazione, ma questa volta si sentiva spaesata e aveva la mente annebbiata. Continuava a far vagare lo sguardo tra la clientela del locale e quella in prossimità dell’ingresso, ma non lo trovava da nessuna parte. Si voltò per vedere se fosse nei tavoli dietro. Niente, non era nemmeno lì.
   «Chi non muore si rivede.»
   Iris si voltò di scatto per guardare in volto la persona che aveva appena richiamato la sua attenzione. Il suo cuore mancò un battito. Devon Jang l’aveva trovata. Era lì, davanti a lei. E fu allora che capì, non era semplice ansia quella che provava, era paura. La paura folle di avere di nuovo a che fare con lui.
   «Cos’è quello sguardo truce, Iris... non dirmi che serbi ancora rancore nei miei confronti.» l’uomo esibì un sorriso beffardo e l’agente non poté fare a meno di pensare che avesse una bella faccia tosta a ripresentarsi così dopo tanti anni. Sarebbe voluta scappare, ma la rabbia le impose di restare. La paura non l’avrebbe fermata.
   «Perché dovrei?» rispose nel modo più freddo che le riuscì.
   «Allora non ti dispiacerà se mi siedo a fare due chiacchiere.»
   «Fai pure.»
   Devon si sedette al tavolo con Iris. Sembrava aspettare che qualcuno venisse a prendere le sue ordinazioni. La ragazza lo squadrò in maniera disinteressata. Non era sicura di star riuscendo a mascherare l’odio immenso che provava nei suoi confronti. Se non altro la parte positiva era che aveva abboccato da solo alla trappola, probabilmente nemmeno immaginava che gli agenti di L fossero sulle sue tracce. Non era cambiato di una virgola, era troppo sicuro di sé perché l’idea di fallire gli sfiorasse anche solo l’anticamera del cervello. La parte negativa, invece, era che, presa alla sprovvista, non aveva fatto in tempo a comunicare l’arrivo del soggetto a Wendy, e ora sarebbe stato difficile parlarle senza che il suo interlocutore se ne accorgesse.
   «Scusa!» Devon richiamò l’attenzione di una giovane barista «Mi porti una birra?» la ragazza segnò l’ordine e lo comunicò al bancone. «Allora, immagino che tu abbia lasciato il lavoro da agente.» rivolse poi la parola a Iris in tono sprezzante «Sai, si vede che non fai una bella vita… sola soletta in un bar di periferia a rovinarti il fegato con l’alcol.»
   Iris trattenne a stento una risata. Non aveva idea se fosse per l’assurdità appena sentita o perché, per quanto si sforzasse, non riusciva proprio a mettere a tacere quel senso di forte agitazione che la attanagliava da quando lo aveva visto in lontananza. Le sembrò incredibile che fosse convinto di averle rovinato per sempre la vita tanto da arrivare a certe conclusioni. Evidentemente il suo ego non poteva accettare di essere stato l’unico a essere caduto così in basso. Ad ogni modo, il suo pessimo spirito di osservazione stava andando a vantaggio di Iris. Giocherellando con il ciondolo del bracciale che portava al polso, la ragazza attivò il microfono che avrebbe permesso a Wendy di sentire le loro conversazioni. Sperava che sentendola parlare col suo interlocutore avrebbe capito la situazione.
   «Eh già, da quando ho lasciato l’associazione trovo solo lavori saltuari e sono sola come un cane.»
   Devon si lasciò andare a una risata smodata.
   «Bingo! Lo sapevo! Se tu mi avessi dato retta quel giorno… ora saremmo potuti essere grandi! E invece guardati, che pena! Io me la posso rifare una vita, ma tu?»
   «Eh già…» Iris non riusciva a credere alle proprie orecchie. O era già ubriaco o era definitivamente partito di testa. In ogni caso lo stava disprezzando così tanto che le stava venendo la nausea.
 
 
 
 
***
 
 
 
 
   Dall’altro capo della ricetrasmittente, Wendy aveva captato i loro discorsi. All’inizio era rimasta un po’ confusa, poi quando Devon aveva iniziato a parlare del passato aveva capito tutto. Comunicò immediatamente agli altri il bar in cui si trovava il soggetto e disse loro di tenersi pronti a intervenire. Se Iris avesse continuato a tenere aperto il microfono le sarebbe stato semplice monitorare la situazione a distanza.
 
