Bloody Castle - L'ultima strega

di Nana_13
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Capitolo 9

 

L’eredità dei Danesti (parte 2)


È da tempo che ti sto aspettando.

Quell’affermazione aveva lasciato Rachel basita. La sentiva ripetersi nella testa e per una volta nella sua vita non fu in grado di replicare. Per fortuna, Margaret non lo pretese.

“Venite dentro. Sarete infreddoliti.” li invitò con un tono di una normalità disarmante. Come se non avesse fatto minimamente caso all’effetto provocato dalle sue parole.

Comunque, non si fecero pregare, persuasi anche dal fatto che nel frattempo era iniziato a piovere. L’ingresso del cottage dava subito su un salottino dall’aspetto datato, con un divanetto foderato di un tessuto a piccoli fiori e un camino centrale che occupava mezza parete. I muri erano rivestiti con assi di legno per conservare il calore all’interno, ma l’ambiente risultava comunque freddo e umido. Inoltre, un odore intenso di piante aromatiche essiccate si respirava nell’aria.

Prima ancora che potessero realizzare, il braccio di Margaret si tese verso la bocca del camino, dove era già stata sistemata una catasta di legna da ardere, e un istante dopo una lingua di fuoco schizzò fuori dalla sua mano, incendiando i ciocchi che presero subito.

La reazione generale fu di puro sgomento, ma lei non vi badò. “Chiedo scusa, non ho pensato a farvi trovare il camino acceso. Il freddo non ha mai rappresentato un problema in questa casa.” si giustificò con la solita pacatezza; poi accennò al divano accanto a loro. “Prego, accomodatevi. Ayris porta delle coperte, per favore.” disse garbata alla ragazza, che annuì, imboccando le scale per il piano di sopra.

Qualche minuto più tardi erano avvolti nei plaid, intenti a bere caldi infusi dal contenuto indefinito ma dal sapore ottimo. Tutti tranne Dean, che aveva gentilmente rifiutato. 

“Dunque è vero. Siete una strega.” constatò, parlando per primo. 

Margaret ricambiò lo sguardo, assumendo un’aria vagamente indagatrice, quasi vedesse in lui qualcosa di diverso; poi sembrò soprassedere, versandosi un po’ di infuso in una tazza. “Immagino non debba essere facile per voi credere che lo sia.”

“Beh, l’abbiamo appena vista fare magie. Dobbiamo crederci per forza.” rispose Juliet, sorridendole cortese.

Tuttavia, la reazione della donna al sentirla parlare fu piuttosto strana ed ebbero come l’impressione che la vedesse per la prima volta da quando erano arrivati. “Perdonami, è che tu assomigli in modo incredibile a una delle mie sorelle.” si riscosse.

Stavolta non rimasero sorpresi, visti i precedenti, e Juliet riuscì a notare il velo di malinconia che attraversò gli occhi della donna nell’attimo in cui immaginava stesse ripensando a Cordelia. Conoscendo parte della storia, non poté esimersi dal provare dispiacere per lei.

“Quindi avete saputo che eravamo in Scozia grazie ai vostri poteri. Per questo avete mandato la vostra amica a prenderci.” dedusse Dean.

Come già accaduto, lo sguardo di Margaret si soffermò per qualche istante su di lui, prima di spostarsi su Rachel. “Esattamente. Inoltre, questo luogo è protetto da potenti incantesimi che io stessa ho lanciato. È impossibile da raggiungere, a meno che non si sappia già dove cercare.” spiegò “Senza l’intervento di Ayris non mi avreste mai trovato.”

Dean rimase in silenzio a riflettere sulle sue parole. La questione degli incantesimi spiegava come mai il cottage non fosse stato visibile fin da subito, ma restava ancora da chiarire come avesse fatto Margaret a sapere che sarebbero arrivati. Comunque evitò di bombardarla con tutte le domande che gli frullavano per la testa. Era evidente che stesse sorvolando sull’argomento di proposito e che forse aveva intenzione di parlarne più avanti. Inoltre, causa la sua veneranda età e la storia che aveva alle spalle, quella donna era circondata da una sorta di aura mistica, che lo induceva a provare istintivamente un profondo rispetto nei suoi riguardi. 