   «Se vuoi posso aiutarti…» ricominciò Devon.
   «Aiutarmi?» Iris non aveva idea di dove volesse andare a parare.
   «Sì, a rifarti una vita. Prenotiamo una camera stasera, vieni a fare due chiacchiere tra vecchi colleghi e ne parliamo.»
   Era strano. Il suo tono di voce, la sua espressione, tutto di lui tradiva un forte risentimento, una immensa voglia di vendetta. Iris pensò a come aveva ucciso brutalmente quelle ragazze e le venne la pelle d’oca. Non che un tempo fosse meno spregiudicato, ma stavolta sentiva di avere davanti un folle. Come poteva anche solo pensare che l’avrebbe seguito in camera di sua spontanea volontà? Era palese quello che aveva intenzione di fare: vendicarsi. L’avrebbe uccisa. Iris abbassò lo sguardo verso il proprio polso. Il microfono era acceso. Raccolse tutto il coraggio che aveva in corpo e rispose all’invito.
   «Va bene. Ci sto.» fu come fare un salto nel vuoto, vertiginoso. Ora poteva solo sperare che Wendy orchestrasse tutto a dovere e che gli altri arrivassero in tempo. Doveva avere fiducia.
   «Ottimo.» di nuovo quel sorriso da pazzo «Possiamo anche andare adesso.» Devon si alzò dalla sedia e le fece cenno di seguirlo. Iris si alzò a sua volta, concentrandosi al massimo per scongiurare che iniziassero a tremarle le gambe.
   «Dove andiamo?»
   «Al motel qui di fronte.»
 