Per qualche istante non dissero nulla, ognuno intento a sorseggiare la tisana immerso nei propri pensieri, finché Cedric non decise di rompere il ghiaccio.

“Quindi… Quel vegcoso o come si chiama, quand’è che me l’avrebbero fatto?”

“Dev’essere stato quando eri prigioniero, Ced.” ipotizzò Mark.

“Me ne sarei accorto.”

Margaret scosse lievemente la testa, poggiando la tazza sul tavolino di fronte a sé. “Non se nel frattempo ti avevano addormentato. È una procedura difficilmente realizzabile se la persona è sveglia.”

Lui la scrutò attonito. “Strano… Non mi ricordo niente.” rifletté a voce alta, concentrandosi nello sforzo di ricostruire i momenti trascorsi al castello.

“Era proprio questo lo scopo.” replicò Margaret. “Come avrebbero potuto seguirti se sapevi di essere tracciato?”

In effetti, la sua era una logica inattaccabile. 

Di fronte alle loro facce disorientate, si lasciò sfuggire una risatina sommessa. “Tipico di Byron.” 

Dean si irrigidì nel sentire quel nome e la sua attenzione sembrò acuirsi. “Lo conoscete?” chiese, più sorpreso di questo che del fatto di averci visto giusto. A quanto ne sapeva, Byron era al soldo di Nickolaij fin dalla sua ascesa, cioè secoli prima che lui stesso si unisse alla Congrega, ma non conosceva i dettagli del loro sodalizio e ora aveva la possibilità di capirci qualcosa in più, perciò non si fece troppi problemi a rischiare di apparire indiscreto.

“Sventuratamente.” confermò lei, con un sospiro di rassegnazione. “E conosco molto bene anche i suoi passatempi. Sono gli stessi da anni. Mio cugino si è sempre dilettato nello studio delle rune antiche e si diverte a definire magia quelli che in realtà sono soltanto trucchi travestiti da incantesimi. Devo ammettere, però, che le sue abilità si sono affinate rispetto a qualche secolo fa. Evocare un vegvisir non è cosa da poco.” 

Quei ragionamenti coinvolsero Dean fino a un certo punto, visto che il suo interesse era rimasto focalizzato sulla parte iniziale del discorso. “Un secondo…” la fermò, mentre cercava ancora di assimilare. “Byron è un Danesti?”

“Lo era. Ha tradito la sua stirpe per schierarsi con il nemico, da schifoso rettile qual è.” rispose Margaret, senza celare il profondo disgusto che provava per lui; poi i suoi occhi saettarono rapidi verso Rachel, come se qualcosa di lei che prima non aveva notato l’avesse attratta all’improvviso. “Cosa vedo…” mormorò, accigliandosi. Non aggiungendo altro, si alzò dalla poltrona e le si avvicinò, la mano che iniziava lentamente a sollevarsi.

L’istinto di Rachel fu subito quello di ritrarsi, spaventata da quello che una strega avrebbe potuto farle. Tuttavia, Margaret non sembrava avere intenzioni ostili, così rimase immobile dov’era, aspettando di capire cosa avesse in mente. Non appena la mano della donna si avvicinò alle sue labbra, avvertì un calore piacevole pervaderle il viso e, poco dopo, si portò una mano dove fino a un attimo prima c’era il sangue rappreso della ferita che le aveva lasciato lo schiaffo di quel vampiro sul treno, ora invece del tutto scomparsa.

Tra lo stupore generale, Cedric fu l’unico che riuscì a commentare con un wow, mentre gli altri si limitarono a fissare Rachel allibiti.

“Molto meglio.” disse Margaret soddisfatta, tornando a sedersi.

Senza smettere di fissarla, Rachel mormorò un grazie sommesso, stupendosi ogni secondo di più di quanto si somigliassero. Se si ignorava la reale differenza d’età che c’era tra loro, chiunque avrebbe potuto tranquillamente scambiarla per sua sorella maggiore. Comunque, mise da parte quella riflessione e tornò al fulcro della faccenda. “Riguardo a quello che ha detto prima, che mi stava aspettando…” 

“Dammi pure del tu, cara.” la autorizzò.