   Recepito il messaggio, Wendy allertò gli altri agenti e disse loro di dirigersi immediatamente al motel di fronte al bar con l’insegna blu. Taeoh fu il primo a precipitarsi fuori dal locale e lanciarsi in una corsa folle. Si trovava abbastanza vicino, ma a piedi gli ci sarebbero voluti comunque almeno dieci minuti. Arrivato di fronte al motel, vide che May e Dawon erano già davanti all’ingresso.
   «Io entro.» disse, senza nemmeno riprendere fiato.
   «Aspetta.» lo fermò May «Non sappiamo in che stanza si trovi.»
   Taeoh si fermò e si voltò indietro «Merda…» d’istinto sarebbe andato a buttare giù tutte le porte una a una finché non l’avesse trovata, ma non era decisamente praticabile.
   «Sappiamo che la stanza è stata prenotata a nome suo. Krishna sta parlando con il receptionist. È questione di poco.»
   «Va bene.» Taeoh decise di aspettare, ma stava fremendo. Appena gli avrebbero comunicato il numero di stanza si sarebbe precipitato, non poteva sopportare nemmeno l’idea che quel bastardo psicopatico torcesse anche un solo capello a Iris.
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
   Nella richiesta di Devon di prendere una camera a nome suo in quello squallido motel che garantiva il massimo della privacy, Iris aveva riconosciuto lo stesso schema utilizzato con le vittime degli omicidi su cui stava indagando. I due erano saliti in ascensore e, raggiunto il quinto piano, Devon si era diretto a passo spedito verso la camera prenotata.
   «Prego.» le disse, facendole cenno di aprire la porta. Le chiavi le aveva tenute lei. Iris si avvicinò alla porta e inserì la chiave nella serratura vecchia e malconcia. Si sentiva il fiato sul collo. Anche se Devon non si era scomposto percepiva la sua aura omicida. Era impaziente, ma a lei serviva più tempo. Non aveva avuto nemmeno modo di comunicare a Wendy il numero della stanza, quindi se la sarebbe dovuta cavare con le sue sole forze per un po’.
   Fece un lungo respiro e girò la chiave nella serratura. La porta si aprì con un cigolio alquanto sinistro. La ragazza non fece nemmeno in tempo a fare un passo dentro la camera che si ritrovò per terra. Devon l’aveva spintonata con forza e aveva lasciato che la porta si richiudesse da sola alle sue spalle. Senza quasi lasciarle il tempo di rialzarsi, si era scagliato contro di lei, sferrandole un colpo all’addome. Iris finì piegata in due dal dolore, ma lui non le lasciò tregua. La afferrò per un braccio, costringendola ad alzarsi, la buttò sul letto e le strinse con violenza le mani intorno al collo. La ragazza afferrò i polsi del suo aggressore nel disperato tentativo di liberarsi, ma non riuscì nemmeno a fargli allentare la presa. Continuò a scuotere le gambe e a divincolarsi, ma così schiacciata dal peso di Devon, che le stava seduto addosso, era impossibile liberarsi.
   «Credevi davvero che una volta uscito di prigione se ti avessi incontrata te l’avrei fatta passare liscia?» urlò d’un tratto lui, allentando inaspettatamente la presa sul suo collo. Iris iniziò a tossire dolorosamente come riflesso alla sensazione di ostruzione alle vie respiratorie. «Credevi davvero che l’avresti fatta franca dopo avermi distrutto la vita? Puttana!»
   Iris cercò disperatamente di riprendere aria, ma Devon le strinse di nuovo la gola. Si sentiva completamente impotente contro la sua furia. Questa volta temeva davvero che non ce l’avrebbe fatta. Invece lui allentò di nuovo la presa.
   «Vuoi morire, forse?»  Devon aveva gli occhi iniettati di sangue, le vene gonfie e il volto paonazzo. Urlò con tutto l’odio che aveva in corpo. «Non basta! Devi soffrire!» le tirò un pugno in pieno volto che le fece sanguinare il labbro. Poi eccolo di nuovo ad accanirsi contro il suo collo. Iris sentiva che le forze iniziavano ad abbandonarla.
   Improvvisamente ci fu un forte frastuono e Devon fu trascinato con forza sul pavimento. La ragazza si rialzò immediatamente, mettendosi in ginocchio sul letto e ricominciando a tossire rumorosamente. Si portò le mani alla gola e inalò tutta l’aria che poteva nei polmoni. In quel momento vide Taeoh per terra sovrastare Devon e colpirlo ripetutamente al volto coi pugni serrati. L’aveva trovata. Per un attimo tirò un sospiro di sollievo, ma non durò a lungo perché quell’uomo folle, molto più alto e più grande di Taeoh riuscì a rialzarsi e a capovolgere la situazione. Con un calcio ben assestato all’addome mandò il ragazzo a sbattere contro il muro. Poi con una mano lo prese per il collo, mentre con l’altra cominciò a colpirlo di nuovo all’addome. Doveva pensare a qualcosa, in fretta. Iris vide la lampada sul comodino. La base in metallo sembrava pesante. D’istinto l’afferrò e la sbatté in testa a Devon con tutta la forza che aveva in corpo. L’uomo lasciò andare Taeoh, tenendosi la testa tra le mani, ma si rivolse di nuovo verso di lei, più infuriato di prima. Iris indietreggiò velocemente.
   Si sentì uno sparo. Devon si piegò a terra stringendosi la gamba ferita e urlando come un dannato.
   «Eccoci!» era la voce di May.
   Nemmeno lo sparo riuscì a fermarlo, dopo un attimo riprese ad avanzare verso di Iris, mosso dalla forza di un odio senza speranza. May sparò ancora, colpendolo all’altra gamba. Dawon e Daeju corsero a immobilizzarlo. La ragazza si avvicinò a lui, puntandogli la pistola alla fronte finché non fu a pochi centimetri dal suo volto. Il terrore dell’uomo era palpabile, era sicuro di essere giunto al capolinea. A quel punto May mise la sicura alla pistola.
   «Mi spiace, ma non ti ucciderò. Meriti di marcire per sempre in prigione.» Devon spalancò gli occhi sbigottito, probabilmente avrebbe urlato qualche altro insulto, ma, un attimo dopo, Krishna l’aveva già sedato tirandogli un colpo ben assestato dietro alla nuca col manico della sua pistola.
   Questa volta era davvero finita. Iris sentì le gambe cederle e si ritrovò per terra. Taeoh corse subito verso di lei.
   «Iris! Stai bene?»
   Lei cercò di rispondergli ma non riuscì a emettere alcun suono. Si accorse che la gola le faceva ancora terribilmente male.
   «Taeoh, andate in ospedale. Ci pensiamo noi al resto.» li rassicurò May.
   «Su, portala via.» continuò Krishna «Quando ti hanno detto dove si trovava sei scattato via come un fulmine, pensavo saresti finito contro un muro prima di raggiungerla! Non vorrai perdere tempo ora?»
   Taeoh annuì e aiutò Iris ad alzarsi. Senza aggiungere altro, si affrettò a farla uscire da lì. La macchina si trovava a qualche isolato di distanza, ma non c’era tempo per raggiungerla a piedi, quindi si fece chiamare un taxi dal receptionist, che nel frattempo era rimasto nella hall ad attendere notizie sull’operazione di cattura. La soluzione migliore sarebbe stata dirigersi direttamente dai medici dell’associazione, ma Seoul si trovava a più di due ore di auto e Iris gli sembrava debole, voleva assicurarsi che non avesse nulla di grave, così chiese al taxi di lasciarli all’ospedale più vicino. Avrebbe raccontato che erano stati vittime di un’aggressione. In qualche modo L gli avrebbe coperto le spalle.
   Appena arrivati si diressero al pronto soccorso e uno dei medici venne loro incontro.
   «Prego, da questa parte.» si rivolse loro come se avessero un appuntamento. Taeoh non poté fare a meno di guardalo con aria confusa, al ché il medico si preoccupò di specificare meglio. «Tranquilli, sono dei vostri. Wendy mi ha avvertito.» Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, L aveva sparso agenti davvero ovunque.
   «Ok, grazie.»
   «Comincerei dalla ragazza. Attendi pure qui.» il medico fece cenno a Taeoh di sedersi in sala d’attesa e indirizzò Iris verso uno studio.
 