Lei annuì timidamente. “Va bene. Dicevo, che significa che mi stavi aspettando? Come fai a sapere chi sono?” chiese, ansiosa di saperne di più.

Le labbra carnose di Margaret si piegarono in un leggero sorriso. “Comprendo il tuo desiderio di risposte, ma prima lasciate che sia io a farvi qualche domanda. Come sapevate che mi trovavo in Scozia? Da anni ormai vivo qui in segreto e non ho mai ricevuto visite.”

“La storia è un po’ lunga.” le disse Mark in tono rispettoso.

Lei, però, ridacchiò, minimizzando il problema. “Caro, forse non sembra, ma ho più di quattro secoli. La pazienza non mi manca.”

“Okay, per farla breve: abbiamo trovato le due collane che ci mancavano e, quando le abbiamo riunite con quella di Rachel, lei le ha toccate e ha avuto delle visioni di questo posto. Poi abbiamo attraversato un portale ed eccoci qua.” riassunse Cedric in quattro parole. Era evidente fosse ansioso quanto Rachel di arrivare al nocciolo della questione, anche se per motivi diversi.

Tuttavia, Margaret non sembrò prenderla male. Anzi, pareva divertita dalla sua irruenza. “Non era poi così lunga dopotutto.” commentò pacata; poi guardò Rachel di nuovo. “Com’è stato? Cosa hai provato di preciso quando hai avuto le visioni?” le chiese interessata.

Anche troppo a suo modo di vedere. Perché aveva l’impressione che per lei ciò che le era capitato in Austria fosse del tutto normale? Come se già si aspettasse quella sua “cosa delle visioni”. Prima di rispondere, deglutì, prendendo del tempo per trovare le parole. “Quando le collane hanno toccato il palmo della mia mano, le pietre si sono illuminate e nello stesso momento ho sentito un’energia, come una scarica elettrica, attraversarmi da capo a piedi. Da allora mi sento diversa…” 

“Ti senti cambiata?” la imboccò Margaret, sempre più eccitata. “Più forte?”

Aveva uno strano tono di voce che a Rachel non piacque per niente, come non le piaceva che indovinasse le sensazioni che aveva provato e che stava provando tuttora. L’occhio le cadde sulla mano con cui aveva stretto le collane, estraniandosi un po’ da tutti. Ricordava bene il calore che si era sprigionato dentro di lei nel toccarle, lo stesso avvertito quando si era sentita minacciata dal lupo, prima che la folata di vento lo mettesse in fuga. D’un tratto, un dubbio iniziò a farsi strada nella sua mente e d’istinto posò di nuovo lo sguardo su Margaret, accorgendosi che la stava studiando con un sorriso compiaciuto.

“Esattamente come mi aspettavo.” 

“Scusi, in che senso?” domandò Mark, confuso e stranito quanto gli altri. 

“È normale che le collane abbiano reagito al tocco di Rachel, ma facciamo un passo alla volta.” fece lei, glissando di nuovo. “Fui proprio io a incantarle diversi ann… beh, secoli fa. Le donai alle mie sorelle con la promessa che, attraverso di esse, ci saremmo sempre ritrovate.” 

Rachel annuì, sforzandosi di nascondere l’impazienza, ma in realtà riuscendoci a stento. “Conosciamo questa parte. Quello che non capisco è come ha fatto la tua collana ad arrivare a me e perché, quando abbiamo trovato le altre, la visione l’ho avuta solo io. Ammetterai che non sia propriamente normale.” 

“Lo è per chi è come noi.” replicò lei, senza offendersi. “Tu hai la mia collana perché da secoli viene tramandata di generazione in generazione, di madre in figlia. O nel tuo caso da nonna a nipote. Non si tratta di un semplice orpello, Rachel, ma di una reliquia. Tu sei la mia erede, la prova vivente della continuità della mia stirpe. In te scorre sangue Danesti.” rivelò infine con orgoglio, tra lo stupore generale.

Sia Rachel che gli altri rimasero ammutoliti per diversi secondi, ognuno nel tentativo di razionalizzare ciò che avevano appena sentito.

Soltanto Mark a un certo punto ebbe la forza di mormorare: “Ma… questo farebbe di te la sua…”

“Bis, bis, bis, bis nipote o qualcosa del genere. Non è questo l’importante.” minimizzò Margaret con uno sventolio della mano. “L’importante è che finalmente ci siamo riunite.” concluse raggiante. 

Non stava più nella pelle dalla felicità, era palese, ma al contrario suo Rachel non trovò proprio niente di cui gioire. “Aspetta un attimo, non… non è possibile.” balbettò, sentendo montare il panico e cercando quindi di riportare la situazione sul piano del reale. “La mia famiglia ha origini per metà francesi, io sono nata in America…”

“Mio marito era francese.” spiegò Margaret senza scomporsi.

Rachel però la ascoltò a malapena. “Come possiamo essere imparentate? Voglio dire… è assurdo…”

A quel punto, la donna si rese conto della valanga di sconcerto che la sua rivelazione aveva scatenato, così si alzò dalla poltrona e si chinò davanti a lei, prendendole le mani tra le sue. “Lascia che ti spieghi. Quando capii che da sola non avrei potuto oppormi a Nickolaij e che la mia famiglia era ormai perduta, decisi di fingere la mia morte e di fuggire insieme a mio marito e mio figlio nel Nuovo Mondo. Tua nonna Rachel, da cui hai ereditato il nome, era la mia ultima discendente.” Si abbandonò a un sospiro. “Dopo tante delusioni, riposi in lei tutte le mie speranze, ma purtroppo la collana non emise mai neanche un flebile bagliore in mano sua. In seguito, ebbe un solo figlio maschio e stavo quasi per rassegnarmi. Invece poi sei arrivata tu e… Oh sì, sei proprio tu colei che stavo aspettando.”

Lo disse meno infervorata rispetto a prima, ma non per questo Rachel nel rimase meno colpita. Più quella donna parlava più le suscitava brutte impressioni, oltre a un certo timore. 

A dispetto della sua espressione spaesata, però, Margaret continuò imperterrita, tornando a sedersi. “Ho capito subito che eri quella giusta. Da quando sei venuta al mondo, dal tuo primo vagito, ho avvertito il grande potere che risiedeva in te. Era più potente di quello di qualunque altra erede avessi mai avuto.” Man mano che raccontava, appariva sempre più euforica. “Grazie ai miei poteri ero più o meno al corrente di come stesse proseguendo la tua vita. Non avevo modo di guidarti direttamente da me, ma confidavo nell’aiuto delle mie sorelle.” 

“Quindi Lei sapeva che le sue sorelle fossero dentro i nostri corpi?” le chiese Juliet esterrefatta.

Margaret la guardò intenerita. “Naturalmente. Sono stata io a mettercele.” disse, lasciandosi sfuggire una risatina. La rivelazione li lasciò sgomenti, spingendola a spiegarsi meglio. Raccontò che anni prima della nascita di Rachel aveva avuto due premonizioni. La prima riguardava un incontro tra Nickolaij e sua sorella Elizabeth in cui stavano danzando. “Sul momento non ne compresi il significato. Mia sorella era morta da tempo e le mie erano sempre state visioni di eventi futuri, mai del passato. Solo quando ebbi la seconda...”

“Un attimo.” la interruppe Cedric. “Sta dicendo che aveva previsto in che guaio ci saremmo cacciati per colpa di quel dannato ballo in maschera?”

Margaret gli riservò un’occhiata confusa. “Prego?”

È lì che Nickolaij ha adocchiato Claire per la prima volta e da quella sera è iniziato tutto il casino. Se lo sapeva perché non ha pensato di avvertirci? Tipo apparendo in sogno a Rachel, che ne so!”