 
 
 
 
 
 
 
***
 
 
 
 
 
 
 
   Iris lanciò un’occhiata all’orologio a muro della stanza. Erano quasi le due di notte. Ormai era passata più di un’ora da quando l’avevano lasciata su quel letto d’ospedale con una flebo di antidolorifico attaccata al braccio. Le avevano anche fatto alcune analisi per accertarsi che non avesse nulla di rotto, ma stava ancora aspettando i risultati. Si era presa un bello spavento questa volta. Era persino sorpresa di esserne uscita viva, ma, a parte quello, non si sentiva troppo male. Si sfiorò il labbro inferiore con le dita, si era gonfiato un po’, ma la ferita era stata disinfettata e non c’era stato bisogno di punti. Il collo e la gola erano ancora indolenziti, probabilmente quando si sarebbe vista allo specchio ci avrebbe trovato dei brutti segni viola, ma se non altro la voce le era tornata e respirava senza problemi. Mentre era persa in queste valutazioni fece la sua comparsa il medico che l’aveva visitata. Dietro di lui c’era anche Taeoh.
   «Sei sana come un pesce.» disse, passandole i fogli con le analisi «Un po’ ammaccata, ma appena sarà finita la flebo potrai tornare a casa tranquillamente.»
   Iris tirò un sospiro di sollievo.
   «Grazie.» diede un’occhiata veloce al referto e lo restituì al medico.
   «Bene, vi lascio soli. Ci vorrà ancora un’oretta e poi potrete andare entrambi.» così dicendo, l’uomo in camice tornò al suo lavoro, tirando la tenda bianca che separava il letto di Iris dagli altri nella stessa stanza. Taeoh prese posto su una sedia accanto al letto.
   «Taeoh, come stai?» chiese preoccupata Iris.
   «Io tutto a posto, ci vuole ben altro per mettermi fuori gioco!» sminuì lui. In realtà gli faceva ancora male l’addome per come ci si era accanito quello psicopatico di Devon, ma non era nulla di più di qualche livido e sarebbe passato in fretta.
   «Menomale!»
   «Tu piuttosto! Come ti senti?»
   «Diciamo che potrebbe andare meglio, ma non voglio lamentarmi.»
   Taeoh le strinse la mano e sospirò sconsolato.
   «Ti prego, non cacciarti più in situazioni così pericolose. Questa volta ho avuto davvero paura per te!»
   «Ad essere sincera anch’io… ma qualcuno è corso subito a salvarmi.» gli fece l’occhiolino. Aveva sentito chiaramente le parole di Krishna: aveva detto che Taeoh era corso a cercarla appena gli avevano comunicato il numero della stanza.
   «Ehi, mi prendi in giro?» a Taeoh venne da ridere e allo stesso tempo si sentì un po’ in imbarazzo per essere stato esposto in quel modo.
   «No, affatto.» continuò lei, in tono scherzoso.
   «Ah sì… allora beccati questo.» Taeoh si alzò dalla sedia e si sporse verso di lei, dandole un bacio sulla bocca. Le labbra di Iris si incurvarono in un sorriso. Portò una mano sul volto del ragazzo, trattenendolo appena verso di sé e continuò a baciarlo.
   «Ragazzi!» senza preavviso Wendy aprì la tenda con May al seguito e i due si separarono immediatamente. «Che stavate facendo?»
   «Niente!» disse Iris.
   «Aveva un pelucchio sulla testa, gliel’ho tolto!» si giustificò Taeoh.
   «Ceeerto, ci credo sicuramente! Non me la raccontate giusta voi due!» poi si avvicinò a Iris con fare soddisfatto «Beccati… da quanto va avanti?»
   «Da Macao.» rispose sbrigativamente Iris per poi cambiare argomento «Comunque! Mi hanno detto che qui ci vorrà ancora un’ora.»
   «Lo sapevo!» esclamò May, anche lei tutta contenta.
   «Come facevi a saperlo?» chiese Taeoh, sbigottito.
   «Eh, i sospiri dicono più di mille parole…» scherzò la più piccola del gruppo.
   «Iris! Sei una pessima attrice!» finse di rimproverarla Taeoh.
   «Ma io non ho sospirato affatto!»
   «Sì, sì, come no…» continuò a stuzzicarla May «Comunque, torniamo seri per un attimo. Non dovete più preoccuparvi di niente. Devon è già sulla via del ritorno con Dawon, Daeju e Krishna.»
   «Dritto, dritto verso l’ergastolo!» rincarò la dose Wendy.
   «A questo punto se non avete bisogno di noi ci avvieremmo verso casa.» continuò May, facendo roteare le chiavi della sua auto sul dito.
   «Sì, nessun problema, posso guidare io al ritorno.» disse Taeoh.
   «Perfetto, allora vi lascio le chiavi dell’auto di Iris. L’abbiamo già spostata nel parcheggio dell’ospedale, così non ci sarà bisogno di tornare indietro.»
   «Ok.» rispose Iris, prendendo le chiavi che le stava passando la collega «Ah e, May, grazie! Sei arrivata giusto in tempo!»
   «Non c’è di ché!» May le fece l’occhiolino «Avrei solo voluto fargli più male…»
   «Perfetto, allora andiamo.» concluse Wendy. «Ah, domani pomeriggio siamo già convocati tutti da L. Immagino vorrà tirare le somme.» Uscì insieme a May, ma prima di tirare la tenda si voltò e disse con un sorriso sornione «Fate i bravi, mi raccomando!»
   «Wendy!» la rimproverò Iris, ma era troppo tardi, se ne stava già andando.



Fine cap. 31
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   E anche Devon Jang è stato sconfitto! Marcirà per sempre in prigione. Ormai manca davvero poco alla conclusione del racconto, ce la faranno i nostri eroi a trovare un po' di tranquillità dopo 31 capitoli di impegni frenetici e privazioni? Lo scopriremo molto presto! Restate con me fino alla fine! ;)
   
   Ringrazio chiunque stia seguendo, recensendo o anche solo leggendo la storia! Grazie di cuore! <3

   E ora è mezzanotte passata e dovrei dormire. Mi sembra di essere tornata ai fine settimana del liceo in cui stavo sveglia fino alle 3 solo per scrivere... ma temo non sia una bella cosa visto che erano anni pieni di ansie.
   Ok, la smetto con queste introspezioni e vado a dormire!

   A presto!

   Misa




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