“Giusto, Claire…” mormorò lei, intuendo a chi si riferisse. “Avevo notato che mancasse qualcuno. Poi mi racconterete cosa le è successo.” Tornando a Cedric, si fermò un istante in cerca delle parole più semplici per spiegargli. “Innanzitutto, apparire in sogno alle persone è una prerogativa dei morti. Secondo poi, mettiamo il caso che ne fossi stata in grado e avessi raccontato tutta la storia a Rachel, mettendola in guardia sull’incontro con Nickolaij e i pericoli che ne sarebbero seguiti, voi poi le avreste creduto? Tu per prima lo avresti fatto?” le domandò direttamente. 

Lei e gli altri si scambiarono occhiate perplesse, come a dire che in effetti non aveva tutti i torti.

“Inoltre, era destino che quei due si incontrassero.” aggiunse. “Lasciatemi finire. Come stavo dicendo, non molto tempo dopo ebbi un’altra premonizione. Vidi due bambine incredibilmente somiglianti alle mie sorelle, figlie di persone molto vicine alla famiglia di Rachel, che sarebbero nate a poche settimane di distanza da lei e fu allora che mi resi conto che la ragazza che avevo visto con Nickolaij non era Beth e di cosa dovevo fare. Così trasferii parti delle anime di Elizabeth e Cordelia nei grembi delle madri, affinché le loro figlie si legassero alla mia erede e la aiutassero ad arrivare a me.”

Rachel la ascoltava con gli occhi sgranati, allibita nel sentire quelle parole. In breve stava dicendo che l’amicizia che la legava a Juliet e Claire da diciotto anni era frutto di un piano ben congeniato per far sì che prima o poi Margaret potesse incontrarla. Lo sconcerto era tale che non riuscì ad aprire bocca. 

Sebbene fosse sorpresa quanto lei, ci pensò Juliet a dare fiato ai suoi pensieri. “Scusi, mi faccia capire bene. Noi tre siamo diventate amiche solo perché Lei lo aveva prestabilito?” chiese, una volta tanto senza peli sulla lingua. 

Margaret fece spallucce. “Chi può saperlo? Probabilmente lo sareste diventate comunque, visto il legame tra le vostre famiglie, ma in questo modo vi ho unito l’una all’altra in maniera indissolubile per un causa più importante.” 

“E il fatto che Nickolaij passasse da quelle parti al momento giusto è stato un gran bel colpo di fortuna, immagino.” osservò Dean in un leggero tono polemico, inserendosi nella conversazione. 

“No, è proprio questo il punto.” lo smentì. “Nulla è stato casuale. Proprio perché sapevo che Nickolaij avrebbe incontrato Claire ho dato inizio a tutto. Ho creato il mio incantesimo in maniera tale che, nell’esatto istante in cui quei due fossero entrati in contatto, le coscienze sopite delle mie sorelle si sarebbero risvegliate per adempiere al compito che avevo affidato loro. Non ero certa che avrebbe funzionato, è stato un azzardo, ma la vostra presenza qui dimostra che a volte rischiare paga.” concluse compiaciuta.

Dopo un attimo di silenzio, Cedric emise un fischio, mostrando tutto il suo stupore. “Ma dove siamo, ai confini della realtà?” ironizzò come sua abitudine per stemperare la tensione, anche se c’era ben poco su cui scherzare. 

Al contrario delle dirette interessate, Margaret invece sembrò apprezzare l’ironia. “Devo ammetterlo, non è stata un’impresa facile. Era un incantesimo potente e mi ha portato via molto tempo ed energie, ma modestamente ai miei tempi ero la strega più dotata della mia cerchia. E non eravamo poche.” si vantò ridacchiando. 

Tuttavia, quando la guardò Mark era serissimo. “E adesso?”

La domanda provocò nella donna un repentino cambio d’umore e la videro immalinconirsi. “Sono rimasta solo io.” rispose, prima di spostare su Rachel uno sguardo carico di speranze disattese per anni. “Almeno fino a qualche ora fa.”

Lei la ricambiò, per un attimo senza avere idea di come reagire. Alla fine, la verità le era arrivata addosso tutta insieme, come una valanga da cui non riusciva a riemergere, e si sentì quasi mancare l’aria. “No, non può essere…” mormorò, smettendo di guardarla. Non poteva più sostenere lo sguardo di nessuno. “Ce n’est pas possible. È uno scherzo…”

Margaret si accigliò, quasi risentita. “Mia cara, ti assicuro che dopo cinque secoli di attesa la voglia di scherzare svanisce completamente.” replicò, stavolta meno sorridente. “Tu hai il mio sangue nelle vene e di conseguenza anche la mia magia…”

“Adesso smettila, okay?” sbottò Rachel, stufa di sentirglielo ripetere. “Se quello che dici è vero, perché non è mai successo niente? Neanche un incantesimo, una magia o roba simile. Niente per diciotto anni! Se è vero che ho dei poteri, per quale motivo si sarebbero manifestati solo ora? Come lo spieghi?” Il suo tono di voce iniziava a farsi più aggressivo, mandando al diavolo tutta la cortese riverenza avuta finora nei suoi confronti.

“È molto semplice. Di norma la magia si tramanda all’interno di una famiglia da una strega all’altra, eppure non sempre si manifesta fin dalla nascita. I tuoi poteri fanno parte di te da sempre, ma erano assopiti e il contatto con le collane intrise di magia li ha risvegliati. Ecco il motivo della scossa elettrica che hai avvertito.” 

Rachel avrebbe preferito di gran lunga sentirsi dire che c’era stato un errore, che in effetti non avrebbe mai potuto essere una strega, invece quella donna aveva puntualmente la spiegazione pronta per ogni cosa e questo la faceva diventare matta. Persa nei suoi pensieri, nemmeno si accorse che nel frattempo Margaret la stava guardando intensamente. 

“Ascoltami.” le disse determinata. “Le collane che si sono illuminate al tuo tocco, le visioni che hai avuto… Non vedi? Sono tutti tasselli di un piano più grande che ti ha condotto fin qui. Non pensare che la tua diversità sia negativa. Il tuo potere è un dono e devi esserne fiera…”

Rachel però riusciva solo a sentirsi strana, impantanata fino al collo in un enorme incubo. Altro che parte di un piano più grande. Era solo colpa di quella donna se ora si trovava in quell’assurda situazione.

Nello stesso momento, Ayris fece ritorno da quella che immaginarono fosse la cucina, trasportando un vassoio con delle ciotole colme di zuppa fumante, che appoggiò sul tavolino davanti a loro dopo averle lanciato un’occhiataccia. Forse era irritata per averla sentita gridare contro Margaret, ma non poteva importarle di meno. Così, mentre gli altri, a eccezione di Dean, si fiondavano sulla zuppa, a lei si era chiuso lo stomaco e tutto ciò che voleva era trovare un modo per fuggire da lì.

“Ho bisogno d’aria.” annunciò secca, per poi alzarsi e dirigersi senza tante cerimonie all’uscita, abbandonando la sua coperta sul divano.

Il desiderio di evadere era tale che dimenticò perfino di prendere il giubbotto e uscì così come si trovava. Per fortuna fuori aveva smesso di piovere, anche se faceva comunque un gran freddo. Eppure a malapena lo sentiva. Non le importava di congelare, non le importava di niente. Voleva solo mettere più distanza possibile tra sé e quella donna. Tuttavia, una voce alle sue spalle le ricordò che qualcuno non l’avrebbe mai lasciata sola. 

“Ray.” la chiamò Mark, correndole dietro con il suo giubbotto in mano.

Rachel però non si voltò, continuando a camminare pur non sapendo neanche verso quale direzione. 

Nonostante ciò, lui non demorse. “Ray, aspetta un attimo.” ripeté, senza ottenere risultati. “Rachel!” esclamò a quel punto in tono fermo, riuscendo finalmente a farsi ascoltare.

“Che c’è?” ribatté spazientita, girandosi di scatto a guardarlo.

Mark la raggiunse e le appoggiò premuroso la giacca sulle spalle. “Prenderai freddo.” disse, assumendo di nuovo un’aria posata.

Di fronte a quello sguardo non riuscì più a mostrarsi arrabbiata e le sfuggì perfino un debole sorriso. “Grazie.” mormorò, sistemandosi meglio il giubbotto addosso.

Lui ricambiò, ma senza aggiungere altro, per lasciarle i suoi spazi e darle modo di riprendersi. Così si appoggiarono entrambi alla staccionata del recinto dove probabilmente Margaret lasciava pascolare gli animali e trascorse qualche minuto prima che riaprissero la conversazione.

“Ti va di parlarne?” le chiese infine cauto. 

Per la verità non molto, ma Rachel sapeva che se non si fosse sfogata avrebbe rischiato di esplodere. Senza contare che con lui si sentiva libera di parlare di qualunque cosa. Preso un bel respiro, si concesse qualche altro istante, poi guardò dritto davanti a sé. “È tutto un casino. Un’assurdità dopo l’altra.” disse in tono mesto. “Insomma, una strega? Io? Che non ho mai creduto a niente che avesse a che fare con il paranormale nemmeno quando avevo l’età giusta per farlo? Andiamo…”

Mark ridacchiò. “Beh, con tutto quello che abbiamo passato ultimamente direi che se continuassimo a non crederci saremmo noi gli strani, no?”

Lei sbuffò esasperata e annuì, prendendo a fissarsi i piedi. Non poteva che trovarsi d’accordo. La sola esistenza dei vampiri bastava a radere al suolo tutte le sue convinzioni, figurarsi quella delle streghe. Il problema infatti non era tanto quello, quanto scoprire di esserlo lei stessa. Perché aveva dovuto capitarle una cosa simile? Tutto quello che desiderava era andare al college, laurearsi in legge, avere una vita normale. Credeva di averle viste tutte in quei mesi passati lontana da casa, ma ora si era accorta che non c’era limite all’impossibile.

“Sapere quelle cose deve averti sconvolta, me ne rendo conto.” continuò Mark, facendosi serio. 

“Come ha potuto pensare che accettassi la cosa come se niente fosse? Così, da un momento all’altro. Cosa vuole da me? Ammesso che sia vero quello che dice…” Tuttora stentava a crederci. Una parte di lei rifiutava ancora l’idea, sebbene l’altra continuasse a dirle di arrendersi all’evidenza.

“Perché avrebbe dovuto mentire?”

A Rachel sfuggì una risatina isterica. “Perché è pazza magari! Pensaci, ha vissuto isolata in un eremo tra le scogliere per anni, di sicuro qualche rotella l’ha persa.” 

Quando Mark però le rivolse un’occhiata eloquente, seppe che stava cercando a tutti i costi di mentire a se stessa. 

“Credi davvero che una pazza possa inventarsi tutta quella storia su di te e le tue amiche nei minimi dettagli e risultare credibile? No Ray, era sincera. Glielo si leggeva in faccia.”

Rimasta interdetta, Rachel abbassò di nuovo lo sguardo, abbandonandosi angosciata a un sospiro. “Non lo so, mi ha dato una strana impressione, come se si aspettasse chissà cosa. È quasi inquietante…”

“Beh, qualsiasi cosa voglia non permettiamole di deviarci dal motivo per cui siamo venuti: salvare Claire e togliere di mezzo Nickolaij.”

Rachel lesse la determinazione nei suoi occhi e ne rimase alquanto colpita. In due parole era riuscito a farla concentrare di nuovo sull’obiettivo. –Giusto- pensò tra sé. Era per Claire che avevano affrontato quel viaggio praticamente alla cieca. 

Dopo aver fatto una pausa, Mark aggiunse: “E comunque, strega o no, non può obbligarti a fare nulla. A meno che non ti lanci un incantesimo.” scherzò, nel tentativo di sdrammatizzare.

Lei infatti gli sorrise, non potendo fare a meno di pensare che senza di lui sarebbe stata persa. Non aveva idea di come ci riuscisse, ma ogni volta che ne aveva bisogno lui era lì e sapeva esattamente cosa dire per calmarla. D’un tratto avvertì un impulso fortissimo e, senza pensarci troppo, gli prese il viso tra le mani, avvicinando le labbra alle sue fino a farle diventare un tutt’uno. 





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